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Autore: Santanico_Pandemonium    11/10/2012    1 recensioni
Dicono che una groupie non svela mai il suo vero nome e nessuno lo conosce veramente. Detto ciò non vorrei cominciare svelandovi il mio proprio ora…
Salve, sono Penny Lane, così mi faccio chiamare, anzi credo che questo sia diventato il mio nome ormai.
Se non l’avete ancora capito, si, sono una groupie.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mick Mars, Nikki Sixx, Tommy Lee, Un po' tutti, Vince Neil
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6 agosto 1985

Los Angeles, CA
11:38
«Ciao mamma! Ciao papà!» abbracciai i miei genitori non appena varcai la porta di casa.
«Oh tesoro!» mia madre iniziò a piangere e anche mio papà aveva gli occhi lucidi.
Ero andata a trovarli perché mi erano mancati tanto e avevo voglia di rivederli. Era quasi un mese che me ne stavo a LA a casa di Jane e mi sembrava davvero il caso di passare a salutarli, anche perché sapevano del mio ritorno.
La casa era sempre rimasta tale e quale da quando ero “scappata” quella sera tempo prima. I miei genitori non si erano mai arrabbiati per quello che avevo fatto, anzi, mi avevano incoraggiato a seguire i miei sogni purché mantenessi la testa sulle spalle. Si fidavano di me perché sapevano di avermi insegnato tutto quello che dovevo sapere e che avrei messo in atto i loro consigli.
«Ti abbiamo vista in televisione sai? A presentare i Mötley ad un concerto.» disse mio padre sorridendo.
Abbassai lo sguardo e mi sentii arrossire. Chissà cosa pensavano di me. Una figlia squattrinata che va in giro con quattro ubriaconi drogati.
«Siamo fieri di sapere che sei felice. Ora siamo certi che saprai prendere in mano la tua vita e che questa non sfuggirà mai dal tuo controllo. Abbiamo sempre saputo che saresti diventata una donna forte.» mia madre ricominciò a piangere e mi buttai attorno al suo collo per abbracciarla di nuovo, anch’io con le lacrime agli occhi.
«Tesoro ora sei al sicuro.» continuò lei mentre premeva il viso sulla mia spalla.
«Cosa?» domandai allontanandomi per guardarla in faccia.
«Sappiamo cosa è successo… Jane ci ha detto tutto e ha sporto denuncia. L’hanno preso piccola, quel bastardo è in prigione.» rispose mio padre con sguardo apprensivo.
«Di cosa state parlando?» ero confusa.
«Di Jake tesoro… Non potrà più fare del male ora.» concluse mia mamma.
Sapevano tutto, Jane gliel’aveva detto. Mi sentii sprofondare dalla vergogna.
«Mamma, papà, mi dispiace tanto… Avrei voluto dirvelo, ma…» le ginocchia non mi ressero più e mi lasciai cadere a terra mentre mi coprivo il viso con le mani.
«Oh piccola! Non preoccuparti, capiamo come ti sei sentita. Stai tranquilla, siamo fieri di te. Ora è davvero tutto finito.» mi aiutarono ad alzarmi e mi sedetti in cucina lasciandomi coccolare come una bambina.
Sapere che i miei genitori conoscevano tutta la storia e che quello stronzo era in prigione e aveva pagato per ciò che aveva fatto, mi tolse un enorme masso dal cuore.
Nella cucina di casa mia, attorniata dal profumo della mia infanzia, mi sentii felice e spensierata.
«Ora prepariamo da mangiare e tu stai qui con noi tutto il giorno. Devi raccontarci un sacco di belle cose quindi niente storie.» sorrise mio padre.
Mi era mancata la mia vera famiglia.
 
