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Autore: ThekittenMeow13    14/10/2012    0 recensioni
Savannah incontra Harry in un bar, per caso. Lui è carino, è gentile, è tutto ciò che lei può desiderare. é tutto perfetto, tutto meravigliosamente normale.
Almeno finché lei non lo trova in condizioni pietose, agonizzante davanti casa sua.
Evidentemente c'è qualcosa che lui non le dice, qualcosa che la tormenta la notte e non la fa dormire.
Ma lei non lo può lasciare andare, no. Non importa quanto sia grande e pericoloso il segreto che lui non le confida.
L'amore è sempre amore,
anche se sfregiato.
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Styles, Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Freddo.

Fa freddo, tanto freddo.

Non dovrei sorprendermi visto che è ottobre e sono a Londra, ma sono stupida.

Tremando, cerco di tirarmi un po’ più su le parigine di lana che mi coprono a mala pena il ginocchio.

Stupida.

Ma perchè mi sono vestita così? A casa, davanti allo specchio, quest’outfit sembrava una buona idea, ma adesso… sto battendo i denti.

Alzo lo sguardo. Uno Starbucks! Finalmente… un bel cappuccino caldo è proprio ciò che mi ci vuole.

Entro infreddolita e mi sfrego le mani. La ragazza al bancone mi sorride, ordino un cappuccino ‘tall’ e anche un muffin al cioccolato, già che ci siamo.

Mi siedo al tavolo ancora tremante e spilucco il dolcetto mentre aspetto che chiamino il mio nome.

“Savannah!” urla una voce, mi alzo e mi precipito verso il ragazzo che mi sta porgendo il bicchiere fumante. Sorrido, lo ringrazio, mi volto.

“Porca putt..!”

Registro prima l’imprecazione che altro. Faccio un passo indietro e guardo mortificata il mio bel cappuccino mentre viene assorbito da una t-shirt bianca e un paio di jeans scuri.

“Mi dispiace” mormoro. Vorrei tentare di limitare il danno ma asciugare la bevanda non mi sembra una buona idea, visto che l’aria più colpita è stata l’inguine.

“Cazz…brucia!”

“Midispiacemidispiacemidispiace!”

“Dio santo!”

“Scusascusascusa”

“Aaaah!”

Sono così sconvolta e sotto pressione che decido di agire d’impulso: afferro un bicchiere d’acqua dal bancone dietro di me e lo getto sugli abiti macchiati di caffè, sperando che possa lenire il bruciore.

Silenzio.

“Mi hai davvero versato un bicchiere d’acqua addosso?” chiede la voce che fino poco prima imprecava.

Avvampo, fisso il pavimento, annuisco.

Risata.

Alzo lo sguardo e mi rendo conto che è la prima volta che guardo in faccia la mia vittima. è un ragazzo. Ha la testa rivoltata all’indietro e ride a crepapelle.

Mi piace la sua risata.

Il caffè ha aderito alla maglietta e lascia intravedere gli addominali perfetti.

Poi il ragazzo abbassa la testa.

Il secondo in cui i nostri occhi si incontrano, le nostre bocche si dischiudono all’unisono, il mondo intorno scompare.

Non vedo niente, non sento niente.

Non c’è niente.

A parte il verde.

Il verde dei suoi occhi.

Un verde che proprio verde non è: l’iride è circondata da un sottile anello bluastro, milioni di pagliuzze castane e dorate risplendono nei suoi occhi, che riflettono la luce come fossero perle.

“S-scusa…” boccheggio, dopo un istante che sembra un’eternità.

Aggrotta le sopracciglia, stringe le palpebre, come se stesse cercando di capire meglio qualcosa.

“S-sì… non fa niente…” balbetta, come se fosse distratto da qualcos’altro.

Poi batte gli occhi, scuote la testa e mi spara un sorriso da far girare la testa.

“Tutto ok, non ti preoccupare”

Si volta e si dirige verso il bancone, pronto a fare la sua ordinazione.

Io rimango impalata in mezzo al locale come un’idiota.

Ma che è successo?

è accaduto tutto così in fretta che non riesco a rendermene conto. Flash del suo viso mi rimbombano in testa.

Ancora sconvolta me ne torno al mio tavolo, e fisso il mio muffin per dieci minuti buoni prima di ricordarmi che fine ha fatto il mio cappuccino.

Devo prenderne un altro.

Appena volto lo sguardo verso il bancone per vedere se c’è fila colgo i suoi fari verdi ancora su di me.

