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Autore: Lights    13/10/2012    5 recensioni
"L’amore, il vero amore è magia e non una magia qualsiasi ma la magia più potente di tutte"
- Ed è proprio questo che racconta la oneshot. Un amore che cresce dentro, piano, piano e silenzioso. Un amore coltivato con pazienza, sincerità reciproca. Un amore che si evolve, da amicizia a qualcosa di più. Un amore che ha bisogno di un suo cammino, di un lungo percorso per portare a galla la sua grande verità: unire chi è destinato a stare insieme. Perché il vero amore, è quello che ti fa rinascere e riassaporare le gioie della vita, perché alla fine, una volta scoperto, sarà bellissimo.
Tutto da qui: come nasce la mia long "Family Affairs"
Storia partecipante al Contest "The Untold Stories [Multifandom & Originali – Inedite ed Edite]" indetto da Jaybree sul forum di EFP
Genere: Malinconico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Hermione Granger | Coppie: Harry/Hermione
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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[Storia partecipante al Contest "The Untold Stories [Multifandom & Originali – Inedite ed Edite]" indetto da Jaybree sul forum di EFP, classificandosi sesta.

 

 

Questa oneshot non è altro che un capitolo della mia long “Family Affairs” (capitolo 6), ma può considerarsi come una storia a sé, perché narra la vicenda di come è nato l’amore tra Harry e Hermione e i passi che hanno dovuto percorrere per arrivare a essere una famiglia.

 

 

NdA: L’amore, il vero amore è magia e non una magia qualsiasi ma la magia più potente di tutte.

 

Ed è proprio questo che racconta la oneshot. Un amore che cresce dentro, piano, piano e silenzioso. Un amore coltivato con pazienza, sincerità reciproca. Un amore che si evolve, da amicizia a qualcosa di più. Un amore che ha bisogno di un suo cammino, di un lungo percorso per portare a galla la sua grande verità: unire chi è destinato a stare insieme. Perché il vero amore, è quello che ti fa rinascere e riassaporare le gioie della vita, perché alla fine, una volta scoperto, sarà bellissimo.

 

 

 

 

 

La storia parte tutto dall’idea della canzone che vi riporto di seguito. Ho utilizzato solo una frasetta, la più significativa per Harry e Hermione: And in the end you begin again / E alla fine Tu ricomincerai … I twill be beautiful / sarà bellissimo.

 

 

10, IN THE END

 

And in the end

You begin again It’s the way of all things Your body’s like a wishing well of a million diamonds Her bones to dust bursting in to a million diamonds And youll carry on ‘cause in the end It’s the way of all things twill be beautiful

 

 

E alla fine Tu ricomincerai È la condizione di tutte le cose Il tuo corpo è come un pozzo dei desideri pieno di un milione di diamanti Le sue (di lei) ossa alla polvere scoppiano in un milione di diamanti E tu proseguirai Perché alla fine È la condizione di tutte le cose … sarà bellissimo

 

 

Buona lettura

 

 

Lights

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tutto da qui

 

 

 

E alla fine tu ricomincerai.

 

Queste erano state le ultime parole che Ron le aveva detto prima di chiudere la porta e di passare oltre, voltare le spalle a tutto quello che avevano costruito insieme, a tutto quello che avevano passato, a tutto quello che erano stati e diventati.

Hermione era ferma da molte ore nella stessa posizione. Al centro della stanza. Con le mani giunte vicino alla pancia. Senza muovere lo sguardo dalla porta di legno chiusa.

Vuoto.

Non era stata una decisione sofferta, sorpresa, inaspettata, no. Era stato tutt’altro. Semplicemente una conseguenza naturale della loro vita.

E alla fine tu ricomincerai.

Solo molti giorni dopo Hermione avrebbe capito che quel tu era riferito solo a lei, perché lui aveva già ricominciato da un pezzo a vivere, ma senza di lei.

Hermione chiuse gli occhi per concentrarsi su stessa e sulle sue emozioni.

Non aveva detto nulla o quasi. Niente urla, nessun perché. Lei lo sapeva, l’aveva sempre saputo, ma come tutte le volte che la verità la feriva, aveva preferito ignorarla, tacere.

Proprio come quella volta, quando aveva capito che in Harry era nascosto un Hocrux. Aveva lottato con tutta se stessa per combattere quella verità, per non farla trapelare, ma alla fine, quando Harry le aveva chiesto la conferma, lei non aveva potuto fare altro che assentire.

È così era stato per tutti quegli anni. Aveva nascosto, ignorato la verità, fino a quando aveva potuto. Aveva abbracciato Ron per un lungo istante, stringendolo a sé con forza, per avere l’ultima possibilità di percepire qualcosa che andasse oltre all’affetto. Nulla.

Aveva sorriso di se stessa. Sciocca. L’ultimo tentativo era fallito. Aveva provato con tutte le sue forze a camminare insieme su quella linea dritta. Quando erano arrivati al bivio, avevano dovuto prendere una decisione, guardare in faccia la realtà e rendersi conto che la loro strada non era altro che due linee rette parallele che si erano interrotte nel preciso istante in cui avevano deciso: tu a destra e io a sinistra.

Ron si era costruito la sua nuova vita non appena aveva messo piede nel mondo dello sport, lei, invece, era rimasta ferma ai suoi valori, Ron e lei, la sua famiglia e Harry: tutto il suo mondo.

La carriera nel mondo magico era stata un percorso naturale che aveva vissuto a fianco di Harry e non solo.

Harry c’era stato al quinto compleanno di Rose, facendo le veci di quel padre troppo impegnato nel vortice della popolarità.

Harry c’era stato quando, disperata, non aveva saputo affrontare la caduta di Rose dalla scopa al suo primo tentativo di volo e la piccola si era rotta braccia e gambe.

