Trama:
Un
Incantesimo trasforma Merlin in un bambino di sei anni e Arthur
dovrà trovare
il modo di farlo tornare adulto, mentre si prende cura di lui
Ringrazio sentitamente le
17
persone che seguono questa storia, le 4 che la preferiscono e colei che
la
ricorda. Inoltre dedico il capitolo a chi ha recensito: Silvy08,
Inu_97, SanjiReachan,
chibisaru81, Kiara Wolf, Kaori13
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CAMELOT, GAUIS E I CAVALIERI:
La Grande piazza era gremita di
persone, per lo più donne,
avvolte in pesanti vesti per combattere il gelo di Dicembre, che si
affaccendavano attorno alle bancarelle, cercando di acquistare la merce
migliore.
Il piccolo Merlin guardava incantato
quel mondo tanto
caotico, ma allo stesso tempo semplice, così diverso dal
paesello tranquillo e
laborioso in cui viveva.
“Arthur! Maestà,
oh, grazie al cielo, state bene!” esclamò
una voce maschile, dal tono entusiasta, e Arthur si voltò,
incrociando gli
sguardi felici dei suoi cavalieri Sir Leon, Sir Parsifal, Sir
Lancillotto e Sir
Gwaine.
“Leon! Parsifal! Allora
state bene!” disse Arthur, scendendo
dal suo destriero “pensavo che vi fosse accaduto qualcosa di
grave! Non vi ho
più trovati alle rovine!”
“Si, sire, siamo rientrati
a Camelot stamattina, con
l’intenzione di mandare rinforzi. Saremo partiti domani
all’alba, ma, per
fortuna, non ce ne sarà bisogno!”
spiegò Sir Leon, mentre Lancillotto e Gwaine
guardavano oltre, come se cercassero qualcuno.
“Dov’è
Merlin?” chiese, alla fine, Gwaine “di solito vi
è
sempre alle calcagna.”
“Emh…”
tentennò Arthur, lanciando un’occhiata di sbieco
al
minuscolo bambino ancora il groppa al suo cavallo.
Ancora una volta, decise di dire la verità.
“Eccolo.” Disse,
allungando le braccia verso la sella e
facendo scendere il piccolo, che inciampava avvolto nel lungo mantello
porpora.
Anche la mascella dei cavalieri diede
spettacolo di caduta
libera quando videro quella creaturina che, timida, si nascondeva
dietro le
gambe del principe e li fissava con occhi timorosi.
“Quello è Merlin?”
chiese, incredulo, Gwaine, mentre Lancillotto si piegava sulle
ginocchia per
guardare gli occhi del bimbo.
E li riconobbe.
“Si, è proprio
lui.” Confermò, mentre faceva un gran
sorrisone a Merlin.
Al bambino venne spontaneo
contraccambiarlo, mostrando una
fila di dentini bianchi e irregolari, e un buchetto al posto del canino
superiore.
“Ma cosa diavolo gli
è successo?” chiese ancora, Gwaine,
accucciandosi accanto all’amico.
Merlin si nascose un po’ di
più. Quelle persone non
sembravano cattive, anzi, ma non era abituato ad avere così
tanta gente
–sconosciuta, per giunta!– intorno.
“Dai, ragazzi, lasciatelo
stare.” Intimò Arthur, notando il
disagio del piccolo.
“Ma cosa gli è
successo?” ripetè Gwaine, alzandosi in piedi.
“Non lo so, ma è
opera di magia. Lo stregone mi stava
attaccando, mi ha lanciato un incantesimo, e io non ero pronto. Merlin
però si
è parato davanti… ha urlato.. non lo so di
preciso. Ma c’è stata una forte
esplosione… ho perso i sensi. Quando mi sono svegliato, lo
stregone era morto,
e Merlin invece…”
“Ma
perché?” chiese ancora Gwaine
“perché è rimpicciolito?
Che utilità aveva lo stregone a fare
ciò?”
“E che ne so io”
sbottò Arthur, irritato “non sono pratico
di magia, se te ne sei dimenticato. L’ho portato a Camelot,
con la speranza che
Gaius sappia cosa fare.”
“Ma quanti anni
ha?” si interessò Lancillotto, non riuscendo
a definire l’età del marmocchietto.
