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Autore: Fiamma Drakon    14/10/2012    2 recensioni
Gli shinigami sono la razza prescelta per proteggere il mondo dalla furia devastatrice dei demoni. Per questo vengono anche chiamati Demon Hunters.
Grell Sutcliff, degradato per la sua inaccettabile infatuazione verso il demone Sebastian Michaelis, ormai ha perso ogni interesse per il suo compito: tutto ciò che desidera è riuscire a star vicino al suo amore. Eppure, sembra che il destino sia contrario alla sua scelta...
«Will...?» lo chiamò, allontanandosi di mezzo passo «Che cos’è quella?».
«Queste... sono...»
«... le ceneri di uno shinigami assassinato» completò per lui Undertaker, il tono che aveva acquistato nuovamente quella sfumatura vagamente ilare propria di lui.

[...] «E io che cosa c’entro in tutto questo?»
«Quello shinigami era l’incaricato a distruggere Sebastian Michaelis. Raccapricciante come da carnefice si sia trasformato in vittima, non trovi?».

[Sebastian/Grell (one-sided); Claude/Grell (accennato, one-sided)] [Possibili lievi OOC]
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Claude Faustas, Grell Sutcliff, Sebastian Michaelis, William T. Spears
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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11_Sguardi che gridano dolore al cielo
Demon Hunters
11. Sguardi che gridano dolore al cielo


«Trovo strano che una Nìade abbia utilizzato come suo “cacciatore di anime” un demone...» esclamò Undertaker all’improvviso, dondolandosi col busto sulla sedia «Quando hanno assolto al loro compito, i cacciatori vengono divorati dalla padrona. L’ho visto fare... e devo dire che è stato decisamente divertente» commentò il becchino, tornando momentaneamente indietro con la memoria a molti decenni prima.
«Quell’essere mediocre si dimenava atrocemente mentre la Nìade gli dilaniava il ventre per mangiarlo! Ho avuto tutto il tempo di assistere alla scena, prima di uccidere anche lei» esclamò, sinceramente divertito.
«Che cosa?! Quel mostro non può mangiarsi il mio Sebastian!» sbottò Grell inviperito «Non glielo permetterò!».
«Ohoh... tu e chi altro...? Da solo non sei minimamente in grado di affrontarla... anche se vederti morire, chissà, potrebbe essere divertente...».
Mentre Sutcliff dava in escandescenze e Undertaker rievocava memorie del suo glorioso passato, William stava riflettendo sulle parole che quest’ultimo aveva pronunciato poco prima: di solito gli intermediari delle Nìadi erano umani...?
E allora perché quella non aveva scelto una persona qualsiasi, ma proprio un demone...? Che ci fosse un motivo particolare...?
Spears si spinse gli occhiali sul naso, alzando lo sguardo per portarlo sul becchino.
«Potrebbe esserci un motivo particolare per cui abbia scelto un demone come Sebastian Michaelis...?» domandò in tono secco.
Undertaker e Grell distolsero l’attenzione l’uno dall’altro e la fissarono sul terzo shinigami, del quale apparentemente parevano essersi dimenticati.
Il Dio della Morte dai capelli grigi si addossò contro lo schienale portandosi al mento una mano con fare teatrale, assumendo un atteggiamento di curiosa riflessione.
«Potrebbe essere che abbia in mente un rituale di qualche tipo...» borbottò, soppesando mentalmente l’eventualità «Però è impossibile portarlo a termine, non senza almeno...» s’interruppe un momento, poi alzò indice e medio a formare una "V" «... due demoni».
Cadde un silenzio teso, carico di riflessione, che Grell interruppe d’impulso: «Però non è stato il mio Sebastian a far del male a Ron, ma quell’altro, quel Claude...».
Gli altri due shinigami si girarono verso di lui e gli rivolsero - perlomeno William - una lunga occhiata penetrante, mentre un’ipotesi si faceva strada nelle loro menti.
«E se ce ne fosse più d’una?» propose William e, sull’onda di quel pensiero, continuò: «Oppure la stessa abbia...».
«Sono tornato, DEATH ☆!».
