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Autore: Shirangel    15/10/2012    11 recensioni
Non erano perfetti, forse non lo sarebbero mai stati.
Tanto non sarebbe servito comunque, e non l’avrebbero nemmeno voluto.
Non erano perfetti, ma erano loro.
[Sasuke x Naruto]
[1° classificata al contest "Numeri da coppie" indetto da La Lolly Dolly sul forum di EFP]
Genere: Angst, Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: Spoiler! | Contesto: Naruto Shippuuden
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Bianco.

Era questo tutto ciò che vedeva.

Non somigliava al colore della neve, o del latte, o di qualsiasi termine di paragone comunemente utilizzato per descriverlo.

Quel bianco che aveva davanti era sporco.

Ma non importava, perché lo era anche lui.

 

 

Elogio all’imperfezione

 

 

Quel letto sconosciuto pareva aver voglia di inghiottirlo tra le sue coperte e i suoi cuscini, e lui non avrebbe in alcun modo potuto impedirglielo.

Dal suo stato di semi-incoscienza sentiva le gambe esplodere di continuo in un fuoco d’artificio di dolore, che si spegneva in pochi attimi e che poi, implacabile, ricominciava. Quel ciclo straziante continuava da così tanto tempo che non si ricordava né quando era iniziato né quando si era accorto di avere entrambi gli arti inferiori spezzati in più punti.

L’unico aspetto di quella situazione da cui poteva trarre un pizzico di amara consolazione era che, concentrato a tal punto su femori e tibie, avvertiva solo episodicamente le fitte lancinanti che il suo braccio fratturato si ostinava a inviargli. Non riusciva a ricordare l’ultima volta che aveva riportato danni così gravi; a voler essere sinceri, non riusciva a ricordare niente.

Poco a poco ritrovò la lucidità necessaria per aprire lentamente gli occhi, chiedendosi perché non l’avesse fatto prima; un dolore atroce alle pupille e il simultaneo mal di testa gli risposero all’unisono. Malgrado ciò Sasuke si sforzò di guardarsi intorno, a dispetto dei suoi bulbi oculari infiammati che avevano cominciato a lacrimare copiosamente.

Non era più tutto bianco, ma lui lo era ancora.

Bianco sporco, come le bende che gli fasciavano buona parte del torace e si attorcigliavano attorno al suo braccio sinistro risalendo fino al gomito. Una spessa coperta lo nascondeva fino al bacino, ma non faticava ad immaginare il disastroso stato in cui versavano le sue gambe.

Un’ombra si fece avanti nel campo visivo appannato del ragazzo, ma pur sforzandosi di mettere a fuoco la figura che si stava avvicinando questa rimaneva talmente sfocata da rendersi irriconoscibile.

“Bentornato tra i vivi, bastardo.”

Le pupille di Sasuke si contrassero involontariamente, dilatandosi, e quell’ultima scarica di dolore fu troppo perfino per lui.

Svenne, con un nome che non riuscì mai a pronunciare ancora tra le labbra.

Naruto.

 

-°-°-°-°-

 

Quando si risvegliò il suo primo, stupido impulso fu quello di spalancare gli occhi.

Buio.

Portandosi la mano sana al viso sfiorò con la punta della dita una striscia di tessuto che qualcuno, assai saggiamente, gli aveva legato attorno alla nuca girandola più volte. Lo sforzo di tenere le palpebre sollevate gli procurava ancora un forte fastidio, ma almeno la luce del giorno, che riusciva a scorgere attraverso uno spiraglio del tessuto, non lo aveva abbagliato.

 “Chiudi gli occhi.” gli ordinò la voce, e Sasuke lo fece, incapace di disubbidire. Era talmente debole che qualsiasi movimento lo avrebbe estenuato, e persino il più piccolo sforzo di concentrazione gli costava fatica. Un interrogativo martellante continuava ad assillare la sua mente confusa.

Udì il fruscio di un nodo che veniva sciolto e sentì sul collo la carezza della benda che cominciava a lasciarlo libero, ma il tessuto continuava a impedirgli la vista: le dita di Naruto premevano delicatamente sulle sue tempie facendo in modo che la fascia non scivolasse via del tutto.

“Aprili lentamente. - gli consigliò il ragazzo. - Se ti fanno male non affaticarli.”

Sasuke si sforzò di annuire. Una volta che il peso leggero della stoffa lo ebbe abbandonato, socchiuse gli occhi in attesa del dolore che, ne era certo, l’avrebbe fatto svenire di nuovo. Con suo grande sorpresa riuscì ad aprirli quasi del tutto, soffrendo solo per qualche fitta acuta ma isolata.

“Perché sono qui?”

Come poteva non essere la sua prima domanda?

“Perché altrimenti saresti morto.”

