che mi aveva dato l’idea per questo capitolo.
lui si che è un fotografo fantastico
La foto
perfetta
Blaine era esausto.
Avevano lavorato tutta la notte, solo per soddisfare i capricci di
François. In
ogni caso non poteva lamentarsi: lavorare per uno dei fotografi
più importanti
di New York era un onore, poco importava se fosse un pazzo con idee del
tutto
anticonformiste.
Di certo non era l’unico a soffrire la notte insonne: i suoi
colleghi a mala
pena reggevano la macchina fotografica tra le mani, e i modelli non
riuscivano
più a connettere il cervello.
Però Blaine ne osservava uno in particolare tra di loro, con
cui aveva lavorato
per altri progetti (essendo uno dei preferiti di
François), e a suo parere personale era il
migliore, nonché il più carino.
Nonostante fosse
evidentemente stanco, continuava a lavorare seriamente, eseguendo con
precisione ogni ordine del fotografo.
Blaine ci aveva parlato, qualche volta. Era l’unico dei
modelli a non
comportarsi con superiorità e a fermarsi per chiacchierare
con lui. Gli faceva un effetto strano: il tempo con lui sembrava essere
sempre troppo
poco, e quando chiacchieravano si sentiva libero di dire qualunque cosa.
Anche se “chiacchierare” era una parola grossa.
Più che altro Blaine parlava, poi
si scusava perché non faceva altro che straparlare, e
l’altro gli assicurava
che era un piacere ascoltarlo.E il ciclo si ripeteva così
tutte le volte, in quei pochi minuti davanti alla
macchina del caffè.
A volte pensava di essere un vero idiota, perché alla sua
età non poteva
comportarsi come un liceale imbranato.
Sospirò e chiuse un secondo gli occhi, per riposarli. Aveva lavorato troppo.
Se ci pensava però, non
era l’unico a comportarsi in modo strano; insomma con
tutte le premure che il modello gli riservava, poteva pensare che
avesse una “cotta”
per lui.
Cosa però impossibile, visto che lui poteva avere un sacco
di modelli per lui
quando desiderava.
-ragazzi, abbiamo finito per oggi!- comunicò
François, facendo levare sospiri
di sollievo nella stanza.
Piano piano smontarono il set, e gli addetti andarono a casa.
Blaine, che si era offerto di aiutare, fu uno degli ultimi ad
andarsene. Si affrettò
a recuperare la sua roba, compresa la sua amata Colpix, e prese il
giubbotto.
Quando frugò la borsa alla ricerca del cellulare, fu molto
colpito di trovarci
un biglietto.
Raggiungimi
all’indirizzo
sul retro del foglio.
porta al tua macchina fotografica
Kurt.
Ancora sorpreso dal biglietto del
modello, Blaine uscì dal
palazzo, chiamò un taxi e si fece portare
all’indirizzo indicato. Aveva intenzione
di andare a casa e farsi un bella dormita, ma il sonno poteva spettare.
Una miriade di emozioni gli attraversavano il corpo, e non era ancora
riuscito
a levarsi il sorriso dalle labbra. Non riusciva ancora a credere che il
bigliettino che stringeva tra le mani fosse reale, e infatti aveva
paura che
fosse tutto uno scherzo solo per prenderlo un po’ in giro.
Entrò nell’edificio, che Dio solo sapeva quanti
piani avesse, e si affrettò a
raggiungere l’ultimo piano.
Aprì la pesante porta di metallo del tetto e rimase senza
fiato: davanti a lui
si presentava una delle viste più belle di New York.
-ti piace?- chiese una voce alla sua destra.
Blaine, che era perso nella contemplazione del paesaggio,
sussultò e si voltò
verso la figura di Kurt Hummel.
-io….- non aveva parole per descrivere quanto fosse bella la
vista della città
dall’alto. Quanto sembrasse calma (trattandosi comunque di
New York) con le
luci soffuse del mattino, o quanto i grattacieli fossero
così maestosi, o di
come Central Park acquisisse una luce del tutto nuova
dall’alto -…. È spettacolare-
-speravo ti piacesse- commentò Kurt sorridendo.
-ma… perché mi hai portato qui?- chiese curioso
Blaine. Non che fosse
dispiaciuto, giammai, ma voleva sapere il perché.
-bhè…- Kurt parve un attimo in
difficoltà -… è per la tua foto
perfetta-
Blaine mise in modo gli ingranaggi del suo cervello, e fu colpito dallo
scoprire che il ragazzo lo aveva ascoltato davvero durante tutti i suoi
sproloqui.
La sua foto perfetta.
Per quanto Blaine amasse il suo lavoro, era sempre stato un fotografo
più
portato per opere artistiche, che set per dei giornali famosi.
Da quando aveva frequentato il suo primo corso di fotografia si era
fatto una
promessa: un giorno, lui avrebbe scattato una foto perfetta.
Ma con “perfezione” lui non intendeva colori
meravigliosi, soggetto
sensazionale e ottima inquadratura.
Lui voleva una foto che fosse perfetta per lui, sfocata, fatta senza
nessun
criterio, mossa o in bianco e nero. In qualsiasi modo e con qualsiasi
tecnica,
doveva essere una foto che lui avrebbe adorato per sempre e di cui
avrebbe
potuto dire “sono orgoglioso di averla scattata”.
Non pretendeva che Kurt lo avesse ascoltato seriamente quando gli aveva
parlato
di questa foto, ne di quando aveva espresso il desiderio di vedere New
York
dall’altro.
Notando che Blaine era perso nei suoi
pensieri, Kurt parlò –vengo
qui, di tanto in tanto. Posso stare tranquillo e osservare la mia
città senza
che nessuno mi disturbi- spiegò, poggiandosi con i gomiti
sul parapetto.
-nessuno sa che vieni qui?-
Kurt si voltò verso di lui e sorrise –tu lo sai-.
Quel ragazzo non smetteva mai di stupirlo. Al lavoro sembrava sempre
così
perfetto e irraggiungibile, mentre alle macchinette era un semplice
ragazzo che
sopportava i suoi sproloqui.
Ma adesso l’unica cosa che vedeva Blaine era un ragazzo
gentile che si era
preoccupato per lui in modo dolce e disinteressato.
-guarda- Kurt indicò un punto tra i palazzi-
l’alba-.
Blaine vide il sole salire piano piano e illuminare la
città, rendendo tutto
ancora più magico.
Blaine osservò Kurt, che sembrava troppo assorto nel
contemplare il paesaggio
per notare i suoi movimenti.
Aveva gli avambracci poggiati sul parapetto, il corpo leggermente
proteso in
avanti e il viso illuminato dal sole.
Il fotografo si affrettò a prendere la sua macchina, e lo
fotografò.
Kurt, sentendo il rumore della macchina, si voltò verso di
lui e lo guardò
confuso.
Blaine gli sorrise.
Aveva la sua foto perfetta.
Miki’s corner
Ecco il capitolo 5!
vi piace come ho trattato il tema di oggi? Spero proprio di si!
un ringraziamento speciale a Betty: quella povera pazza continua a
recensire
questi obbrobri che scrivo. Che amore **
E un grazie al mio amico Blaine. Avevo già l’idea per questo capitolo da prima della Klaine Week, perché lui mi aveva ispirato.
A domani (si spera)
miky