VINCIT OMNIA VERITAS (2 PARTE)
L’uomo la guardò dritta negli
occhi, poi in tono di sfida, rispose: “Prego, sono tutto orecchi”.
Kate notò un sottile cambiamento
nella voce del giudice, ma cercò di non darlo a vedere. Così continuò: “La
prima volta che ho provato a risolvere il caso di mia madre credevo di trovarmi
davanti ad un solo enigma, una sola morte da sviscerare, ma mi sono resa presto
conto che lo scenario, che mi si presentava era ben diverso: una serie di
omicidi concatenati, con notevoli varianti ed indizi incastrati gli uni agli
altri.
Ero solo una ragazzina, ma mi
apparve subito evidente che i fatti non si erano svolti nel modo in cui
affermava la polizia. Qualche indizio era stato occultato volontariamente.
Tentai di venirne a capo, ma non
riuscii ad avere la forza necessaria: il dolore e il rimorso che mi opprimevano
l’animo, mi schiacciarono e fui costretta a desistere. Nonostante ciò ero
riuscita ad ottenere un punto di partenza, sapevo che l’omicidio di mia madre
non era un caso isolato. Sulla coscienza di qualcuno, ora so essere la sua,
pesava il macigno di altre tre morti.
Per molti anni fui costretta a
restare in analisi ed abbandonai l’idea di risolvere il caso: se avessi
incominciato di nuovo non mi sarei più fermata, giungendo, forse,
all’autodistruzione. Rimasi in polizia e fui assegnata alla sezione omicidi. Non
ne ero pienamente cosciente, ma nella mia mente, quel tarlo restava nascosto,
in attesa che qualcosa riattivasse in me la voglia di sapere..”.
Kate si fermò per un istante e
sul suo volto apparve un leggero sorriso: “Un giorno, però, sulla mia strada ho
incontrato qualcuno che, in un primo momento, solo per sua curiosità personale, mi ha spinto a
riaprire il caso di mia madre. Non sono riuscita a spiegarmi come abbia fatto a
parlarne con lui con una naturalezza che, in fin dei conti, ha stupito anche
me, ma è riuscito dove io ho fallito: ha riacceso dentro di me la miccia sopita
della verità.
Sono ripartita alla carica: avrei
sciolto l’enigma e avrei fatto giustizia.
Non ne ero cosciente, ma la Katie dentro di me
voleva riappropriarsi della sua vita. Aveva visto, che all’esterno di quel muro
nel quale l’avevo rinchiusa, c’era qualcosa, o meglio, c’era qualcuno per cui
valesse la pena vivere.
E non potevo farlo se non avessi
curato il trauma che mi affliggeva..
Ho ripreso le indagini sostenuta
da Rick e, a poco a poco, sono riuscita ad ottenere delle risposte importanti. Il
destino mi ha aiutato, facendomi comprendere che l’omicidio di mia madre era
stato commissionato, assegnato ad un serial killer professionista. Dick Coonan,
se lo ricorda?
Ho dovuto ucciderlo, ma avevo
compreso un dettaglio importante: il mandante era qualcuno insospettabile,
qualcuno su cui nessuno avrebbe potuto puntare il dito contro.
Non ebbi nessuna pista per mesi, poi
improvvisamente venni a conoscenza della storia dei tre poliziotti e
dell’omicidio Armen. Nel loro tentativo di fare giustizia e di ripulire la
città da ciò che consideravano feccia, tre poliziotti si inventarono una serie
di rapimenti, con la richiesta di rispettivi riscatti, a danno di alcune
famiglie mafiose della città.
Per un po’ di tempo continuarono
le loro azioni indisturbati finchè l’FBI non mandò l’agente Bob Armen sotto
copertura all’interno di una di esse, per riuscire a comprendere meglio ciò che
stava accadendo.
Nel momento del suo rapimento,
però, qualcosa andò storto e Armen venne ucciso da un colpo di pistola nello
stesso vicolo chiuso in cui mia madre avrebbe trovato la morte qualche anno dopo.
Venne accusato dell’omicidio un esponente di una famiglia rivale, un certo Joe
Pulgatti, e venne ben presto condannato grazie alla falsa testimonianza del
detective Reglan. Non esistevano prove schiaccianti contro di lui, solo le
parole del poliziotto lo avevano incastrato.
Quando andai ad interrogarlo in
carcere mi pose una domanda precisa alla quale non seppi rispondere: “In quel
vicolo c’eravamo solo io, Armen e chi ha sparato, detective. Come poteva sapere
quel poliziotto che io ero lì? Solo se ci fosse stato anche lui..”.
