Masquerade
Kurt si lasciò scappare un profondo sospiro
non appena il complesso del McKinley High School
entrò nel suo campo visivo: più giorni lo vedeva, meno era la voglia di
entrarci e spendere lì le sue giornate. Ed erano solo al secondo anno!
Il grigiore dell'inverno appena cominciato,
poi, non faceva altro che deprimerlo ancora di più, così che, parcheggiando la
macchina e scendendo con cautela, si chiese che cosa mai gli sarebbe potuto
succedere in una giornata che era appena cominciata nel peggiore dei modi.
Neanche qualche istante dopo, il ragazzo
dovette prender nota del fatto che il Karma sapesse sempre dove e quando
colpire. Si chiese se invece avesse ancora qualche problema con il
"chi", perché ultimamente – da più di un anno, a dirla tutta – pareva
essersi particolarmente affezionato a lui. Alzando lo sguardo ed incamminandosi
verso l'entrata, infatti, una delle prime persone che involontariamente aveva
incontrato con lo sguardo era stata Blaine Anderson
ed il cuore aveva improvvisamente fatto male.
Si fermò per un attimo, il tempo necessario
per riprendere fiato. Era un anno che lo vedeva in quello stato e la cosa
riusciva ancora a ferirlo come se fosse la prima volta. La parte migliore della
storia, poi, era che Blaine neanche sapeva di tutto
quello, dei suoi sguardi furtivi, del fatto che ci stesse ancora male. Lui
semplicemente se ne andava in giro col suo gruppo – e al fianco
dell'immancabile Quinn Fabray – sigaretta alla mano,
orecchino azzurro fosforescente che risaltava sul suo lobo, giubbotto di pelle
ed aria arrabbiata, senza degnare nessuno di uno sguardo se non per minacciare
o essere irrispettoso del prossimo.
Quello ormai era il gruppo degli skank della scuola e lui ne faceva parte.
Quando Kurt raggiunse l'armadietto, ormai i
corridoi erano quasi del tutto vuoti. Farsi vedere quanto meno possibile in
giro prima che suonasse la campanella restava una delle tattiche migliori per
evitare l'incontro con spiacevoli soggetti e c'erano giorni in cui era capace
anche di tornare a casa senza aver ricevuto alcuno spintone. Giorni fortunati.
Mentre cercava il libro di storia, il
ragazzo non poté fare a meno di gettare lo sguardo sulle foto che aveva appeso
da tempo nella parte interna dello sportello. C'era una foto che lo ritraeva
con Mercedes e Rachel, sue compagne al Glee Club
nonché migliori amiche, una con suo padre ed un'altra di qualche anno prima.
Quella era una delle sue foto preferite, di quelle fortuite che però catturano
istanti preziosi: suo padre l'aveva scattata senza che lo sapesse, mentre si
stava divertendo in giardino. Con Blaine.
Sorridevano, vittime di chissà quale gioco esilarante e Kurt ricordava di essersi sentito, allora, spensierato e
felice come in altre poche occasioni.
Avrebbe fatto di tutto perché gli fosse
restituito il Blaine di quella foto, il Blaine con cui era cresciuto e che era stato suo amico –
almeno fino all'inizio delle superiori. Lì, poi, qualcosa era cambiato e quello
che davvero riusciva a farlo ancora stare male era il non aver mai saputo cosa
fosse successo. Da un giorno all'altro, durante l'estate, non si era fatto più
sentire e poi, una volta cominciata la scuola, se lo era trovato di fronte
completamente trasformato, dall'abbigliamento, ai capelli, al carattere. Non
gli aveva rivolto più la parola e i suoi tentativi di parlargli erano stati
ignorati o respinti in malo modo.
Fino a che non si era semplicemente arreso
all'evidenza. Era cambiato. Lo aveva perso. E il suo cervello, a dirla tutta,
non ci aveva messo chissà quanto ad abituarsi alla cosa: non doveva più
salutarlo, chiamarlo o rivolgergli la parola, sarebbe stato inutile anche
pensarlo o parlare di lui con qualcun altro. Una lista di divieti semplici da
rispettare.