Harry c’era stato quando l’avevano accusata di aver protetto un imputato di omicidio, e grazie al suo intervento e alla sua tenacia nello scoprire la verità, il signor Pinch era stato riconosciuto innocente e lei era stata riammessa al suo posto.

Harry c’era sempre stato, al contrario di Ron che non c’era mai.

A quella consapevolezza Hermione si era come risvegliata da quell’intorpidimento interiore. Aveva afferrato il cappotto, la borsa ed era uscita da quella casa silenziosa e vuota.

Aveva camminato a lungo, senza una meta precisa. Un passo dietro l’altro, con lo sguardo puntato verso l’orizzonte, con la mente piena di pensieri e ricordi.

Si era fermata lungo il ponte. Si era appoggiata alla balaustra lasciandosi accarezzare dal venticello del tardo pomeriggio. Un sorriso amaro era nato spontaneo sulle sue labbra.

È realmente finita. Aveva pensato guardandosi la mano sinistra dove risplendeva la sua fede nuziale. Prima di allora si era immaginata più volte come sarebbe stato quel giorno, senza mai in realtà arrivare a una soluzione. Ora lo sapeva. Era strano. Si sentiva vuota ma piena. Sollevata ma pesante. Le sembrava di camminare in mezzo alla nebbia, con l’unica certezza che doveva continuare ad andare avanti.

Si tirò su il bavero del paltò e proseguì.

Una folata di vento, un po’ più forte delle altre, la costrinse a fermarsi. Le scompigliò i capelli facendoli scappare dal filo di raso che li teneva legati.

Rimase lì ferma, vicino alla porta della locanda. Con un gesto meccanico si tolse la fede e la osservò attentamente sul palmo della mano. Dei ragazzi la travolsero nella loro corsa e lei per l’urto si lasciò sfuggire l’anello dalla mano, il quale cadde a terra sui ciottoli, tintinnando un paio di volte.

È finita, Hermione. Le ultime parole di Ron assunsero un senso a quel suono.

Sì, era finita.

Si chinò a terra, la raccolse e la infilò nella tasca. Non era ancora pronta del tutto a lasciare andare via quel pezzo della sua vita.

Entrò nel locale. Si sedette a un tavolino appartato, invece del solito posto al bancone, e attese. Sapeva che da lì a poco sarebbe arrivato.

Il loro era diventato ormai un appuntamento fisso che si concedevano prima di andare a riprendere i bambini da nonna Molly.

- Ehi! Ti ho scovato! - Harry l’aveva salutata, baciandole il capo.

Hermione aveva chiuso gli occhi e si era lasciata andare a quel battito speciale del cuore. Aveva dovuto far appello a tutte le sue forze per non piangere, per non confessare all’amico il suo fallimento.

- Harry!

Lui l’aveva fissata a lungo senza dire niente, percependo in quella parola che qualcosa era successo.

Dovresti dirglielo, Harry, aveva pensato mentre ricambiava il suo sguardo.

Avevano ordinato due birre ed erano rimasti lì a discorrere per lo più di com’era andata la giornata.

- Forse è meglio andare a riprendere i bambini, Ginny ti starà aspettando. - Hermione sorrise gentile.

Harry lasciò dei galeoni sul tavolo e si avviò verso l’uscita, scuro in volto.

Mugugnò qualcosa e aggiunse: - Ron, è ancora in trasferta?

Aprì la porta e la fece passare.

Hermione si bloccò non appena sentì la porta chiudersi. Una leggera nebbiolina si era impossessata dell’aria, avvolgendo il tutto nel silenzio e nel mistero.

- È finita, Harry.

- È finita, Hermione.

Harry l’aveva guardata a lungo senza dire una parola. Dopo qualche istante aveva fatto scivolare la mano sulla sua, e lì si era accorto che Hermione non portava la fede. Le aveva stretto la mano, e con un gesto delicato l’aveva attirata a sé, racchiudendola tra le sue braccia.

- Stai bene? - le aveva chiesto con la sua consueta delicatezza e accortezza.

Hermione aveva chiuso gli occhi respirando a fondo il suo profumo, un'intensa ma delicata essenza di muschio bianco. Sempre lo stesso, si era ritrovata a pensare, con la consapevolezza che Harry era rimasto in ogni caso un punto fermo, una costante della sua vita.

- Sì. - Con te, sempre; aveva continuato poi nella sua mente.

- Che ne dici se stasera la passiamo insieme? Andiamo a prendere i bambini, mangiamo qualcosa fuori e poi dormite da me, - propose Hermione, staccandosi di qualche centimetro, il giusto per guardarlo in faccia.

- Come ieri? O come l’altra sera? O la sera precedente? - Harry sorrise divertito.

Negli ultimi tempi era stato sempre così tra loro. Lasciati soli dai rispettivi compagni, avevano consolidato ancora di più il loro rapporto, complice la perfetta sintonia di James e Rose.

Harry le baciò la fronte e poi l’osservò ancora per un attimo.

- Andiamo a riprenderci i bambini.

 

 

- Sei sveglio, - aveva sussurrato Hermione nella penombra della notte.

Si era girata un sacco di volte nel letto con la mera illusione di addormentarsi, ma i pensieri che affollavano la sua mente non le avevano concesso quel lusso. Stanca di sentirsi imprigionata in quel grande letto, aveva indossato la sua vestaglia e con passo silenzioso si era diretta in cucina per un tè caldo. Lì aveva trovato Harry, in piedi, vicino alla finestra, che con sguardo triste era immerso nei suoi pensieri.

Delicatamente gli aveva appoggiato una mano sul braccio per manifestare la sua presenza. Lui non aveva reagito, neanche un sussulto, come se la stesse aspettando, come se sapesse che presto o tardi lei sarebbe arrivata.

