[Storia partecipante al Contest
"The Untold Stories [Multifandom & Originali – Inedite ed Edite]"
indetto da Jaybree sul forum di EFP, classificandosi
sesta.
Questa oneshot non è
altro che un capitolo della mia long “Family Affairs”
(capitolo 6), ma può considerarsi come una storia a sé, perché narra la vicenda
di come è nato l’amore tra Harry e Hermione e i passi che hanno dovuto
percorrere per arrivare a essere una famiglia.
NdA:
L’amore,
il vero amore è magia e non una magia qualsiasi ma la
magia più potente di tutte.
Ed è proprio questo che
racconta la oneshot. Un
amore che cresce dentro, piano, piano e silenzioso. Un amore coltivato con
pazienza, sincerità reciproca. Un amore che si evolve, da amicizia a qualcosa
di più. Un amore che ha bisogno di un suo cammino, di un lungo percorso per
portare a galla la sua grande verità: unire chi è destinato a stare insieme.
Perché il vero amore, è quello che ti fa rinascere e riassaporare le gioie
della vita, perché alla fine, una volta scoperto, sarà bellissimo.
La storia parte tutto
dall’idea della canzone che vi riporto di seguito. Ho utilizzato solo una frasetta, la più significativa per
Harry e Hermione: And in the end you begin again
/ E alla fine Tu ricomincerai … I twill be beautiful
/ sarà bellissimo.
10, IN THE END And in the end You begin again
It’s the way of all things Your
body’s like
a wishing well of a million diamonds Her bones to dust
bursting in to a million diamonds And you’ll carry
on ‘cause in the end It’s the way of all things
… twill
be beautiful |
E alla fine Tu ricomincerai È la condizione di tutte
le cose Il tuo corpo è come un pozzo dei desideri pieno di un milione di
diamanti Le sue (di lei) ossa alla polvere scoppiano in un milione di diamanti
E tu proseguirai Perché alla fine È la condizione di tutte le cose … sarà bellissimo |
Buona lettura
Lights
Tutto da qui
E
alla fine tu ricomincerai.
Queste erano state le
ultime parole che Ron le aveva detto prima di chiudere la porta e di passare
oltre, voltare le spalle a tutto quello che avevano costruito insieme, a tutto
quello che avevano passato, a tutto quello che erano stati e diventati.
Hermione era ferma da
molte ore nella stessa posizione. Al centro della stanza. Con le mani giunte
vicino alla pancia. Senza muovere lo sguardo dalla porta di legno chiusa.
Vuoto.
Non era stata una
decisione sofferta, sorpresa, inaspettata, no. Era stato tutt’altro.
Semplicemente una conseguenza naturale della loro vita.
E
alla fine tu ricomincerai.
Solo molti giorni dopo
Hermione avrebbe capito che quel tu
era riferito solo a lei, perché lui aveva già ricominciato da un pezzo a
vivere, ma senza di lei.
Hermione chiuse gli occhi
per concentrarsi su stessa e sulle sue emozioni.
Non aveva detto nulla o
quasi. Niente urla, nessun perché. Lei lo sapeva, l’aveva sempre saputo, ma come
tutte le volte che la verità la feriva, aveva
preferito ignorarla, tacere.
Proprio come quella volta,
quando aveva capito che in Harry era nascosto un Hocrux.
Aveva lottato con tutta se stessa per combattere quella verità, per non farla
trapelare, ma alla fine, quando Harry le aveva chiesto la conferma, lei non
aveva potuto fare altro che assentire.
È così era stato per tutti
quegli anni. Aveva nascosto, ignorato la verità, fino a quando aveva potuto.
Aveva abbracciato Ron per un lungo istante, stringendolo a sé con forza, per
avere l’ultima possibilità di percepire qualcosa che andasse oltre all’affetto.
Nulla.
Aveva sorriso di se
stessa. Sciocca. L’ultimo tentativo
era fallito. Aveva provato con tutte le sue forze a camminare insieme su quella
linea dritta. Quando erano arrivati al bivio, avevano dovuto prendere una
decisione, guardare in faccia la realtà e rendersi conto che la loro strada non
era altro che due linee rette parallele che si erano
interrotte nel preciso istante in cui avevano deciso: tu a destra e io a
sinistra.
Ron si era costruito la
sua nuova vita non appena aveva messo piede nel mondo dello sport, lei, invece,
era rimasta ferma ai suoi valori, Ron e lei, la sua famiglia e Harry: tutto il
suo mondo.
La carriera nel mondo
magico era stata un percorso naturale che aveva vissuto a fianco di Harry e non
solo.
Harry c’era stato al
quinto compleanno di Rose, facendo le veci di quel padre troppo impegnato nel
vortice della popolarità.
Harry c’era stato quando,
disperata, non aveva saputo affrontare la caduta di Rose dalla scopa al suo
primo tentativo di volo e la piccola si era rotta braccia e gambe.
Harry c’era stato quando
l’avevano accusata di aver protetto un imputato di omicidio, e grazie al suo
intervento e alla sua tenacia nello scoprire la verità, il signor Pinch era stato riconosciuto innocente e lei era stata
riammessa al suo posto.
Harry c’era sempre stato,
al contrario di Ron che non c’era mai.
A quella consapevolezza
Hermione si era come risvegliata da quell’intorpidimento interiore. Aveva
afferrato il cappotto, la borsa ed era uscita da quella casa silenziosa e
vuota.
Aveva camminato a lungo,
senza una meta precisa. Un passo dietro l’altro, con lo sguardo puntato verso
l’orizzonte, con la mente piena di pensieri e ricordi.
Si era fermata lungo il
ponte. Si era appoggiata alla balaustra lasciandosi accarezzare dal venticello
del tardo pomeriggio. Un sorriso amaro era nato spontaneo sulle sue labbra.