E invece no, lui lo pensava, parlava di lui
e aveva provato a chiamarlo decine e decine di volte, salvo poi essere
puntualmente ignorato. Non aveva perso le speranza, perché se c'era una cosa
che aveva imparato era ad essere tenace: era ciò che lo aveva fatto diventare
uno dei ragazzi più intelligenti della scuola, quello a cui si chiedeva una
mano per passare il compito di matematica, per poi negare di aver avuto,
invece, una qualsiasi interazione su un qualsivoglia argomento. La
stessa tenacia che lo aveva portato ad impegnarsi per migliorare anche
nel Glee Club e che gli impediva di perdere
quell'ultima speranza, riguardo Blaine, facendogli
immaginare scenari in cui il ragazzo sarebbe andato da lui, a testa bassa e
cuore aperto, e gli avrebbe spiegato ogni cosa.
Che cosa stupida, si disse, mentre
si affrettava a raggiungere l'aula, Non succederà mai!
***
Sperare che la giornata passasse nel modo
più anonimo possibile era stato esagerato da parte di Kurt, ma quando aveva
chiuso l'armadietto per recarsi alla lezione di Francese, l'ultima della
giornata, si era davvero rilassato all'idea che stavolta il cambio di vestiti
non gli sarebbe servito. Grosso errore, perchè non
appena aveva svoltato l'angolo, il freddo appiccicoso di una granita ai
mirtilli – a giudicare dall'odore – gli si era insidiata tra i vestiti, fino
alla pelle, facendolo rabbrividire.
Addio lezione di Francese. Si era
immediatamente recato in bagno, una volta recuperato il cambio, ed ora era
impegnato ad aggiustarsi la camicia su cui un grazioso foulard si poggiava
morbidamente. Inutile dire che la parte più difficile sarebbe stata mettere a posto
i capelli, ora un completo disastro.
«Dannate granite e dannati giocatori di
football!», si lamentò, alzando la voce, mentre si passava un asciugamano in
testa dopo aver sciacquato i capelli
alla bene e meglio: lì non aveva tutti i prodotti che gli servivano, ma se la
sarebbe dovuta cavare con la lacca di riserva che aveva sempre nell'armadietto.
Al resto avrebbe pensato una volta a casa.
«Ti abbiamo rovinato l'acconciatura,
fatina?».
Quella voce ebbe il potere di farlo
rabbrividire. Si voltò di scatto, l'asciugamano che gli scivolava sulle spalle,
per scorgere i tre energumeni – capitanati dall'immancabile David Karofsky – che erano appena entrati nel bagno.
«Non dovreste essere a lezione?», chiese,
ostentando la sfacciataggine che in momenti simili prevaleva in lui.
«E tu non dovresti usare il bagno delle
ragazze?», gli fece eco uno di quelli.
Kurt trovò il coraggio di sorridere della
pessima battuta.
«I bambini dell'asilo saprebbero offendere
con più creatività. Il vostro repertorio è davvero scarso, ragazzi».
Chiunque avrebbe potuto leggere una
scintilla inquietante di rabbia farsi strada nello sguardo dei tre giocatori di
football.
«Vediamo
se la penserai ugualmente anche del nostri colpi!», disse furioso Azimio, prima di scattare in avanti e spingere Kurt contro
le mattonelle del bagno. Lo zaino poggiato sul bordo del lavandino cadde a
terra, lasciando che quaderni ed appunti vari si sparpagliassero sul pavimento.
Kurt sentì appena uno dei due ragazzi più lontani sghignazzare un sarcastico
"ops", perché il colpo violento contro il
muro gli aveva fatto mancare il fiato e spalancare gli occhi per la pochissima
distanza che lo separava dal bullo –
sentiva praticamente il suo fiato addosso.
«Sei il peggio del peggio! Non solo frocio,
ma anche un secchione sfigato! Per quale motivo dobbiamo essere costretti a
vederti ogni mattina qua dentro, eh?», gli gridò addosso, stingendogli così
forte un braccio che Kurt poteva avvertire la circolazione fermarsi all'altezza
del polso. La paura gli impedì di pensare logicamente, così che provò comunque
a sfuggire a quella stretta, ma si
ritrovò in breve steso sul pavimento, con una spalla dolorante e gli occhiali
che premevano sul viso fino a fargli male, mentre le risate dei tre ragazzi che
lo colpivano dritto al petto, ferendolo quasi più del colpo.
