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Autore: Stella del Vespro    16/06/2004    2 recensioni
scritta qualche tempo fa. E' un racconto molto forte con scene di violenza ecco perchè ho messo il rating, tutti mi dicono che è molto bella e io vorrei farla leggere ad un prof. Mi piacerebbe che commentaste accetto qualsiasi consiglio oppure insulto. Buona lettura
Genere: Dark, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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L'ombra del Capriolo Buio, tanto buio attorno a me, tenebra oscura come il mio cuore nero, ala di corvo come la mia anima in tempesta

L’ombra del Capriolo

 

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Buio, tanto buio attorno a me, tenebra oscura come il mio cuore nero, ala di corvo come la mia anima in tempesta. Avanzo, dentro di me cè solo rabbia, ho sete di sangue umano, è da tanto che non bevo e ora la mia gola è ardente. Stasera sono in caccia e il cacciatore diventerà preda.

Mi apposto davanti alla casa, illuminata da una luce fredda quasi soprannaturale. Quanti ricordi dietro a quelle misere mura. Ricordi fatti di violenza derisione vendetta. Nella mia mente riaffiora un momento, me lo ricordo sempre, quando mi chiedo il perché delle mie gesta. Mi fa sentire meglio. So di avere uno scopo, anche se sarà l’ultima cosa che faccio.

Era un inverno freddo e rigido, avrò avuto 11 anni, mio padre un giorno mi svegliò all’alba e dopo essermi vestito mi mise in mano un fucile “oggi andremo a caccia” annunciò allegramente, i suoi occhi grigi scintillavano maligni.

Poco dopo seguimmo delle orme insanguinate di un capriolo, mio padre l’aveva colpito di striscio e ora la bestia stava lottando contro la morte. Eccolo là l’animale riverso in terra, in trappola, ormai rassegnato ad un destino orribile, come il più umile umano che aspetta che scocchi la sua ora con sottomessa tranquillità. Ai miei occhi di bimbo quella scena fu terribile, quell’animale era così bello, ma allo stesso tempo mi faceva provare un moto di tristezza infinita.

Era un cucciolo probabilmente separato dalla madre, proprio come me.

Il suo sangue impregnava la neve candida, l’odore era pungente, mi chiesi se quello fosse l’odore della morte. Mi avvicinai puntandogli il fucile addosso, pronto a premere il grilletto; ma in realtà ero scosso dai tremori, il sudore cadeva freddo e copioso sulla mia fronte gli occhi erano velati da una patina che rendeva il mondo in bianco e nero come un vecchio film degli anni30. Non esisteva il grigio, ma solo i buoni o i cattivi, ed io ero il cattivo, ma era giusto così.

Mi accorsi che il piccolo capriolo era in preda a delle forti convulsioni e scalciava disperatamente nel vuoto con le sue zampe sottili e affusolate non ancora del tutto robuste. I suoi occhi castani, così dolci e gentili erano fissi sul cielo grigio, ancora vividi di una piccola luce di vita, ma che ormai si stava lentamente consumando, come una candela la cui cera colava inesorabilmente fino a lasciare lo stoppino, piccolo scheletro nero e avvizzito. Per un attimo, mi parve che guardassero proprio me, come se mi pregasse, supplicasse di lasciarlo vivere, di permettergli di vedere un’altra primavera di poter brucare le foglioline e i fiori di croco che spuntavano dalla neve. Abbassai l’arma che tenevo ancora in mano, non potevo uccidere una bestiola così indifesa, i miei occhi erano pieni di lacrime, ma forse perché erano deboli al freddo e al vento gelido. Mio padre mi mise una mano sulla spalla guardò il capriolo con freddezza, come spesso guardava me, quando tornava a casa la sera, ubriaco fradicio “Uccidilo figlio, ricorda che la pietà è solo per i deboli” ordinò con voce tagliente, i suoi lineamenti erano come  il freddo marmo e una smorfia gli dipingeva il volto, rendendolo simile ad una grottesca maschera d’odio.

Io sospirai “Figlio, la pietà è solo per i deboli ricordatelo” quella frase mi vorticava in testa, presi la mira, e ignorando l’espressione triste e spaventata della bestia, come se fosse un condannato a morte che veniva condotto sul patibolo e dopo aver preso la mira feci fuoco.

L’esplosione risuona ancora oggi nelle mie orecchie e il capriolo che cadeva a terra con un verso strozzato simile ad un urlo umano, un assassino, ecco cosa ero diventato, senza anima, freddo aiutante della signora con la falce. Da quel giorno uccisi molti uomini, non avevo più pietà per nessuno, ma ora volevo vendicarmi di lui, di quell’uomo che mi aveva insegnato ad essere spietato e senza scrupoli.

Entrai nella piccola cassetta, dentro un vecchio era seduto intorno ad un tavolo di legno grezzo, non fu sorpreso di vedermi i suoi occhi ormai vacui s’illuminarono per un secondo, mentre mi avvicinavo “Figliolo” mormorò. Era invecchiato molto, i suoi capelli candidi come la neve ricadevano radi sulle spalle ormai smagrite e profonde rughe  gli attraversavano il viso segnato dall’età.

Presi un coltello che tenevo nella cinta e mi avventai contro di lui facendolo cadere a terra con un verso strozzato “Ora me la pagherai per l’assassinio di mia madre, so che l’hai uccisa tu, vecchio bastardo ho raccolto le prove” dico quelle parole ringhiando buttando fuori tutto l’odio accumulato in anni e anni di sofferenze.

Mio padre mi guarda con gli occhi tristi e sofferenti “Ti prego figlio mio” mormora “Abbi pietà di un povero vecchio”.

Feci una smorfia, sono tentato di ridere, anche se mi avrebbero preso di sicuro per pazzo se lo avessi fatto.

 “La pietà è solo per i deboli” esclamo con freddezza, la tessa che aveva usato lui anni fa, perché mi erano venute in mente proprio quelle parole? Affondo il coltello che taglia la carne come se fosse burro, il suo sangue esce copiosamente bagnandomi i vestiti, ma a me non importa, mio padre emise un suono rauco e gorgogliante tipico di chi sta per morire, simile al verso del piccolo capriolo mi guarda con gli occhi sgranati sofferenti poi, con un ultimo tremito si accascia per terra e non si rialza più.

Incominciai a ridere come un pazzo, sì forse ero davvero pazzo, in quel momento fece irruzione la polizia, doveva averla chiamata il vecchio, sapeva che l’avrei cercato, in fondo ero un pericoloso assassino squilibrato. Balzai in piedi e cercai di difendermi usando una pistola, ma una pallottola vagante degli sbirri mi colpì proprio sul cuore.

 Le lacrime mi offuscavano la vista, maledetto vento gelido, pensai, maledetti occhi sensibili, singhiozzai, mentre venivo balzato chissà dove .L'impatto arrivò prima del previsto, percepii il tonfo prima che il corpo si sfracellasse sul suolo umido. I muscoli si intirizzirono, odore di terra. L'ombra del capriolo saltellò un'ultima volta davanti ai miei occhi. Poi scomparve inghiottita da un’ombra più grande.
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