Casa, 17:24
«No non è vero! Ozzy è una persona adorabile.» risi mentre stavo seduta sul divano.
«Secondo me è uno squilibrato.» dissentì mia madre scuotendo la testa.
«Ma no! E poi Sharon lo tiene in riga, è una donna fantastica, andreste d’accordo voi due.» continuavo a convincerla io.
«Ecco, vedi amore? L’ho sempre detto io che dobbiamo invitare la famiglia Osbournea cena qui da noi un giorno.» concluse mio papà.
Scoppiammo tutti a ridere fragorosamente.
Stavo raccontando ai miei genitori le tante esperienze che avevo vissuto da quando ero in tour con i Mötley e ci stavamo divertendo come matti.
Non mi avevano ancora chiesto come mai avevo deciso di tornare in California, ma penso che l’avessero capito. Sapevano che io e Nikki ci “frequentavamo”, anche perché i giornali erano pieni di nostre foto insieme, e vedere la figlia che torna a casa mentre il suo “ragazzo” o come lo vogliamo chiamare sta facendo un tour in Giappone, non è che lasci molti dubbi. Dovevano aver capito sicuramente che c’era stato un allontanamento tra me e il bassista, ma non mi hanno mai chiesto i dettagli. Rispettavano la mia privacy.
Stavo passando una giornata splendida in compagnia dei miei genitori, era da tanto che non mi divertivo così.
Era quasi un mese che ero tornata a Los Angeles, abbandonando i Crüe al loro tour. Non avevo mai ricevuto una loro telefonata, neanche quella di qualche manager che chiedeva informazioni su di me per riferirle a Nikki, o Tommy. Niente, silenzio totale. Stavo iniziando a dimenticarmi di loro e a godermi invece la mia famiglia e la mia migliore amica.
Jane si sbagliava, non sarei tornata da loro. Primo, i Mötley non mi volevano più e, secondo, io non avevo bisogno di loro. Non ero più una ragazzina e ora che ero cresciuta non significavano un granché per me. Potevo iniziare una vera vita, lontana dalle fantasie di un’adolescente infatuata.
«Tesoro, perché non ti fermi qui da noi per un po’, qualche giorno o una settimana, vedi tu.» cercò di convincermi mamma.
«No, voglio stare da Jane. Sapete, ho trovato un lavoro in un ristorantino davanti al fast-food dove lavora lei e la aiuto a pagare l’affitto. Poi i proprietari dei due locali si odiano e quindi ci divertiamo troppo a raccontarci le cattiverie che si dicono alle spalle, la sera quando torniamo a casa. Sto bene da lei mamma, non preoccuparti.» risposi sorridendole.
«Hmm, va bene. Se è quello che vuoi, allora ok. Però questa sera stai qui e ceni con noi, poi ti lasciamo libera.»
«Va bene capo!» risposi ridendo.
 