Si era promesso che non avrebbe mai pianto
davanti a loro, ma in quel momento trovava estremamente difficile mantenere
quella parola.
«Non devi più farti vedere!», gridò il più
alto dei tre, Josh «Mi hai capito?! Non farti più
vedere» e si avvicinò in modo pericoloso.
Kurt arrancò indietro, col fiato corto e la
paura che governava ogni movimento, ma non riuscì ad evitare il calcio che lo
colpì in pieno stomaco. Gridò, stingendosi su se stesso, in un estremo
tentativo di difendersi da successivi colpi, che, però, non arrivarono.
Quando si concesse di aprire gli occhi,
alzando lo sguardo, vide i tre bulli rivolti verso l'entrata del bagno e, fermi
sulla soglia, un paio di ragazzi tra cui riconobbe Blaine.
Anche in un momento del genere la sua vista ebbe il potere di fargli saltare il
cuore in gola dall'emozione. Forse era salvo: ora Blaine
lo avrebbe aiutato, avrebbe detto a David e compagnia di sparire, avrebbe fatto
in modo che smettessero di picchiarlo, probabilmente adesso-
Quello che vide gli fece perdere le ultime
forze che aveva. Blaine osservò la scena per qualche
istante, poi si fece avanti, dandosi una sciacquata al viso e sistemandosi i
capelli, dopodiché senza dire nulla, sparì da dove era arrivato. Blaine lo aveva lasciato lì, da solo, senza fare nulla.
Ora Kurt aveva una voglia disperata di
piangere, mentre lo stomaco gli faceva davvero male e doveva aver sbattuto da
qualche parte anche la guancia, perché sentiva quella parte del viso in fiamme.
David lo degnò di un altro sguardo
derisorio, facendo volare nuovi insulti, poi anche loro lasciarono il bagno. Il
ragazzo non seppe fare altro che raggomitolarsi su se stesso e piangere.
***
Il cellulare di Mercedes vibrò mentre
lasciava l'aula dell'ultima ora e si dirigeva verso la mensa. La ragazza lo
estrasse e sorrise quando vide chi era il mittente. Quel gesto allegro, però,
si perse non appena lesse il contenuto del messaggio.
"Sono sul retro. Vieni subito, ti
prego."
Senza pensarci su due volte, cambiò strada e
in pochi minuti fu sulle scale antincendio che conducevano all'esterno. Le
scese quasi correndo fino a che, a pochi passi da esse, seduto per terra e col
volto nascosto nelle ginocchia, non scorse il suo amico.
«Kurt!», gridò, raggiungendolo «Che cosa è
successo?».
Quando il ragazzo alzò la testa verso di
lei, non ci fu bisogno di risposte o ulteriori domande. Mercedes sentì un
attimo girare la testa, ma riuscì a restare calma e si avvicinò con cautela,
prendendo un fazzoletto di stoffa dallo zaino e tamponando la scia di sangue
che sporcava la guancia sinistra di Kurt.
Il contatto lo fece fremere e il ragazzo
resistette a stento all'impulso di tirarsi indietro. Mercedes si accorse subito
che stava tremando e senza dire nulla, lo tirò a sè,
stringendolo tra le sue braccia. Kurt si lamentò appena, risentendo ancora
abbastanza dei colpi subiti, ma si lasciò stringere, perché al momento sentiva
che da solo sarebbe crollato.
«Se vuoi piangere, fallo: fa bene, tesoro»,
gli sussurrò lei, ma sentì Kurt scuotere la testa sulla sua spalla.
«No. Ho già pianto abbastanza», fece, trovando
infine la forza di staccasi dall'amica.
Mercedes gli sfiorò di nuovo la guancia.
«Devi parlarne con il preside: ora deve fare
qualcosa!», disse seria, ma lo vide scuotere ancora la testa.
«Non servirebbe a nulla: sarebbe la mia
parola contro la loro e al massimo prenderebbero un ammonizione. Se facessi la
spia sarebbe solo peggio. Oggi erano... particolarmente arrabbiati, suppongo».