Quella domanda deve essersela posta anche lei,
quando fu costretto a presenziare al processo Armen. Lei è solo un malvagio
essere umano, ma devo ammettere che possiede un’intelligenza superiore alla
media, deve aver notato sicuramente un’anomalia. Ha capito che quell’indagine
faceva acqua da tutte le parti. C’era ancora del torbido..
Fece in modo d’incontrare Reglan
di nascosto, prima che il verdetto fosse emesso, e riuscì a metterlo alle
strette facendogli confessare i loro misfatti. Quando l’uomo le parlò dei
riscatti che si erano fatti consegnare, vide davanti a lei un’occasione da non
perdere: un guadagno facile ed immediato.
Ricattò il detective e l’intera
banda: lei avrebbe soprasseduto nell’informare i giurati, ma soprattutto i loro
superiori, su ciò che aveva scoperto solo se avessero acconsentito a consegnarle
l’intera somma ottenuta.
Prese il potere in mano e in poco
tempo la sua metamorfosi si compì: ora era lei a dettare le regole, ad avere il
coltello dalla parte del manico.
Pulgatti venne condannato e lei
pensò addirittura di essere un benefattore, in fondo stava togliendo dalle
strade di New York un pericoloso criminale.
Peccato, però, che non si rese conto di aver
creato un mostro nel medesimo istante..”.
Il drago continuò a guardarla in
silenzio senza lasciar trapelare alcuna emozione: “Stare a stretto contatto col
signor Castle ha migliorato sicuramente la sua fantasia Kate, ma la storia che
mi ha illustrato non spiega ancora come abbia fatto a risalire alla mia identità”.
Kate fece un passo in avanti,
girando in tondo, per cercare d’avvicinarsi il più possibile alla porta, per
poter avere una via di fuga se fosse divenuto necessario, senza dare troppo
nell’occhio: “La storia, come la chiama lei, non è ancora finita. Manca ancora
tutta la seconda parte, quella che mi sta più a cuore.
Mentre si sentiva protetto
nascosto nel suo regno del terrore, Pulgatti, non felice di essere diventato un
capro espiatorio, dal carcere continuò a cercare qualcuno che fosse pronto a rischiare
per aiutarlo.
Mandò lettere a tutti gli
avvocati della città, ma ne trovò solo uno disposto a dargli fiducia: mia
madre. Lei si appassionò al caso e
decise di accettare la sua difesa. Si fece consegnare gli incartamenti necessari
per analizzare la vicenda e costruire una linea difensiva adeguata.
Non posso sapere con precisione
ciò che accadde dopo, ma sono sicura che mia madre intuì immediatamente
l’innocenza di quell’uomo, ma doveva raccogliere prove per dimostrarlo e così
ha smosso le acque.
Quando è venuto a conoscenza
della riapertura del caso, si deve essere sentito mancare il terreno sotto ai
piedi. Stava rischiando di essere scoperto e non poteva di certo permetterlo.
Mi pare di vederla, seduto alla
sua scrivania decretare la sua morte, di ascoltare le sue parole “Chi diavolo è
quest’impicciona? Non posso permetterle di rovinare tutto quanto.. Non avrei
mai voluto arrivare a tanto, ma mi ha costretto a prendere questa decisione. Se
non avesse ficcato il naso in questioni che non la riguardavano, potrebbe
ritornare a casa dalla sua bella famiglia, invece..” …”.
Kate fu costretta ad interrompere
il suo discorso per un momento, quando le lacrime le salirono agli occhi, ma,
schiaritasi la voce, continuò: “Invece la sua condanna a morte venne eseguita
senza pietà una notte di 10 anni fa. Doveva essere una serata come le altre, ma
si trasformò in un incubo per me e per mio padre, quando quel poliziotto ci
comunicò che mamma non sarebbe mai più tornata a casa.
Lei doveva essere l’unico felice
quella sera, ma qualcosa andò storto, un particolare del suo ingegnoso piano
non si concretizzò. Il fascicolo che mia madre aveva ricevuto dal tribunale era
sparito, volatilizzato nel nulla. Aveva dato precise istruzioni su come
recuperarlo, ma i suoi uomini non ne furono capaci.
Lei sapeva che quel documento era
una mina vagante..
Ora quei file sono in mano mia e
li ho consegnati al procuratore, prima di tentare di catturarla..”.