“Non lo so, credo quattro,
al massimo cinque…”
I cavalieri annuirono, e si offrirono
di scortare il
principe nelle sue stanze, ma egli declinò
l’offerta, non volendo attirare
troppo l’attenzione su di se, e notando che Sir Leon e Sir
Parsifal avevano
diversi tagli ed escoriazioni su tutto il corpo.
“Andate a
riposare” li congedò, mentre prendeva Merlin per
mano e proseguivano a piedi verso le Stalle Reali.
“Chi erano quelli? Chi
è Gaius?” chiese Merlin, una volta
che lui e Arthur furono soli.
“Quei ragazzi erano quattro
cavalieri di Camelot: Leon,
quello biondo; Parsifal, quello coi capelli rasati; Lancillotto, quello
che ti
si è avvicinato per primo e…”
“Quello che mi ha fatto
quel gran sorriso?”
“Si, lui. Poi
c’è Gwaine, un gran chiacchierone, che
è
l’altro che ti è venuto vicino.”
“Anche lui mi ha
sorriso!” disse Merlin, entusiasta “Mi
piacciono i tuoi amici!”
“Ne sono felice! Hai visto,
non devi avere paura. Perché
prima ti nascondevi?” gli chiese allora Arthur, legando il
cavallo nella
stalla.
“Perché non li
conosco…” sussurrò Merlin.
“E perché hai
così tanta paura di chi non conosci?”
Il piccolo arricciò le
labbra e guardò a terra, ma non
rispose.
Ad Arthur sembrava strano quel
comportamento, così gli si
mise davanti.
“Merlin, ti è
successo qualcosa? Qualcuno ti ha fatto male?
Perché hai così paura?” gli chiese
ancora, cercando di farsi guardare dal
piccolo, che sembrava parecchio a disagio.
A salvarlo fu una voce possente che
invase prepotentemente le
stalle.
“Arthur! Figliolo! Meno
male, stai bene!” era Uther.
Preso da un panico improvviso e
infondato, Arthur spinse
Merlin dietro al cavallo, premendogli un dito sulla bocca.
“Padre!”
esclamò, andando ad abbracciare il genitore “si,
sto bene, per fortuna. E lo stregone è morto.”
“Me ne compiaccio. Ora
è meglio se vai a riposare. Stasera
ci sarà una cena in tuo onore.”
“Certo padre, ora mi
ritirerò nelle mie stanze per un lungo
riposo. Ci vediamo stasera.”
Uther gli diede una pacca sulle
spalle e andò via.
Quando Arthur fu certo che suo padre
fosse lontano, si piegò
per recuperare Merlin, che era rimasto nella precisa posizione in cui
lui lo
aveva lasciato.
“Vieni” disse,
prendendolo per la mano. Merlin pareva
terrorizzato
“Quello era il tuo
papà?” gli domandò “Era
Uther?!”
“Si, Merlin, è
mio padre. Perché sei così spaventato?”
“Mamma dice che Uther
è cattivo. Dice che fa male alle
persone.”
Arthur si stupì di udire
quelle parole da un bambino così
piccolo, anche se doveva immaginare una cosa del genere, siccome suo
padre
aveva dato inizio alla Grande Purga quando lui –Arthur- aveva
quattro anni, ed
era continuata fino al suo settimo compleanno.
“No, Merlin, mio padre non
è cattivo. È solo un po’…
scontroso…” cercò di mitigare il
principe, ma senza ottenere grandi risultati.
“Guarda che lo so che
uccide chi ha la magia!” soffiò
Merlin, a voce un po’ più alta “per
colpa sua, la mamma ha sempre paura!”
Un nuovo sguardo, stavolta arrabbiato
e pauroso insieme, si
era fatto largo negli occhi umidi del suo ex servitore.
“Perché la tua
mamma ha paura? Mio padre non è mai stato a
Eldor.”
“Fino a adesso. Ma se ci va
ci fa male. È cattivo e io devo
scappare.”
“Tranquillo, non
verrà mai a Eldor, glielo dirò io di non
andarci” cercò di rassicurarlo Arthur, siccome
Merlin sembrava sul punto di
scoppiare in lacrime.
“Glielo chiederai
davvero?” gli chiese il piccolo, con voce
lacrimosa e sporgendo il labbrino in fuori, con aria di supplica
“me lo
prometti?”