21:48
La cena con i miei era stata come sempre piacevole. Sentire di nuovo il gusto degli squisitissimi piatti che preparava mia madre mi riempì il cuore di felicità. Quella giornata mi aveva permesso di ritornare bambina, quando in casa regnavano solo la buona musica degli anni 60 e tanta spensieratezza e gioia.
«Se lavi i piatti, lavali per bene.» sentii dire mia madre dalla cucina.
«Ma tesoro, non sono bravo come te.»
«Oh piantala!» rise lei subito dopo che mio padre le ebbe stampato un sonoro bacio sulla guancia.
Erano sempre stati una coppia adorabile, un po’ quella che avrei voluto formare io con un mio possibile compagno. Compagno che, però, non poteva essere Nikki. Me lo immaginai mentre si impegnava ad apparecchiare il tavolo come faceva mio papà e fui costretta a scuotere la testa a destra e sinistra perché l’immagine mi parve davvero ridicola. Invece immaginai me e lui in una casa davvero piccola e sporca: Nikki che, seduto per terra e addossato al divano logoro, si buca il braccio per farsi la sua dose quotidiana di droga e io, in piedi davanti alla porta, con i vestiti stracciati e luridi, che tento di tenere fuori di casa nostra gli spacciatori. Quella mi parve la scena più adeguata che avrebbe potuto descrivere un mio futuro con Nikki Sixx. Quando ero una ragazzina di sedici anni immaginavo tutto rose e fiori, ma non era affatto così. Provai ad immaginare quella scena anche con Tommy ma, sinceramente, non si formò nessuna immagine nella mia testa. Con T-Bone non vedevo un futuro, perché la nostra “relazione” non era praticamente neanche cominciata.
Mentre i miei genitori sistemavano la cucina, io me ne stavo seduta in soggiorno, guardando la televisione.
Ad un tratto, cambiando canale ogni tre secondi perché non trasmettevano niente di interessante, notai un programma musicale tipo MTV. Stavano mostrando video musicali e così poggiai il telecomando. Finalmente avevo trovato qualcosa di interessante.
Gli occhi mi si chiudevano per la stanchezza ma li riaprii immediatamente quando sentii l’inizio di Home Sweet Home. Istintivamente mi guardai attorno ma subito dopo capii che proveniva dalla televisione. Stavano trasmettendo il video dei Mötley.
Lo guardai tutto, dall’inizio alla fine, pensando a quanto mi piaceva quella canzone e quando terminò mi sentii sconfortata. Ma subito dopo il video, apparve la faccia di un intervistatore americano e dietro di lui riconobbi le luci di Tokyo.
«Siamo qui in compagnia dei Mötley Crüe, una delle giovani band californiane che hanno sfondato nella scena glam-metal all’inizio degli anni 80. Ragazzi, come vi sentite ad essere diventati, in così poco tempo, delle vere e proprie rockstar di fama mondiale?» disse la voce dell’uomo dalla tv.
Non potevo crederci, li avevo riconosciuti tutti. Mick, Vince, Nikki e Tommy, che stava salutando la telecamera facendo la linguaccia.
«Beh ovviamente siamo molto esaltati, puoi capire no? Siamo contenti di avere così tanti fans che ci seguono pure qui in Giappone.» rispose Vince.
Era un’intervista che dovevano aver fatto subito dopo che ero andata via. Qualche giorno dopo, sicuramente.
«E oltre ai fans avete anche molte donne che vi seguono immagino. A proposito di donne, Nikki dov’è finita la ragazza che vedevamo sempre in tua compagnia?» sorrise ancora l’intervistatore portando il microfono sotto la bocca del bassista.
Notai Tommy che aveva smesso immediatamente di fare il cretino e aveva abbassato lo sguardo verso i suoi piedi. Nikki invece mi sembrava sconvolto, a dire il vero non sembrava neanche più lui. Aveva gli occhi persi nel vuoto e due grandi occhiaie violacee. Aveva il microfono davanti alla bocca ma non parlava, la teneva socchiusa come se stesse cercando le parole giuste.
«Beh… E’ andata via.» disse ad un tratto, imitando con le mani una bolla che scoppia.
«Non era una cosa seria, niente di che. Era solo una groupie che mi piaceva più delle altre. Aveva delle belle gambe, non trovi Vince?» rise Sixx rivolto al cantante ma Vince lo guardò con compassione e mi sembrò che provasse pena per lui.
Avevo già le guance bagnate dalle lacrime, ma mi ostinai a non cambiare canale.
«Allora puoi farle un saluto. Magari ti sta guardando e le farà piacere ripensare ai bei momenti che avete passato insieme, se capisci cosa intendo.» ammiccò l’uomo davanti alla telecamera.
«Beh, no, non ce n’è bisogno. Ripeto che non era niente di importante, non mi interessa.» rispose Nikki alzando le spalle.
Per un attimo mi parve di sentire aprirsi una crepa, da qualche parte, dentro di me.
«Allora grazie ragazzi e buona continuazione del tour. Questi erano i Mötley Crüe, comprate il loro nuovo album Theatre Of Pain già disponibile in tutti i negozi di dischi.» concluse e iniziò un nuovo video musicale, di un gruppo che non conoscevo.
Spensi la televisione e mi alzai di scatto dal divano.
«Mamma, papà, io torno in appartamento! Si è fatto tardi e Jane mi sta aspettando!» gridai dal corridoio perché mi sentissero.
Presi il giubbotto di pelle e me lo infilai, cercavo di andarmene più velocemente possibile perché non volevo che i miei genitori mi vedessero piangere.
«Ok tesoro, ma torna a trovarci ti prego!» la voce di mia mamma suonò alle mie spalle, ma io ero già uscita dalla porta.
No, non sarei tornata dai Mötley Crüe. Non dopo quello che avevo appena sentito. Non ora che avevo capito cos’ero veramente per Sixx.
 