“Quindi è venuta a conoscenza
della mia identità leggendola su quei fogli..”.
“Ho letto lì solo il suo nome, ma
sapevo già chi era “il drago”, sapevo che sotto quello pseudonimo si nascondeva
il giudice che aveva presenziato al caso Armen. Avevo già risolto il caso.
Avevo collegato insieme tutti gli elementi e ormai la verità era davanti a
me..”.
L’uomo era esterrefatto: “Come lo
hai capito, come ci è riuscita?”.
Kate sorrise beffarda. Aveva
quasi dimenticato di essere là sopra da sola con lui, ma riuscire a dominare la situazione la stava decisamente
caricando: “Qualcuno mi ha aiutato, mi ha fatto analizzare questo caso da una
prospettiva diversa. “La verità si nasconde nell’elemento discordante..”.
Quella frase non mi fu chiara in
principio, non capivo quale fosse l’elemento fuorviante, cosa dovessi realmente
cercare. Troppi indizi, troppe rivelazioni tutte insieme concatenate in un
racconto troppo nebuloso per essere sviscerato.
Così ho cercato di calmarmi e
sono ripartita dalla regola numero uno per qualunque detective: quando si
arriva ad un vicolo cieco bisogna fermarsi e ricominciare a rivedere l’indagine
dal principio cercando di analizzare tutto con occhi diversi per capire cosa ti
è sfuggito.
Mi sono seduta in terra davanti
alla lavagna investigativa improvvisata in casa mia e sono ripartita da zero.
Tutto, però, mi sembrava quadrare, non riuscivo a trovare quel particolare che
avrebbe scardinato l’apparenza, che sarebbe riuscito a modificare quanto
bastasse la mia teoria per condurmi alla verità.
Mia madre era stata uccisa e supponevo che le
sue colleghe avessero condiviso la stessa sorte a causa della scomparsa del
fascicolo poiché, forse, lei credeva che fosse stato occultato da qualche altro
avvocato del suo studio, ma si sbagliava. È
sempre stato in mani diverse.
Continuavo a spremermi le
meningi, ma non riuscivo a trovare una soluzione, quando, improvvisamente,
qualcosa, o meglio qualcuno, emerse alla mia attenzione quasi come
un’apparizione divina e finalmente capii..”.
“Vuole arrivare al punto? Qual è
il particolare che le ha fatto capire tutto?”.
“E’ stato Scott Murray”.
“Scott Murray?!”.
“Sì, proprio lui. Mi sono chiesta
quale fosse la sua “colpa” in questa vicenda e d’istinto non l’ho trovata.
Tutte le risposte che mi davo non potevano essere veritiere. Non poteva essere
stato ucciso perché aver sospettato di aver nascosto quei file, non era nemmeno
implicato nelle indagini dei tre poliziotti, ma, forse aveva presieduto il caso
Armen. Era stato lui a consegnarle la documentazione a mia madre, quando
gliel’aveva richiesta, ma niente di più.
Quindi perché uccidere un
cancelliere della corte di appello?
Avrebbe avuto senso solo se il drago si fosse sentito minacciato da lui,
forse perché lavoravano insieme.
Era il suo cancelliere, l’unico
che la conosceva, lavorativamente parlando, così intensamente da poter fare due
più due.
Consegnare quegli incartamenti
senza il suo permesso è stato un errore fatale. Si deve essere molto arrabbiato
quando ha scoperto tutto: colui che considerava un suo fedele alleato, l’aveva
tradita.
In realtà aveva fatto
semplicemente il suo lavoro, ma a lei non importò. Così ha agito d’impeto, di
rabbia. L’omicidio di Scott Murray è stato l’unico non premeditato, non ha
riflettuto, ha seguito le sue emozioni e i suoi sentimenti senza esitare.
Murray l’aveva tradita e di
conseguenza andava punito.
Inoltre non poteva correre il
rischio che ricostruisse il suo oscuro passato quando si sarebbero sollevate
chiacchiere nell’ambiente giudiziario alla morte di mia madre.
È stata proprio quella decisione
a creare una piccola falla nel suo geniale piano. Lo ammetto, era un
insignificante dettaglio, ma mi ha permesso di risolvere il caso. Di rendere
giustizia a mia madre”.
Il drago la guardò con occhi
ancora sorpresi, poi ammise: “Voglio essere sincero con lei, non credevo che
lei costituisse una vera minaccia quando
entrò in polizia. Mi era sembrata solo una decisione impulsiva di una ragazzina
disperata. Ero convinto che l’ambiente l’avrebbe schiacciata e costretta a
desistere, invece ha dimostrato di possedere un coraggio non da pochi.
