Ti raggiungerò.
 
Capita a tutti, almeno una volta nella vita, di voler mollare tutto, di sentirsi non più appartenenti a questo mondo.
Quel giorno, questa sensazione capitò anche ad Alex, di voler smettere, di volerla fare finita.
Tornò a casa e sbatté violentemente la porta. Lui, sempre definito forte e coraggioso, in quel momento voleva solo morire. Del resto, che senso ha continuare a vivere quando l’unico moto che ti spingeva ad andare avanti non c’è più?
Con la testa fra le mani, prese la decisione più importante della sua vita. L’avrebbe raggiunta. Avrebbe, letteralmente, preso il volo, per arrivare dov’era arrivata lei. E allora sì che si sarebbe sentito bene.
Si avvicinò alla finestra del loro piccolo appartamento e la vide. Il suo volto era lì, su una nuvola, una nuvola che prometteva pioggia. Era lì, che scuoteva i lunghi boccoli scuri e socchiudeva gli occhi verdi. Rideva, come a dirgli “Ti aspetto, amore”, come a ricordargli come fosse prima della malattia, prima del cancro al cervello, prima della morte.
E in quel momento, Alex se ne rese conto. In quella casa, tutto profumava di lei. Tutto, dal sapone in bagno alle lenzuola pulite, aveva assunto il suo profumo, ogni angolo di quella casa aveva conosciuto quella ragazza, diventata donna, aveva imparato a memoria i tratti del suo volto, la sua risata cristallina e i suoi rari pianti.
E anche lui, si disse. Ormai l’aveva appresa, imparata. E allora, solo allora, con la sua immagine che gli donava la forza, si buttò. Si sentì quasi felice, euforico, durante la caduta. Sapeva che non ci sarebbe stato niente da fare, che quella caduta dal settimo piano gli sarebbe stata fatale, ma a lui andava bene. Gli andava bene, se questo significava raggiungere Edith.
- Sto arrivando. – mormorò mentre, come un angelo vestito di nero, prendeva il volo, mentre si avviava con sicurezza verso la sua morte certa, mentre aspettava di ricongiungersi all’anima della ragazza dai capelli rossi che sarebbe dovuta diventare sua moglie.