«E sarà sempre peggio, Kurt!», insistette la
ragazza, ma le parole le morirono in gola quando lo vide scoppiare improvvisamente
a piangere «No, tesoro... non volevo peggiorare le cose, scusami», sussurrò,
tirandolo di nuovo più vicino a sé.
«Non s-sei stata t-tu», balbettò il ragazzo, appoggiando la propria testa
sulla spalla dell'amica «Oggi... mentre è successo... c'èra Blaine»,
confessò.
Mercedes gli lanciò uno sguardo sconvolto.
«É stato lui?», chiede.
«No, no. Ma era lì. È entrato in bagno
mentre io ero per terra... lui mi ha visto... e non ha fatto nulla», riprese a
singhiozzare.
«Tesoro... ma perché continui a farti male
così? Sappiamo che è cambiato, perché ci tieni ancora così tanto a lui?».
«Come potrebbe essere diversamente?», gridò
«É stato il mio migliore amico per così tanto tempo... e 'Cedes,
è con lui che ho capito di essere gay... ne sono innamorato, lo sai! Non
riuscirò mai ad accettare di averlo perso, non così. Ma vederlo completamente
indifferente... mi ha spezzato il cuore...».
La ragazza avrebbe voluto fare qualcosa per
alleviare quel dolore, ma non c'era nulla che potesse farlo stare meglio. Kurt
pensava a tutti i momenti vissuti con Blaine, a
quando gli era stato vicino dopo la morte di sua madre, aiutandolo a superare
quel brutto momento o quando al parco si erano dovuti difendere da un gruppo di
ragazzi più grandi che aveva preso ad infastidirli. Non c'era un momento,
allora, in cui non fossero insieme, spesso dormivano anche uno a casa
dell'altro... ed ora questo. Ora erano
arrivati al punto che non solo non si parlavano più, ma erano completamente estranei uno per l'altro, non importava quale
fosse la situazione.
No, Kurt non riusciva ad accettare una cosa
del genere, il suo cuore non sarebbe mai stato pronto a lasciar andare Blaine, anche se al momento sanguinava proprio a causa sua.
***
Kurt si lasciò scappare un flebile lamento,
mentre si spalmava una pomata sui lividi che percorrevano il suo corpo,
inarcandosi quanto più possibile per raggiungere anche la pelle della schiena e
le scapole. Sentì lo scampanellio del campanello poco più in basso, ma non se
ne preoccupò: Burt era in cucina a fare compagnia a Carole mentre cucinava,
sarebbe andato lui ad aprire. I rumori di una conversazione arrivarono attutiti
dal piano di sotto, ma Kurt continuò a non farci caso, troppo intento a
esaminare il suo corpo pieno di lividi nello specchio del bagno.
Poi, dei colpi alla sua porta lo fecero
sobbalzare, riscuotendolo dai suoi tristi pensieri.
«Kurt, posso entrare? C’è…
una persona per te.»
Merda!
Non poteva permettere che suo padre lo
vedesse conciato in quel modo, così si affrettò a rimettersi la maglia a
maniche lunghe che prima aveva appoggiato sul letto. Quando fu certo di aver
coperto ogni segno giallo o violaceo che fosse, aprì la porta della sua stanza,
trovandosi di fronte l’espressione stupita e un po’ corrucciata di suo padre.
«Dimmi, chi vuole vedermi?»
«Blaine.»
Kurt sgranò gli occhi. Chi? Blaine? Quel Blaine
Anderson? Il suo migliore amico fin dall’età di otto anni, quel ragazzino con
cui aveva condiviso film Disney, corse al parco, cadute varie, abbracci
rassicuranti e primi, inaspettati, del tutto nuovi sentimenti? Lo stesso
ragazzo che faceva finta di non conoscerlo da ormai due anni, che non aveva mai
risposto alle sue telefonate, né alle sue domande, che non gli aveva mai dato
una spiegazione del suo comportamento?
Kurt sorpassò il padre fino ad avere una
chiara visuale della porta di casa sua, davanti alla quale stava Blaine, le mani in tasca e lo sguardo disinteressato che
vagava per la casa.
Sì, era proprio quel ragazzo.