È
realmente finita. Aveva
pensato guardandosi la mano sinistra dove risplendeva la sua fede nuziale.
Prima di allora si era immaginata più volte come sarebbe stato quel giorno,
senza mai in realtà arrivare a una soluzione. Ora lo sapeva. Era strano. Si
sentiva vuota ma piena. Sollevata ma pesante. Le sembrava di camminare in mezzo
alla nebbia, con l’unica certezza che doveva continuare ad andare avanti.
Si tirò su il bavero del
paltò e proseguì.
Una folata di vento, un
po’ più forte delle altre, la costrinse a fermarsi. Le scompigliò i capelli
facendoli scappare dal filo di raso che li teneva legati.
Rimase lì ferma, vicino
alla porta della locanda. Con un gesto meccanico si tolse la fede e la osservò
attentamente sul palmo della mano. Dei ragazzi la travolsero nella loro corsa e
lei per l’urto si lasciò sfuggire l’anello dalla mano,
il quale cadde a terra sui ciottoli, tintinnando un paio di volte.
È
finita, Hermione. Le
ultime parole di Ron assunsero un senso a quel suono.
Sì, era finita.
Si chinò a terra, la
raccolse e la infilò nella tasca. Non era ancora pronta del tutto a lasciare
andare via quel pezzo della sua vita.
Entrò nel locale. Si
sedette a un tavolino appartato, invece del solito posto al bancone, e attese.
Sapeva che da lì a poco sarebbe arrivato.
Il loro era diventato
ormai un appuntamento fisso che si concedevano prima
di andare a riprendere i bambini da nonna Molly.
- Ehi! Ti ho scovato! -
Harry l’aveva salutata, baciandole il capo.
Hermione aveva chiuso gli
occhi e si era lasciata andare a quel battito speciale del cuore. Aveva dovuto
far appello a tutte le sue forze per non piangere, per non confessare all’amico
il suo fallimento.
- Harry!
Lui l’aveva fissata a
lungo senza dire niente, percependo in quella parola che qualcosa era successo.
Dovresti
dirglielo, Harry, aveva
pensato mentre ricambiava il suo sguardo.
Avevano ordinato due birre
ed erano rimasti lì a discorrere per lo più di com’era andata la giornata.
- Forse è meglio andare a
riprendere i bambini, Ginny ti starà aspettando. - Hermione
sorrise gentile.
Harry lasciò dei galeoni
sul tavolo e si avviò verso l’uscita, scuro in volto.
Mugugnò qualcosa e
aggiunse: - Ron, è ancora in trasferta?
Aprì la porta e la fece
passare.
Hermione si bloccò non
appena sentì la porta chiudersi. Una leggera nebbiolina si era impossessata
dell’aria, avvolgendo il tutto nel silenzio e nel mistero.
- È finita, Harry.
- È finita, Hermione.
Harry l’aveva guardata a
lungo senza dire una parola. Dopo qualche istante aveva fatto scivolare la mano
sulla sua, e lì si era accorto che Hermione non portava la fede. Le aveva
stretto la mano, e con un gesto delicato l’aveva attirata a sé, racchiudendola
tra le sue braccia.
- Stai bene? - le aveva
chiesto con la sua consueta delicatezza e accortezza.
Hermione aveva chiuso gli
occhi respirando a fondo il suo profumo, un'intensa ma delicata essenza di muschio
bianco. Sempre lo stesso, si era
ritrovata a pensare, con la consapevolezza che Harry era rimasto in ogni caso
un punto fermo, una costante della sua vita.
- Sì. - Con te, sempre; aveva continuato poi
nella sua mente.
- Che ne dici se stasera
la passiamo insieme? Andiamo a prendere i bambini, mangiamo qualcosa fuori e
poi dormite da me, - propose Hermione, staccandosi di qualche centimetro, il
giusto per guardarlo in faccia.
- Come ieri? O come
l’altra sera? O la sera precedente? - Harry sorrise divertito.
Negli ultimi tempi era
stato sempre così tra loro. Lasciati soli dai rispettivi compagni, avevano
consolidato ancora di più il loro rapporto, complice la perfetta sintonia di
James e Rose.
Harry le baciò la fronte e
poi l’osservò ancora per un attimo.
- Andiamo a riprenderci i
bambini.
- Sei
sveglio, - aveva sussurrato Hermione nella penombra della notte.
Si era girata
un sacco di volte nel letto con la mera illusione di addormentarsi, ma i
pensieri che affollavano la sua mente non le avevano concesso quel lusso.
Stanca di sentirsi imprigionata in quel grande letto, aveva indossato la sua
vestaglia e con passo silenzioso si era diretta in cucina per un tè caldo. Lì
aveva trovato Harry, in piedi, vicino alla finestra, che con sguardo triste era
immerso nei suoi pensieri.
Delicatamente gli aveva
appoggiato una mano sul braccio per manifestare la sua presenza. Lui non aveva
reagito, neanche un sussulto, come se la stesse
aspettando, come se sapesse che presto o tardi lei sarebbe arrivata.
- Hermione, - Harry aveva
pronunciato il suo nome in tono triste, sconsolato, colpevole. - Ti ho mentito.
Lei a quella confessione
aveva trattenuto il respiro senza volerlo, e la sua testa aveva preso a
formulare le più svariate e terribili ipotesi.
- Tra me e Ginny non è finita
stasera.
Hermione aveva ripreso a
respirare normalmente, sorridendo appena e restando in silenzio.
- Ma
tu questo già lo sapevi, non è vero Hermione?
Questa volta fu il suo
turno di sentirsi colpevole. Fece un passo indietro e abbassò lo sguardo.
