.Mercy
Il letto
sfatto occupava il centro della stanza, Mello era seduto
sul bordo destro, con una gamba a penzoloni, dandomi le
spalle.
Non diede
segni di aver notato la mia intrusione, per quanto
irruenta.
Sulla
scrivania giacevano almeno una ventina di barrette di cioccolato,
ne portavo una ogni giorno, ma non sembravano suscitare alcun interesse
in
lui.
Feci due
passi avanti.
«Vattene.»
Mi bloccai
per un attimo, stupendomi di quanto potesse suonare autoritario
il suo sussurro, per poi avvicinarmi ancora.
«Ho detto,
fuori.
»
Non mi
curai di ció che diceva e mi sedetti sulle ginocchia,
accanto al
letto, riuscendo così a vedere il volto del biondo di
profilo.
Teneva le
palpebre forzatamente serrate, le sopracciglia aggrottate, la
mascella contratta.
Gli sfiorai
la gamba con le dita, tentando di infondergli un po' di
sicurezza.
Le mani che
teneva mollemente poggiate sulle gambe si strinsero a pugno,
producendo con i guanti di pelle il solito sgradevole squittio.
«Matt... »
Pronunció, con voce incrinata, quasi mi stesse supplicando.
«Lasciami
solo.
»
Sospirai,
non sapevo come comportarmi, non avevo intenzione di
ascoltarlo, non quella volta, ma non ero abituato a vederlo
così.
Mi
spiazzava, era quasi..doloroso.
«Hey.. » Allungai
la mano destra verso il suo volto, sorridendo rassicurante.
La sua
mano, repentina, bloccó la mia, stringendo febbrilmente il
mio
polso.
«Non
toccarmi.
»
Sputó
quelle parole, soffrendole.
Io sgranai
gli occhi, avevo intuito che non sarebbe stato semplice, ma
avevo creduto di poter gestire la situazione.
Non ne ero
più molto convinto.
La mia mano
libera andò verso quella che stringeva il mio polso,
poggiandovisi sopra.
Lo sentii
sussultare, mantenendo le palpebre ostinatamente serrate.
«Mello, io-»
«Sto bene, Matt. Non occorre che tu stia qui. »
La sua
presa sul mio polso sparì in un istante.
Mi fece
infuriare.
«No Mello. » Ringhiai.
«Mi ci
potrei giocare la Camaro sul fatto che tu non stai affatto
bene.
»
Lo presi
per le spalle, cercando di farlo voltare verso di me.
Lui si
sottrasse e, nuovamente, mi bloccó le mani, allontanandole
da sé,
finalmente aprendo gli occhi.
«Ti ho detto
di-»
La voce gli
morì in gola quando vide il mio volto davanti al suo,
completamente
esposto.
«..Non
toccarmi..
»
Sussurró.
Restammo
per un momento entrambi paralizzati.
Fino ad
allora mi aveva permesso di vedere il suo viso solo di profilo.
Il profilo destro.
La parte
sinistra del viso era quasi completamente coperta da una
cicatrice visibilmente recente, che si allungava anche sul collo, fino
a
sparire sotto il colletto del suo gilet.
La seguii
con lo sguardo, con le sopracciglia aggrottate e gli occhi
spalancati.
E pensare
che Mello non mi aveva nemmeno permesso di aiutarlo a
medicarsi..doveva esser stato atroce.
Ed era
riuscito a non far uscire nemmeno un lamento da quella stanza.
E per tutto
il tempo io non avevo fatto altro che pensare che si
stesse comportando in modo infantile.
Un'ondata
di senso di colpa mi investì, colpendomi all'altezza del
petto.
Guardai
Mello negli occhi, sperando che leggesse nei miei il rammarico, ma
lo trovai con uno sguardo vuoto, come se non mi vedesse nemmeno.
«Mello.. »
Lentamente
lui chiuse gli occhi, lasciando la presa su di me e facendo
ricadere le braccia sui suoi fianchi.
Allungai la
mano verso la sua guancia sinistra, timorosamente, sfiorandola
appena.
Lui
sussultó.
«Ti fa male? »
Chiesi
subito, preoccupato, ma Mello fece altrettanto
velocemente cenno di no con la testa.
Seguii con
la punta delle dita il contorno della bruciatura, passando
sulla palpebra, la linea della mascella, il collo, fino alla
clavicola.