Blaine alzò gli occhi,
fissandoli in quelli dell’altro ragazzo in cima alle scale, che quasi si sentì
mancare il fiato: era la prima volta che si guardavano negli occhi così a lungo
in due anni. Kurt non seppe spiegare perché disse quelle parole; quelle gli
uscirono dalle labbra, e non sembravano affatto sbagliate in quel momento.
«Sali.»
Burt si avvicinò alle spalle del figlio,
chinandosi su di lui con fare protettivo; sapeva quanto il cambiamento di quel
ragazzo avesse fatto male a Kurt e, fosse stato per lui, non gli avrebbe mai
permesso di avvicinarsi troppo. «Non voglio che salga in camera tua.»
Kurt, lasciando gli occhi di Blaine che si avvicinavano sempre di più dal momento che
stava salendo le scale, si voltò verso il padre, guardandolo con sguardo rassicurante.
«Papà, non succederà nulla. Ma ho bisogno di parlare da solo con lui.»
A Burt bastò un’occhiata veloce agli occhi
del figlio per farsi da parte, permettendo a Kurt e Blaine
di chiudersi in camera, da soli. Incrociò lo sguardo di Carole e Finn in fondo alle scale, e, seppur titubante e sbuffando
come un mantice, raggiunse la moglie e il figliastro, rientrando con loro in
cucina.
Rimasti soli in camera, Kurt continuava a
fissare Blaine in attesa che parlasse, ma questi non
sembrava averne alcuna intenzione; faceva vagare lo sguardo svogliato sui
poster di Kurt appesi alle pareti, sul suo letto, sulle fotografie appoggiate
alle mensole – e si riconobbe addirittura in alcune foto, un se stesso bambino,
così diverso dal ragazzo che era diventato. Blaine
distolse lo sguardo, infastidito.
«Perché sei qui?» proruppe Kurt con tono
flebile, aggiustandosi gli occhiali che gli erano scivolati sulla punta del
naso.
«Volevo sapere come stavi.»
La
voce di Blaine, un tempo dolce e calda, sembrava
completamente snaturata, così distaccata e fredda. Ma Kurt quasi non ci fece
caso, troppo sconvolto da ciò che aveva appena sentito: Blaine
era preoccupato per lui? Come poteva esserlo? Il pensiero, al contrario di
quello che si aspettava, gli fece soltanto ribollire il sangue nelle vene dalla
rabbia. Kurt provò a respirare profondamente, cercando di calmarsi e di non
urlare addosso al ragazzo che si trovava di fronte – non era proprio il tipo
che urlava spesso, anzi – ma anche solo guardarlo gli faceva montare ancora più
rabbia in corpo. Strinse i pugni, cercando di non lasciarsi andare alla rabbia,
ma senza riuscirci.
«Che cosa?» si trovò a sputar fuori. «Ti
preoccupi per me adesso? Dopo che hai
passato gli ultimi due anni a ignorarmi? Dopo che hai lasciato che Karofsky e i suoi amici mi facessero del male in quel
bagno?! Tu… chi ti credi di essere, Blaine Anderson?!»
Ormai stava urlando a pieni polmoni, il
respiro pesante, le sopracciglia aggrottate e gli occhi furenti fissi su Blaine, che strinse i pugni, pronto a difendersi.
«Non preoccuparti, la prossima volta non mi
interesserò più a te, Hummel,» sibilò, prima di
girarsi e fare per uscire dalla stanza.
Kurt, per la terza volta quella sera, si
ritrovò a fare cose che non aveva ordinato a se stesso di fare. Con un balzo in
avanti, afferrò Blaine per un polso, torcendoglielo
appena, e lo costrinse a voltarsi; Blaine, colto alla
sprovvista, si fece girare e sballottare appena dalla stretta di Kurt, ma poi
reagì, stringendo forte le dita di Kurt con l’altra mano libera e
allontanandolo da lui. Ma Kurt era più forte di quanto pensasse e, anche grazie
all’altezza, riuscì a tenerlo fermo.
Rimasero a fissarsi in cagnesco per un tempo
infinito, molto più vicini di quanto imponessero le buone maniere, ma nessuno
dei due sembrò farci caso.
«Lasciami andare!» ringhiò Blaine.
