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Autore: NoceAlVento    12/10/2012    2 recensioni
Blue si svegliò sotto uno spesso strato di neve di diversi centimetri. Si alzò in piedi scrollandoselo di dosso e istintivamente si domandò per quanto tempo fosse rimasto fermo per concedere al nevischio di ricoprirlo a quel punto. Si trovava in una sconfinata piana su cui imperversava una violenta bufera di neve e le correnti d'aria, che cambiavano direzione di minuto in minuto, gli ghiacciavano il volto. Inizialmente si convinse di trovarsi nella distesa a est di Pallet Town e cercò di spiegarsi la tempesta, fino a che non avvistò, in lontananza, qualcosa di mai visto prima: un gigantesco numero nove in pietra – forse ossidiana o tectite, a giudicare dal colore molto scuro – che veniva trascinato dalle folate ora da un lato, ora dall'altro. Improvvisamente l'effigie mutò direzione di volo dirigendosi verso di lui. Blue iniziò a fuggire alla sua sinistra, ma sprofondò dopo pochi passi nella coltre immacolata su cui poggiavano i suoi piedi. Per sua fortuna tanto bastò: una corrente sospinse a metà strada il nove nella rotta opposta alla sua, allontanandolo all'orizzonte.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: Missing Moments, OOC, Otherverse | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Ciclo del Conflitto Globale'
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VII 'Hasta el fin'

~Legenda~

(soltanto luoghi e persone sono citati in lingua inglese; oggetti e istituzioni, con valenza retroattiva per il Ciclo, manterranno invece le designazioni italiane)

Tilde (~): indica un ampio salto temporale (per i vuoti minori lascio semplicemente una riga bianca).


Blackthorn City: Ebanopoli.

Canalave City: Canalipoli.

Celadon City: Azzurropoli.

Cerulean City: Celestopoli.

Cinnabar Island: Isola Cannella.

Devon Corporation: Devon S.p.A.

Fighting Dojo: Dojo Karate.

Indigo Plateau: Altopiano Blu.

Lavender Town: Lavandonia.

Lilycove City: Porto Alghepoli.

Mossdeep City: Verdeazzupoli.

Mount Chimney: Monte Camino.

Pallet Town: Biancavilla.

Pokémon League: Lega Pokémon (n.b. le istituzioni sono qui chiamate con le nomenclature italiane; tuttavia, nel caso di Sinnoh, Lega Pokémon è anche il nome della località dove la Lega come ente ha sede, ragion per cui in quel caso è scritta in inglese)

Pokémon Mansion: Villa Pokémon (si tenga a mente che due luoghi corrispondono a questo termine: uno situato all'Isola Cannella e uno locato nel Percorso 212 di Sinnoh).

Pokémon Tower: Torre Pokémon.

Route: Percorso.

Saffon City: Zafferanopoli.

Silence Bridge: Ponte Silenzio, altro nome del Percorso 12 di Kanto.

Silph Corporation: Silph S.p.A.

Vermilion City: Aranciopoli.

Viridian City: Smeraldopoli.

Viridian Forest: Bosco Smeraldo.


Aaron: Aaron.

Agatha: Agatha.

Bertha: Terrie.

Blue Oak: Blu Oak (no, non Verde, le nomenclature rispecchiano quelle americane).

Briney: Marino (il capitano della M/N Marea proprietario del Wingull Peeko).

Bruno: Bruno.

Clair: Sandra.

Daisy Oak: Margi Oak.

Drake: Drake.

Flint: Vulcano.

Glacia: Frida.

Lance: Lance.

Lorelei: Lorelei.

Norman: Norman

Phoebe: Ester.

Red: Rosso.

Samuel Oak: Samuel Oak.

Sidney: Fosco.

Steven Stone: Rocco Petri.


(avvertenza: ad alcuni protagonisti nel corso del Ciclo sono stati assegnati arbitrariamente cognomi, sia inventati di sana pianta che appartenenti ad altri personaggi già esistenti per evidenziare una relazione famigliare che nel contesto dei racconti intercorre tra i due soggetti in questione; in quanto questa pratica esula dai videogiochi e la Legenda si riferisce solo a luoghi e persone che vi appartengono, tali modifiche apportate non sono citate qui)


* * *


VII: “Hasta el fin


Lance armeggiò con il PokéNav e telefonò direttamente a Rowan, senza ricorrere al canale comune « Professore, mi sente? ».

« Lance! Qui c'è Dà Hàak! ».

« Lo so bene, sto venendo » il Superquattro si voltò e notò che già i restanti dodici gli erano dietro « Stiamo venendo. Lei è con Blue, dico bene? ».

« Sì, ma perché? ».

« Dove siete? – ANDATEGLI SUBITO ADDOSSO! ».

« Alla Silph, quinto piano ».

« Scendete immediatamente al piano terra. Sarò lì il prima possibile » Lance riagganciò e si sintonizzò nuovamente sul 23 Alfa « Voi attaccate, devo andare da Blue! ».