Ha bruciato ogni tipo di tappa,
ha collezionato vari record, ha ottenuto rispetto da ogni poliziotto che ha
incontrato sul suo cammino.
Ho sempre seguito ogni suo passo
e non c’è dubbio che lei sia veramente una straordinaria detective, l’unica in
grado di incastrarmi, cosa che è puntualmente avvenuta.
Non ho solo perso, lei mi ha
disintegrato. Ha vinto su tutta la linea..”.
Kate scrollò la testa: “No, non
sono io ad aver vinto. L’unica ad averlo fatto è la verità. Ora capisco il vero
significato della scritta che mio padre volle far incidere sulla tomba di
mamma. “Vincit veritas omnia”.
Ed è vero: la verità vince sempre
su tutto.
Può essere nascosta, infangata,
anche uccisa, ma lei troverà sempre il modo di risorgere, di far tornare a
brillare la propria luce.
Mi consideri pure solo una sciocca
idealista, ma credo fortemente in ciò che ho detto e non a caso, io sono stata
solo il tramite perché questo destino avvenisse..”.
Kate fu costretta a fermarsi
poiché l’uomo le voltò le spalle e fece l’unica cosa che la giovane detective
non si sarebbe mai aspettata: scoppiò a ridere. Una risata forte e vigorosa che
sembrò espandersi per l’intera città.
Le si gelò il sangue nelle vene,
quella reazione non aveva nulla di positivo, era del tutto incomprensibile. Rimase
immobile dove si trovava, quasi fosse stata stregata, mentre avrebbe dovuto
cogliere l’occasione, se non per scappare, almeno per chiamare rinforzi. Invece
attese in silenzio che l’uomo si girasse per parlare di nuovo con lei e, quando
lo fece, capì che quella situazione di stallo creatasi sulla terrazza era ormai
giunta alla fine.
Il drago stava per compiere la
sua prossima mossa, la sua espressione non lasciava alcun dubbio: “Credo che
sia venuto il momento di porre fine alla nostra lotta Kate. Basta scappare,
basta nascondersi. Io non ho mai avuto paura, sono un uomo d’azione. E non mi
nasconderò più. Lei ha ragione, la
verità è stata scoperta.. E le conseguenze saranno catastrofiche. Perché, sa,
non credo che il mondo possa ancora
sopportare la presenza di entrambi, uno dei due deve scomparire..”.
Kate rabbrividì nell’ascoltare la
sua condanna a morte, perché sapeva bene di aver poche speranze davanti a
quell’uomo completamente disarmata. Avrebbe potuto cercare di resistere
attraverso il suo addestramento e con la lotta ne avrebbe rallentato
l’operazione, ma se avesse estratto qualunque tipo di arma, non avrebbe avuto
scampo..
L’uomo intanto continuava nel suo
monologo infinito: “… Questo è il momento conclusivo Kate, è la fine e
l’inizio. La fine di tutto e l’inizio di qualcosa. Siamo stati uniti in tutti
questi anni da un lunghissimo filo invisibile, che comunque sia ha plasmato e
condizionato le nostre esistenze. Non le chiederò perdono, non mi pento di quel
che ho fatto, sarebbe inutile e lei non mi crederebbe mai. Voglio solo mettere la parola fine su questa
faccenda, ora, adesso”.
Si voltò nuovamente e, ancor
prima che la giovane donna potesse rendersi conto delle sue reali intenzioni,
scavalcò il parapetto che delimitava la terrazza. Si tenne alla sbarra di
metallo il tempo di girarsi un’ultima volta verso la sua vecchia nemica e far
incrociare il loro sguardo per alcuni secondi. Poi si lasciò cadere
all’indietro nel vuoto, a braccia aperte, come se si fosse appena trasformato
in un nuotatore che deve effettuare il suo tuffo migliore, e iniziò la sua
discesa verso l’asfalto.
Kate, totalmente attonita, riuscì
a raggiungere il parapetto solo per vedere un’ombra scura finire la sua folle
corsa molti metri più in basso ed udirne nettamente il tonfo emesso quando fu a
contatto con la dura superficie. Si sporse un poco e ciò che rimaneva di quello
spietato criminale era solo un punto nero, minuscolo ed immobile sulla strada.