Casa di Jane, 23:38
«Vaffanculo!» sbattei la porta d’ingresso così forte che pensai che mi sarebbe caduta addosso.
Corsi in soggiorno, buttando la mia borsa e il giubbotto a casaccio sopra il divano.
«Che succede?» Jane sbucò dalla camera da letto.
Mi guardò con gli occhi sbarrati.
«No, quella cosa non entra in casa mia.» dissentì guardandomi le mani.
Reggevo una bottiglia nuova e piena di Jack Daniel’s che mi ero fermata a comprare prima di ritornare a casa, e avevo intenzione di scolarla tutta.
«Piantala, non fare la stronza. Il tuo appartamento è sommerso da bottiglie di vodka, io ho bisogno di bere e quella roba non mi piace. Così ho preso il caro, vecchio e buon Jack.» controbattei io poggiando la bottiglia sul bancone ed iniziando ad aprirla.
La mia amica rimaneva vicino a me, a fissarmi come se fossi andata fuori di testa.
«Perché hai tutta questa fretta di ubriacarti?» mi chiese mentre mi guardava combattere con il tappo.
Cercai di svitarlo ancora per qualche attimo, senza rispondere, poi mollai la presa.
«Li ho visti.» risposi.
«Chi?»
«I Crüe. Li ho visti… Erano lì, in tv.» allungai il dito indice ed indicai il televisore.
Rimasi ferma con il braccio a mezz’aria per qualche secondo e poi tornai ad occuparmi del tappo della bottiglia, riuscendo finalmente a svitarlo.
«Come ai vecchi tempi… “Double Bubble”!» iniziai a bere, tanto.
Con il tempo, dopo aver assistito a quel rito che i Mötley facevano prima di ogni spettacolo, ero riuscita a perfezionare la tecnica e bevevo il Jack Daniel’s come se fosse acqua. Beh, magari non proprio acqua ma quasi.
«Spiegati per favore.» continuò la mia amica non appena staccai le labbra dalla bottiglia.
«Cosa cazzo devo spiegare? Erano in televisione. Credo fosse un’intervista di qualche giorno dopo che me ne sono andata. Li ho visti tutti e quattro, erano proprio lì, davanti ai miei occhi. Il giornalista ha chiesto a Sixx dove fosse finita la ragazza che stava sempre con lui. Ha risposto solo con un semplice “Se n’è andata. Era solo una groupie che mi piaceva più delle altre.”. Poi il tizio gli ha chiesto se voleva fare un saluto a questa presunta “ragazza” e Nikki ha detto “No, non era niente di importante con lei. Non mi importa.”, o una stronzata simile. Insomma, tutto qui. Sono sempre stata solo questo per lui, solo una groupie più carina delle altre. Aveva capito che gli avrei aperto le gambe quando voleva, perché ero innamorata persa di lui, e ha sfruttato l’opportunità.» risposi, bevendo ancora.
Jane mi aveva ascoltato senza battere ciglio.
«Come ti è sembrato? E Tommy?» chiese ancora.
«Nikki era strafatto. Si vedeva distante un miglio. Aveva delle occhiaie viola sotto agli occhi e sembrava su un altro pianeta. Tommy ha semplicemente abbassato lo sguardo. Non hai ancora capito? Se ne sono fregati altamente di me, fin dall’inizio.» sorrisi. Ma non era un sorriso di gioia, più che altro era un sorriso forzato, amaro, per dimostrare che potevo superare a testa alta quella cosa. Ma in realtà non ero abbastanza forte per superarla.
«Tranquilla, vai a dormire. Ho bisogno di stare da sola adesso. Poi metto a posto, non preoccuparti.» dissi a Jane.
«No, voglio aiutarti. Hai bisogno di…»
«No, non ho bisogno di niente! Jane ti prego, voglio che tu mi lasci in pace, devo riflettere su questa cosa. Vai per piacere.» alzai la voce. Volevo solo stare sola con la mia bottiglia di Jack Daniel’s.
Lei mi guardò e poi, alzandosi dallo sgabello vicino a me, andò nella sua camera chiudendosi la porta alle spalle.
Ricominciai a bere, portandomi la bottiglia pure sul divano letto. Mentre il whiskey mi bruciava la gola dopo ogni sorsata, piansi. Piansi di disperazione, di dolore per quello che Nikki aveva detto. Era un pianto misto di rabbia e delusione. Aver compreso che per Nikki non ero mai stata altro che una groupie che si poteva scopare a piacimento quando voleva, mi fece soffrire. Pensavo che mi amasse, almeno un po’, ma a quanto pare, mai cosa è stata più falsa.

  
da sinistra: Nikki, VInce, T-Bone, Mick                                                                                                                                            da sinistra: Tommy, Mick, Vince, Nikki

   
 
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