- Io torno a casa. Se ci fosse un’emergenza, sapete dove trovarmi.- dico ai
membri dell’Ordine mentre mi allontano.
-Remus..- cerca di fermarmi Tonks, ma io non voglio parlarle. Non voglio
parlarne con nessuno.
-Sono stanco, Tonks. Facciamo per un’altra volta..- rispondo, senza voltarmi
dalla sua parte.
Cammino per le strade della Londra Babbana, stretto nel mio cappotto liso e
consunto. Intorno a me, famiglie felici e ragazzi innamorati ridono e si
abbracciano, trafiggendomi con lo sguardo come se fossi un fantasma. Le loro
voci spensierate mi arrivano da lontano, come in un sogno, e le parole si
confondono fino creare un brusio senza senso..proprio come il pensiero che si fa
largo ora nella mia mente. Io e Sirius non potremo essere mai più una famiglia..
Un brivido mi scuote; eppure siamo a giugno.. Ma il freddo che ho dentro
evidentemente non conosce le stagioni. Con un gesto quasi automatico prendo in
mano la bacchetta e con un colpo leggero apro la porta che mi trovo davanti.
Casa mia.. o meglio, casa nostra. Nostra, se lui ci fosse ancora…Nostra se lui
non mi avesse abbandonato di nuovo, ma questa volta per sempre.. Sento le guance
bruciarmi: perché lui? Perché?!? Cerco di asciugarmi le lacrime con un gesto
deciso, ma non c’è nulla da fare. Sembrano scendere da sole, senza nessun
controllo, copiosamente e inzuppandomi i vestiti..
D’improvviso tutto intorno a me diventa nero, buio. Solo una figura che sembra
brillare di luce propria si staglia contro quella cortina tenebrosa. Mi
avvicino, esitante: cosa sta succedendo? E..dove mi trovo? Sembra la figura di
un uomo..un uomo dai lunghi capelli neri e dai profondi occhi blu. Il mio cuore
perde un battito. “Sirius!” grido, mentre comincio a correre angosciosamente per
raggiungerlo. “Sirius!” ripeto, come a voler convincere me stesso che lui è
davvero lì..che lui è vivo. L’uomo alza lo sguardo su di me, e sorride. Sorride
dolcemente, come se fossi la cosa più bella che abbia mai visto.
-Vivi, Moony..Vivi, e io vivrò con te.- dice ad un tratto, tendendo la mano
verso il mio volto. E’ lui..è veramente il mio Padfoot! Piangendo di gioia,
faccio per abbracciarlo quando la sua figura comincia ad allontanarsi e il
sorriso gli muore sulle labbra, sostituito da un’espressione di amara tristezza.
– Sirius..no! Ti prego, non lasciarmi di nuovo..Io ho bisogno di te!- urlo
disperatamente, tra i singhiozzi. – Portami con te..Non lasciarmi solo..-
mormoro, accasciandomi a terra, stremato.
-Vivi, Moony..Harry ha bisogno di te. E anche io..- ripete per l’ultima volta,
malinconicamente.
Poi svanisce, lasciandomi da solo ad affrontare la mia disperazione. Tutto torna
come prima: la luce che penetra dalle finestre mi ferisce gli occhi, e l’odore
di chiuso e stantio della casa stuzzica malignamente il mio olfatto. Mi alzo da
terra; forse mi sono addormentato..Forse è stato tutto un sogno.
Ma non faccio in tempo a raggiungere il divano che un forte uggiolio proveniente
dall’uscio mi fa sobbalzare. Che sia..che sia il mio Paddy? Apro violentemente
la porta, e la scena che trovo davanti ai miei occhi mi paralizza. Un piccolo
cane nero, un cucciolo evidentemente ferito e malridotto, è adagiato sullo
zerbino, proprio sopra la scritta “Bentornato”. L’avevamo scelto insieme, io e
Sirius.. Lo raccolgo delicatamente e lo accarezzo piano piano: tiene gli occhi
chiusi..Poi noto che ha un biglietto legato al collare. Con mani tremanti, lo
apro e leggo:
“Così ti sarà impossibile dimenticarmi..sarà com’è sempre stato. Con amore, Tuo
Paddy”
In quell’istante, il cucciolo che tengo in braccio spalanca gli occhi: sono
uguali ai tuoi, Sirius.. E quando li richiude, so che non è stato un sogno. So
che non mi lascerai mai. Ma soprattutto..ora ho di nuovo un motivo per VIVERE.