Probabilmente molti avrebbero avuto da ridire su quell'istantaneo abbandono del leader della Lega di Kanto, ma fu Drake a occupare per primo la frequenza « Vai pure, qui ce la caviamo noi ».

« Grazie » Dragonite, ormai prossimo a Saffron City, virò ed effettuò un'avvitata verso il basso per raggiungere il prima possibile la sede della corporazione, mentre dietro di lui Salamence lo superava pronto a lanciare un Dragartigli.

Lance, dopo aver precauzionalmente spento il PokéNav per evitare interferenze, atterrò senza la minima prudenza ed entrò trafelato nel colossale edificio, dove Rowan, Albert e Blue ancora in pigiama – il gruppo societario doveva essere stato più disponibile di quanto si aspettasse, avendo fornito anche letti agli ospiti – lo attendevano con impazienza. Tutt'intorno lo staff faticava a controllare le fuoriuscite dagli ascensori di abitanti di Pallet ansiosi di seguire la battaglia.

« Lance! Cosa c'è? ».

« Non c'è tempo di spiegare, ma è evidente che Dà Hàak attacca dove c'è lui » e indicò il giovane ragazzo.

« Lui? Come lo sai? ».

« Ho detto che non c'è tempo » fu la fredda replica del campione che, forse per la tensione che aleggiava nell'aria, aveva completamente dimenticato il rispetto che da sempre aveva mantenuto per il professore « Blue, hai avuto un altro incubo? ».

« Sì ».

« Raccontalo in breve ». Un'esplosione assordò per un istante i presenti.

« Era uguale al primo, quello dell'invasione, però prima di dirmi “tritaios” mi diceva qualcos'altro ».

« Cioè? ».

« Qualcosa… “seguimi nell'abisso”, mi pare ».

« Professore! » Lance si volse al suo precedente interlocutore, frattanto completamente disorientato dalla rapidità con cui tutto si stava svolgendo e dalle persistenti deflagrazioni all'esterno « L'Abisso, che cos'era? Ne ha parlato ieri ».

« Sì, è la dimensione da cui Dà Hàak viene ».

« Lei crede che voglia che lo raggiungiamo lì? ».

« Io… Sì, può essere ».

« E come? ».

« Io… Forse c'era qualcosa… ».

« PROFESSORE! » esclamò a un tratto Lance « QUI FUORI STANNO TUTTI RISCHIANDO LA VITA! ».

A quel punto intervenne la voce stentorea di Albert « Adesso basta, calmati. Sii logico, è inutile affrontare una battaglia simile in preda alla sola adrenalina. È questo che vi ha traditi ieri ».

Il Superquattro si fermò e inspirò profondamente per tranquillizzarsi « Hai ragione, vi chiedo scusa ».

« Fortuna vuole che avessi previsto una circostanza simile » proseguì l'allenatore, e mise mano al marsupio che gli avvolgeva la vita per estrarne un ben noto volume « Ecco l'Antologia ».

« Molto ben fatto, Albert » si complimentò Rowan « Se una risposta c'è è lì. Vediamo… Ah, ecco qui ».

« Che dice? » fu la domanda comune del trio che dedicava al professore la sua totale attenzione.

« Bisogna forzare il varco. Andando a… Aspetta, la conversione nel sistema metrico… Con 112.2 m/s dovreste poterlo aprire ».

« Ma dove? ».

« Il varco per l'Abisso non è stabile » spiegò Rowan, cercando di sovrastare il rumore delle esplosioni e del caos che li circondava « Solo dall'interno dell'Abisso si può aprire, dopodiché resta attivo per mezzo Ciclo Ardeco, più o meno venti minuti nostri, e si richiude automaticamente ».

« Capisco » Lance vedeva svelati molti dubbi che in quei giorni l'avevano assillato « Ecco perché Dà Hàak se ne andava anche quando stava per uccidere qualcuno. Era contro la sua volontà, doveva per forza fare ritorno all'Abisso ».

« Non perdere tempo » lo esortò Albert « Quel demone è entrato in scena qui, quindi il varco è per forza a Saffron City ».

« Non è così facile » lo arrestò il professore « Per raggiungere quella velocità devi obbligatoriamente sfruttare la forza di gravità e partire da una bella altezza. Bisogna vedere se Dà Hàak te lo lascerà fare ».

« Non vedo altre possibilità » replicò Lance « Blue, monta su Dragonite ».

« Fermo, che fai? Ti porti il ragazzo? » obiettò Rowan mentre già il diretto interessato stava obbedendo all'ordine.

« È lui che vuole. È lui che deve “seguirlo nell'Abisso” » gli si rivolse direttamente, ricordando una volta di più il pomeriggio passato in quel paradiso pacifico nel bosco di Pallet « Ma tranquillo, non ti accadrà niente. Sarò con te fino alla fine, qualunque essa debba essere ». I due uscirono dunque dalla Silph sempre più in preda al panico diffuso.