Sentivo il
suo respiro farsi più rapido, e vedevo le sue mani tremare
leggermente.
«Mello,
guardami.
»
Nessuna
risposta.
«Mihael.»
Spalancó
gli occhi, sentendmi pronunciare il suo nome.
«Perchè
hai voluto affrontare tutto da solo? Cosa avevi intenzione di fare,
si puó sapere?»
Parlai
lentamente, anche se pieno di rabbia. Se per me stesso o per lui,
non me ne curai.
« Pensavi
che restandotene qui a morire di fame avresti risolto qualcosa?! »
Mello
sorrise amaramente, spostando lo sguardo sul pavimento.
«Io... »
Aggrottó le sopracciglia, probabilmente indeciso sul parlare
o no.
«Io non
volevo che tu vedessi. »
...Rimasi
impietrito.
Al pensiero
che Mello si fosse imposto di soffrire da solo e in silenzio
per una preoccupazione tanto stupida quanto lodevole, non seppi se
lasciar
prevalere la commozione, la rabbia, o il rammarico.
Vinse
la prima, credo, perchè la mia mano raggiunse il suo viso,
carezzandolo leggermente.
«Non mi
importa niente, Mello. »
Affermai
con convinzione, sorridendo appena, per poi cercare di
sdrammatizzare.
«Insomma,
dopo dover sopportare il tuo essere presuntuoso, arrogante,
saccente, borioso, autoritario e capriccioso, davvero, questo non
è niente. »
Lui si
esibì in una risata piena di amarezza.
«Non voglio
la tua pietà, Matt. »
Rimasi
paralizzato dalla freddezza con cui lo disse.
«Non voglio
doverti vedere distogliere lo sguardo da me per paura di
ferirmi, non riuscendo a decidere se sia peggio esser stato beccato a
guardarmi
o a non guardarmi. Non lo
sopporterei.
»
Sussurró
ogni singola parola con rabbia, e con una maschera di
strafottenza.
Io scattai
in piedi.
«Pensi che
questa sia pietà?
Pensi che possa comportarmi in modo diverso con te solo per una
dannatissima
cicatrice? Ti guarderó, ovvio che ti guarderò.
E non mi
importerà niente se tu te ne accorgerai, perchè
io starò
maledicendo la tua impulsività e la poca considerazione che
hai di te stesso
per averti permesso di essere a tanto
così dal non tornare, e ringraziando
chissà quale assurda divinità che tu
te la sia cavata con solo quella.»
indicai il
suo volto.
«Probabilmente
staró maledicendo anche me stesso, per non averti saputo
risparmiare quel dolore, ma una cosa te la garantisco, non
staró provando pietà.>>
Lui mi
guardava ad occhi sbarrati, avevo cominciato ad urlare.
Deglutii a
vuoto, cercando di calmarmi, ed estrassi velocemente una
sigaretta dal mio pacchetto.
«Quella
cos'è? »
Chiese
Mello atono.
«Una
sigaretta.
» Risposi
posizionandola fra le mie labbra.
Frugai
nella tasca dei jeans, trovando l'accendino.
«Non ti
azzardare.
»
Mi bloccai
con la mano a mezz'aria e l'accendino acceso, per poi voltarmi
verso Mello, che aveva un'aria minacciosa.
«Scusami? » Gli
domandai, inarcando un sopracciglio.
«Non ti
azzardare ad accendere quella sigaretta. »
«Non ho
bisogno della tua pietà. » Gli feci
il verso,
portando l'accendino all'estremità del cilindro fra le mie
labbra.
In un
attimo Mello si alzó, e prima che potessi aspirare la prima
boccata
di fumo sia la sigaretta che l'accendino caddero a terra, spargendo
qualche
scintilla.
Era stato più veloce di quanto mi aspettassi.
NdA
Comincio col cercare di discolparmi.Insomma, ho postato dopo quanti mesi...due, tre? Sono imperdonabile ._.
In mia difesa (ma neanche tanto) ho avuto un assurdo blocco dello scrittore, o della scrittrice,
e tutto quello che sono riuscita a ricavarne è stato questo scialbo capitolo di "transizione", per così dire.
Mi scuso se non dovesse essere nemmeno lontanamente accettabile, o per eventuali errori.
Ringrazio tutti di cuore per le recensioni del capitolo precedente, mi scaldano il cuore.
Alla prossima! (Sperando che passi poco tempo!!!)
I Am the Lightning, the rain transformed