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Autore: Shodaime    11/10/2012    2 recensioni
Eccovi la mia prima fic, siate clementi^^
Come dicono gli avvertimenti è un AU, ma non troppo AU, quindi non spaventatevi. Il titolo è abbastanza esplicativo da sè, quindi vi dirò semplicemente che ho deciso di pubblicarla sotto le 'leggerissime' pressioni della mia beta^^
Spero che vi piacerà e che in tal caso lascerete un commentino, anche solo qualche parola =)
Detto questo vi auguro buona lettura, e attenti all'ananas, è agitato per il matrimonio incombente!
Genere: Comico, Demenziale, Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Tsunayoshi Sawada, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Il mattino seguente l’intera Namimori era in un fermento tale che quando l’Imbianchettato raggiunse il palazzo del Cardinale gli sembrava di aver attraversato, più che una città, un vasetto di yogurt .
Posteggiò tra Alessia Marcuzzi e i bagni pubblici e, dopo aver salutato un bifidus che passava di la, si ripassò mentalmente la parte di copione che aveva scritto, rigorosamente bianco su bianco, durante la notte insonne che aveva appena trascorso. Si domandò come mai non fosse in grado di rileggere le sue mirabolanti battute e, finalmente, dopo un lungo ed arduo slalom tra i fedelissimi preti di Cavalloneo, riuscì a giungere al cospetto del cardinale.

Se durante il percorso a ostacoli che aveva dovuto affrontare per arrivare fin li tutte le protezioni di gomma che erano state piazzate sugli spigoli dei mobili gli erano sembrate un’idea carina, e il girello della Chicco corredato di paramenti sacri dava un’austera aura di santità alla sala della mensa,  ciò che trovò una volta vartata la gommapiumosa soglia dello studio cardinalizio riuscì persino a fargli dimenticare di rabbrividire davanti all’accozzaglia di miriadi di colori che inondavano l’intera stanza, come neanche Barbara di Paint Your Life sarebbe riuscita a fare in una delle sue giornate peggiori.
“Benvenuto fratello!” Lo salutò Cavalloneo, col suo usuale sorriso caloroso.


“Non chiamarmi fratello, per favore.” Tagliò corto l’Imbianchettato. Non che per lui fosse un problema troppo eccessivo che il prelato familiarizzasse con lui (non poteva più aver difficoltà al riguardo dopo che all’Antagonista’s  Pimpi aveva cominciato a chiamarlo nonno). Il vero problema per l’Imbianchettato, nobile cattivo tra i cattivi e possessore di un posteggio personale al suddeto club esclusivo, era riuscire a rapportarsi in modo amichevole con un uomo in tonaca che pendeva dal lampadario per mezzo di un’imbracatura primipassi.

Che al momento gli ballonzolava spavaldo davanti, apparentemente refrattario alla totale assenza di dignità che dilagava nell’ambiente.

“Esattamente, sua eminenza…Come diavolo c’è finita là dentro?” Domandò l’Imbianchettato , con tutta la candida compostezza di cui poteva essere capace davanti a uno spettacolo poco edificante come quello.

“Ho detto ai miei uomini di lasciarci soli, e hanno ritenuto di dover utilizzare alcuni accorgimenti per evitare che mi infili inavvertitamente l’arpersorio nel naso. Di nuovo.” Dicendo ciò, Cavalloneo ballonzolò fino alla sedia della scrivania, appoggiandosi come poteva alla gommapiuma che ne circondava lo schienale.

“Allora…Di cosa volevi parlarmi?” Domandò.

L’Imbianchettato inspirò a fondo, riorganizzando i pensieri.

“Scusa, ma è una faccenda piuttosto privata…” Mormorò infine.

“Oh, chiedo perdono, hai ragione tu!” Si scusò Cavalloneo, spegnendo la radiolina per il controllo neonati posizionata tra la statuetta di Santa Elena Desiderata e quella di Sant’Alaude Ammanettato.
Sentendosi maggiormente al sicuro dalle intercettazioni, l’Imbianchettato  raccontò al suo confessore i turbamenti e tumulti interiori che avevano squassato la perfetta e candida tranquillità della sua anima durante i fatti della giornata precedente. In quel momento Tsunia era ancora rinchiusa nella cella della tortura e, questo non era difficile immaginarlo, probabilmente era riversa sul pavimento in preda alla colite, ancora indecisa su quale porta del bagno dovesse prendere.

Quando finalmente la situazione fu chiara, la busta di marshmallow d’emergenza fu svuotata e l’ovetto Kinder delle quattro fu mangiato, il cardinal Cavalloneo decise che solo una soluzione estrema poteva mettere quiete nell’anima turbata del suo fin troppo candido amico.

