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Autore: BlueSkied    14/10/2012    1 recensioni
Emily Rochester, giovane addestratrice di cavalli dal passato difficile, è assunta nelle prestigiose scuderie LaMosse, dove, tra adolescenti teneri e stravaganti e padroni senz'anima, il suo cuore si dividerà tra due modi diversi, ma complementari, di amare qualcosa e qualcuno.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Come fai a far uscire un topolino da un labirinto?


Sasha e Juno si passano un pacchetto di patatine, seduti sul recinto, e lo scrocchiare della carta argentata fa alzare un orecchio a Hawkeye, dritto come un’antenna.
È appena passata l’ora di pranzo, ma né io né lui abbiamo ancora mangiato. Questo è stato il primo, vero giorno di addestramento in cui abbiamo ottenuto dei risultati. Gli altri cavalli, da un mese a questa parte, non mi hanno dato problemi. Princess Anne e Orson Welles sono i più dotati, particolarmente precisi e puliti nel saltare gli ostacoli. Moon River ama le barriere naturali, torrenti, tronchi e così via. Astrabee è una macchina da dressage, come ho scoperto con sorpresa.
Sto guardando Woodback e Corbin, impegnati in una serie di oxer non particolarmente difficili. Corbin è un animale leggero e rapido, che si è già distinto in passato in diverse gare.
Benché il suo carattere sia ruvido come la cartavetro, Wood è un bravo addestratore, con anni di esperienza. Abbiamo avuto modo d’imparare molto l’uno dall’altra.
Corbin finisce il percorso senza errori e Wood lo conduce di fianco a me e a Hawkeye.
 – Allora, bimba – mi apostrofa il mio assistente, allegro, tirandomi un pugno affettuoso sul braccio – Te l’avevo detto o no, che Corbin è una bellezza?- e sottolinea le sue parole con una delle sue risate soffocate e raspanti.
Prima che possa replicare, Sasha mi anticipa: - Sì, sì, Wood, lo sappiamo che sei fantastico. Ora vediamo come se la cava Hawkeye – e mi lancia un’occhiata incoraggiante. Juno lascia perdere le patatine e alza entrambi i pollici, come a fare il tifo. Sorrido a tutti e tre, non troppo felice di avere un pubblico. 
Addestrare Hawkeye non è stato facile. Wood e Sasha mi hanno raccontato la faccenda del suo acquisto: LaMosse l’ha comprato, insieme a un altro gruppo di cavalli, da un piccolo allevatore fallito, così da poterne inglobare i possedimenti.
Non pensava di fare un granché con nessuno di loro, visto che non erano in condizioni perfette, così li ha venduti a prezzo bassissimo o addirittura regalati.
Hawkeye è risultato essere effettivamente il migliore di quella partita, ma non si è lasciato addestrare da nessuno, e anche con me ha avuto resistenze, i primi giorni. Solo una settimana dopo il mio arrivo sono riuscita a convincerlo a lavorare alla corda e a fare gli esercizi più semplici. Non obbediva agli ordini e io Wood, e Sasha siamo diventati pazzi a cercare di capire il perché.
Poi Pat Wilson, la veterinaria, dopo una visita ben accurata, ha svelato l’arcano: Hawkeye non sente niente dall’orecchio destro. Da allora, con lui mi sono impegnata al massimo:  passo più tempo a strigliare lui che tutti gli altri, per trasmettergli fiducia, e pian piano sta funzionando. All’inizio, sgroppava sempre e cercava di togliersi la sella, ora si lascia montare tranquillamente. Oggi, mi sono decisa. Voglio vedere come si comporta con gli ostacoli.
Non ho paura, sento che ce la può fare. Mi fido di lui, nonostante tutto, perché lui si fida di me. Non ho intenzione di tradirlo dubitando delle sue potenzialità.
Lo accarezzo un paio di volte sul collo e gli sussurro all’orecchio, intrecciando le dita nella criniera nera e soffice. Hawkeye sbuffa, per farmi capire che è pronto, e io monto in sella, sistemandomi in modo da pesargli il meno possibile sulle spalle. Osservo il percorso per qualche secondo, poi tiro leggermente le redini, e Hawkeye inizia a muoversi al passo.
Facciamo un giro del percorso, poi torniamo al punto di partenza. – Ok, piccolo, ce la puoi fare – gli mormoro, facendolo partire al trotto. Le grida d’incitamento di Juno e Sasha mi arrivano lontane.