All'esterno il panorama era catastrofico. I Superquattro avevano accerchiato Dà Hàak, ma non lo attaccavano in via aerea, preferendo restare a terra e lanciare la propria offensiva da lì, forse per marcare meglio i limiti oltre il quale il demone doveva essere contenuto. Tutt'intorno a loro era la pura desolazione: similmente a quanto accaduto a Pallet Town, le case erano scomparse nel nulla per far luogo al vuoto assoluto spazzato da un'impervia raffica gelida che sembrava diramarsi proprio dall'avversario. Lance, ben saldo su Dragonite, riaccese il PokéNav e fu quasi assordato sul momento dall'ammontare di grida e comandi che ne scaturiva. Dopo aver prudentemente abbassato il volume, fece impennare il proprio pokémon Drago e si alzò in volo.

« Lance! » esclamò qualcuno dall'interfono.

« Proprio io ».

« Dov'eri? » le voci erano tanto indistinguibili che non fu nemmeno possibile capire se a porre quella domanda fosse stato un altro.

« L'ho detto, recuperavo Blue ».

« Scendi giù da Dragonite, abbiamo deciso di attaccarlo da terra! ».

« Negativo » replicò perentorio Lance « Dobbiamo fare una cosa da quassù ». Dà Hàak, accortosi della sua presenza, scagliò verso di lui un Neropulsar che il drago prontamente schivò, per poi lanciarsi in una carica volta a indebolire il nemico. « Fermo, Dragonite, usa Dragopulsar! – Professore, è sintonizzato? ».

« Sì ».

« Qui sopra » Lance osservò il cielo dove ancora campeggiava l'emblema avvistato da Pallet, che si mostrava da lì come simile a un giganteggiante tappeto bicromatico esagonale « c'è una specie di simbolo. Non potrebbe essere questo il varco? ».

Il PokéNav stridette uno strano disturbo – probabilmente più persone avevano voluto domandare del “varco” –, dopodiché si udì parte della frase di Rowan « ––àak è venuto dal basso, quindi è impossibile! Ve l'ho detto, non potete vederlo! Fate come vi ho spiegato! ».

« Stavo solo chiedendo » Dragonite evitò un altro Neropulsar, dopodiché, a seguito di una breve imprecazione di Lance, scagliò un Tifone verso lo spettro « Presto, finché è là dentro! ».

Svariati flussi energetici, tra cui spiccava un Iper Raggio, furono all'istante diramati per dar manforte al turbinio di vento, ma una Protezione improvvisa li arrestò a mezz'aria.

« Che fai? ».

« Chi è stato? ».

« Non ricordate quello che Lance ha raccontato? » rispose lesto Drake, il cui Shelgon era stato l'esecutore dello scudo « Ha sicuramente uno Specchiovelo pronto! ».

« Lance, aspettami lassù » fece un'altra voce, più giovane, e il Superquattro vide levarsi da terra un rapidissimo Skarmory che in breve gli fu addosso.

« Ben arrivato, Steven ».

« Cosa devi fare nello specifico? ».

« Raggiungere i 112 metri al secondo. Non chiedermi per cosa ».

« Non lo farò » Steven abbassò il capo per parlare all'interfono « Presto, andate con gli attacchi fisici! Se ha lo Specchiovelo pronto li soffrirà parecchio! ». Detto ciò Skarmory andò in picchiata con un Alacciaio pronto, mentre il Gallade di Lucian da rasoterra lo seguiva con uno ampio Psicotaglio.

Ambedue le tecniche, tuttavia, andarono a scontrarsi con una violacea Protezione prodotta questa volta da Dà Hàak stesso, che a seguire con un enfatico gesto alzò il braccio destro, fino ad allora praticamente inutilizzato, e lo roteò in un possente Ombrartigli che atterrò i Superquattro, abbatté Steven e per poco non fece rovinare al suolo anche Lance e Blue.

« Dannazione » inveì « Se solo avessimo un minimo di tregua ».

« Non so a cosa ti possa servire » commentò qualcuno dal PokéNav « Ma te la darò ».

Nessuno replicò alcunché. D'improvviso due scudi verdognoli si produssero a livello del terreno e isolarono quasi completamente Dà Hàak Loi'i. Il demone tentò invano di oltrepassarli, soltanto per esserne respinto facendo barcollare la sua colossale mole.

« Ma che cos–– ».

« Non reggeranno più di tanto, quindi è stato bello affiancarvi ».

I due Shelgon, loro avevano lanciato le Protezioni che in quel momento chiudevano in una bolla il fantasma. Come Lance ben presto notò, non solo lui era bloccato: attraverso una sorta di corridoio, lo sferico sigillo era collegato a un altro più piccolo. Sapeva bene chi era al suo interno « CHE COSA FAI? ».