- Hermione, - Harry aveva pronunciato il suo nome in tono triste, sconsolato, colpevole. - Ti ho mentito.

Lei a quella confessione aveva trattenuto il respiro senza volerlo, e la sua testa aveva preso a formulare le più svariate e terribili ipotesi.

- Tra me e Ginny non è finita stasera.

Hermione aveva ripreso a respirare normalmente, sorridendo appena e restando in silenzio.

- Ma tu questo già lo sapevi, non è vero Hermione?

Questa volta fu il suo turno di sentirsi colpevole. Fece un passo indietro e abbassò lo sguardo.

- Sì, - ammise. - I tuoi occhi sono spenti da un sacco di tempo. Non te ne rendi conto, ma ogni volta che qualcuno ti chiede di lei, dov’è tua moglie, dov’è la mamma di James, ma soprattutto ogni volta che volgi lo sguardo su James, sei triste. Il resto della famiglia ha preferito chiudere gli occhi per evitare di pensare questa possibilità. Perfino Ron mi ha dato della pazza quando cercai di parlargliene. Credimi Harry, ho provato a scacciare queste sensazioni da me, ma non posso nascondere ai miei occhi ciò che vedo. Sei un papà bravissimo, attento a ogni sua esigenza, ma da quando Ginny ha iniziato a viaggiare con Lisander, lasciandovi sempre più spesso da soli, le attenzioni verso tuo figlio sono aumentate, come se in realtà ti sentissi l'unico colpevole di questa scelta. Per il bene di Ginny, hai annullato te stesso, ma... - Sbuffò leggermente. - È tipico di te, Harry. Sei sempre stato così. Tu sei il prescelto, è la tua indole prenderti carico di ogni male del mondo, - terminò severa.

Harry strinse forte le mani a pugno.

- Nonostante tutto, - continuò Hermione, - tu sei stato più bravo di me. Hai visto la realtà per quella che era. Non hai nascosto la testa sotto terra sperando in qualche utopistico risveglio di emozioni. No. Sono stata solo io l'illusa che non voleva credere alla realtà di aver sbagliato tutto, di aver creato una vita, una famiglia, una figlia, con la persona sbagliata. Eppure..., - Hermione si fermò un attimo, tentando di trattenere la rabbia e le lacrime che spingevano dentro di lei per uscire allo scoperto. - Eppure, - ripeté più piano, - io lo amavo.

Harry l'accolse tra le sue braccia e la strinse a sé dolcemente.

- Piangi pure, Hermione. Sarà il nostro segreto. - Appoggiò il capo a quello di lei e prese ad accarezzarla piano, con un movimento tranquillo, e continuò anche quando finalmente lei si lasciò andare. Hermione lo strinse più forte, aggrappandosi come sempre aveva fatto alla sua forza, alla tenacia con la quale le trasmetteva la fiducia che, in fin dei conti, tutto sarebbe andato bene. Il vuoto si sarebbe riempito, e il nulla avrebbe preso la sua definizione.

 

 

 

- Ron. - Hermione era entrata silenziosamente nella loro camera da letto ed era rimasta lì ferma, appoggiata al comò, ad osservare suo marito, o meglio il suo ex, impegnato a sistemare le ultime cose. - Dovresti parlare con Rose. Spiegarle che non è colpa sua, ma è una decisione nostra se ci separiamo, che tu le starai sempre vicino, anche se andrai a vivere in un altro posto. Ha dieci anni, Ron, ha bisogno di risposte. Ha bisogno di suo padre.

- Ci sei tu per questo, - rispose Ron, chiudendo l'ultimo scatolone, più freddo di quello che pensava.

Erano mesi che non metteva più piede in quella casa. Era stata una decisione difficile anche per lui resistere alla voglia di scappare da tutti e infischiarsene di tutto. Rose era sempre sua figlia e se aveva resistito fino ad allora l'aveva fatto principalmente per lei.

Guardò Hermione senza dire niente. Allungò la mano e le accarezzò delicatamente la guancia con il pollice.

- Hermione, - disse, ma lei gli scoccò un’occhiata severa, quella che significava “so cosa stai per dire ed è meglio se stai zitto”.

Si trascinò in camera della figlia. Rimase qualche secondo davanti alla porta, indeciso su cosa dirle. Bussò leggermente e poi entrò.

La stanza era in penombra, illuminata solo dalla poca luce del pomeriggio. Rose era seduta sul letto, con lo sguardo fisso alla finestra. Non si voltò neanche quando Ron si sedette accanto a lei.

- Rose, - iniziò piano. - Voglio che tu sappia che qualsiasi cosa tu abbia bisogno, - ma si bloccò subito di fronte allo sguardo fiero e severo della figlia.

- Non ti preoccupare, papà, c'è zio Harry. Staremo bene.

Ron si alzò di scatto. Sorrise amaramente. Per troppo tempo aveva lasciato il compito a Harry di fare le sue veci.

- Tu preoccupati di fare carriera, - continuò ironica, - perché per il resto ci pensa mamma... come sempre ha fatto, d'altronde.

Ron incassò anche quell’accusa. Se lo meritava, era stato egoista e ora ne pagava il prezzo. Un giorno rimedierò, te lo prometto, disse a se stesso prima di avvicinarsi alla figlia, baciarle il capo e andare via con un veloce – Ti voglio bene, Rose.

Rose raccolse le gambe e le circondò con le braccia. Era stata severa con il padre ma in quel momento provava solamente una grossa rabbia nei suoi confronti. Appoggiò il mento sulle ginocchia e chiuse gli occhi. Non devo piangere, si era ripromessa e se lo ripeteva in continuazione, ma una lacrima era sfuggita lo stesso al suo controllo. Non ho mai avuto un padre. In un certo senso lo aveva sempre saputo, ma solo ora che lo aveva visto andare via di casa aveva realizzato che era vero, e faceva male.

