Film > Il pianeta del tesoro
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Autore: Lirah    12/10/2012    1 recensioni
Sono passati cinque anni dalle avventure che Jim ha vissuto andando alla ricerca del tesoro di Flint e dopo l'accademia il ragazzo si è impegnato anima e corpo nelle missioni che gli venivano affidate.
Una di queste però lo porta a salvare Erin, una strana ragazza che però non sembra ricordare il suo passato e non conosce nessuna lingua.
Dal momento in cui Jim la salva però la sua vita viene sconvolta da un susseguirsi di strani eventi.
Chi è la ragazza e che cosa sta succedendo nell'universo?
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Erin
 
Era passato più o meno un mese dall’ultima volta in cui mi ero ritrovata  a girare per le strade di quella cittadina lontana dal Bembow. Quella mattina , con il permesso di Sarah, ero andata da sola a comprare l’occorrente per rifornire la dispensa. Avevo imparato abbastanza in fretta il loro linguaggio e finalmente potevo parlare, farmi capire dagli altri. Inutile dire che quella mattinata fu , per me, l’avventura più incredibile ed eccitante che avessi vissuto fino a quel momento.
Certo passare le giornate fra i banconi della locanda insieme a B.E.N che girava pericolosamente fra i tavoli poteva considerarsi una delle “avventure” più pericolose che si potesse vivere, ma in fondo mi ero abituata a lui. Quel robot era davvero sbadato per essere un qualcosa costruito. Da quello che mi aveva raccontato Jim però, lui era ben diverso da un oggetto: pazzo più di un umano, emotivo al massimo del possibile, sbadato più di una persona priva di un equilibrio stabile. 
Vivere insieme alla famiglia Hawkins mi dava ogni giorno una nuova emozione e un calore che rassicurava, faceva sentire protetti.
Qualche volta Sarah e Jim litigavano e nella casa piombava un silenzio talmente forte da far sembrare vuoto l’intero edificio, ma bastava uno sguardo, una parola, e tutto tornava normale. A volte mi ritrovavo , senza volere, a guardarli e a sorridere per la loro felicità.  Inevitabilmente il pensiero si fermava su Jim e non potevo che ringraziarlo in segreto per avermi salvato da quella supernova.
Fra un pensiero e l’altro finii in rapidità le commissioni e senza indugiare oltre andai a prendere il mezzo che mi avrebbe riportato a casa.  Ora però , mentre aspettavo di arrivare a destinazione, il mio sguardo non si posava più sulle distese di rocce , ma bensì sul cielo.
Qualche volta Jim prendeva il Solar Surfer a iniziava a volare in quell’immensa distesa di azzurro. Lo spiavo di nascosto, sedendomi sui pontili davanti casa con le gambe a ciondoloni sul vuoto sottostante. Quante volte avevo pensato di chiedergli di insegnarmi, ma non ne avevo mai avuto il coraggio; non sapevo se per paura di  quell’oggetto che permetteva di volare così liberi, oppure nel timore di dargli fastidio,  disturbarlo.
Negli ultimi giorni però si era chiuso nella sua stanza , a tracciare su di una mappa chissà quale rotta. Aveva rivelato a sua madre di aver sentito qualcuno parlare nuovamente del pianeta del tesoro, di un secondo pianta, e di volersi informare a riguardo. Sarah era un po’ scettica all’inizio, ma poi visto l’impegno che il figlio metteva in quelle ricerche l’aveva assecondato.
Scesi alla mia fermata e mi ritrovai a camminare sul sentiero che portava al Bembow, lanciando un’occhiata alla finestra della camera di Jim: i balconi completamente spalancati volevano dire solo una cosa, ovvero che stava ancora chino sulla scrivania.
Arrivai davanti alla porta d’entrata tenendo la busta della spesa con entrambe le mani. Poco distante c’era il Solar Surfer accostato al muro, la vela chiusa, e in quell’esatto istante mi venne un idea.
Entrai a gran passi, salutando B.E.N  che come al solito era al lavoro, e dirigendomi in cucina , appoggiando la busta sul tavolo.
-Ecco qui la spesa. Ho comprato tutto-
-Bentornata. Grazie mille. Come è …. Erin!-
Scappai fuori dalla stanza prima che Sarah potesse finire di parlarmi e  corsi gli scalini a due a due. Rallentai solo quando mi trovai in prossimità della stanza di Jim. C’era la porta chiusa e dopo aver sistemato i vestiti bussai due volte , sentendo subito dopo la sua voce che diceva di entrare.