Non vi fu risposta alcuna. Drake e Salamence rimasero impassibili mentre il secondo caricava un Iper Raggio e Dà Hàak lo imitava, preparandosi al tremendo duello. In un attimo due fasci eburnei furono scagliati l'uno verso l'altro, unendosi e scontrandosi per prevalere.

« COSA ASPETTATE » gridò Lance « ATTACCATE, ROMPETE LA BARRIERA! DRAGONITE, IPER RAGGIO ANCHE TU! ».

« Fermati » disse una voce, ma non dal PokéNav. Il campione si voltò giacché Blue, in monta con lui, aveva parlato.

« Che vai dicendo? Non penserai che ce la farà da solo ». Nel frattempo via interfono Rowan domandava celermente spiegazioni, mischiando la propria voce alla restante decina di allenatori che frementi ordinavano ai propri pokémon di attaccare.

« Proprio per questo si è chiuso lì dentro ».

Lance non comprendeva minimamente « Per morire con onore? Drake non è tipo da–– ».

« Per salvarvi! Lo sa bene che non vincerà, non vuole che siate colpiti anche voi! ».

« Ma perché! Perché fare tutto da solo? ».

« Perché glielo hai chiesto tu! » esclamò Blue come fosse ovvio « Gli hai chiesto una tregua, e lui te la sta dando! ».

Lance si voltò a osservare nuovamente gli Iper Raggi che collidevano. Era tutto così chiaro. Drake stava incondizionatamente dando la propria vita perché lui gliel'aveva chiesto senza fornirgli alcuna motivazione valida. Non aveva mentito in niente quella sera spesa insieme a Pallet. Credeva davvero che lui potesse fare la differenza, e a prova della sincerità con cui l'aveva detto aveva deciso di sacrificare la sua irrilevante vita per permettergli di provare a salvare tutto e tutti. Lui, invece… No, non c'erano dubbi. Ora che Salamence stava persino giocandosela alla pari con Dà Hàak non ce n'erano davvero più: Drake era ancora il più grande allenatore di tutti, capace di eguagliare un mostro che aveva con un unico colpo steso l'intera squadra di salvataggio. Ma allora perché pensava che Lance e non lui potesse risolvere il tutto?

La terribile esplosione fu per pochi istanti contenuta all'interno delle formidabili difese erette dagli Shelgon, per poi infrangerle e spargersi su tutta l'area di battaglia. Ma era fumo, e bastò che si diradasse per vedere che in realtà l'intero potenziale devastante che quel conflitto aveva prodotto era stato annullato. E soprattutto, per la prima volta in quei tre giorni, Lance vedeva Dà Hàak Loi'i ansimare. Persino nell'ultima azione prima di andarsene, il più grande di tutti aveva avuto ancora una volta interamente ragione.

« Presto! » gridò Blue « Muoviamoci, non starà fermo a lungo! ».

Era vero, non c'era tempo da perdere. Ogni calcolo effettuato da Rowan perse significato: non poteva attendere e salire ancora. « Ora o mai più » declamò, e Dragonite partì a tutta velocità in picchiata, nell'occasione finale per aprire il varco per l'Abisso.

« Ora o mai più » ripeté il ragazzo dietro di lui, mentre la corrente gli freddava il viso e scompigliava la chioma.

A circa metà strada da terra un flusso energetico centrò in pieno il pokémon Drago, disarcionando la coppia.

« KYANEOS! ».

Con la coda dell'occhio Lance vide il demone che si era ripreso e ora aveva con incredibile rapidità scagliato una delle sue sfere purpuree con un asse che puntava a poco sotto di loro, di modo che sarebbero stati presi con certezza assoluta. Tutto si scioglieva, quanto prima non aveva potuto portare a compimento per i tempi ridotti si stava per avverare. Aveva sperato per tutto quel tempo che l'assalto sarebbe terminato bruscamente così come si era consumato quello del giorno precedente, e non era successo. « Fino alla fine » aveva detto poco prima a Blue, ed era stato di parola: quella era la fine.

Il globo fulvo lo investì con potenza inaudita. Udì un suono secco e assordante e fu colto da un violento conato di vomito, come stesse vorticando nell'oscurità senza controllo. Istintivamente sperò che tutto finisse presto e, forse per il panico, forse per il voltastomaco che lo affliggeva, svenne.


Blue si svegliò sotto uno spesso strato di neve di diversi centimetri. Si alzò in piedi scrollandoselo di dosso e istintivamente si domandò per quanto tempo fosse rimasto fermo per concedere al nevischio di ricoprirlo a quel punto. Si trovava in una sconfinata piana su cui imperversava una violenta bufera di neve e le correnti d'aria, che cambiavano direzione di minuto in minuto, gli ghiacciavano il volto. Inizialmente si convinse di trovarsi nella distesa a est di Pallet Town e cercò di spiegarsi la tempesta, fino a che non avvistò, in lontananza, qualcosa di mai visto prima: un gigantesco numero nove in pietra – forse ossidiana o tectite, a giudicare dal colore molto scuro – che veniva trascinato dalle folate ora da un lato, ora dall'altro. Improvvisamente l'effigie mutò direzione di volo dirigendosi verso di lui. Blue iniziò a fuggire alla sua sinistra, ma sprofondò dopo pochi passi nella coltre immacolata su cui poggiavano i suoi piedi. Per sua fortuna tanto bastò: una corrente sospinse a metà strada il nove nella rotta opposta alla sua, allontanandolo all'orizzonte.