Un lieve bussare la destò dai suoi pensieri.

- Mamma, non ora, - disse triste con la speranza che la lasciasse da sola.

- Rose. - Hermione appoggiò la mano sulla porta, sentendosi così impotente nei confronti del dolore della figlia. - Sono qui, piccola, parla con me.

Tutto quello che ricevette fu solo silenzio. Scivolò a terra e rimase lì per molto tempo in attesa che la figlia si sentisse pronta.

 

 

 

 

- Rose, ti ho preparato qualcosa per la cena.

Silenzio.

Hermione si sedette a terra. Non aveva neanche lei la forza necessaria per irrompere dentro la stanza. Rose aveva bisogno di tempo e anche lei. Entrambe avevano bisogno di metabolizzare la loro nuova vita.

Si addormentò lì a terra, accanto alla porta della camera della figlia. Si risvegliò solo la mattina seguente tutta dolorante.

Tentò invano di entrare, ma era ancora chiusa. Le sarebbe bastato un semplice incantesimo, ma sentiva che non era quella la mossa migliore per avvicinarsi alla figlia.

Inviò il gufo al Ministero, con una breve comunicazione, avvertendo che oggi non si sarebbe presentata al lavoro e che si prendeva una settimana di ferie. Avrebbe dovuto farlo molto prima, prendersi del tempo sia per lei che per Rose. Aveva trascinato la cosa invece di affrontarla subito. Ora lo sapeva. Ora era più forte per affrontarla.

Sbocconcellò qualcosa e poi andò a farsi una doccia, nella speranza che sua figlia si decidesse a uscire da quel mutismo.

Passò l'intera giornata. Il vassoio che aveva lasciato davanti alla porta della camera era ancora intatto. Lo guardò sconsolata. Il crak della Materializzazione attirò la sua attenzione. Non fece in tempo a voltarsi che James le appoggiò la mano sulla spalla.

- Ciao, zia! - La guardò sorridendo. - Tranquilla, ci penso io. Di là c'è papà, vai pure.

Hermione osservò attentamente il viso del nipote quasi dodicenne. Notò l'espressione tipica di Harry quando si preoccupava per gli altri. Era cresciuto, oh se era cresciuto. Lo abbracciò d'istinto. Sì, tu ce la puoi fare. Hermione lo considerava come se fosse suo figlio. Gli aveva fatto da mamma, sostituendosi a Ginny tutte quelle volte che lo aveva lasciato da solo a crescere. Gli piaceva stare con James. Era un bambino sveglio, anche se ormai non lo era più. La vita lo aveva fatto crescere in fretta per non essere di peso a Harry. Ben presto era diventato indipendente e un valido appoggio per il papà, nonostante la sua tenera età. Si alzava da solo alla mattina, si preparava la colazione e a volte anche il pranzo o la cena. Badava a se stesso e anche al padre. Harry era orgoglioso di lui. Nonostante il lavoro lo impegnasse molto, non perdeva occasione per stargli accanto, e quando non poteva, Hermione era sempre pronta a prendersi cura di James. I suoi occhi furbi e curiosi l'avevano sempre affascinata. La tenerezza dei suoi gesti e il fuoco che metteva nel difendere gli altri e nel farsi carico dei loro problemi l'avevano fatta innamorare di quel bambino. Ma in fondo non doveva stupirsene, perché era così anche Harry.

- Ora vai. - James si liberò dall'abbraccio. - Lasciami lavorare. - Le fece l'occhiolino. Quello sguardo malandrino non prometteva niente di buono.

Hermione, anche se riluttante, se ne andò in salotto lasciando al nipote il compito di vedersela da solo con la figlia.

- Rose, sono io.

- Lo so, - rispose Rose dopo qualche minuto.

- Che aspetti, apri, - ordinò.

- Solo perché sei tu, pensi che lo faccia?

- Beh, sì. - James alzò le spalle con ovvietà.

- No.

James guardò la porta scioccato.

- Rose, apri! - protestò con un tono di voce più alto.

Silenzio.

- Sfondo la porta, - minacciò e picchiò il pugno sul legno.

Silenzio.

- Rose, lo faccio sul serio. - Prese a battere la mano più volte con rabbia.

Silenzio.

James guardò la porta con sfida. Incrociò le braccia al petto indispettito e rimase lì a fissarla pensieroso. Dopo qualche minuto vi si appoggiò stanco, scivolando piano piano verso il basso fino a sedersi sul pavimento. Appoggiò la testa e rimase lì, anche lui in silenzio, per diversi minuti. Osservò il vassoio lì accanto stracolmo di cibo e prese a piluccare.

- Rose, - la chiamò più dolcemente, - io sono qui.

Silenzio.

Passarono diversi minuti. James chiuse gli occhi in attesa di una mossa della cugina, quando, a un tratto, la porta si aprì e lui per la sorpresa cadde a terra di schiena.

Aprì gli occhi e incrociò lo sguardo di Rose. Stava guardando il vassoio ormai vuoto.

- Hai mangiato il mio pranzo, - constatò infastidita.

- Sì, era buono.

Rose sbuffò, si allontanò da lui di qualche passo e si posizionò accanto alla finestra. James si alzò e chiuse la porta. Si portò proprio dietro alle spalle della cugina. Rimase fermo in attesa di una sua mossa.

- Non fingere che vada tutto bene, perché io so che non va bene, - disse.

- Come lo sai?

- Perché ti conosco.