Mi feci avanti senza tante cerimonie, richiudendo dietro di me la porta.
-Ciao-
Fece un rapido cenno con la mano, senza distogliere lo sguardo dalla mappa ed emettendo un leggero lamento come saluto. Indossava degli abiti comodi, quelli che era solito mettersi quando girava per il Bembow senza dover svolgere alcuna mansione per la madre.
Dopo qualche minuto mi avvicinai alla scrivania, mi inginocchiai leggermente, incrociando le braccia sul legno scuro e appoggiando il mento ad esse.
-Jim è da due giorni che sei qui dentro. Dovresti fuori andare-
-Dovresti andare fuori-
-Come?-
-Si dice : dovresti andare fuori, hai invertito la posizione del verbo andare-
-O … Grazie. Comunque, quando pensi di alzarti da qui?-
-Mi manca poco-
Lo vidi allungare il braccio , e prendere un libro da una pila alta e barcollante: il fatto che non fosse ancora caduto nulla era un miracolo. Sbuffai, per spostare un ciuffo di capelli che continuava a cadermi sugli occhi e mi alzai, andando alla finestra e guardando fuori.
-Hai visto che bella giornata?-
-Si-
Una risposta distratta, quasi automatica. Mi voltai, appoggiandomi al  davanzale e incrociando le braccia. In quelle poche settimane avevo capito che quando James Hawkins si impuntava su qualcosa, non smetteva di lavorarci fino a che non aveva terminato il tutto, senza concedersi nemmeno un attimo di pausa. Era davvero un gran testone.
-Jim-
-Mm-
-Jiim-
-Va bene-
Trattenni una risata e mi avvicinai, prendendo un libro da un’altra pila e alzandolo sopra la sua testa china sulla mappa e con aria tranquilla continuai a parlare.
-Una domanda: posso tirarti in testa questo libro?-
-Si-
Ennesima risposta data a caso, e senza pensarci un attimo lasciai la presa sul libro che gli cadde dritto in testa. Di scatto lui lasciò andare la penna, portandosi le mani fra i capelli, proprio sul punto in cui l’avevo colpito. Si voltò a guardarmi.
-Aia! Ma che cosa….-
-Sei stato tu a dirmi che potevo farlo-
-E quando l’avrei detto?-
-Proprio due secondi fa-
Sbuffò e appoggiò svogliatamente i gomiti al tavolo mentre si stropicciava gli occhi. Vidi un sorriso comparire sul suo volto mentre tornavo vicino alla finestra e indicavo fuori.
-Devi uscire un po’. C’è un sole stupendo ed è un peccato sprecare una giornata così. Inoltre hai gli occhi rossissimi, dovresti dargli almeno mezza giornata di vacanza-
-Dovrei finire tutto entro fine mese, se non prima. La tempesta di asteroidi impedisce a qualsiasi nave di partire. Questo vuol dire che quelli che hanno la mappa sono ancora qui. Prima finisco di tracciare la rotta del pianeta del tesoro, e prima potrò partecipare alle ricerche-
-Ma il pianeta non era andato distrutto?-
-Si, ma sicuramente Flint avrà presto il primo pianeta come punto di partenza-
Scossi la testa scoraggiata e mi avvicinai nuovamente a lui, prendendogli la mano e tirandolo leggermente. Ormai persino il contatto che avevamo, seppur piccolo, non mi dava più quell’imbarazzo dei primi giorni, in cui non capivo se lui gradisse o meno la mia compagnia. Sapevo perché mi aveva portato a casa con se , e sapevo benissimo che stavano cercando informazioni sul mio passato, un passato che io non riuscivo ancora a ricordare.
-Avanti. Almeno un giro sul tuo Solar Surfer lo puoi fare. Ti porterà via solo qualche minuto. E poi sicuramente riuscirai a ragionare meglio se lasci passare un po’ di tempo-
Rimase un attimo a pensare e solo dopo qualche minuto e alcune proteste in più, riuscii a farlo alzare da quella sedia e uscire dalla stanza. Lo trascinai fuori dalla locanda quasi di peso, come per paura che decidesse di girarsi e tornare a scrivere chissà che cosa.  Lasciai la presa solo nel momento in cui ci ritrovammo davanti al Solar Surfer. Allargai le braccia come per mostrarglielo e poi gli sorrisi.