- Sì, - ammise. - I tuoi
occhi sono spenti da un sacco di tempo. Non te ne rendi conto, ma ogni volta
che qualcuno ti chiede di lei, dov’è tua moglie, dov’è la mamma di James, ma
soprattutto ogni volta che volgi lo sguardo su James, sei triste. Il resto della
famiglia ha preferito chiudere gli occhi per evitare di pensare questa
possibilità. Perfino Ron mi ha dato della pazza quando cercai di parlargliene.
Credimi Harry, ho provato a scacciare queste sensazioni da me, ma non posso
nascondere ai miei occhi ciò che vedo. Sei un papà bravissimo, attento a ogni
sua esigenza, ma da quando Ginny ha iniziato a viaggiare con Lisander, lasciandovi sempre più spesso da soli, le
attenzioni verso tuo figlio sono aumentate, come se in realtà ti sentissi
l'unico colpevole di questa scelta. Per il bene di Ginny, hai annullato te
stesso, ma... - Sbuffò leggermente. - È tipico di te, Harry. Sei sempre stato
così. Tu sei il prescelto, è la tua indole prenderti carico di ogni male del
mondo, - terminò severa.
Harry strinse forte le
mani a pugno.
- Nonostante tutto, -
continuò Hermione, - tu sei stato più bravo di me. Hai visto la realtà per
quella che era. Non hai nascosto la testa sotto terra sperando in qualche
utopistico risveglio di emozioni. No. Sono stata solo io l'illusa che non
voleva credere alla realtà di aver sbagliato tutto, di aver creato una vita,
una famiglia, una figlia, con la persona sbagliata. Eppure...,
- Hermione si fermò un attimo, tentando di trattenere la rabbia e le lacrime
che spingevano dentro di lei per uscire allo scoperto. - Eppure, - ripeté più
piano, - io lo amavo.
Harry l'accolse
tra le sue braccia e la strinse a sé dolcemente.
- Piangi pure, Hermione.
Sarà il nostro segreto. - Appoggiò il capo a quello di lei e prese ad
accarezzarla piano, con un movimento tranquillo, e continuò anche quando
finalmente lei si lasciò andare. Hermione lo strinse più forte, aggrappandosi
come sempre aveva fatto alla sua forza, alla tenacia con la quale le
trasmetteva la fiducia che, in fin dei conti, tutto sarebbe andato bene. Il
vuoto si sarebbe riempito, e il nulla avrebbe preso la sua definizione.
- Ron. - Hermione era
entrata silenziosamente nella loro camera da letto ed
era rimasta lì ferma, appoggiata al comò, ad osservare suo marito, o meglio il
suo ex, impegnato a sistemare le ultime cose. - Dovresti parlare con Rose.
Spiegarle che non è colpa sua, ma è una decisione nostra se ci separiamo, che
tu le starai sempre vicino, anche se andrai a vivere in un altro posto. Ha
dieci anni, Ron, ha bisogno di risposte. Ha bisogno di suo padre.
- Ci sei tu per questo, -
rispose Ron, chiudendo l'ultimo scatolone, più freddo di quello che pensava.
Erano mesi che non metteva
più piede in quella casa. Era stata una decisione difficile anche per lui
resistere alla voglia di scappare da tutti e infischiarsene di tutto. Rose era sempre sua figlia e se aveva resistito fino ad allora
l'aveva fatto principalmente per lei.
Guardò Hermione senza dire
niente. Allungò la mano e le accarezzò delicatamente la guancia con il pollice.
- Hermione, - disse, ma
lei gli scoccò un’occhiata severa, quella che significava “so
cosa stai per dire ed è meglio se stai zitto”.
Si trascinò in camera
della figlia. Rimase qualche secondo davanti alla porta, indeciso su cosa
dirle. Bussò leggermente e poi entrò.
La stanza era in penombra,
illuminata solo dalla poca luce del pomeriggio. Rose era
seduta sul letto, con lo sguardo fisso alla finestra. Non si voltò neanche
quando Ron si sedette accanto a lei.
- Rose, - iniziò piano. -
Voglio che tu sappia che qualsiasi cosa tu abbia bisogno, - ma si bloccò subito
di fronte allo sguardo fiero e severo della figlia.
- Non ti preoccupare, papà, c'è zio Harry. Staremo bene.
Ron si alzò di scatto.
Sorrise amaramente. Per troppo tempo aveva lasciato il compito a Harry di fare
le sue veci.
- Tu preoccupati di fare
carriera, - continuò ironica, - perché per il resto ci pensa mamma... come
sempre ha fatto, d'altronde.
Ron incassò anche
quell’accusa. Se lo meritava, era stato egoista e ora ne pagava il prezzo. Un
giorno rimedierò, te lo prometto, disse a se stesso prima di avvicinarsi
alla figlia, baciarle il capo e andare via con un veloce – Ti voglio
bene, Rose.
Rose raccolse
le gambe e le circondò con le braccia. Era stata severa con il padre ma in quel
momento provava solamente una grossa rabbia nei suoi confronti. Appoggiò il
mento sulle ginocchia e chiuse gli occhi. Non devo piangere, si era
ripromessa e se lo ripeteva in continuazione, ma una lacrima era sfuggita lo stesso al suo controllo. Non ho mai avuto un padre. In
un certo senso lo aveva sempre saputo, ma solo ora che lo aveva visto andare
via di casa aveva realizzato che era vero, e faceva
male.
Un lieve bussare la destò
dai suoi pensieri.
- Mamma, non ora, - disse
triste con la speranza che la lasciasse da sola.
- Rose. - Hermione
appoggiò la mano sulla porta, sentendosi così impotente nei confronti del
dolore della figlia. - Sono qui, piccola, parla con me.