Il ragazzo riacquistò a fatica la posizione eretta, ostacolato dal vento impetuoso che soffiava, e proseguì su quella strada. Sopra di lui, oltre un letto di cifre simili a quella cui era appena sfuggito che fluttuavano disomogeneamente, si stagliava uno sconfinato drappo di nubi illuminate a sprazzi da lampi provenienti da qualche parte più in alto – in un gioco di ombre cinesi gli parve perfino di intravedere una sagoma serpentina che volava là sopra.

Blue iniziò a correre senza tregua in linea retta, imbattendosi infine in una figura che lo atterrì. Si trattava di un edificio non troppo esteso, quasi un blocco di mattoni in proporzioni colossali con un quadrivio di finestre sul lato frontale a cui il giovane era esposto. L'elemento più singolare era però una massiccia turbina eolica che sovrastava la costruzione e si elevava quasi a voler utopisticamente sfiorare il firmamento che, celato dalle nuvole, tuonava senza sosta sgomentando Blue a ogni boato. Lui, d'altronde, quel complesso lo conosceva più che bene, l'aveva anzi visto pochi giorni prima: era il laboratorio di suo nonno. Provò la tentazione di entrare, ma fu trattenuto dai suoi dubbi sul perché si trovasse lì. Soprattutto, lì dove?

Decise comunque di provare a vedere cosa vi fosse dentro. Non seppe dire se fosse perché non aveva idea di cos'altro fare o perché al contrario iniziava a comprendere sottilmente l'ambiente in cui era capitato, ma abbassò la maniglia ed entrò. L'interno era buio, né Blue si sarebbe aspettato di trovare luci accese. Non tentò nemmeno di farlo: già da lì aveva compreso che era intatto e che era veramente il laboratorio scomparso da Pallet Town, il che era quello che voleva sapere.

Sono nell'Abisso, pensò, e di sicuro è stata quella sfera a mandarmici. Pensare che ci eravamo andati così vicino, eppure ci siamo intestarditi sul varco.

La prima domanda da porsi, ovviamente, era dove fosse Lance. Entrambi erano stati colpiti, e Dragonite era probabilmente rimasto con lui per qualche ragione. In lontananza un altro fulmine pose in risalto la silhouette avvistata in precedenza, che a quel punto era certamente in movimento oltre i nembi. Poco più sotto un puntino, qualcosa di quasi invisibile, si muoveva a una velocità ben superiore ai numeri di pietra che aleggiavano di consueto, come se fosse più leggera. Blue decise di inseguirla, poiché aveva intuito che si poteva trattare di un corpo umano, ma fu frenato dalle folate avverse – e comunque non avrebbe voluto avvicinarsi più di tanto, temendo di essere risucchiato egli stesso da una raffica ascendente che l'avrebbe intrappolato nella corrente superiore. Non vi fu nondimeno esigenza di fare altro: il puntino iniziò a ampliarsi, segno che l'aria lo stava trascinando verso il ragazzo al momento ancorato al suolo. Fu sufficientemente vicino da essere scorto per meno di un istante, per essere poi trainato nuovamente verso altri spazi, ma non servì di più. Non era Lance, ma Blue lo conosceva comunque: aveva scorto perfettamente il camice bianco che indossava. Quello era suo nonno, Samuel Oak.

Il suo primo pensiero fu che, dal momento che coloro che erano stati addormentati – a quel punto era ovvio – da Dà Hàak Loi'i finivano nell'Abisso, anche Red doveva trovarsi lì. Ma non erano coscienti, sembravano o svenuti o morti o, com'era probabile, nel medesimo stato in cui versavano nell'altro mondo, ovvero in un limbo tra sonno e tomba. Ma c'era un problema più grande ancora che richiedeva la sua attenzione: non aveva la minima idea di come uscire da quel luogo, e rimanendo all'aria aperta sarebbe morto assiderato oppure l'avrebbe risucchiato un turbine che l'avrebbe alzato al livello delle effigi fluttuanti fino a collidere con una di esse. Devo tornare al laboratorio fu la sua conclusione spontanea. Si girò rapidamente ma, con suo orrore, proprio in quell'istante un uragano comparso pressoché dal nulla si abbatté sull'unico rifugio individuato divellendolo completamente. Rimanevano sicuramente tutte le altre costruzioni cadute nella furia di quello spettro e delle sue sfere purpuree, ma non se ne vedevano nell'arco di miglia, e non aveva nemmeno idea di quanto l'Abisso potesse essere esteso, o persino se avesse una fine. Impulsivamente provò a fuggire da quel frullio di neve e aria che stazionava a poca distanza; sullo scatto però gli cedettero le ginocchia e il suo peso lo fece inabissare nel manto bianco sottostante. Nel contempo l'inarrestabile tornado procedeva spietato nella sua direzione. Si ricordò di Lance, della sua promessa di restare con lui fino alla fine, e gemette per la tensione e per l'idea di essere stato abbandonato e destinato a rimanere in quell'inferno gelato alla mercé di una qualche potenza superiore. Avrebbe potuto morire in una miriade di modi diversi, e tutti gli si materializzarono di fronte: divorato da quel mostro che viveva sopra le nuvole, sconquassato contro uno di quei nove e di quei quattro, stretto nella morsa dell'ipotermia, magari tutte e tre insieme. Perché Lance non era rimasto con lui? Aveva promesso che––