“Te lo prometto”
gli assicurò Arthur.
Allora Merlin gli allungò
il mignolino.
“Giurin
Giuretta?” chiese.
Arthur guardò dubbioso il
ditino di Merlin, incerto su cosa
fare.
“Emh… cosa devo
fare?” domandò, con una punta di imbarazzo.
“Ma come? Non lo
sai?” si stupì Merlin “io e la mamma lo
facciamo sempre. Mi devi prendere il mignolo con il tuo e dire
‘Giurin
Giuretta’. Così, sai, è un vero
giuramento, ininfrangibile.”
Arthur strinse il proprio mignolo con
quello minuscolo di
Merlin.
“Giurin Giuretta”
ripetè, pregando che non
lo vedesse nessuno.
Merlin gli sorrise.
“Forza, ora
andiamo” disse il principe, incamminandosi a
passo svelto fuori dalle stalle.
“Dove andiamo?”
chiese Merlin, trottandogli accanto.
“Andiamo da
Gaius.”
“E chi è
Gaius?”
“Un vecchio amico di
famiglia. È il medico di corte.”
“Perché andiamo
dal medico? Stai male?”
“Non è per me,
ma per te”
Ma io sto bene!”
“Lo so, ma voglio che ti
veda un attimo lo stesso” rispose
Arthur. Erano ormai arrivati davanti agli appartamenti del cerusico.
“Forza,
entra” gli intimò, aprendo la porta.
L’anziano medico era nei
suoi appartamenti, in cima a una
scala, mentre pendeva un libro in alto nella sua libreria.
Nello stesso momento in cui Merlin lo
vide, da dietro le
gambe del principe dove si era rifugiato, avvertì una strana
sensazione, come
se avesse già vissuto una scena simile.
“Gaius!” lo
chiamo Arthur.
Il cerusico non si aspettava di udire
una voce così
all’improvviso, e
quasi cadde dalla
scala, ma si riprese appena in tempo.
“Sire!”
esalò, non appena lo spavento fu passato e riuscì
a
tornare a terra sano e salvo.
“Come mai questa visita? Mi
avevano detto che non eravate
ferit…” il medico si interruppe, quando vide una
piccola testa bruna fare
capolino tra le gambe dell’erede al trono.
“E questo bambino chi
è?” chiese, alzando il suo –famoso-
sopracciglio.
“Emh.. Gaius… ti
devo dire una cosa” Iniziò a dire Arthur,
con cautela “il bambino qui… è Merlin.”
“Merlin?!”
ripetè,
incredulo, Gaius, piegandosi per osservare meglio il bambino aggrappato
alle
vesta del principe, che si ritrasse un pochetto.
Ma perché non lo
lasciavano in pace? Perché lo guardavano
tutti con sconcerto e incredulità?
Perché non poteva tornarsene a casa sua?
“Merlin, forza, non fare il
piagnucolone” lo schernì Arthur,
prendendolo di peso e mettendolo davanti a Gaius. Quasi non riusciva a
credere
che quel bambino tanto timoroso fosse il suo servo chiacchierone e
insolente.
“Gaius non ti farà niente, per cui tu cerca di
collaborare, va bene?”
“Tu starai qui con
me?” chiese Merlin, mentre veniva
adagiato sul vecchio tavolo.
“Si, certo, ti
starò accanto. Ora però non distrarti e
collabora con Gaius.”
Merlin annuì e rivolse la
sua attenzione all’anziano davanti
a lui, e pensò che il suo sopracciglio fosse proprio buffo.
“Allora. Sei davvero
Merlin?” gli chiese Gaius, gentilmente,
offrendo al piccolo un po’ di pane e formaggio.
Merlin annuì, assaggiando
ciò che il cerusico gli aveva
offerto. Ora che ci pensava, aveva davvero fame.
“E quanti anni
hai?” domandò ancora Gaius.
Merlin sollevo sei ditina, siccome
era maleducazione parlare
con la bocca piena.
Arthur ne rimase un attimo
sconcertato. Non gli avrebbe mai
dato sei anni, ne dimostrava a malapena cinque… era piccolo,
minuto, con le
orecchie svolazzanti e gli occhi enormi e curiosi.
Gaius gli fece un altro paio di
domande, poi gli controllò
altezza, peso, temperatura, lingua e gola.