Ora siamo io e Hawkeye. Prende velocità progressivamente, e il mio battito e il suo diventano una cosa sola. Il mio sguardo è fisso oltre il primo ostacolo, alla linea di colline sullo sfondo.
Il cavallo si raccoglie, stringo le gambe e ricordo la prima volta in cui ho saltato, fingendo di non avere peso. Il tonfo degli zoccoli e il sobbalzo delle mie viscere che tornano al loro posto, gridano vittoria. Il primo è andato.
Solo altri quattro, ben distanziati, per cominciare. Il respiro di Hawkeye  è regolare, come il ritmo delle zampe. Mentre l’aria fischia calda nelle mie orecchie, superiamo anche il secondo e il terzo. Al quarto, Hawkeye esita un attimo di troppo, abbattendo una barriera. Non importa. L’ultimo fila via liscio.
Mi risollevo, mentre torniamo indietro, felice. Gli do qualche piccola pacca e lo accarezzo, per complimentarmi con lui.
Appena smonto, Sasha salta giù dallo steccato e mi batte il cinque e Juno mi abbraccia: - Ah, lo sapevo! Siete davvero grandi insieme, Emily! – squittisce.
Wood mi porge una carota per Hawkeye, che lui fa sparire in un attimo, contento quanto me.
L’ho appena preso per le redini, per riportarlo in scuderia, quando una voce ben nota ci fa voltare tutti e quattro: - Penso di doverti delle scuse, Emily – dice Art LaMosse, accostandosi al recinto in sella al suo Appaloosa, Janice.
Non sono soli: ben dritta su una piccola saura, c’è Elizabeth LaMosse.
Sasha e Juno arrossiscono, mormorando un timido “ buongiorno ”, Woodback si toglie il cappello, e io abbasso appena la testa. Non l’ho vista per un mese, la signora, ora è la terza volta in ventiquattro ore. Non si fa mai vedere , men che meno a cavallo. Tuttavia, non commento la sua presenza e mi limito a replicare: - Perché mai dovrebbe chiedermi scusa, Art?-
Lui ride e indica Hawkeye: - Pensavo che nessuno sarebbe riuscito a cavare nulla da quel cavallo, figurarsi tu. E invece, pare che debba offrirti qualcosa per farmi perdonare – spiega, con un’altra risata.
I ragazzi Pryce sorridono incerti, Wood, dal canto suo, ride a sua volta: - Nessuno ci avrebbe scommesso mezzo dollaro su questa bambina, e lei ci ha messo tutti nel sacco!- esclama.
– Vecchio Woodback, ti fai incastrare da una giovincella? – replica Art, ironico, battuta che fa ridere Wood ancora di più: - Beh, Art, se permetti, meglio farsi incastrare da lei che da uno qualunque! – ribatte.
La signora aspetta che l’eco delle risate si sia spento, prima di parlare: -Ha fatto un buon lavoro con quell’animale, Rochester – dice, a mo’ di complimento, ma il suo viso non è distaccato e gelido come le poche volte in cui ci siamo parlate.
– Grazie – è la mia risposta, laconica e un po’ perplessa.
Ha un aspetto strano a cavallo. Quando l’altra sera è venuta nella stalla, era truccata e avvolta in un sontuoso abito da sera color porpora, il genere di abito che io non porterò mai. Anche questa mattina era vestita elegantemente, sebbene fosse in casa. Vederla con un comune top chiaro, pantaloni in tinta e stivali dall’aria usata, fa uno strano effetto.
Non l’immaginavo così, anche se appare perfettamente a suo agio. Non so quanti anni abbia, ma non ha l’aria rifatta che hanno molte donne della sua classe sociale, quelle che nelle stalle degli ippodromi e alle mostre equine mi guardavano dall’alto in basso, strette nelle loro pellicce e alle loro borse firmate.
Anche Elizabeth LaMosse  mi guarda dall’alto in basso, ma solo perché è a cavallo. Difficile intuire cosa le passi per la testa, i suoi occhi verdissimi sono imperscrutabili e fissi nei miei. Le sue labbra tremano appena, mentre distoglie lo sguardo, come se si fosse riscossa da un pensiero profondo.