-E’ ora di divertirsi un po’. Non ti pare-
Non mi risposte nemmeno, salì direttamente sul mezzo e in un attimo mi ritrovai a guardarlo mentre si divertiva come un pazzo. Per quanto cercasse di dimostrarsi adulto in ogni singolo momento della giornata, quando si ritrovava a  volare nel cielo, in mezzo alle nuvole, sembrava un ragazzino. Come se vivere sulla terraferma fosse per lui una prigione, come se qualcuno gli avesse bloccato le ali.
Jim , molto probabilmente, era nato per vivere volando, verso chissà quali avventure nello spazio; Ecco perché cercava quel fantomatico tesoro di Flint di cui tanto parlava.
Io invece non avevo un sogno, non sapevo nemmeno se mi era permesso averne uno. Quando cercavo di immaginare me stessa in un futuro, inevitabilmente cercavo un passato, un’ancora di salvezza, qualcosa che mi potesse spiegare chi ero, che cosa potevo diventare, cosa volevo diventare. Avevo sognato la libertà per tanto tempo, e ora che l’avevo ottenuta, mi chiedevo che cosa ci fosse in quei ricordi nascosti nella mia mente.
Fra un pensiero e l’altro non mi accorsi nemmeno che Jim era tornato a terra, ma rimaneva ancora a mezz’aria, davanti a me. Quando tornai a dargli attenzione lo vidi tendermi la mano. Mi ritrassi per un attimo , mentre la mente realizzava quello che voleva dire quel gesto.
-Avanti, lo so benissimo che mi guardi sempre quando esco-
-Bhe … sei bravo … a usare questo coso-
Dissi un po’ imbarazzata. E io che per tutto il tempo avevo cercato di nascondermi, uscendo allo scoperto con vari pretesti per poi mettermi a sedere e guardarlo.
-Fidati, provare è molto più divertente che guardare e basta-
-Ma io non ci so andare-
-Lo guiderò io, tu devi solo tenerti stretta e fidarti di me. Forza vieni-
Un po’ titubante gli afferrai la mano e un attimo dopo mi ritrovai a mezz’aria insieme a lui, che  non aveva ancora accennato a partire. Non avevo la minima idea di che cosa fare. Certo, quella non era la prima volta che salivo su uno di quegli affari volanti, ma quel giorno non ero molto in me per capire cosa stava succedendo.
-Allora metti una mano qui, vicino alla mai, e l’altra un po’ più avanti. Tieni le ginocchia un po’ piegate e assicurati che i piedi siano ben aderenti alla tavola e allineati ai miei-
-Così va bene?-
Cercai di fare tutto quello che mi diceva, lasciando che mi spostasse braccia e gambe con un lieve tocco delle dita, guardando attentamente tutto quello che mi indicava. Da quello che mi stava dicendo il Solar Serfer funzionava grazie all’energia solare che era imbrigliata nella vela e che veniva trasferita ai motori sotto forma di energia. Chiudere quest’ultima avrebbe significato cadere in picchiata verso il suolo. Energia solare e spinta del vento: ecco quello che serviva per usare uno di quei mezzi.
-Perfetto. Partiamo. Tieni forte mi raccomando-
-Si-
Strinsi la presa e un attimo dopo mi ritrovai a volare  fra le nuvole. I raggi del sole riscaldavano la pelle, mentre l’aria fresca mi scompigliava i capelli. Potevo sentire il cuore battermi a mille dall’eccitazione. Volare era una delle cose più belle che potessi mai provare. Sembrava di essere liberi da tutto e tutti, senza nessuna costrizione, nessuno che ti dicesse chi dovevi essere, cosa dovevi fare,  chi dovevi diventare. In quegli istanti esistevi solo tu, il vento e quella distesa di cielo e nuvole davanti a te.
Girai il volto verso Jim, incontrando i suoi occhi. Anche lui stava provando le stesse cose che stavo provando io, e forse era proprio per quello che prendeva il Solar Surfer e passava ore e ore a fare acrobazie. Voleva sentirsi libero.
Ad un tratto sentii il suo corpo spostarsi e ci ritrovammo a salire di quota, sembrava quasi di poter toccare lo spazioporto, il sole e tutti gli altri pianeti che si intravedevano.
Sentii la sua bocca avvicinarsi al mio orecchio, spostando con una mano le ciocche di capelli che gli andavano addosso al viso.
-Girati e reggiti a me.-
-Che vuoi fare?-
-Avanti-
Un po’ titubante mi girai, avvolgendogli le braccia intorno al collo, guardandolo in faccia come per capire che cosa avesse intenzione di fare. Riconoscevo quello sguardo, stava pensando a qualcosa di pericoloso e , di sicuro, non si sarebbe fatto mettere i bastoni fra le ruote.