La porta della sala d’attesa venne spalancata in quello stesso momento con forza da Ronald, che a quanto pareva sembrava essere di nuovo in perfetta forma.
«Ron!» esclamò Sutcliff, sorpreso «Sei già guarito?!» domandò stupito, guardandogli il braccio: sotto la manica logora - praticamente in brandelli - il suo braccio era tornato integro ed era fasciato con una spessa benda bianca.
Però riusciva a muoverlo.
«Già, gli infermieri mi hanno dato una roba schifosa che però ha velocizzato la ricostruzione della struttura ossea e dei muscoli... quindi eccomi qui, pronto per la missione!» esclamò, entusiasta, riappropriandosi del suo tagliaerba di ultima generazione appoggiato in un angolo, solo e abbandonato a se stesso.
Notando la presenza di Undertaker, sbatté le palpebre e domandò: «Lui chi sarebbe?».
Uno scossone fece tremare all’improvviso la stanza, cogliendoli totalmente di sorpresa.
«Un terremoto?!» gridò Grell, guardandosi terrorizzato intorno.
«Usciamo di qui» intervenne Spears, alzandosi dalla sedia in contemporanea con Undertaker.
Non era normale un terremoto nella loro dimensione, però il moro non era intenzionato a rimanere lì: la situazione sarebbe potuta peggiorare.
Il gruppo di shinigami uscì di gran fretta dall’infermeria, scendendo nel corridoio d’ingresso dell’edificio.
Mentre correvano verso l’uscita, William colse uno spezzone di discorso tra due suoi colleghi.
«È comparso qualcosa nel giardino! Sembra una grande porta luminescente...!».
«Cosa? Dici davvero?».
Udendo quelle parole, Will non riuscì a pensare ad altro che alla porta per la dimensione degli angeli, eppure non sarebbe dovuta apparire: non era ancora mezzanotte!
Seguendo quel ragionamento, se si era materializzata “fuori orario” poteva significare solamente una cosa: c’era qualche problema nella dimensione di Ash ed Angela.
E, molto probabilmente, quel problema era collegato con quell’inspiegabile scossa di terremoto.
«Sutcliff, Knox! Dobbiamo andare dagli angeli, subito!» ordinò, rivolto ai due shinigami che correvano dietro di lui.
«Che cosa?! Ma perché, Will?» domandò Grell, confuso.
«Dagli angeli...?» si aggiunse Ronald, palesando una certa perplessità.
Uscirono fuori dall’edificio e subito Spears si diresse verso il portale, seguito a poca distanza dagli altri due, che ancora non capivano il perché della sua fretta.
Undertaker si fermò in mezzo al prato e si guardò alle spalle, osservando l’edificio da cui erano appena fuggiti che si stava parzialmente sgretolando.
Non poteva andare con gli altri tre: doveva rimanere lì, nel caso qualche nemico si fosse fatto vivo.
«È un peccato: con loro ci sarebbe stato di che divertirsi...» borbottò, rivolto più a sé stesso che ad altri, sorridendo.
«Il terremoto dev’essere stato causato da un problema nella dimensione degli Immortali. Per questo il portale si è materializzato fuori tempo» spiegò William, mentre giungevano in vista della porta.
In effetti, questa era completamente visibile, forse anche troppo: la luce che irradiava era d’un biancore a dir poco accecante.
«Dobbiamo entrare?» domandò Grell.
«Mi pare ovvio, Sutcliff» rispose severo Spears, rallentando fino ad un’andatura di piccola corsa, sistemandosi gli occhiali sul naso.
Ronald era sorpreso dall’intensità della luce emanata dal portale, ma più che altro era meravigliato dal fatto che ci fosse sempre stata una cosa del genere nel giardino e nessuno se ne fosse mai accorto.
«Le misure di sicurezza dovevano essere perfette» si ritrovò a commentare esterrefatto.
William superò l'uscio con una compostezza ed una rigidità che stonavano completamente con la circostanza in cui si trovavano.
Grell lo seguì con un balzo ed anche Knox - benché un po’ intimorito da cos’avrebbero trovato dall’altra parte - si azzardò ad oltrepassare la porta.