Rose si voltò sorpresa. Non era tipico di James manifestare quello che sentiva. Era sempre stato un ragazzo chiuso e schivo. Incrociò per un attimo i suoi occhi, prima che lui, imbarazzato, li distogliesse per guardare altrove. James si passò una mano tra i capelli già disordinati di loro, imbarazzato per quella confessione spontanea.

- James. - Rose fece un passo verso il cugino. - Io… - ma non riuscì ad aggiungere altro perché scoppiò a piangere tra le sue braccia.

- Shhh. - Le baciò il capo. - Ora basta, dai. Ci sono io qui con te, e ci sarò sempre.

- Pro-mes-so? - domandò Rose tirando su con il naso.

James sorrise divertito e fece di sì con il capo.

 

 

 

- Papà, come mai sei così nervoso? - chiese James, quando vide Harry rientrare a casa sbattendo la porta. - Aspetta, fammi indovinare, c’entra zia Hermione.

- Tu come lo sai? - domandò stupito.

- Beh, semplice. Hai sempre quell’espressione sul viso quando si tratta di zia.

- Non è vero, - si difese Harry. - Abbiamo avuto solo uno scambio di vedute.

- Su cosa? - James portò tutta la sua attenzione sul genitore.

- È arrivato un nuovo Auror al ministero che fa da collegamento con il mondo Babbano. Dovevi vederla tua zia, com’era eccitata. Non la smetteva più di elencare le sue qualità. Frederick qui, Frederick là, Frederick ha fatto questo, Frederick ha fatto quello. Va bene, ha fatto un sacco di cose, è una persona intelligente, colta, informata, intraprendente, uno studioso, sì dai, lo devo ammettere, è anche belloccio, ma vogliamo rammentarci chi ha sconfitto Voldemort? - Si voltò verso il figlio indicandosi con la mano.

- Papà, non dirmi che sei geloso? - chiese James dubbioso, stupito della sua strana reazione.

- Figuriamoci! - protestò con vigore. - Tua zia può lavorare con chi vuole. Vado a farmi la doccia.

James era sorpreso. - Non esci con lei stasera? È venerdì.

- No, - sbuffò Harry. - Frederick l’ha invitata a vedere la sua collezione di libri antichi. Hermione non ci ha pensato un attimo e ha accettato immediatamente. In fondo, mica siamo obbligati a uscire tutti i venerdì insieme. - Il suo tono era diventato più malinconico.

- Ma non era stasera che la volevi portare al cinema? È da un mese che progetti questa uscita a sorpresa.

Harry alzò le spalle sconsolato. - Sarà per un’altra volta.

James sorrise divertito.

- Così la zia ha uno spasimante. - James rise interiormente.

- È solo un collega! - precisò Harry. - Mettiamola così, è un’occasione per Hermione di approfondire i suoi interessi sui testi antichi. Un’uscita di lavoro e nient’altro, mica un appuntamento.

- Beh, papà, - James si accarezzò il mento, - in fondo che male ci sarebbe se questo suo interesse si trasformasse, che ne so, in una relazione. Zia è una bella donna, ancora giovane, libera. Ormai sono quasi tre anni che lei e zio Ron hanno divorziato, quindi… - ma Harry non lo lasciò finire.

- Ora basta dire sciocchezze!

- Papà, - esclamò, sorpreso dalla sua reazione. Assottigliò lo sguardo e un luccichio particolare brillò nei suoi occhi. - Perché non prendi esempio da zia. Non dirmi che non batti chiodo? Eppure sei mio padre, qualcosa da me avrai pur ereditato, dal bello di Hogwarts. Rose mi dice sempre:  “Meno male che di te ce n’è uno solo nel mondo magico”. Quanto ha ragione, la piccolina.

Harry si passò una mano sul viso. Crescendo James si era fatto un bel ragazzo, ma questo lato vanitoso da chi l’aveva ereditato? Beh, di certo non da lui.

 

 

Harry stropicciò l’ennesimo foglio all’ennesimo sbadiglio di Hermione.

- Problemi? - domandò lei, alzando un sopracciglio sorpresa nel vedere tutta la carta appallottola sulla scrivania di Harry.

- Stanca? - chiese lui a sua volta senza rispondere.

- Un po’. - Sbadigliò ancora. - Rose non si è sentita bene stanotte.

- Solo questo?

- Beh sì. Mi sono preoccupata un bel po’. Ha rimesso per tutta la notte e si è addormentata solo all’alba e io al contrario ho dormito sì e no due ore. Chissà che cosa le ha fatto mangiare Ron, - terminò con una punta di nervosismo.

- La tua serata?

- Interessante. - rispose distrattamente.

- Frederick.

- Interessante, - continuò mordendosi il labbro inferiore.

- I libri antichi?

- Interessanti.

- La cena?

- Interessante.

- Hermione! Ti si è incantato il disco?

Lei non fece in tempo a rispondere che in ufficio entrò proprio Frederick.

- Buongiorno, - lo salutò lei caldamente.

- Buongiorno anche a te.

- Ciao! - salutò Harry, seccato per essere stato ignorato.

- Oh, ciao Harry, scusami non ti avevo visto. - Fece l’occhiolino a Hermione. - Ti ho portato il libro che mi avevi chiesto ieri.

- Ma che gentile che sei stato. Non dovevi disturbarti.

- È stato un piacere, se vuoi ne possiamo parlare domani sera a cena?

Hermione arrossì leggermente sulle gote a quella proposta spontanea.

- Io, - tentennò e guardò Harry incerta su cosa rispondere.

Harry continuò tranquillamente a scrivere il suo rapporto.

- Resto io con Rose, è un po’ che non trascorro del tempo con la piccolina.

- Ma avete una figlia? - Frederick sgranò gli occhi a quello scambio di richiesta silenziosa.