La sua cavalla gratta leggermente a terra con uno zoccolo, annoiata dalla sosta e Art parla di nuovo: - Io e Liza dovremmo parlarti in privato di una questione di lavoro – mi spiega, in tono cortese, ma esplicito.
Juno capisce al volo: - Io devo proprio andare – dice – Ciao a tutti!- saluta, montando sul suo furgoncino parcheggiato lì accanto e mettendolo in moto. Wood e Sasha si scambiano un’occhiata e riportano Corbin in stalla.
Hawkeye mi spinge leggermente con il naso: - Devo strigliarlo – dico rapidamente ai due LaMosse – Possiamo continuare questa conversazione alla stalla? – chiedo. Loro fanno cenno di sì e mi seguono.

Lego io stessa i loro cavalli all’ingresso della stalla e do loro un po’ di fieno.
Art si appoggia alla porta del box di Hawkeye, mentre tolgo al cavallo sottosella e sella, la signora, invece, si fa avanti per aiutarmi. Sono quasi per fermarla, ma poi la lascio fare. Capisco che è lei, principalmente, che deve parlare.
Con la coda dell’occhio, la vedo accarezzare Hawkeye con le sue belle dita curate, e lui sembra non disdegnare quell’attenzione. Mentre comincio a strigliarlo, la donna rompe il silenzio: - Art aveva ragione, sei una che lavora bene – osserva, quasi casualmente, passando al tu come se fosse un indice di confidenza.
Lancio un’occhiata a LaMosse, che annuisce, ma io non dico nulla, così lei prosegue: - Il tuo compito è badare ai cavalli, nessun altro, giusto?- mi chiede. Non capisco. – Giusto – rispondo, domandandomi dove vuole andare a parare.
Esita un attimo, prima di continuare: - Emily, tu non hai mai conosciuto la figlia di Art, Marine, immagino – afferma. Scuoto la testa, abbassandomi per passare la brusca sulla parte superiore delle gambe del cavallo.
Lei aspetta che abbia finito, prima di arrivare al punto: - Marine ha chiesto di te per allenarla al concorso completo – dice.
Mi acciglio, posando la brusca e prendendo la spugna. La strizzo e mi do il tempo di pensare a una replica.
La signora si sposta per permettermi di pulire il muso di Hawkeye, e intanto mi guarda, ansiosa.
– Ci sono gli istruttori qualificati – dico, infine – Io addestro e alleno i cavalli, non mi occupo dei cavalieri – è la mia conclusione, secca. Non starò dietro a una ragazzina viziata. Chissà perché poi ha chiesto di me.
I LaMosse si scambiano qualche parola e nel frattempo, cambio spugna e finisco di pulire Hawkeye.
Quando la signora torna a rivolgersi a me, ho già iniziato a districare la criniera.
– Quindi, tu non vuoi farlo?- mi domanda.
La guardo: - Lei vuole che lo faccia?- chiedo, di rimando. Il suo atteggiamento non lo suggerisce affatto.
Scuote la testa: - No. Né io né Art desideriamo assecondare mia nipote in questo capriccio. Potrebbe renderti la vita molto difficile, Emily – replica. Mi sta mettendo in guardia.
– Allora non lo farò – dico, ma non sono convinta: - Ci saranno conseguenze al mio rifiuto?- voglio sapere, non preoccupata, ma a disagio. È Art a rispondere: - Niente affatto. Volevamo essere sicuri che non accettassi. Tu non conosci Marine. È mia figlia, ma non è una brava ragazza. Non si comporta bene con chi ritiene un pericolo – dichiara.
Smetto di fare quello che sto facendo, e il mio sguardo va da uno all’altro: - Io, un pericolo? E perché?- domando, realmente stupita. Ora davvero non capisco.
La risposta di Elizabeth LaMosse è lapidaria: - Sei qui –
La fisso, duramente, ma Art attira di nuovo la mia attenzione: - Tu sai come fare per fare uscire un topolino da un labirinto di carta?- mi chiede. Cos’è, un indovinello?
 – Lo attiri fuori con dei pezzi di formaggio – rispondo, comunque, inquieta.
Lui mi scruta e annuisce : - Non seguire i pezzi di formaggio, Emily – conclude, serio. Mi saluta e va a slegare Janice.
La signora mi guarda ancora un attimo, con preoccupazione, poi segue il cognato fuori dalla stalla.
Non pensavo di essere un topo in un labirinto.    
  
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