Tutto quello che ricevette fu solo silenzio. Scivolò a terra e rimase lì per
molto tempo in attesa che la figlia si sentisse pronta.
- Rose, ti ho preparato
qualcosa per la cena.
Silenzio.
Hermione si sedette a
terra. Non aveva neanche lei la forza necessaria per irrompere dentro la
stanza. Rose aveva bisogno di tempo e anche lei.
Entrambe avevano bisogno di metabolizzare la loro nuova vita.
Si addormentò lì a terra,
accanto alla porta della camera della figlia. Si risvegliò solo la mattina
seguente tutta dolorante.
Tentò invano di entrare,
ma era ancora chiusa. Le sarebbe bastato un semplice incantesimo, ma sentiva
che non era quella la mossa migliore per avvicinarsi alla figlia.
Inviò il gufo al
Ministero, con una breve comunicazione, avvertendo che oggi non si sarebbe presentata al lavoro e che si prendeva una settimana di
ferie. Avrebbe dovuto farlo molto prima, prendersi del tempo sia per lei che per Rose. Aveva trascinato la cosa invece di affrontarla
subito. Ora lo sapeva. Ora era più forte per affrontarla.
Sbocconcellò qualcosa e
poi andò a farsi una doccia, nella speranza che sua figlia si decidesse a uscire
da quel mutismo.
Passò l'intera giornata.
Il vassoio che aveva lasciato davanti alla porta della camera era ancora
intatto. Lo guardò sconsolata. Il crak della Materializzazione
attirò la sua attenzione. Non fece in tempo a voltarsi che James le appoggiò la
mano sulla spalla.
- Ciao, zia! - La guardò
sorridendo. - Tranquilla, ci penso io. Di là c'è papà, vai pure.
Hermione osservò
attentamente il viso del nipote quasi dodicenne. Notò l'espressione tipica di
Harry quando si preoccupava per gli altri. Era cresciuto, oh se era cresciuto. Lo abbracciò d'istinto. Sì, tu ce la puoi
fare. Hermione lo considerava come se fosse suo figlio. Gli aveva fatto da
mamma, sostituendosi a Ginny tutte quelle volte che lo aveva lasciato da solo a
crescere. Gli piaceva stare con James. Era un bambino sveglio, anche se ormai
non lo era più. La vita lo aveva fatto crescere in fretta per non essere di
peso a Harry. Ben presto era diventato indipendente e un valido appoggio per il
papà, nonostante la sua tenera età. Si alzava da solo alla
mattina, si preparava la colazione e a volte anche il pranzo o la cena. Badava
a se stesso e anche al padre. Harry era orgoglioso di lui. Nonostante il lavoro
lo impegnasse molto, non perdeva occasione per stargli accanto, e quando non
poteva, Hermione era sempre pronta a prendersi cura di James. I suoi occhi
furbi e curiosi l'avevano sempre affascinata. La tenerezza dei suoi gesti e il
fuoco che metteva nel difendere gli altri e nel farsi carico dei loro problemi
l'avevano fatta innamorare di quel bambino. Ma in
fondo non doveva stupirsene, perché era così anche Harry.
- Ora vai. - James si
liberò dall'abbraccio. - Lasciami lavorare. - Le fece l'occhiolino. Quello
sguardo malandrino non prometteva niente di buono.
Hermione, anche se
riluttante, se ne andò in salotto lasciando al nipote il compito di vedersela
da solo con la figlia.
- Rose, sono io.
- Lo so, - rispose Rose
dopo qualche minuto.
- Che aspetti, apri, -
ordinò.
- Solo perché sei tu,
pensi che lo faccia?
- Beh, sì. - James alzò le
spalle con ovvietà.
- No.
James guardò la porta scioccato.
- Rose, apri! - protestò
con un tono di voce più alto.
Silenzio.
- Sfondo la porta, -
minacciò e picchiò il pugno sul legno.
Silenzio.
- Rose, lo faccio sul
serio. - Prese a battere la mano più volte con rabbia.
Silenzio.
James guardò la porta con
sfida. Incrociò le braccia al petto indispettito e rimase lì a fissarla
pensieroso. Dopo qualche minuto vi si appoggiò stanco, scivolando piano piano verso il basso fino a sedersi sul pavimento. Appoggiò
la testa e rimase lì, anche lui in silenzio, per diversi minuti. Osservò il
vassoio lì accanto stracolmo di cibo e prese a piluccare.
- Rose, - la chiamò più
dolcemente, - io sono qui.
Silenzio.
Passarono diversi minuti.
James chiuse gli occhi in attesa di una mossa della cugina, quando, a un
tratto, la porta si aprì e lui per la sorpresa cadde a terra di schiena.
Aprì gli occhi e incrociò
lo sguardo di Rose. Stava guardando il vassoio ormai vuoto.
- Hai mangiato il mio
pranzo, - constatò infastidita.
- Sì, era buono.
Rose sbuffò,
si allontanò da lui di qualche passo e si posizionò accanto alla finestra.
James si alzò e chiuse la porta. Si portò proprio dietro alle spalle della cugina. Rimase fermo in attesa di una sua
mossa.
- Non fingere che vada
tutto bene, perché io so che non va bene, - disse.
- Come lo sai?
- Perché ti conosco.
Rose si voltò sorpresa.
Non era tipico di James manifestare quello che sentiva. Era sempre stato un
ragazzo chiuso e schivo. Incrociò per un attimo i suoi occhi, prima che lui, imbarazzato,
li distogliesse per guardare altrove. James si passò una mano tra i capelli già
disordinati di loro, imbarazzato per quella confessione spontanea.
- James. - Rose fece un
passo verso il cugino. - Io… - ma non riuscì ad aggiungere altro perché scoppiò
a piangere tra le sue braccia.