Lo scenario che si materializzò loro innanzi fu di desolazione e silenzio.
I tre shinigami avanzarono verso il castello, osservandolo con tutti i sensi all’erta.
Grell riusciva a percepire una sorta di cappa funerea opprimere quel luogo, rendendolo più spettrale rispetto all’ultima volta che ci erano stati.
Da lontano si riuscivano a scorgere, come unico cambiamento palese, i battenti della porta scardinati e spezzati trasversalmente a metà, appoggiati contro gli stipiti.
Però, più si avvicinavano più Sutcliff riusciva a percepire un odore di rame e carne che gli era ben familiare e che sembrava provenire dal varco aperto nella porta.
Ronald si guardava intorno, serrando la presa sul suo fidato tagliaerba. La sua recente esperienza con il demone Claude Faustus gli aveva insegnato che era meglio tenere sempre alta la guardia, anche quando si aveva a che fare con creature contro cui si è già combattuto - e a maggior ragione quando si va in un territorio i cui abitanti sono esseri ignoti come gli angeli.
Mentre esaminava i dintorni, i suoi occhi si posarono sulle mura dell’edificio a sé antistante, incrociando ben presto qualcosa che gli fece assumere un’espressione tutt’altro che piacevole.
«A quella finestra...» disse, indicando il punto che stava osservando con occhi sbarrati dall’orrore.
Will e Grell seguirono la traiettoria del suo dito, incontrando anche loro ciò che l’aveva atterrito: dal davanzale della finestra penzolava un braccio, inerte e coperto del liquido rosso scuro che incrostava anche la parete circostante.
Anche da quella distanza Spears riuscì a vedere che il sangue era schizzato violentemente dall’interno, come se il corpo che lo conteneva fosse esploso o fosse stato violentemente e brutalmente dilaniato.
Il cadavere giaceva con il capo rivolto verso l’alto appoggiato contro il davanzale ed il braccio - a giudicare dalla posizione - doveva essere stato spezzato.
William si fermò, si sistemò gli occhiali sul naso ed assunse un’espressione contrariata.
«Che ti prende, Will?» chiese Grell, fermandosi al vedere l’altro immobile ad osservare la finestra.
«Gli Immortali non sono facili da uccidere neppure per noi» disse il moro, senza rispondere direttamente alla domanda precedentemente postagli.
«Allora chi...?» esordì Ronald, poi cambiò espressione e domanda: «Un demone?».
«Probabile, ma dev’essere uno di quelli assoggettati alla Nìade» replicò Spears.
«Allora potrebbe essere...»
«Sebastian!» esclamò Sutcliff, improvvisamente su di giri, correndo verso la porta.
S’infilò nel varco con un balzo e sparì nelle tenebre che stavano oltre.
«Grell, dove vai?!» lo richiamò Knox, inutilmente.
«Quell’irresponsabile...! Finirà col farsi ammazzare» borbottò compostamente William, avviandosi a passo veloce verso la porta sfondata.
Ronald lo seguì senza dir niente.
Varcato l’ingresso, la luce si riduceva notevolmente. La condizione dell’illuminazione era molto differente da quella che avevano precedentemente trovato William e Grell: invece della mistica luce madreperlacea che impregnava ogni antro più remoto senza una precisa fonte, c’era solo una lievissima luce argentea smorzata e fievole che illuminava solo un’esigua striscia centrale del corridoio.
Per di più, era presente solo seguendo un determinato percorso. Formava una specie di sinistra guida che conduceva verso un luogo sconosciuto.
Ronald ebbe la sensazione che, ovunque quel fascio luminoso portasse, sarebbero arrivati al cuore di quel mastodontico edificio, dove avrebbero trovato Grell e, forse, non solo lui. Probabilmente ci sarebbero stati dei cadaveri simili a quello che aveva avvistato lui penzolare dalla finestra - se non in condizioni peggiori.
Era come se il castello stesso volesse condurli verso il campo di battaglia dove si era svolto quello che probabilmente era stato uno sterminio di massa.
Il tempo parve distorcersi, allungarsi fino all’infinito e poi fermarsi, mentre loro procedevano sempre più all’interno.