-Non ci provare nemmeno!-
-Come? Non ti sento!-
Un attimo dopo eccolo schiacciare il bottone che permetteva di ritrarre la vela, e ci ritrovammo a cadere in picchiata verso il vuoto. Sentii le sue braccia avvolgermi i fianchi. All’inizio mi sembrò di sentire il cuore in gola, ma poi qualcosa cambiò e sentii la stessa calma e fermezza del corpo di Jim.
Quando fummo a pochi metri di distanza da terra, con un rapido colpo del piede fece fuoriuscire la vela che ci riportò immediatamente  in quota.
Ci ritrovammo a ridere come dei bambini mentre tornavamo verso i pontili del Bembow.
-Hai visto che non era così male?-
Gli diedi un leggero pugno in testa, guardandolo con sguardo di rimprovero. Lo stavo facendo apposta, e lui di tutta risposta fece finta di svenire all’indietro, piegando il Solar e, sentendomi battergli sul petto, tornò a mettersi  nella giusta posizione.
Non so per quanto tempo rimanemmo ancora a volare nella zona, ma la vista da lassù era davvero spettacolare. Poter vedere tutto quell’enorme distesa di rosso, le persone e i mezzi che si spostavano sembravano  delle piccole formiche.
Quando raggiungemmo casa scesi per prima e subito dopo atterrò anche Jim, facendo rientrare la vela come fatto prima.  Mi ero fatta promettere che, una volta tornato da quel famoso viaggio che voleva intraprendere, mi avrebbe insegnato a pilotare uno di quei mezzi.
-Non è così difficile. Imparerai subito.-
-JAMES PLEIADI HAWKINS-
Ci voltammo entrambi, vedendo Sarah che si avvicinava a gran passi con aria di rimprovero e tenendo due leggere fra le mani. Per un attimo non potei evitare di avvicinarmi a Jim, afferrando un lembo della manica della sua giacca, mentre anche lui indietreggiava di qualche passo. Quando sua madre era arrabbiata, aveva il potere di spaventare chiunque. Inoltre quando lo chiamava con il nome di battesimo voleva dire che l’aveva combinata davvero grossa.
-Ti sembra il caso di portare Erin in giro su un Solar Surfer?-
-Ma mamma/-
-Non è omologato per due-
-Può sopportare il peso di entrambi. E poi lo sai che l’ho modificato-
-QUANDO AVEVI 15 ANNI.-
Lo zittì in un attimo, facendogli persino chiudere gli occhi. Strinsi i denti e mi feci avanti. In fondo era anche colma mia se ora si trovava in quella situazione.
-Sarah … è stata anche colpa mia. Volevo tanto sapere che cosa si provava e così ho chiesto a Jim/-
-Erin-
Continuai a parlare prima che lui riuscisse a dire qualcosa, tirandogli leggermente la manica per intimarlo a stare zitto
-Gli HO chiesto di farmi fare un giro. E’ colpa mia. Mi scusi-
Mi strinsi fra le spalle e subito dopo la vidi mettersi una mano sulla fronte , per poi passare a portarsi indietro i capelli. Molto probabilmente ci aveva sgridati solamente perché si era preoccupata.
Una volta tornata la calma, Jim rimise apposto il Solar Surfer dicendomi un grazie silenzioso muovendo solamente le braccia. Di tutta risposta alzai le spalle, sperando che Sarah non capisse nulla.
-Ad ogni modo … Non fatelo più. Jim è arrivata una lettere dal Capitano Lexor e una da parte di una certa Charlot-
-Dal Capitano?-
-E’ l’uomo che guidava la nave con cui mi hai trovato vero?- chiesi
-Si-
Prese le lettere dalle mani della madre e andò a sedersi su di una panchina vicina all’entrata della locanda. Mi sedetti accanto a lui aspettando qualcosa. Non sapevo nemmeno io perché ero così curiosa di sapere che cosa gli avessero scritto. Forse volevo solo sapere se erano riusciti a scoprire qualcosa sul mio conto, o  magari di sapere se Charlot era riuscita ad avere qualche informazione riguardo quei due tipi strani. Jim aveva fatto affidamento su di lei, chiedendole aiuto, proprio perché nell’ufficio del padre passavano sempre uomini alla ricerca di una nave o di un permesso di attracco; e con la tempesta che continuava a imperversare lo spazio porto era l’unico posto disponibile.