La terra iniziò senza preavviso a tremare come scossa dalle fondamenta. Il ciclone, prima apparso così vicino, si era dissolto nel nulla. Il suolo si crepò proprio di fronte a Blue in una fenditura netta che zigzagava per qualche chilometro da lì, una breccia nera come l'inchiostro. Di colpo pezzi di roccia iniziarono a volare ai lati mentre la spaccatura si allargava sempre di più fino a diventare un burrone circolare. Lentamente ma inesorabilmente emerse con teatrale ineccepibilità prima una fiamma eburnea, poi un buio corpo demoniaco con due occhi celesti e due arti ungulati aperti in un ampio abbraccio che sembrava stringere tutto l'Abisso in una volta. L'affioramento, nella più completa incapacità di Blue di muoversi, continuò fino a che mezzo busto non fu emerso per poi fermarsi lì; ma anche incompleto, Dà Hàak Loi'i era comunque quanto di più mostruoso il ragazzo avesse mai visto. Il fiato gli si mozzò e il cuore saltò un battito, ma avrebbero potuto anche essere stati decine per lo sgomento che provava.

« Dunque eccoci » disse con voce profonda, e per Blue fu un altro motivo di sconvolgimento il fatto che potesse parlare nella sua lingua.

« Chi sei? » trovò il coraggio di domandare, ma se ne pentì subito come il suo sguardo incontrò quello altrui.

« Lo sai già ».

« Sei Dà Hàak? ».

« Il nome completo è Dà Hàak Loi'i ».

« Il demone ardeco? ».

« Che sgradevole vocabolo, “demone”. Noi siamo degli affrancatori incompresi ».

« Voi chi? ».

« Dà Hàak Loi'i » replicò, e Blue comprese che per qualche inspiegabile motivo si riferiva a sé stesso come a una confederazione di più enti. Poteva altresì trattarsi di un uso del pluralis maiestatis, ma quella non fu la sensazione.

« Perché ce l'hai con me? ».

« Ci sono moventi che non puoi comprendere nella tua grossezza ».

« Mi hai preso di mira fin da subito, ma non mi hai ucciso. Le tue sfere… Perché mi volevi qui? ».

« Desideriamo che tu stringa un Patto con Noi ».

« Un patto? » Blue fu scosso da un moto di indignazione « Dopo tutto ciò che mi hai fatto? Mi hai distrutto la vita in tre giorni e vuoi un patto? ».

« Paventiamo che tu non disponga di alcuna opzione. O acconsenti a stipulare il Patto o Kanto questa stessa notte sarà annientata ».

« Come sarebbe a dire “notte”? È ancora notte? ».

« Il tempo nell'Abisso defluisce immensamente più piano che nell'Oltremondo. Per quanto dall'altra parte sanno, non è ancora trascorso neanche un secondo da quando tu e Lance siete stati abbattuti dal Kyaneos ».

L'idea che tutti fossero ancora vivi dall'altro lato sollevò lievemente l'animo di Blue « E se io dovessi accettare li lasceresti in pace? ».

« Naturalmente ».

« E non torneresti più? ».

Qui la replica fu più titubante « Non nella forma a te nota. Plurimi e inconcepibili sono i Nostri aspetti, tali che l'intero Oltremondo collasserebbe alla loro dipartita ».

« E quale patto può essere tanto importante per te da rinunciare a ripresentarti? ».

« È notevolmente banale. La salvazione di Kanto, Johto, Hoenn e Sinnoh in cambio di un brandello della tua anima. Ci appare un cambio equanime, non ti pare? ».

« Che vai dicendo? ».

« La vostra anima non rimane immutata nel corso del tempo. Quando nascete essa è poco più di un frantume, qualcosa di inconsistente. Progressivamente è costruita per merito delle esperienze, dei vostri incontri e dei vostri scontri, fino a serbare intere sezioni di essa ai sodalizi con gli altri e ai rapporti imprescindibili che vi legano alle altre persone di questo mondo. Prima di diventare ciò che siamo ora Noi eravamo grandi appassionati dello studio dell'anima ».