Mentre un provvidenziale raggio di sole illuminava la sua santa figura, una colomba si appoggiò al davanzale della finestra intonando inni sacri in colombese. Fu con quest’atmosfera che Cavalloneo, davanti agli occhi di un incredulo Imbianchettato, inondato di ispirazione divina sciolse le sacre bende dell’imbracatura, poggiò i piedi per terra e, senza sfracellarsi al suolo nemmeno una volta e senza nemmeno lasciare gli incisivi sulle mattonelle del pavimento, raggiunse sano e salvo l’altro lato della stanza.

Qui, circondato da angioletti festosi e dagli animali del bosco che si erano persi poco prima inseguendo Egidiello, egli si avvicinò alla cesta dove teneva il corredo da messa, per poi tirare fuori una scatolina di legno e portarla all’Imbianchettato senza cadere, scheggiarsi o beccarsi qualche strana forma di tetano.

“Che miracolo è mai questo?” Mormorò l’Imbianchettato, pieno di stupore.

“Aprilo! E’ la soluzione a tutti i tuoi mali, figliolo!” Gli rispose Cavalloneo.

Tremante di pio timore, l’Imbianchettato prese l’involucro tra le mani tremanti. Lo soppesò, lo socchiuse e, finalmente, col cuore in gola e la colomba di cui prima sulla spalla, lo aprì.

La luce sparì, i cori tacquero e la colomba lasciò un ricordino sulla spalla dell’Imbianchettato prima di volare fuori dalla finestra insieme a tutto il resto della fauna boschiva.

“E questo che accidenti sarebbe?” L’Imbianchettato guardò l’interno della scatola con puro raccapriccio.

Ma Cavalloneo non sembrava turbato dalla sua reazione.

“E’ un cubo di Rubik!” Rispose, sorridendo.

“Un cubo di chi?? Domandò sconvolto l’Imbianchettato. Quel coso era colorato. Troppo colorato. Sentiva l’estremo bisogno di lavarsi le mani con la candeggina dopo averlo toccato.

“Me l’ha regalato un avvocato…O forse è più esatto dire che me l’ha scagliato contro nel tentativo di allontanarmi dal suo palazzo durante la mia ultima visita pastorale a Bratislava…Azzeccamorsi, mi pare si chiamasse…” Il prelato era perso nei suoi ricordi, e un sorriso che all’Imbianchettato parve assolutamente sinistro, privo di ogni logica e partorito direttamente dai meandri più oscuri del fanservice malcelato, si dipinse sul suo viso.

“E’colorato. Non lo voglio.” Lui, da canto suo, pareva irremovibile.

“Non fare così, Imbianchettato! Questo oggetto divino è un antistress, un valido placebo durante le notti insonni e soprattutto una sfida d’intelligenza! Davvero getti la spugna così facilmente?”

Cavalloneo sapeva su quali argomenti puntare.

L’Imbianchettato titubò al lungo, tentato. Se avesse rifiutato una sfida cosa avrebbero detto di lui? E poi se grazie a quel cubo Cavalloneo era riuscito a fare più di dodici passi senza finire al pronto soccorso, allora forse…

Quello fu ricordato come il giorno della conversione dell’Imbianchettato. Non che fosse del tutto rinsavito, piuttosto prese ad avere una particolare mania nei confronti di tutto ciò che è a quadri e semovente.

La leggenda narra che in realtà Checker Face non sia altro che l’Imbianchettato dopo la conversione, e che la base Melone, così come fu denominato il suo castello in seguito, con i suoi compartimenti spostabili non sia altro che un enorme cubo di Rubik.

Ma questa è un’altra storia.

L’Imbianchettato stava scendendo allegramente le scale che portavano alla cella di Tsunia per avvisarla che era libera e che doveva sbrigarsi a sposare Mukurenzo prima che Xanxigo facesse la sua mossa, col cuore gonfio di gioia e un maglioncino a quadri addosso, quando il suo cellulare squillò.

Guardò distrattamente di chi fosse il messaggio che gli era arrivato, prima che la contentezza gli si gelasse nelle vene.

“Domani mi sposo, feccia. Porta il tuo culo alla mia villa e procurati un regalo.”

Xanxigo.

Si sposava.

Il giorno dopo.

Ma chi diamine poteva essere tanto folle da sposare quell’animale?

“Tsunia! Mia diletta esci, e fai in fretta, mettiti quel velo e chiama Mukurenzo! Altrimenti la mia conversione non sarà completa e non avrò il mio Power up!!” L’Imbianchettato irruppe nella cella come una furia.

Tsunia lo guardò dal pavimento, sconvolta e cianotica. Tanto per cambiare, non aveva capito un gran che della situazione, ma fintanto che le avrebbero dato un bagno unisex, le andava bene lo stesso.
   
 
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