Non riusciva ancora a crederci,
l’aveva risparmiata. Aveva preferito uccidersi, ma non l’aveva toccata.
Perché?
Probabilmente era stato l’ultimo
gesto di una persona veramente disperata ed orgogliosa, che come i migliori
condottieri del passato, non avrebbe mai accettato di cadere nelle mani
nemiche.
Meglio uscire di scena con un colpo
da maestro piuttosto che ricevere la vergogna del carcere e del pubblico
giudizio. In fondo era un ulteriore riprova del suo totale egoismo.
Sarebbe stato completamente
assurdo pensare che quell’uomo avesse compiuto un gesto “affettuoso” nei suoi
confronti, ma Kate non ne era sicura.
Nei suoi occhi, per un piccolissimo
secondo, era riuscita a leggere una luce diversa, come se con quell’ultima
occhiata avesse voluto chiederle perdono, anche se qualche istante prima aveva
negato quell’intuizione.
“Siamo stati legati da un filo
invisibile tutta la vita”.
Era vero. Un legame oscuro, ma nello
stesso tempo inscindibile, più per sua volontà che per quella dell’uomo, ma con
quell’assurda decisione di lanciarsi nel vuoto ne aveva sancito per sempre la
fine.
“E’ l’inizio di qualcosa..”.
Forse della sua nuova vita. Lei
ne era più che certa, ancor prima di giungere su quella terrazza, ma lui,
forse, stava cercando ancora di condizionarla.
E se l’avesse fatto per lei?
Sembrava impossibile, ma non
avrebbe mai potuto togliersi il dubbio. Ora era finito tutto davvero.
Quello sarebbe stato l’ultimo
segreto del drago destinato a non avere risposta, ma in fondo a Kate non
importava. Fece due passi indietro, passandosi il volto sulle mani, come se si
fosse svegliata da un brutto sogno.
Era sudata e, colpita dal vento,
rabbrividì accorgendosi di avere freddo. Il sole era praticamente tramontato ed
una tenue oscurità stava ricoprendo i molteplici palazzi di New York e la
temperatura si era abbassata.
Kate si ritrovò seduta in terra
come se tutto il peso del mondo, che sentiva premerle sulle spalle, fosse
riuscito a piegarle le gambe ed a schiacciarla.
Appoggiò la schiena contro un
muretto ed alzò gli occhi al cielo e in quel blu cobalto notò una piccola
lucetta, la stella del viandante, la stella che indica il cammino. Una lacrima
le solcò il suo bel viso, il suo cuore era libero. Sapeva ciò che doveva fare,
ma prima di seguire il suo destino, aveva ancora un compito da espletare.
Prese il cellulare che era al
sicuro nella tasca interna della sua giacca e compose un numero a lei noto.
“Javi, sono Kate. Sono sulla
terrazza sul tetto dell’ospedale. Ho incontrato il drago.. Sì, sta tranquillo
sto bene, ma lui è morto. Si è lanciato.. dovresti chiamare Lanie e i colleghi per
un sopralluogo..”.
La comunicazione si interruppe di
colpo e in un tempo assai breve, che Kate calcolò di non essere più di due
minuti, la porta di accesso alla terrazza si aprì e Ryan ed Esposito fecero il
loro ingresso di corsa.
Kate sorrise, quei due non
avevano lasciato ancora l’ospedale evidentemente, l’avevano vista turbata ed
erano rimasti nei paraggi se lei avesse avuto bisogno. Avevano preso davvero
seriamente il loro compito di angeli custodi!
Infatti si precipitarono verso di
lei, quando la videro riversa in terra, e la tempestarono di domande: “Becks,
stai bene?” “Sei ferita?” “Quel maledetto ti ha fatto del male o ha
solo osato provarci?”.
Esposito le aveva posato una mano
sulla spalla e sembrava decisamente angosciato, mentre Ryan le scrutava il viso
alla ricerca di qualche ferita. Era una scena decisamente tenera e Kate cercò
di tranquillizzarli: “Ragazzi sto bene, davvero. Sono solo stanca, devo aver
esaurito le energie. Non preoccupatevi per me”.
I due si sedettero accanto a lei,
uno alla sua destra, uno alla sua sinistra, allungando le gambe e lasciando
cadere a penzoloni le braccia, e in coro risposero: “E non sei l’unica!”.
“Sai che è stata davvero una
giornata infinita? Starti dietro è decisamente complicato” sentenziò Javier.