Ogni tanto trovavano del sangue a decorare le pareti ed il pavimento, ma dei corpi non c’era la minima traccia.
Infine, i due Demon Hunter arrivarono davanti ad un antro che si apriva in una parete, all’interno del quale c’era una ripida scala a chiocciola estremamente familiare a Will.
Quest’ultimo si affrettò a salire i gradini, inseguito da Knox, che si limitò a porre la più ovvia delle domande: «Dove stiamo andando?».
«Alla biblioteca» rispose laconicamente William.
Il primo cadavere si rivelò all’improvviso e poco mancò che Spears ci inciampasse.
Si trattava di una donna che il moro non aveva mai visto.
I capelli erano d’argento, lunghi e lisci. La veste bianca che indossava era insanguinata e strappata in corrispondenza del braccio sinistro - che le era stato brutalmente asportato - e del cuore, dove c’era solamente un foro che le passava da parte a parte il torace sfondato. Sotto di lei c’era una pozza di sangue che aveva impregnato tutti i gradini su cui era stesa.
I suoi occhi erano vacui e fissavano il cielo, come se volessero gridare tutto il dolore che quella creatura aveva provato in punto di morte.
Ronald spinse da parte William e scavalcò il corpo.
«Grell è in cima?» domandò.
«È probabile» replicò Spears, seguendolo.
Salirono rapidamente la lunghissima scala a chiocciola, evitando i corpi che sempre più frequentemente incontravano sul loro cammino e che parevano essere accomunati tutti dal fatto che il torace era stato squarciato in corrispondenza del cuore, strappato dal suo posto.
Quando arrivarono finalmente in cima, trovarono Grell immobile a fissare la stanza che si trovava innanzi: gli scaffali ed il mobilio in cristallo erano andati in mille pezzi ed i libri erano sparsi ovunque sotto la distesa di cadaveri che occupava l’intero pavimento.
Il sangue parzialmente raggrumato macchiava le pareti ed il soffitto e si estendeva in grosse chiazze sotto i corpi.
Il cuore era stato strappato a tutti ed alcuni giacevano nei pressi di qualche cadavere, anche se difficilmente l’organo doveva essere quello appartenente alle persone all’intorno.
Mutilazioni varie erano state fatte agli angeli: ad alcuni mancava la testa, ad altri un pezzo del torace, altri ancora erano privi di un arto o due.
In mezzo a quel cumulo di corpi si ergeva un uomo vestito di nero che dava loro le spalle e che Ronald riconobbe come il demone contro cui aveva rischiato di morire.
Claude Faustus.
Dietro di lui c’erano due immense schegge di vetro su cui erano stati impalati i cadaveri dei due angeli che avevano aiutato William e Grell, Ash ed Angela.
Lui era infilzato per il torace, mentre lei per la gola.
Sopra di loro, nella punta insanguinata delle schegge, erano infilati quelli che dovevano essere i loro cuori.
I loro sguardi vuoti - così come quelli di tutti gli altri morti - fissavano il cielo, come in preghiera.
Era stato un vero e proprio genocidio: non c’era nessun sopravvissuto.
Faustus si voltò e si fermò nel vedere i tre shinigami a sbarrargli la strada.
Ronald digrignò i denti e si preparò a combattere, ma Claude scartò di lato e corse verso la parete destra, nella quale era aperto uno squarcio dimensionale violaceo del quale prima i tre non si erano accorti, troppo impegnati a guardare l'orripilante spettacolo che era loro offerto.
Spinto dal suo impulso di Hunter, Knox gli corse appresso e così fecero anche gli altri due Dei della Morte, seguendo il demone all’interno del passaggio, ignari di dove questo li avrebbe portati.





Angolino autrice
Mi vergogno profondamente del tempo che ci ho messo a postare questo capitolo. Mi dispiace >/////< comunque, alla fine eccolo, in tutta la sua... bellezza(?)
Ringrazio sinceramente Gothick project per la recensione allo scorso capitolo, tutti coloro che hanno aggiunto la fiffi alle preferite/ricordate/seguite e chi segue e basta.
Al prossimo chappy! ^^
F.D.
   
 
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