Per prima Jim aprì la lettera del capitano. All’interno vi doveva sicuramente essere qualcosa a mio riguardo
-Dice che purtroppo non hanno ancora trovato niente sul conto di Erin. Mi dispiace. In più ci richiede una lettera scritta dove avvisarlo di eventuali ricordi. Qualche … miglioramento?-
Gli sorrisi, scuotendo la testa. Purtroppo nessun ricordo si era fatto vivo nella mia mente. Sarah mi posò una mano sulla spalla, come per farmi forza. In fondo non potevo essere triste per qualcosa di sconosciuto. Aspettare ancora un po’ non mi avrebbe fatto del male.
Quando stavo per voltarmi nuovamente verso Jim, eccolo scattare in piedi fra urla di gioia, esultando, sprizzando energia da ogni singolo centimetro del corpo. Fra le mani stringeva la lettera di Charol.
Si avvicinò a noi due, che eravamo ancora ferme e sbalordite da quello scatto così improvviso.
-Tesoro che succede-
-Ce l’ha fatta! Ha scoperto qualcosa riguardo la mappa. Dovrò andare allo spazio porto per accertarmi che la mappa sia quella giusta-
Rilesse ancora e ancora quelle parole. Sapevo benissimo che c’era una piccola bugia in quelle parole. Charlot aveva il compito di trovare quelle persone poco raccomandabili, ma lui per evitare che la madre si preoccupasse, le aveva detto che stavano cercando un mercante e la mappa.
-Bene. Corro a preparare alcune cose. Domani mattina parto all’alba-
-Domani mattina? Così presto-
-Ogni minuto è prezioso mamma. Vado-
Le diede un rapido bacio sulla guancia e una lieve pacca sulla spalla a me, per poi correre di sopra a grandi falcate. Io e Sarah rimanemmo ferme a guardarlo entrare nella locanda. Quando mi voltai verso sua madre vidi una strana espressione sul suo viso. Sembrava tesa, spaventata, preoccupata. Forse non era poi così felice di sapere che il figlio si occupava nuovamente di quella faccenda..
Le accarezzai la spalla, prendendola sotto braccio, incitandola a rientrare e tornare ad occuparsi dei clienti. Se non altro i sarebbe distratta un po’
 
Quella sera a cena c’era una strana tensione nell’aria, nascosta malamente dai sorrisi un po’ spenti di Sarah.
Quando mi ritirai nelle mie stanze, dopo aver aiutato Sarah a pulire un po’ il locale, non potei fare a meno di prendere il libro  che narrava le avventure del Pianeta del Tesoro.
Jim me l’aveva regalato, visto che ogni volta che andavo in camera sua finivo inevitabilmente per  chiedendoglielo in prestito.
Sfogliai le pagine, fino a che non mi fermai su quella in cui era raffigurato il pianeta in cui erano nascosti i bottini dei  mille mondi.
-Il pianeta … Flint …-
Allungai le dita cercando di toccare quel flebile ologramma. Fu un attimo. Davanti agli occhi mi passarono davanti varie immagini: una massa inimmaginabile di tesori tenuti uniti da dei fasci di energia, uno scheletro con tre paia di occhi seduto su di un trono. Poi improvvisamente delle creature cadevano nel vuoto, urlando, due mani tese che cercavano di afferrarsi l’un l'altra, e poi  un’esplosione.
Le mani che fino a quel momento avevo tenuto fra i capelli , cercando di far cessare quel susseguirsi di immagini, scattarono a posarsi sul petto. Un dolore lancinante, fortissimo, come se qualcosa si fosse spezzato, fosse andato distrutto nel momento in cui nella mia mente era avvenuta quell’esplosione. Sentii mancarmi il fiato e le lacrime riempirmi gli occhi. Soffocai un urlo per evitare di spaventare Jim, sua madre e B.E.N.
Subito dopo  nella mia mente c’era solo l’oscurità e il freddo provato fino al momento in cui la mano di Jim mi aveva afferrato per portarmi via.
-Che … cosa …-
Scoppiai a piangere senza motivo. Avvertivo la paura, l’angoscia, un senso di perdita.
Solo quando il dolore diminuì e si fece fievole pensai  a quello che avevo visto. Chi erano quelle persone, che cos’era quel posto, e quell’esplosione così tremenda?
Afferrai con mani tremanti il libro che era rotolato giù dal letto. Lo richiusi e lo appoggiai sul comodino. Quella reazione era nata nel momento in cui mi ero concentrata a guardare quel pianeta. Il dolore era svanito, eppure la paura continuava a causarmi dei forti tremori.
Che quelle fossero delle immagini appartenenti al mio passato?

  
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