“Sei sano come un
pesce” decretò, finita la visita “forse
un
po’ magrolino… ma forte e sano! Ho visto che ti
dondola un dente!”
“Si, è
già il secondo!” si inorgoglì Merlin
“ e non vedo
l’ora che cade , perché quando è caduto
il canino la mamma mi ha regalato il miele. Non l’avevo mai mangiato, è
buono!”
“Anche qui
c’è il miele, quando ti cadrà il
dentino dimmelo,
che te ne darò un po’ anche io!”
“Oh, grazie!”
esalò Merlin, con gli occhi che brillavano
“spero che cade presto, allora!”
“Vieni, Merlin, ora
andiamo” disse Arthur, che aveva premura
di tornare nelle sue stanze. Merlin scese velocemente dal tavolo e lo
raggiunse.
“Ciao, Gaius!”
urlò, prima che la porta si chiudesse dietro
di se.
“Dove andiamo
adesso?” chiese, mentre camminava al fianco
del suo principe.
“Nelle mie stanze, voglio
riposarmi.” Rispose Arthur.
“Ooooh…”
si lamentò Merlin, guardandolo con aria
supplichevole.
Arthur lo ignorò per un
po’, ma poi non ne poté più fare a
meno.
Era troppo fastidioso da sopportare.
“E adesso cosa
c’è?” gli chiese, esasperato.
“Voglio vedere Uther
nominare un cavaliere” sentenziò il
piccolo.
Oh, cielo. Ci mancava solo questa.
“Merlin, sii ragionevole.
Mio padre non nomina Cavalieri
tutti i giorni e…”
“Ma oggi si!” lo
interruppe Merlin, nel suo solito
modo “ho visto prima, nella
piazza, che preparavano un uomo per diventarlo cavaliere!”
Touché!!
Era vero, quel giorno suo padre
doveva nominare cavaliere
Sir Geoffrey. Ma non aveva alcuna voglia di assistere alla cerimonia.
Voleva
solo andarsi a riposare.
“Merlin, capiscimi, non
possiamo entrare e interrompere la
cerimonia..”
“Ma
non lo faremo!”
lo supplicò Merlin “spiamo dalla porta. Non ci
vede nessuno. Cinque minuti, ti
prego!
I due discussero un po’, ma
alla fine l’ebbe vinta Merlin,
con sommo rammarico di Arthur, che già non lo tollerava
più.
“Va bene, ma solo cinque
minuti!” sussurrò, mentre si
acquattavano come ladri dietro la porta, e la aprivano un filino.
Merlin vide il cavaliere
inginocchiato davanti a Uther, che
aveva la spada levata, e lo guardava con fare minaccioso
–almeno, secondo il suo
punto di vista-
“…Un cavaliere
è votato al coraggio
il suo cuore conosce solo la virtù
la sua spada difende gli inermi,
la sua forza sostiene i deboli,
la sue parole dicono solo la verità,
la sua ira abbatte i malvagi.”
Stava dicendo il cavaliere, con voce
provata. Si sentiva che
era emozionato.
E anche Merlin lo era.
Mentre stava li, tenendo per mano
Arthur, si ripromise che
un giorno sarebbe diventato anche lui cavaliere e sarebbe stato sempre
vicino
al principe
Note Della
Storia:
-
Alura…
siccome oggi è il mio compleanno.. mi
sono detta… perché non aggiornare la storia? Si,
perché per me le vostre
recensioni sono un meraviglioso regalo.
-
Il
registro colloquiale di questa storia è
medio-basso, e i capitoli sono corti, proprio perché voglio
realizzare una lettura
piacevole e non faticosa, ma, se avete qualche obiezione, fatemelo
sapere che
provvederò ad accontentare tutti.
-
Il
linguaggio a volte sgrammaticato di Merlin è
voluto, perché vorrei rendere le cose più
verosimili possibile (e qui ringrazio
KIARA WOLF per avermi fatto notare che Merlin parlava in modo troppo
forbito
per essere così piccolo)
-
Il
discorso che fa il cavaliere durante la sua
nomina è preso dal film “Dragonheart”,
che, personalmente, adoro.
Dona
l’8% del tuo tempo alla causa pro recensioni!
Farai
felici un mucchio di scrittori!!