«No! Non prima che mi avrai detto perché ti
importa ancora di me, ma continui a evitarmi e trattarmi male. Non prima che tu
mi abbia spiegato che cosa io ti abbia mai fatto per meritarmi questo tuo
comportamento.»
Kurt lasciò andare il polso di Blaine, gli occhi che gli si inumidivano di lacrime.
«Non
prima che tu mi spieghi che cosa ti è successo, perché sei cambiato. Che fine
ha fatto il Blaine che conoscevo? Dov’è il mio
migliore amico?»
La sua mano scattò in alto, ancorandosi alla
guancia di Blaine, ruvida per il lieve accenno di
barba che cominciava a spuntargli ma calda esattamente come Kurt ricordava.
«Mi manchi,» deglutì, cercando di mandare
giù il singhiozzo che voleva scappargli dalle labbra.
I suoi occhi, velati di lacrime, si legarono
a quelli dorati e spenti di Blaine davanti a lui. Ma
poi, qualcosa sembrò cambiare all’improvviso, le iridi chiare di Blaine parvero farsi più calde, il dorato nei suoi occhi
sciogliersi; ma durò solo un attimo, perché quello successivo Blaine aveva fatto un passo indietro, allontanandosi dal
suo tocco e guardandolo con la stessa espressione disinteressata di sempre. I
suoi occhi erano di nuovo freddi e spenti.
«Affari tuoi.» Senza aggiungere un’altra
parola, Blaine si girò e se ne andò, sbattendo la
porta della stanza di Kurt alle sue spalle.
Kurt scoppiò in singhiozzi, accasciandosi a
terra e rannicchiandosi su se stesso,
senza far caso al dolore allo stomaco causato dal calcio di Karofsky;
il dolore più grande, era poco più su, in centro al suo petto dove ormai si
trovava una voragine.
***
Era passata ormai quasi una settimana da
quando Kurt aveva avuto quella lite con Blaine.
Quella sera, aveva passato tutto il tempo a piangere, rannicchiato per terra,
non permettendo a nessuno dei suoi familiari di entrare per consolarlo, o per
lo meno chiedergli cosa fosse successo; Kurt non voleva parlarne, nemmeno con
Rachel o Mercedes.
La sua amica aveva ragione: avrebbe dovuto
dimenticare Blaine. Era stato il suo migliore amico
per tanti anni, era stato l’unico a stargli vicino quando sua mamma era morta,
quando gli altri bambini lo prendevano in giro perché lui preferiva giocare con
le bambole anziché a calcio; era stato il primo ragazzo che Kurt avesse mai
guardato con occhi diversi, chiedendosi come mai gli piacevano di più le labbra
di Blaine invece che quelle della loro amichetta Brittany. Kurt amava trascorrere il suo tempo con Blaine, si sarebbe accontentato anche solo di guardarlo e a
volte provava il desiderio di spingersi in avanti e posare le labbra sulle sue,
così come aveva visto fare tante volte la sua mamma con il suo papà, anni
prima. Ma non aveva mai avuto il coraggio di confessarlo a Blaine,
troppo spaventato per la sua possibile reazione, spaventato che lui non gli
sarebbe più voluto essere amico.
Quando però si era deciso a rivelargli
tutto, quando aveva trovato il coraggio di dirgli che voleva provare a
baciarlo, Blaine non si era presentato al loro
incontro. Kurt lo aveva aspettato, chiamato, ma Blaine
non si era fatto sentire. Il primo giorno di scuola del liceo, quando lo aveva
rivisto, era rimasto turbato dal suo cambiamento e dalle crudeli parole con cui
era stato cacciato via da Blaine quando aveva provato
a salutarlo.
In realtà, Kurt lo stava ancora aspettando.
Era come se stesse ancora aspettando Blaine, seduto
sotto l’albero più alto del parco dove erano soliti andare a giocare. Ma ormai,
Kurt sapeva che Blaine non sarebbe mai più tornato.
Doveva toglierselo dalla testa.