- Oh no, no! - si affrettò a precisare Hermione.

- Ma è come se lo fosse, - la interruppe Harry. Squadrò severamente Frederick, raccolse i suoi incartamenti e uscì dall’ufficio. - Ci vediamo dopo.

 

 

 

Erano da poco passate le nove e mezza. Si era congedata da Frederick ringraziandolo immensamente per quel prezioso tuffo nell’antichità dei suoi libri. Era un uomo speciale, un amabile conversatore, istruito e curioso. Per lei era come ascoltare Silente, solamente più giovane. Era stata davvero una serata interessante e li aveva aiutati a legare, il che sarebbe stato utile in seguito per avviare la nuova sezione di studi Babbani.

Era entrata in casa, stupendosi del silenzio. Strano, aveva pensato. Ogni volta che Harry rimaneva a casa con Rose e James era sempre una baraonda. Il trio era un vero vulcano.

Si diresse subito in camera di sua figlia, con una leggera apprensione.

Aprì la porta della stanza e rimase affascinata dall’immagine che le si propose davanti agli occhi. Si portò una mano alla bocca e rimase lì a guardare i suoi amori, sorridendo dolcemente a quella vista.

Rose dormiva tranquillamente accoccolata sul petto di James che l’abbracciava teneramente, appoggiato al muro. Harry, seduto in poltrona con le gambe distese sul letto, si era assopito con ancora in mano il vecchio libro di leggende antiche del mondo magico.

La mia famiglia, si fermò a pensare teneramente.

Doveva essere stata una giornata dura per tutti, era l’unica spiegazione, altrimenti non sarebbero mai crollati in questo modo.

Si avvicinò a Harry e lo scosse dolcemente.

- Harry,

Lui aprì gli occhi, sbatté qualche volta le palpebre per mettere a fuoco e poi con uno scatto si mise a sedere composto sulla poltrona.

- Mi sono addormentato, - balbettò confuso e subito riportò l’attenzione sui ragazzi. Quando li vide dormire tranquilli si rilassò immediatamente.

Hermione sorrise all’istinto di protezione che Harry aveva maturato verso i ragazzi. Gli prese la mano e lo invitò a uscire dalla stanza.

- Vuoi un tè caldo? - propose quando furono in cucina.

- Sì, grazie. La tua serata?

Come se quella domanda fosse stata un innesco, Hermione iniziò a riferire con entusiasmo tutto quello di cui aveva conversato con Frederick, delle cose che le aveva mostrato, spiegato.

Harry rimase in ascolto, riscoprendosi geloso per quell’interesse spontaneo.

- Sono felice che ti sia divertita, - disse alla fine del racconto, in tono asciutto e serio.

Hermione lo guardò perplessa.

- Avanti, cosa c’è? - Si appoggiò con le braccia conserte e si sporse verso di lui, osservandolo attentamente negli occhi.

Harry rimase fermo in quella posizione, come se lo sguardo intenso che gli stava rivolgendo Hermione lo avesse pietrificato. Deglutì rumorosamente prima di balbettare “niente”.

- Sarà, ma non me la racconti giusta, Harry James Potter!

Harry sorrise per quella finta minaccia, rilassandosi sullo sgabello.

- Allora, che facciamo domani?

- Domani?

- Sì, è venerdì. Non ricordi che domani è serata genitori single? Ron mi ha detto che arriva per le otto. Vuole portare i ragazzi al luna park. In realtà ha chiesto anche a me di andarci, - confessò Hermione stritolandosi le mani in grembo.

- E tu? - chiese prontamente Harry.

Hermione non rispose. Si alzò e si avvicinò alla finestra.

- Non lo so, Harry. Mi sembra tutto così sbagliato e così giusto. Ho paura. - Abbassò il capo, appoggiando la fronte sul vetro. - Sono passati tre anni ormai da quando abbiamo divorziato. Ron è cresciuto tanto dalla nostra separazione. È diventato un padre più attento nei confronti di Rose e ora ha iniziato a fare anche lo zio perfetto con James.

Harry sospirò a quella constatazione. In effetti, Ron era maturato parecchio, come se il distacco da Hermione gli avesse fatto capire che doveva diventare grande, crescere e assumersi le sue responsabilità.

- Non starai valutando di ritornare con lui? - domandò con una punta di apprensione nella voce.

Hermione non rispose. Chiuse gli occhi e lasciò liberi i suoi pensieri.

Harry si avvicinò, le appoggiò una mano sulla spalla e la fece voltare.

- Hermione, - le accarezzò la guancia, - qualsiasi cosa tu decida di fare, io starò sempre al tuo fianco. - Disse così, ma nel pensare a quella eventualità si sentì improvvisamente triste e solo.

Hermione appoggiò il capo sul petto di Harry e si lasciò circondare dal suo abbraccio.

- Grazie.

 

 

 

- Mamma, che fai? - chiese Rose entrando in camera.

- Mi sto preparando. Esco con zio Harry.

- Dove andate?

Hermione si voltò a guardare la figlia mentre finiva di indossare l’orecchino.

- Non lo so. Ha detto che mi porta in un posto che mi piace tanto, a vedere una cosa che non vediamo da tempo. È stato misterioso.

Rose guardò attentamente la madre.

- Ed esci vestita in questo modo? - domandò Rose con aria schifata.

Hermione si bloccò a quell’affermazione severa, tenendo il piede sospeso e la scarpa in mano. Da quando sua figlia quattordicenne era diventata un’esperta di moda?

- Come?

- Sì, mamma. Neanche nonna Molly uscirebbe con indosso quel vestito. Perché non metti questo? - Rose estrasse dall’armadio un vestito di seta rosso che aveva comprato l’altra giorno per un’occasione speciale.