- Shhh. - Le baciò il capo. -
Ora basta, dai. Ci sono io qui con te, e ci sarò sempre.
- Pro-mes-so?
- domandò Rose tirando su con il naso.
James sorrise divertito e
fece di sì con il capo.
- Papà, come mai sei così
nervoso? - chiese James, quando vide Harry rientrare a casa sbattendo la porta.
- Aspetta, fammi indovinare, c’entra zia Hermione.
- Tu come lo sai? -
domandò stupito.
- Beh, semplice.
Hai sempre quell’espressione sul viso quando si tratta di zia.
- Non è vero, - si difese
Harry. - Abbiamo avuto solo uno scambio di vedute.
- Su cosa? - James portò
tutta la sua attenzione sul genitore.
- È arrivato un nuovo Auror al ministero che fa da collegamento con il mondo Babbano. Dovevi vederla tua zia, com’era eccitata. Non la
smetteva più di elencare le sue qualità. Frederick qui, Frederick là, Frederick
ha fatto questo, Frederick ha fatto quello. Va bene,
ha fatto un sacco di cose, è una persona intelligente, colta, informata,
intraprendente, uno studioso, sì dai, lo devo ammettere, è anche belloccio, ma
vogliamo rammentarci chi ha sconfitto Voldemort? - Si voltò verso il figlio
indicandosi con la mano.
- Papà, non dirmi che sei
geloso? - chiese James dubbioso, stupito della sua strana reazione.
- Figuriamoci! - protestò
con vigore. - Tua zia può lavorare con chi vuole. Vado a farmi la doccia.
James era sorpreso. - Non
esci con lei stasera? È venerdì.
- No, - sbuffò Harry. -
Frederick l’ha invitata a vedere la sua collezione di libri antichi. Hermione
non ci ha pensato un attimo e ha accettato immediatamente. In fondo, mica siamo
obbligati a uscire tutti i venerdì insieme. - Il suo tono era diventato più
malinconico.
- Ma
non era stasera che la volevi portare al cinema? È da un mese che progetti questa uscita a sorpresa.
Harry alzò le spalle
sconsolato. - Sarà per un’altra volta.
James sorrise divertito.
- Così la zia ha uno
spasimante. - James rise interiormente.
- È solo un collega! -
precisò Harry. - Mettiamola così, è un’occasione per Hermione di approfondire i
suoi interessi sui testi antichi. Un’uscita di lavoro e nient’altro, mica un
appuntamento.
- Beh, papà, - James si
accarezzò il mento, - in fondo che male ci sarebbe se questo suo interesse si
trasformasse, che ne so, in una relazione. Zia è una bella donna, ancora
giovane, libera. Ormai sono quasi tre anni che lei e zio Ron hanno divorziato,
quindi… - ma Harry non lo lasciò finire.
- Ora basta dire
sciocchezze!
- Papà, - esclamò,
sorpreso dalla sua reazione. Assottigliò lo sguardo e un luccichio particolare brillò
nei suoi occhi. - Perché non prendi esempio da zia. Non dirmi che non batti
chiodo? Eppure sei mio padre, qualcosa da me avrai pur ereditato, dal bello di
Hogwarts. Rose mi dice sempre: “Meno male che di te ce n’è uno solo nel
mondo magico”. Quanto ha ragione, la piccolina.
Harry si passò una mano
sul viso. Crescendo James si era fatto un bel ragazzo, ma
questo lato vanitoso da chi l’aveva ereditato? Beh, di certo non da lui.
Harry stropicciò
l’ennesimo foglio all’ennesimo sbadiglio di Hermione.
- Problemi? - domandò lei,
alzando un sopracciglio sorpresa nel vedere tutta la
carta appallottola sulla scrivania di Harry.
- Stanca? - chiese lui a
sua volta senza rispondere.
- Un po’. - Sbadigliò
ancora. - Rose non si è sentita bene stanotte.
- Solo questo?
- Beh sì. Mi sono
preoccupata un bel po’. Ha rimesso per tutta la notte e si è addormentata solo
all’alba e io al contrario ho dormito sì e no due ore.
Chissà che cosa le ha fatto mangiare Ron, - terminò con una punta di
nervosismo.
- La tua serata?
- Interessante. - rispose
distrattamente.
- Frederick.
- Interessante, - continuò
mordendosi il labbro inferiore.
- I libri antichi?
- Interessanti.
- La cena?
- Interessante.
- Hermione! Ti si è
incantato il disco?
Lei non fece in tempo a
rispondere che in ufficio entrò proprio Frederick.
- Buongiorno, - lo salutò
lei caldamente.
- Buongiorno anche a te.
- Ciao! - salutò Harry,
seccato per essere stato ignorato.
- Oh, ciao Harry, scusami
non ti avevo visto. - Fece l’occhiolino a Hermione. - Ti ho portato il libro
che mi avevi chiesto ieri.
- Ma
che gentile che sei stato. Non dovevi disturbarti.
- È stato un piacere, se
vuoi ne possiamo parlare domani sera a cena?
Hermione arrossì
leggermente sulle gote a quella proposta spontanea.
- Io, - tentennò e guardò Harry incerta su cosa rispondere.
Harry continuò
tranquillamente a scrivere il suo rapporto.
- Resto io con Rose, è un
po’ che non trascorro del tempo con la piccolina.
- Ma
avete una figlia? - Frederick sgranò gli occhi a quello scambio di richiesta
silenziosa.
- Oh no, no! - si affrettò
a precisare Hermione.
- Ma
è come se lo fosse, - la interruppe Harry. Squadrò severamente Frederick,
raccolse i suoi incartamenti e uscì dall’ufficio. - Ci vediamo dopo.