Si trascinò nervosamente per i corridoi,
cercando di evitare il gruppo di giocatori di football che stavano
attraversando il corridoio, e si rifugiò appena in tempo nel bagno alla sua
destra. Sospirò di sollievo, avvicinandosi allo specchio e osservando la sua
espressione sollevata; almeno per questa volta, sembrava aver evitato uno
spintone o peggio.
Proprio in quel momento, la porta del bagno
sbatté pesantemente alle sue spalle, facendolo sobbalzare dallo spavento. Si
girò di scatto e fece appena in tempo a mettere a fuoco chi si trovava di
fronte, che venne spinto con forza contro il muro alla sua sinistra. Un lamento
gli uscì dalle labbra quando le sue scapole ancora un po’ contuse sbatterono
contro le piastrelle.
I suoi occhi si legarono a quelli di Blaine che stava semplicemente in silenzio davanti a lui,
un’espressione arrabbiata sul volto, gli occhi accesi di rabbia. Kurt tremò
leggermente sotto quello sguardo.
«C-che cosa vuoi?»
si trovò a tremare, mentre una lacrima gli scivolava lungo una guancia.
Perché faceva così male guardare Blaine negli occhi?
Blaine si allontanò di
scatto da lui, tirando un calcio a una delle porte dei cubicoli alla sua sinistra.
«Smettila di piangere! Basta!» urlò,
guardando Kurt negli occhi. «Vuoi sapere perché mi sono allontanato da te? Vuoi
sapere perché sono cambiato, perché non sono più tuo amico, perché ti evito?
Per essere normale!»
Kurt sbatté le palpebre, cercando di
impedire alle sue lacrime di cadere, gli occhiali che gli scivolavano sul naso
ormai bagnato.
«Io –»
«Zitto! Non dire niente…
Tu non sai che cosa ho dovuto passare!» sibilò Blaine.
«Vuoi sapere la verità? Quella sera, quando dovevamo vederci per parlare, ero
euforico: volevo vederti, avevo sempre avuto voglia di vederti, ma questa volta
era diverso. Volevo vederti perché avevo delle cose importanti da dirti. Ero
confuso, stare con te mi rendeva confuso. E ho chiesto aiuto a mio padre. Gli
ho chiesto come mai, quando ero con te, passavo il tempo a desiderare di
prenderti per mano, a guardare le tue labbra, a cercare un modo qualsiasi per
farti ridere. Speravo che mio padre avesse le risposte, che mi avrebbe aiutato
a capire. Povero illuso.»
Kurt continuava a stare in silenzio,
sconvolto, tremante, il cuore che batteva all’impazzata e la voglia di correre
in avanti e stringere Blaine in un abbraccio.
«Non fu così. Non avvenne niente di tutto
quello che avevo sperato. Mio padre mi picchiò tantissimo quella sera. Tu eri
lì ad aspettarmi mentre io venivo preso a calci da mio padre.» Fece una pausa,
stringendo i pugni. «Mi disse che dovevo essere normale, che se non lo fossi
stato mi ci avrebbe costretto con la forza. Mi proibì di vederti. Passò
un’estate intera a circuirmi, a farmi il lavaggio del cervello. Incominciai a
credere alle sue parole… incominciai a desiderare di
essere normale.»
Blaine alzò gli occhi su
Kurt, facendo un passo verso di lui.
«Quell’estate ho incontrato Quinn. Lei era
così arrabbiata, così simile a me che iniziai a trascorrere tutto il mio tempo
con lei. Ero arrivato ad odiarti, Kurt. Era colpa tua se era successo tutto
quello, era colpa tua se non ero normale. È per questo che ti ho sempre
respinto in questi due anni. Ero così arrabbiato con te…»
Blaine ora era vicinissimo
a Kurt, che tremava come una foglia, ancora contro il muro.
«Ma l’altro giorno è cambiato tutto. Non so
cosa sia successo, vedere le sudice mani di Karofsky
su di te, ha fatto scattare qualcosa in me che… Non
sai quanto mi sia pentito di non averti difeso, Kurt.»
Kurt deglutì, rabbrividendo nel sentire
pronunciare il suo nome da quella voce, per la prima volta in due anni. I suoi
occhi si legarono a quelli di Blaine, e per la
seconda volta Kurt vide il dorato negli occhi di Blaine
sciogliersi e rimase senza fiato quando quegli occhi dorati si inumidirono di
lacrime.