- Ma devo uscire con tuo zio! - protestò.

- Me lo hai detto anche tu, che una donna deve essere sempre bella accanto ad un uomo, chiunque egli sia. Prima o poi accadrà anche a te di incontrare qualcuno, come è successo a papà. Vuoi che ti veda conciata in questo modo?

Hermione si sedette sul letto, tenendo tra le mani il paio di ballerine.

Già, pensò sconsolata.

Il venerdì passato erano usciti tutti insieme. Lei, Ron e i ragazzi.  Harry era stato bloccato al lavoro per un turno di ronda di controllo. Nell’ultimo periodo capitava sempre più spesso che Hermione e Ron trascorressero insieme la serata dedicata a Ron per stare con la figlia. Come d’abitudine l’ultimo venerdì del mese andavano al Luna Park. Ormai era diventata una tradizione di buona auspicio per loro.

- Hermione, - aveva iniziato piano lui. - Mi sposo, - aveva confessato infine dopo un lungo silenzio.

- Con chi? - Hermione aveva avuto solo il coraggio di pronunciare quelle due parole.

- Luna, - aveva sussurrato prima di appoggiarle la mano sulla spalla. - Ma voglio che tu sappia che ci sarò sempre per Rose, per te, per Harry. Non cambierà nulla.

Eh già, lei, sempre lei. Se l’avesse capito prima, che Luna era la donna perfetta per Ron, a quest’ora non si sarebbe ritrovata a soffrire così, ad avere il cuore spezzato tra le mani. Negli ultimi anni il rapporto tra Luna e Ron si era intensificato grazie alla loro passione comune per lo sport, ma lei lo aveva preso solo un interesse, non ci aveva visto niente in quegli incontri sempre più puntuali e meno casuali. Era stata una sciocca, il suo istinto aveva miseramente fallito questa volta.

Ron si era grattato il retro del collo, imbarazzato. - Non volevo turbarti. È successo due anni fa. Non pensavo che...

- Sono felice per te, Ron, - aveva tagliato corto Hermione, trattenendo a stento la sua delusione.

Sì, alla fine si era illusa che da quell’uscita potesse nascere una seconda possibilità per loro. Un nuovo inizio, più maturo, diverso da vivere.

Ma alla fine tu ricomincerai. Quelle parole, dette da Ron anni fa, in quel giorno ormai lontano, le rimbombarono nella testa. Lo aveva guardato in quegli occhi celesti, limpidi e sinceri per un lungo istante. Sì, hai ragione, ricomincerò da capo anch’io. Gli aveva sorriso più serena. Era stato il colpo definitivo, ora doveva affrontare la realtà. Il suo era stato solo un breve momento di delusione, dovuto al fatto di non poter più avere una famiglia “normale”, ma alla domanda Ami ancora quest’uomo? La sua risposta era stata no. Ora lo sapeva. Per Ron provava ormai semplicemente dell'affetto che non poteva considerarsi amore, non quello con la A maiuscola. Insieme si erano goduti, tra i giochi e divertimento, il resto della serata.

- Hai ragione, Rose. Basta, da oggi si cambia vita.

Afferrò l’abito dalle mani della figlia e si diresse in bagno per il cambio del look.

Rose, con un ghigno sul viso, si sentì fiera di se stessa. Zio Harry, è guerra aperta! Pensò soddisfatta ritornando in camera sua a finire di preparare il borsone per trascorrere la notte da nonna Molly.

 

 

 

 

- Perché mi fissi? - chiese Hermione accorgendosi dell’ennesima occhiata strana che le rivolgeva Harry, come se in lei ci fosse un particolare che lo attirava.

- No, niente, mi sembri diversa.

Avevano preso a camminare lungo le strade della città. Con un gesto abitudinario, Hermione aveva preso a braccetto Harry, riscaldandosi le mani e sorridendo compiaciuta.

- Diversa male, o diversa bene? - chiese dopo un po’, curiosa.

Harry si era fermato e l’aveva osservata attentamente. Aveva fatto scivolare lo sguardo sulle ciocche dei capelli morbidamente ondulati, sul trucco leggero fino alla bocca illuminata da un lucidalabbra rosato. Poi aveva riportato la sua attenzione agli occhi di Hermione, che aspettava con ansia il suo verdetto.

- Sei veramente bella, - disse.

Lei aveva sorriso soddisfatta, appoggiando il capo sulla sua spalla e stringendosi più stretta a lui, felice.

Erano quasi in prossimità del cinema, quando Harry si accorse di non avere con sé i biglietti.

- Oh no, - esclamò dispiaciuto. Hermione lo guardò disorientata. - Ho dimenticato i biglietti del cinema a casa. Mi spiace.

- Non ti preoccupare, mi sta bene anche così. È da molto che non ci prendiamo del tempo tutto per noi. Mi manca, - confessò spontanea.

- Che cos’hai, Hermione? - chiese Harry dopo un po’. Era troppo silenziosa.

- Ron, - disse a bassa voce e non riuscì più a proseguire.

- Tornate insieme? - domandò e si bloccò di colpo, teso. Nell’ultimo periodo si era accorto che i due si erano riavvicinati parecchio.

Hermione tirò su il capo e lo guardò stupita. - No, - rispose disorientata.

Harry fece un lungo respiro. - Cos’è successo?

- Si sposa.

- Ah… - Pausa. - Alla fine glielo ha chiesto, non pensavo che...

- Come? - lo interruppe Hermione. - Tu lo sapevi? E non mi hai detto niente?

- Hermione, non era compito mio dirtelo, - si giustificò Harry, evitando il suo sguardo di accusa.

- Io credevo che tra noi non ci fossero segreti.