Arrossisce.

Avvampo.

Distolgo lo sguardo e inizio a fissare le venature del legno come se fossero la cosa più interessante del mondo.

Non mi accorgo neancheche ho compagnia finchè non mi vedo un bicchiere fumante davanti al viso.

“Ho pensato che visto che il primo ha fatto una brutta fine, ne avresti voluto un altro”

Sollevo gli occhi e lo vedo là: davanti a me. Il Ragazzo A Cui Ho Versato Addosso Il Caffè. Ha un sorriso enorme stampato in faccia che mi ruba il cuore e se lo porta via.

“G-grazie” balbetto.

Ma perchè non riesco a guardarlo negli occhi?

Alzo lo sguardo quel tanto che basta per poterlo vedere. Sta giocherellando con un muffin ai mirtilli: ne stacca qualche briciola, ma non la mangia, la lascia sul tavolo.

Sembra stia scolpendo qualcosa.

Ciocche di capelli castani e ricci gli ricadono sulla fronte, la lingua spunta dalla labbra e gli conferisce un’espressione concentrata.

Essere così attraenti dovrebbe essere illegale.

“Come ti chiami?”

Solleva la testa di scatto e mi coglie alla sprovvista, mentre ancora lo sto fissando. Oddio ora pensa che sia una specie di maniaca…

“S-Savannah” rispondo con una vocina piccola piccola.

“Io sono Harry” di nuovo quel sorriso disarmante.

“Grazie per il cappuccino, n-non dovevi”

“Figurati! Sono un gentleman, io” ridacchia e riabbassa lo sguardo.

Ho voglia di morderlo.

Improvvisamente mi rendo conto che ogni volta che ho aperto bocca in sua presenza ho balbettato.

Oddio, ora pensa che sono balbuziente!

“I-io non balbetto!” esclamo prima che possa rendermene conto.

Alza gli occhi e solleva le sopracciglia, un sorriso divertito sul suo volto.

“Io non balbetto” ripeto, abbassando lo sguardo piena di vergogna.

Stupida.

“Oook” dice lui, poi ride.

Voglio il suono della sua risata come suoneria del cellulare.

“Sai Savannah…” si sporge oltre tavolo verso di me. Sento il cuore che mi prende a capocciate la cassa toracica. Ho gli occhi sbarrati e fissi nei suoi.

Spero di non apparire pazza la metà di quanto mi sento.

“Sei una ragazza strana…” continua.

Si allunga sempre più verso di me.

Ora le sua mani possono quasi sfiorare le mie che si tormentano strette attorno al bicchiere.

“…ma mi piaci”

BUM!

Infarto.

Sono morta.

Gli occhi verdi gli cadono sul polso, dove porta un grande orologio.

Le narici gli si allargano, fa un grande sospiro.

Non capisco che succede.

“Ora devo andare, mi dispiace” si alza in fretta, neanche mi guarda negli occhi, afferra il giubbotto nero che aveva lasciato cadere sul tavolo e se lo infila velocemente.

“Ma…” si guarda intorno circospetto, mentre estrae dalla tasca un biglietto ed una penna.

“Mi piacerebbe molto rivederti…”

I suoi occhi sono proiettili impazziti che saettano di qua e di là senza mai inciampare nei miei.

Lascia cadere il biglietto sul tavolo, poi imbocca l’uscita.

Non mi degna neanche di uno sguardo.

Per una decina di minuti me ne resto immobile a chiedermi se sia successo davvero o se me lo sia immaginato.

Per una decina di minuti me ne resto immobile a fissare il suo caffè, che ancora fuma, e il povero muffin franato da tutte le parti.

Nessuno dei due ha avuto l’occasione di assaggiare la sua lingua.

Per una decina di minuti me ne resto immobile ad aspettare che torni.

Non lo fa.

Un artiglio mi afferra lo stomaco e me lo stringe fino a farlo sanguinare.

Una lacrima si vuole suicidare gettandosi dalle mie palpebre. La ricaccio indietro.

Non esiste che pianga per uno appena conosciuto in un caffè.

Non esiste.

Ha detto che gli piaci.

Alla fine mi decido ad afferrare il bigliettino bianco che aveva lasciato cadere.

Lo rileggo una, due, tre, quattro, cento volte.

Le parole non cambiano, c’è sempre una grafia elegante e frettolosa che recita:

Domani. Stesso posto, stessa ora.

x HarryS.

 
   
 
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