«E’ che… io mi
sento così arrabbiato. Tutto questo,» e si indicò, «è una maschera. Una maschera
per sentirmi normale, per difendermi dagli altri, per difendermi da mio padre,
per difendermi da te. Ma non mi sento
normale. Per niente.»
La mano di Kurt tremava quando si staccò dal
muro per avvicinarsi alla guancia di Blaine. La tenne
sospesa in aria per un tempo quasi interminabile, dando a Blaine
il tempo di scostarsi se avesse voluto, ma il ragazzo non si mosse, anzi;
sbatté una volta le ciglia, le lacrime gli scivolarono lungo le guance, e i
suoi occhi sembrarono allargarsi ancora di più. Kurt quasi ci cadde dentro, e
spostò la mano fino a posarla sulla guancia calda di Blaine,
spazzando via le sue lacrime.
«Devi…» Kurt
sospirò, accarezzando la guancia di Blaine e
prendendosi nella morbidezza della sua pelle. «Devi essere te stesso per sentirti
normale…»
«Kurt…» disse
semplicemente Blaine, continuando a piangere davanti
agli occhi dell’altro ragazzo, che non resistette: afferrò Blaine
per le spalle e lo trascinò contro di sé, abbracciandolo stretto.
Kurt sospirò quando le braccia di Blaine si alzarono e lo strinsero di rimando intorno alla
vita; affondò il viso nel collo di Blaine, annusando
il suo profumo un po’ strano, diverso da quello di un tempo, ma allo stesso
tempo sempre uguale. Era Blaine. E Kurt non si era
sentito mai tanto al sicuro come in quel momento.
«Non è vero che ti odio. Non ti ho mai odiato…» sussurrò Blaine contro
la sua spalla.
«Lo so.» Kurt sperava di non avere la voce
troppo spezzata.
Blaine strusciò una
guancia contro quella di Kurt, indietreggiando sempre di più fino a trovarsi
con la fronte sulla sua. Kurt tenne gli occhi chiusi, il respiro caldo di Blaine che si infrangeva sulle sue labbra.
«Non ho mai smesso di desiderare di
baciarti.»
Kurt aprì gli occhi, appena in tempo per
vedere Blaine avvicinarsi quel tanto che bastava per
posare le labbra sulle sue, in un bacio tenero e dolce, affettuoso e casto.
Kurt rispose al bacio, muovendo le labbra su quelle di Blaine,
lo stomaco sotto i tacchi e il cuore in gola. Si staccarono presto, fin troppo
per i suoi gusti, ma valeva davvero la pena interrompere un bacio tanto
desiderato per vedere ciò che si trovava davanti agli occhi.
Blaine stava sorridendo. Nonostante i capelli
disordinati, l’orecchino, la matita nera agli occhi, assomigliava così tanto al
suo Blaine,
al suo migliore amico e forse qualcosa di più, al ragazzo che amava. Eppure,
l’avrebbe amato in ogni caso, Kurt lo sapeva.
Rimasero così per quelle che sembravano ore,
semplicemente a guardarsi. La campanella era suonata già da un po’, ma nessuno
dei due sembrava intenzionato a muoversi per andare in classe; quel giorno Blaine Anderson avrebbe avuto un’altra delle sue assenze
ingiustificate, mentre per Kurt Hummel sarebbe stata
la prima. Ma a nessuno dei due importava nulla. Si erano appena ritrovati, non
si sarebbero allontanati tanto facilmente.
NdA:
Ebbene
ce l’abbiamo fatta anche questa volta! Day 4: Skank/Nerd! Che ve ne pare? Questa è stata scritta insieme,
da entrambe e ne siamo davvero soddisfatte, considerato che è la nostra prima
esperienza con questo tipo di AU. Che ne ve pare? Ci voleva un po’ di angst dopo tutto il fluff/comico di precedenti shot, vi pare? (Alch ne sentiva
la mancanza LOL – anche Bel)
Ringraziamo
tutti quelli che fino ad ora hanno apprezzato la nostra raccolta *---*
Vi ricordiamo anche della nostra serie, Klaine Songs ♥
A domani, con la Photografer/Model!