- Hermione, - tentò di afferrarla per il braccio, ma lei si scostò. - Che cosa avrei dovuto fare? Tradire la sua fiducia? Sono anche amico di Ron.

Hermione si passò una mano sul volto e gli diede le spalle.

- Io pensavo di essere più di una semplice amica per te, ma forse mi sbagliavo. Forse ho sempre sbagliato tutto. - Lo guardò per un attimo, ferita da quella verità, e poi si Smaterializzò.

 

 

 

Hermione si osservò allo specchio. Era ritornata a casa da un'ora. Si era svestita lentamente e con la stessa calma si era buttata sotto la doccia. Si sentiva strana. Sono anche amico di Ron. Quella risposta la tormentava, anche perché era seguita automaticamente dalla sua domanda, ma allora io per te chi sono? Solo un'amica? Perché tutto a un tratto quel ruolo le stava così stretto e la faceva stare male? Non se lo sapeva spiegare, sapeva solo che si sentiva delusa e affranta a essere stata relegata come semplice amica. Illusa, sono solo un'illusa. Sì, quella sera si era fatta bella per Harry, non lo poteva più negare, per vedere se ancora era capace di suscitare in un uomo quello sguardo particolare di attrazione e interesse. Per un attimo aveva creduto che forse quello strano legame che si era instaurato da tutta una vita tra loro due fosse motivato da qualcosa di più. Illusa, pensò per l'ultima volta finendosi di struccare. Raccolse i capelli bagnati nell'asciugamano, si strinse nell'accappatoio e uscì dal bagno.

Aprì la porta e rimase ferma sull'uscio. Harry era lì, appoggiato al muro, con le braccia conserte che la stava aspettando in silenzio.

Harry inclinò il capo leggermente e la guardò serio.

- Su una cosa avevi ragione Hermione, - iniziò in tono basso. Si staccò dal muro e si avvicinò a lei. Le mani scivolarono sul bordo dell'accappatoio fino ad arrivare al collo e lì strinse la stoffa tra le dita. - Non sei più solo un’amica… da molto tempo ormai, - confessò avvicinandola a sé.

- Che cosa sono allora Harry? - chiese quasi tremante.

- Sei questo. - Con naturalezza le andò incontro con il capo e appoggiò le labbra sulle sue. Rimase immobile per qualche secondo, in attesa di una reazione negativa, ma Hermione invece dischiuse le labbra. Harry prese coraggio e fece scivolare lentamente le mani dal collo alle guance e approfondì il bacio. La baciò lentamente, gustandosi ogni sensazione che le sue labbra gli donavano, la carica di passione e di eros che più andavano avanti e più cresceva.

Si fermarono per riprendere fiato, come se entrambi avessero corso per chissà quante miglia.

- Hermione, io... - ma lei non lo lasciò finire. Gli appoggiò una mano sulla bocca.

- Shh. - Lo guardò dritto negli occhi. Strinse le labbra per assaporare il sapore di Harry e poi le strinse tra i denti prima di lasciarle andare. Ancora, pensò riscoprendo il fuoco della frenesia che un bacio poteva scaturire dentro di lei. Lo baciò nuovamente con più passione mentre le sue mani e quelle di lui andavano alla scoperta dei rispettivi corpi. Brividi, ritmi accelerati, calore, cose che entrambi pensavano di non poter provare mai più. Sensazioni assopite per troppo tempo e che ora stavano tornando a galla prepotentemente come una valanga.

Harry spinse con più forza Hermione contro il muro. Le sue mani scivolarono all'interno dell'accappatoio e lo aprirono. Lentamente scese con la bocca per assaporare ogni parte di lei, desideroso di scoprire se le sue fantasie che in quegli anni si era concesso sul suo corpo corrispondevano al vero. Era da così tanto tempo che non toccava una donna che riscoprire quelle sensazioni lo aveva acceso di desiderio. Il lungo periodo di astinenza in cui si era rintanato per non soffrire più lo avevano spento, ma ora, con Hermione tra le mani, non aveva avuto dubbi e si era lasciato andare immediatamente, perché nulla era sbagliato. Emozionato e trepidante di conoscere ogni parte del suo corpo, aveva proseguito nella sua scoperta, facendo attenzione ai vari spasmi, sospiri e mugolii con i quali inconsciamente Hermione gli indicava la via per il piacere.

Con lenti passi i due si erano ritrovati in camera. Hermione aveva attirato Harry per la cravatta e insieme erano caduti sul letto.

Harry la guardò intensamente senza dire niente per un lungo istante.

- Ti amo.

Hermione, a quella confessione, rimase senza parole. Possono due parole riscaldare così fortemente il cuore? Si chiese mentre si specchiava negli occhi di Harry. Sì, possono.

Si avvicinò a lui e lo baciò lentamente, con calma, senza fretta, per dimostrargli con quel gesto quello che con le parole non riusciva a fare. Sorrise sulle sue labbra, prima di lasciarsi andare.

- Ti amo, anche io.

 

 

 

E alla fine tu ricomincerai… sarà bellissimo.

 

 

 

- Hermione. - Harry sussurrò il suo nome in tono serio, intenso, deciso.

- Harry.

- Sposami.

Hermione, senza parole, rimase a fissarlo per diversi secondi senza dire niente.

E alla fine tu ricomincerai.

Sorrise. Sì, si disse prima nella mente.

- Sì, - pronunciò più decisa sulle labbra di Harry prima di lasciarsi amare ancora.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Angoletto di Lights

 

Se siete curiosi di leggere come si sviluppa la storia, tuffatevi nel mondo di Family Affairs

Ritroverete anche questo pezzo (capitolo n. 6). Ho voluto staccarlo e dargli una sua identità, ma non me la sono sentita di cancellarlo dalla storia.

 

 

 

 

 

   
 
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