Erano da poco passate le
nove e mezza. Si era congedata da Frederick
ringraziandolo immensamente per quel prezioso tuffo nell’antichità dei suoi
libri. Era un uomo speciale, un amabile conversatore, istruito e curioso. Per
lei era come ascoltare Silente, solamente più giovane. Era stata davvero una serata
interessante e li aveva aiutati a legare, il che sarebbe stato utile in seguito
per avviare la nuova sezione di studi Babbani.
Era entrata in casa,
stupendosi del silenzio. Strano, aveva
pensato. Ogni volta che Harry rimaneva a casa con Rose e James era sempre una
baraonda. Il trio era un vero vulcano.
Si diresse subito in
camera di sua figlia, con una leggera apprensione.
Aprì la porta della stanza
e rimase affascinata dall’immagine che le si propose
davanti agli occhi. Si portò una mano alla bocca e rimase lì a guardare i suoi
amori, sorridendo dolcemente a quella vista.
Rose dormiva
tranquillamente accoccolata sul petto di James che l’abbracciava teneramente,
appoggiato al muro. Harry, seduto in poltrona con le gambe distese sul letto,
si era assopito con ancora in mano il vecchio libro di leggende antiche del
mondo magico.
La
mia famiglia, si fermò a pensare teneramente.
Doveva essere stata una
giornata dura per tutti, era l’unica spiegazione, altrimenti non sarebbero mai
crollati in questo modo.
Si avvicinò a Harry e lo
scosse dolcemente.
- Harry,
Lui aprì gli occhi, sbatté
qualche volta le palpebre per mettere a fuoco e poi con uno scatto si mise a
sedere composto sulla poltrona.
- Mi sono addormentato, -
balbettò confuso e subito riportò l’attenzione sui ragazzi. Quando li vide
dormire tranquilli si rilassò immediatamente.
Hermione sorrise
all’istinto di protezione che Harry aveva maturato verso i ragazzi. Gli prese
la mano e lo invitò a uscire dalla stanza.
- Vuoi un tè caldo? -
propose quando furono in cucina.
- Sì, grazie. La tua
serata?
Come se quella domanda
fosse stata un innesco, Hermione iniziò a riferire con entusiasmo tutto quello
di cui aveva conversato con Frederick, delle cose che le aveva mostrato,
spiegato.
Harry rimase in ascolto,
riscoprendosi geloso per quell’interesse spontaneo.
- Sono felice che ti sia
divertita, - disse alla fine del racconto, in tono asciutto e serio.
Hermione lo guardò
perplessa.
- Avanti, cosa c’è? - Si
appoggiò con le braccia conserte e si sporse verso di lui, osservandolo
attentamente negli occhi.
Harry rimase fermo in
quella posizione, come se lo sguardo intenso che gli stava rivolgendo Hermione
lo avesse pietrificato. Deglutì rumorosamente prima di balbettare “niente”.
- Sarà, ma non me la
racconti giusta, Harry James Potter!
Harry sorrise per quella
finta minaccia, rilassandosi sullo sgabello.
- Allora, che facciamo domani?
- Domani?
- Sì, è venerdì. Non
ricordi che domani è serata genitori single? Ron mi ha
detto che arriva per le otto. Vuole portare i ragazzi al luna park. In realtà ha chiesto anche a me di andarci, -
confessò Hermione stritolandosi le mani in grembo.
- E tu? - chiese
prontamente Harry.
Hermione non rispose. Si
alzò e si avvicinò alla finestra.
- Non lo so, Harry. Mi sembra tutto così sbagliato e così giusto. Ho
paura. - Abbassò il capo, appoggiando la fronte sul vetro. - Sono passati tre
anni ormai da quando abbiamo divorziato. Ron è cresciuto tanto dalla nostra
separazione. È diventato un padre più attento nei confronti di Rose e ora ha iniziato
a fare anche lo zio perfetto con James.
Harry sospirò a quella
constatazione. In effetti, Ron era maturato parecchio, come se il distacco da
Hermione gli avesse fatto capire che doveva diventare grande, crescere e
assumersi le sue responsabilità.
- Non starai valutando di
ritornare con lui? - domandò con una punta di apprensione nella voce.
Hermione non rispose.
Chiuse gli occhi e lasciò liberi i suoi pensieri.
Harry si avvicinò, le
appoggiò una mano sulla spalla e la fece voltare.
- Hermione, - le accarezzò
la guancia, - qualsiasi cosa tu decida di fare, io starò sempre al tuo fianco.
- Disse così, ma nel pensare a quella eventualità si
sentì improvvisamente triste e solo.
Hermione appoggiò il capo
sul petto di Harry e si lasciò circondare dal suo abbraccio.
- Grazie.
- Mamma, che fai? - chiese
Rose entrando in camera.
- Mi sto preparando. Esco
con zio Harry.
- Dove andate?
Hermione si voltò a
guardare la figlia mentre finiva di indossare l’orecchino.
- Non lo so. Ha detto che
mi porta in un posto che mi piace tanto, a vedere una cosa che non vediamo da tempo. È stato misterioso.
Rose guardò
attentamente la madre.
- Ed esci vestita in questo modo? - domandò Rose con aria schifata.
Hermione si bloccò a
quell’affermazione severa, tenendo il piede sospeso e la scarpa in mano. Da
quando sua figlia quattordicenne era diventata un’esperta di moda?
- Come?
- Sì, mamma. Neanche nonna
Molly uscirebbe con indosso quel vestito. Perché non metti questo? - Rose
estrasse dall’armadio un vestito di seta rosso che aveva comprato l’altra
giorno per un’occasione speciale.
- Ma
devo uscire con tuo zio! - protestò.
- Me lo hai detto anche
tu, che una donna deve essere sempre bella accanto ad un uomo, chiunque egli
sia. Prima o poi accadrà anche a te di incontrare
qualcuno, come è successo a papà. Vuoi che ti veda conciata in questo modo?