« Ciò che siete… che sei ora? » il ragazzo non abbandonò la forzatura di ignorare il plurale imposto dal demone.

Dà Hàak lo ignorò « Consegnare una porzione della tua anima significa abiurare ogni sentimento che provi per una o più persone. Quel vuoto è lasciato tale e mai colmato, in modo che lo stesso nesso non possa essere restaurato com'era in origine. In altre parole una volta che una connessione viene asportata, non potrà mai più essere ricostituita ».

« E perché hai bisogno di un patto? Non potevi fare da te? ».

« Malauguratamente l'anima è solo di colui a cui è conferita da potenze impenetrabili. Nemmeno il più possente degli esseri viventi, quale Noi siamo, è in grado di incrinarla in qualsiasi modo. Esclusivamente il suo consegnatario può deliberarne la cessione parziale o totale, ed è proprio mediante un Patto che ciò può essere compiuto ».

« Parlami di questo Patto ».

« Si tratta di un vincolo assicurato e suggellato dall'Abisso stesso ».

« L'Abisso stesso? Cioè questo luogo è vivo? Per questo volevi a tutti i costi portarmi qui? ».

« Sei acuto come supponevamo ».

« E il pezzo di anima che ipoteticamente dovrei darti… dove andrebbe a finire? ».

« Sarebbe trattenuto qui nell'Abisso, al di sopra le nuvole, ove nessuno se non le tre Entità Supreme può accedere. Esso verrebbe ritornato solo in caso di inosservanza del Patto in sé ».

« Cioè mai, dato che dipende da te » concluse il ragazzo « E di preciso che pezzo di anima vorresti? ».

« Quello che conserva il tuo rapporto con Red ».

Fu come se una lancia avesse trafitto Blue in pieno petto. Tutto si sarebbe aspettato, e tutto sarebbe stato disposto ad accettare, meno che quello. La sua amicizia con Red non era un semplice vincolo che lega due persone qualunque, era quanto più di ogni altro fenomeno aveva contribuito a fare di lui quello che era. Non aveva memoria di un solo istante nella sua vita al di fuori di quei tre giorni in cui Red non fosse stato presente al suo fianco e lui al suo in un binomio simbiotico inscindibile. Lance, Daisy, il nonno, i suoi insegnanti… Nessuno aveva tanto valore per lui quanto il suo più grande amico, colui che non avrebbe mai sacrificato per niente al mondo, nemmeno per salvare sé stesso.

« Non comprendiamo il tuo disagio » disse Dà Hàak Loi'i con una voce più persuasiva di prima « Si tratta di una semplice relazione di scarsa importanza contro la totale demolizione di Kanto ».

« Non è di scarsa importanza » Blue alzò la testa in uno scatto d'orgoglio « Red è il mio più grande amico, e tu lo sai bene. Per questo vuoi farmi rinunciare a lui, anche se non so il motivo ».

« Ci sono moventi che non puoi comprendere nella tua grossezza » ripeté Dà Hàak.

« Non importa. Non tradirò mai Red. Uccidimi, piuttosto ».

« Forse non ti è limpido che la posta da Noi messa in palio è ben più alta della tua vita. Che valore avrebbe una amicizia, anche dovesse essere più forte di Noi, se le due anime appese ai capi del filo fluttuerebbero nel vuoto assoluto sopra uno scenario di distruzione totale? ».

Blue cercò in ogni modo di non pensare a quell'eventualità, ma ben presto essa fece irruzione nella sua mente e lo assordò interiormente. Se avesse rifiutato, se avesse scelto di non tradire Red, che cosa sarebbe valso il suo eroico gesto? Solo una Kanto carbonizzata sotto i colpi del demone. In ogni caso non avrebbe più potuto fruire di quel vincolo. Anzi, non avrebbe più potuto fruire di niente. Daisy, Lance, sarebbero tutti morti. Red era importante, ma era disposto ad accollarsi sulle spalle il destino reciso di tutto il mondo per rimanere fedele a qualcuno? Che cosa ne avrebbe pensato Red? Come avrebbe potuto essere d'accordo? No, lui avrebbe compreso il martirio cui volevano costringerlo.

« Dunque? » Dà Hàak Loi'i protese il suo fosco arto destro.

« E sia » rispose Blue forzando le lacrime negli umidi occhi a restare dov'erano per non tradire emozioni sopraffacenti negli ultimi secondi di completa autocoscienza. Il ragazzo iniziò a galleggiare, ma non era in balia delle correnti come il nonno, al contrario sembrava che di vento non ce ne fosse nonostante i capelli scompigliati.