“Tutto questa azione, adrenalina
e inseguimenti, non fa mica per noi. Forse a te farà piacere, ma noi stiamo
invecchiando. Ogni tanto ci vorrebbero solo un sacco di scartoffie per poter
rimanere incollati alla sedia in ufficio, ma stando nella tua squadra, abbiamo
notato che è praticamente impossibile!” continuò accigliato Ryan.
“Meno male che sei riuscita a far
buttar giù da questo edificio quel gran contaballe di un giudice o saremmo
dovuti rimanere a farti da scorta per l’intera nottata, o chi l’avrebbe sentito
writer boy! Se non c’è lui, siamo noi a doverci occupare di te”.
“Ma non avevamo calcolato che sei
la calamita per i guai e, anche se ti abbiamo lasciata da sola per poco, sei
riuscita a rischiare la pelle ancora una volta. Devi insegnarci come fai, devi
pur avere qualche tocco segreto, o non potrò mai capacitarmi di questa tua
abilità”
La giovane donna era rimasta
senza parole nell’ascoltare il discorso dei due colleghi che apparentemente
apparivano seri e veritieri, ma quando vide le labbra di Esposito alzarsi
lievemente all’insù, notò che anche Ryan stava facendo una gran fatica per non
mettersi a ridere.
Quando capì che la stavano
prendendo in giro, diede ad entrambi una forte spinta sulle spalle e disse
loro: “Ma smettetela! E io che vi sto anche a sentire! Siete davvero due grandi
attori lo sapete?” e fece finta di mettere il muso.
I due risero sonoramente: “Avanti
Kate, volevamo solo farti ridere, quando siamo arrivati quassù avevi una faccia
terribile, spaventata a morte. Ci siamo assicurati che stessi bene, poi
dovevamo farti riprendere un po’ di colore in viso. Devi essere presentabile
quando andrai a trovare Castle o lo farai fuggire a gambe levate!”
La detective scosse la testa:
“Stare a stretto contatto con Lanie ti fa male, Javi. Stai incominciando a
parlare come lei! E poi Castle non fuggirà a gambe levate, lo ha promesso! Sarò
costretta ad arrestarlo se solo ci proverà!”.
Ryan si alzò in piedi di nuovo e
le porse una mano: “Allora è giunto il momento di tornare da lui e ricordargli
la promessa che ti ha fatto, ma sono certo che non se ne sia dimenticato”.
Kate l’afferrò e l’amico l’aiutò
a rimettersi in piedi tirandola un poco: “Hai ragione, voglio vederlo”.
Una voce alle sue spalle le
suggerì: “Allora non perdere altro tempo, non fare aspettare il vero amore. Ci
occupiamo noi di sistemare le cose e di far portar via il cadavere del drago,
anche se ci avrà già pensato la Gates, che abbiamo prontamente avvertito. Tu
non devi mai più preoccuparti, è tutto finito”.
La giovane donna annuì e gli
sorrise: “Ok, ma prima di scendere da questa terrazza devo far una cosa.
Avvicinatevi a me, di più. Su ancora un pochino, mica mordo..”.
Quando i due uomini furono alla
distanza giusta Kate si sistemò perfettamente in mezzo ad entrambi, allargò le
braccia e li strinse in un abbraccio affettuoso: “Grazie”. I due poliziotti
ricambiarono il gesto prontamente stringendole la schiena in una dolce stretta.
Quella ragazza sapeva essere di una dolcezza disarmante.
Si staccarono dopo qualche minuto
e si guardarono negli occhi. Il tempo delle parole era finito, con quel gesto
si erano già detti tutto. Così la giovane donna li salutò con un veloce cenno
della mano e si incamminò verso le scale che l’avrebbero riportata all’interno
dell’edificio.
Si era ripresa in mano la sua
vita quel giorno, era ritornata a respirare.
Ora doveva solo far continuare a
battere il suo cuore e sapeva benissimo come ci sarebbe riuscita.
Angolo mio!
Eccoci qui, questo è il penultimo
capitolo.. Ce n’è ancora uno, ma è solo un piccolo epilogo. Ho concluso la
faticosa lotta di Kate contro il drago e ho risolto a modo mio il caso di
Johanna Beckett..
Mi sono messa lì con tutti gli
appunti e l’ho ricostruito a mio piacimento. Naturalmente non ci ho beccato una
mazza, ma mi sono divertita un sacco lo stesso!
Vi immaginavate una conclusione
così? ^.^
Mo scappo!
I ringraziamenti ci saranno nel
prossimo capitolo!!!
Bacione