Hermione si sedette sul
letto, tenendo tra le mani il paio di ballerine.
Già, pensò sconsolata.
Il venerdì passato erano usciti tutti insieme. Lei, Ron e i ragazzi. Harry era stato bloccato al lavoro per
un turno di ronda di controllo. Nell’ultimo periodo capitava sempre più spesso
che Hermione e Ron trascorressero insieme la serata dedicata a Ron per stare
con la figlia. Come d’abitudine l’ultimo venerdì del mese andavano
al Luna Park. Ormai era diventata una tradizione di buona
auspicio per loro.
- Hermione, - aveva
iniziato piano lui. - Mi sposo, - aveva confessato infine dopo un lungo
silenzio.
- Con chi? - Hermione
aveva avuto solo il coraggio di pronunciare quelle due parole.
- Luna, - aveva sussurrato
prima di appoggiarle la mano sulla spalla. - Ma voglio
che tu sappia che ci sarò sempre per Rose, per te, per Harry. Non cambierà
nulla.
Eh
già, lei, sempre lei. Se
l’avesse capito prima, che Luna era la donna perfetta per Ron, a quest’ora non
si sarebbe ritrovata a soffrire così, ad avere il cuore spezzato tra le mani.
Negli ultimi anni il rapporto tra Luna e Ron si era intensificato grazie alla
loro passione comune per lo sport, ma lei lo aveva preso solo un interesse, non
ci aveva visto niente in quegli incontri sempre più puntuali e meno casuali.
Era stata una sciocca, il suo istinto aveva miseramente fallito questa volta.
Ron si era grattato il
retro del collo, imbarazzato. - Non volevo turbarti. È successo due anni fa.
Non pensavo che...
- Sono felice per te, Ron,
- aveva tagliato corto Hermione, trattenendo a stento la sua delusione.
Sì, alla fine si era
illusa che da quell’uscita potesse nascere una seconda possibilità per loro. Un
nuovo inizio, più maturo, diverso da vivere.
Ma alla fine tu ricomincerai. Quelle parole, dette da Ron anni fa, in
quel giorno ormai lontano, le rimbombarono nella testa. Lo aveva guardato in
quegli occhi celesti, limpidi e sinceri per un lungo istante. Sì, hai ragione, ricomincerò da capo
anch’io. Gli aveva sorriso più serena. Era stato il colpo definitivo, ora
doveva affrontare la realtà. Il suo era stato solo un breve momento di
delusione, dovuto al fatto di non poter più avere una famiglia “normale”, ma
alla domanda Ami ancora quest’uomo? La sua risposta era stata no. Ora lo
sapeva. Per Ron provava ormai semplicemente dell'affetto che non poteva
considerarsi amore, non quello con la A maiuscola.
Insieme si erano goduti, tra i giochi e divertimento, il resto della serata.
- Hai ragione,
Rose. Basta, da oggi si cambia vita.
Afferrò l’abito dalle mani
della figlia e si diresse in bagno per il cambio del look.
Rose, con un ghigno sul
viso, si sentì fiera di se stessa. Zio Harry, è guerra aperta! Pensò soddisfatta ritornando in
camera sua a finire di preparare il borsone per trascorrere la notte da nonna
Molly.
- Perché mi fissi? -
chiese Hermione accorgendosi dell’ennesima occhiata strana che le rivolgeva
Harry, come se in lei ci fosse un particolare che lo attirava.
- No, niente, mi sembri
diversa.
Avevano preso a camminare
lungo le strade della città. Con un gesto abitudinario, Hermione aveva preso a
braccetto Harry, riscaldandosi le mani e sorridendo compiaciuta.
- Diversa
male, o diversa bene? - chiese dopo un po’, curiosa.
Harry si era fermato e
l’aveva osservata attentamente. Aveva fatto scivolare lo sguardo sulle ciocche
dei capelli morbidamente ondulati, sul trucco leggero fino alla bocca
illuminata da un lucidalabbra rosato. Poi aveva riportato la sua attenzione
agli occhi di Hermione, che aspettava con ansia il suo verdetto.
- Sei veramente bella, -
disse.
Lei aveva sorriso
soddisfatta, appoggiando il capo sulla sua spalla e stringendosi più stretta a
lui, felice.
Erano quasi in prossimità
del cinema, quando Harry si accorse di non avere con sé i biglietti.
- Oh no, - esclamò
dispiaciuto. Hermione lo guardò disorientata. - Ho dimenticato i biglietti del
cinema a casa. Mi spiace.
- Non ti preoccupare, mi
sta bene anche così. È da molto che non ci prendiamo del tempo tutto per noi.
Mi manca, - confessò spontanea.
- Che cos’hai, Hermione? -
chiese Harry dopo un po’. Era troppo silenziosa.
- Ron, - disse a bassa
voce e non riuscì più a proseguire.
- Tornate insieme? -
domandò e si bloccò di colpo, teso. Nell’ultimo periodo si era accorto che i
due si erano riavvicinati parecchio.
Hermione tirò su il capo e
lo guardò stupita. - No, - rispose disorientata.
Harry fece un lungo
respiro. - Cos’è successo?
- Si sposa.
- Ah… - Pausa. - Alla fine
glielo ha chiesto, non pensavo che...
- Come? - lo interruppe
Hermione. - Tu lo sapevi? E non mi hai detto niente?
- Hermione, non era
compito mio dirtelo, - si giustificò Harry, evitando il suo sguardo di accusa.
- Io credevo che tra noi
non ci fossero segreti.
- Hermione, - tentò di
afferrarla per il braccio, ma lei si scostò. - Che cosa avrei dovuto fare?