C'era un che di ironico in mezzo a quella tragedia. In quel tritaios, in quel tempo speso con i Superquattro, con gente che aveva ammirato per tutta la finora breve vita, non aveva smesso di rivolgere i propri ragionamenti al perché un demonio dovesse attaccare la sua città e privarlo gradualmente di ogni figura di riferimento importante nella sua esistenza. Ora che tutto quadrava, che finalmente aveva saputo la risposta e i veri scopi di Dà Hàak Loi'i, sarebbe tutto durato pochi attimi: stava per scordare non solo la risposta, ma persino la domanda. Sarebbe stato come nulla fosse successo.

Cosa gli sarebbe rimasto in quell'anima mutilata? Certo, le uniche memorie intaccate, quantomeno sulla carta, sarebbero state quelle riguardanti Red Fuji e nessun altro. Non avrebbe dimenticato l'alba nella piana di Pallet con Daisy, non avrebbe dimenticato quei brevi sprazzi che ancora serbava dei suoi genitori, non avrebbe dimenticato sua sorella che gli donava la Premier Ball. Avrebbe scordato i pomeriggi passati con Red a giocare, le notti a guardare le stelle, tutto ciò che anche solo lontanamente lo riguardava, poiché Dà Hàak non poteva certo cancellare il sentimento senza sopprimere ciò che l'aveva prodotto.

Ma che dire di Pikachu ed Eevee? Loro senza Red non li aveva visti mai se non una volta con Lance: che ne sarebbe stato di loro? Sarebbero scomparsi, avvinghiati nella morsa del Patto? Sarebbero anche loro stati reclusi nell'Abisso, sopra le nuvole, sotto la guardia delle tre Entità?

E i dialoghi con Lance? Quello del pomeriggio del secondo giorno, ad esempio? Lì avevano discusso di Red, del moonbow che aveva avvistato con lui… Anche quello se ne sarebbe andato? Cosa davvero era finito in quella parte d'anima che gli stava per essere sottratta mentre ascendeva con lentezza fino ad arrivare all'altezza di Dà Hàak? Come si poteva anche solo pensare di ridurre qualcosa di complesso come lo spirito umano a insiemi disgiunti di relazioni ed esperienze? Com'era possibile che a qualcuno fosse stato dato il potere di giocarci, con qualcosa che magari non è compreso alla perfezione nemmeno da lui?

E ammesso che un taglio equamente assestato fosse stato miracolosamente effettuato, cosa sarebbe accaduto dopo? Avrebbe continuato a vivere come niente fosse? Red cosa avrebbe conservato di quello che lui aveva abbandonato? Cosa, cosa avrebbe provato nei suoi confronti dopo quella lobotomia artefatta? Davvero non avrebbe presentito alcun vuoto dentro di sé, l'assenza di tutte le vicende che con lui aveva vissuto?

La risposta era no. Non poteva pensare che un legame come quello tra lui e Red fosse tanto fragile da poter essere sradicato da un Patto, per quanto violento esso potesse essere. « Red è una delle persone più gentili che abbia mai conosciuto, non potrei mai provare qualcosa per lui di diverso dall'amicizia » aveva detto quel pomeriggio fatidico con Pikachu, Eevee e Lance, e non aveva mentito. Non il suo ego aveva parlato: era stato il suo subconscio, quel complesso di certezze inalienabili che il Patto, che l'ego e non il subconscio aveva scelto di accettare, non avrebbe mai potuto eliminare completamente. Certo, esse sarebbero state represse in un qualche anfratto sconosciuto della sua mente, in attesa di essere risvegliate, e sicuramente l'assenza del pezzo di anima che sarebbe stato asportato e depositato nell'Abisso avrebbe loro impedito di farlo, come un circuito di una lampadina che venga reciso. Ma nondimeno la lampadina sarebbe rimasta, e prima o poi sarebbe stata ricollegata e accesa un'altra volta, non c'era dubbio.

All'inizio non sarebbe stato nulla più di un ciottolo sulla battigia da lui casualmente rinvenuto. Non avrebbe saputo distinguerlo, ricondurlo a sé, e l'avrebbe osservato quale rimasuglio di un'antica civiltà in qualche modo giunto fino a lui. Poi, senza preavviso, un'intuizione l'avrebbe colto, e pur non identificandolo come ciò che era l'avrebbe sentito proprio, in un certo senso familiare. E quel ciottolo, quel piccolo sasso all'apparenza uguale a tanti altri, sarebbe stato la punta di una montagna che gradualmente, forse molto lentamente ma inflessibilmente, sarebbe emersa centimetro dopo centimetro dall'imperscrutabile oceano di fronte a lui. E alla base della sua gigantesca mole ci sarebbe stato Red, e Daisy, e Lance, e tutti i ricordi che quel demoniaco Patto avesse tentato di strappargli. E la cosa più importante era che la montagna non avrebbe mai potuto tornare a inabissarsi: perché rinvenuto il primo ciottolo, la punta, il resto sarebbe venuto di conseguenza. Era tutto dentro di lui, non nell'Abisso come Dà Hàak Loi'ì millantava.

Blue sorrise mentre un fascio bianco di luce lo accecava.

   
 
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