Tradire la sua fiducia? Sono anche amico di Ron.
Hermione si passò una mano
sul volto e gli diede le spalle.
- Io pensavo di essere più
di una semplice amica per te, ma forse mi sbagliavo. Forse ho sempre sbagliato
tutto. - Lo guardò per un attimo, ferita da quella verità, e poi si
Smaterializzò.
Hermione si osservò allo
specchio. Era ritornata a casa da un'ora. Si era svestita lentamente e con la
stessa calma si era buttata sotto la doccia. Si sentiva strana. Sono anche
amico di Ron. Quella risposta la tormentava, anche perché era seguita
automaticamente dalla sua domanda, ma allora io per te chi sono? Solo
un'amica? Perché tutto a un tratto quel ruolo le stava così stretto e la
faceva stare male? Non se lo sapeva spiegare, sapeva solo che si sentiva delusa e affranta a essere stata
relegata come semplice amica. Illusa, sono solo un'illusa. Sì, quella
sera si era fatta bella per Harry, non lo poteva più negare, per vedere se
ancora era capace di suscitare in un uomo quello sguardo particolare di
attrazione e interesse. Per un attimo aveva creduto che forse quello strano
legame che si era instaurato da tutta una vita tra loro due fosse motivato da
qualcosa di più. Illusa, pensò per l'ultima volta finendosi di
struccare. Raccolse i capelli bagnati nell'asciugamano, si strinse
nell'accappatoio e uscì dal bagno.
Aprì la porta e rimase
ferma sull'uscio. Harry era lì, appoggiato al muro, con le braccia conserte che
la stava aspettando in silenzio.
Harry inclinò il capo
leggermente e la guardò serio.
- Su una cosa avevi ragione Hermione, - iniziò in tono basso. Si staccò
dal muro e si avvicinò a lei. Le mani scivolarono sul bordo dell'accappatoio
fino ad arrivare al collo e lì strinse la stoffa tra le dita. - Non sei più
solo un’amica… da molto tempo ormai, - confessò avvicinandola a sé.
- Che cosa sono allora
Harry? - chiese quasi tremante.
- Sei questo. - Con
naturalezza le andò incontro con il capo e appoggiò le labbra sulle sue. Rimase
immobile per qualche secondo, in attesa di una reazione negativa, ma Hermione
invece dischiuse le labbra. Harry prese coraggio e fece
scivolare lentamente le mani dal collo alle guance e approfondì il bacio. La
baciò lentamente, gustandosi ogni sensazione che le sue labbra gli donavano, la
carica di passione e di eros che più andavano avanti e più cresceva.
Si fermarono per
riprendere fiato, come se entrambi avessero corso per chissà quante miglia.
- Hermione, io... - ma lei
non lo lasciò finire. Gli appoggiò una mano sulla bocca.
- Shh. - Lo guardò dritto
negli occhi. Strinse le labbra per assaporare il sapore di Harry e poi le
strinse tra i denti prima di lasciarle andare. Ancora, pensò riscoprendo
il fuoco della frenesia che un bacio poteva scaturire dentro di lei. Lo baciò
nuovamente con più passione mentre le sue mani e quelle di lui andavano alla
scoperta dei rispettivi corpi. Brividi, ritmi accelerati, calore, cose che
entrambi pensavano di non poter provare mai più. Sensazioni assopite per troppo
tempo e che ora stavano tornando a galla prepotentemente come una valanga.
Harry spinse con più forza
Hermione contro il muro. Le sue mani scivolarono all'interno dell'accappatoio e
lo aprirono. Lentamente scese con la bocca per assaporare ogni parte di lei,
desideroso di scoprire se le sue fantasie che in quegli anni si era concesso sul suo corpo corrispondevano al vero. Era da così tanto tempo che non toccava una donna che riscoprire
quelle sensazioni lo aveva acceso di desiderio. Il lungo periodo di astinenza
in cui si era rintanato per non soffrire più lo avevano
spento, ma ora, con Hermione tra le mani, non aveva avuto dubbi e si era
lasciato andare immediatamente, perché nulla era sbagliato. Emozionato e
trepidante di conoscere ogni parte del suo corpo, aveva proseguito nella sua
scoperta, facendo attenzione ai vari spasmi, sospiri e mugolii con i quali
inconsciamente Hermione gli indicava la via per il piacere.
Con lenti passi i due si
erano ritrovati in camera. Hermione aveva attirato Harry per la cravatta e
insieme erano caduti sul letto.
Harry la guardò
intensamente senza dire niente per un lungo istante.
- Ti amo.
Hermione, a quella
confessione, rimase senza parole. Possono
due parole riscaldare così fortemente il cuore? Si chiese mentre si
specchiava negli occhi di Harry. Sì,
possono.
Si avvicinò a lui e lo
baciò lentamente, con calma, senza fretta, per dimostrargli con quel gesto
quello che con le parole non riusciva a fare. Sorrise sulle sue labbra, prima
di lasciarsi andare.
- Ti amo,
anche io.
E
alla fine tu ricomincerai… sarà bellissimo.
- Hermione. - Harry sussurrò il suo nome in tono serio, intenso,
deciso.
- Harry.
- Sposami.
Hermione, senza parole, rimase a fissarlo per diversi secondi senza
dire niente.
E alla fine tu ricomincerai.
Sorrise. Sì, si disse prima
nella mente.
- Sì, - pronunciò più decisa sulle labbra di Harry prima di lasciarsi
amare ancora.
Angoletto di Lights
Se siete curiosi di
leggere come si sviluppa la storia, tuffatevi nel mondo di Family Affairs
Ritroverete anche questo
pezzo (capitolo n. 6). Ho voluto staccarlo e dargli una sua identità, ma non me
la sono sentita di cancellarlo dalla storia.