Sasuke si voltò lentamente verso destra.

Naruto era seduto al contrario su una sedia, con il mento appoggiato alle braccia incrociate e piazzate sullo schienale. I suoi occhi azzurri erano fissi su di lui e Sasuke si chiese come avesse fatto a non accorgersi prima di quello sguardo apparentemente bramoso di trapassarlo da parte a parte. Lo stava sfogliando come si fa con le pagine di un libro, ma in modo febbrile, spaventato forse dall’idea di non avere abbastanza tempo per fare scorta di lui. Sembrava aver bisogno di guardarlo e memorizzarlo tutto, interamente e in ogni aspetto, timoroso di vederselo scivolare via dalle dita un’altra volta.

Sasuke non fu in grado di sostenere quello sguardo.

“Perché l’hai fatto?” chiese, tornando a fissare il muro davanti a lui.

In realtà non aveva bisogno di una risposta. Nel momento esatto in cui formulava la domanda, gli tornò in mente l’ultima immagine che aveva visto prima di risvegliarsi in quella stanza sconosciuta.

Era caduto in ginocchio sulla terra umida. Il suo unico pensiero coerente era che, forse, avrebbe fatto meglio a seguire i consigli di Madara invece che fare di testa sua.

Non era nemmeno riuscito ad avvicinarsi a Konoha: Naruto lo aveva bloccato prima. Dopo un combattimento lungo ore gli aveva spezzato ambedue le gambe per azzerare le sue possibilità di muoversi, e Sasuke lo aveva visto piangere lacrime di rabbia mentre era costretto a farlo. Il kunai che gli aveva puntato al cuore non aveva mai intaccato nemmeno lo strato più superficiale della sua pelle; Naruto non era in grado di mettere fine alla loro battaglia e lo sapeva.

Tuttavia il suo dovere era quello di ucciderlo e ne erano entrambi consapevoli.

“Fallo. - Sasuke aveva sputato a terra quella parola insieme a un grumo di sangue. - Non hai altra scelta. Perché non lo fai?”

Naruto non riusciva a pensare; non c’era tempo, presto uno shinobi di Konoha li avrebbe trovati, e sicuramente non avrebbe avuto i dubbi che assillavano lui: un nukenin di livello S era votato alla morte. Senza riuscire a trovare una soluzione migliore, alzò la mano destra e la abbatté di piatto alla base della sua nuca.

Sasuke svenne sul colpo, ma prima di svanire nell’oblio distinse confusamente le labbra di Naruto articolare poche parole, senza pronunciarle ad alta voce.

Non aveva avuto difficoltà a decifrare quella frase rimasta in sospeso tra loro, che si trovava ad essere un’altra volta la risposta che cercava.

Sasuke se la ricordò ma non disse niente. Naruto vide dai suoi occhi che aveva capito e fu grato del suo silenzio.

“Dimmelo tu - ribatté, serio. - Perché l’hai fatto?’

L’Uchiha gli gettò un’occhiata di sbieco, ma non vi fu astio nel suo sguardo; quella domanda, postagli da persone che non potevano nemmeno lontanamente immaginare cosa provava, lo irritava sempre. In quel momento però c’era una parte di lui consapevole del fatto che Naruto, sebbene privo di qualsiasi motivo razionale, gli aveva salvato la vita. Ed era questo ad infastidirlo.

Si sfiorò la nuca, che già ricominciava a pulsare dolorosamente, e si voltò ancora per fronteggiare il ragazzo seduto a pochi metri da lui.

“Non eri tu a dire che io e te siamo uguali? - una traccia del suo ghigno sarcastico gli sfiorò il volto, ma si spense quasi subito. - Io ho fatto quello che avresti potuto fare tu. Non ho bisogno di giustificarmi con te.”

Naruto si accigliò. “È tutto qui quello che sai dire? Eri intenzionato ad uccidere persone del tuo stesso villaggio, tuoi amici, e non sai dirmi il perché?” si sforzava di mantenere un tono neutro, ma la sua voce ormai tremava.

Sasuke, ancora una volta, non rispose subito. La nebbia che avvolgeva le sue capacità intellettive si stava facendo troppo densa per permettergli di pensare razionalmente, ed era tutto così confuso che ogni singolo secondo gli sembrava facente parte di un sogno. Perfino Naruto, a pochi centimetri di distanza da lui, gli appariva lontanissimo.

A fatica riprese il controllo di sé.

“Te l’ho detto molte volte. - il suo volto riacquistò la freddezza e l’impassibilità che avevano cancellato da tanti anni ogni traccia di emozione da ognuno dei suoi lineamenti. - Tu non riuscirai mai a capire.”

Il jinchuuriki si alzò e si avvicinò al suo letto per poterlo guardare negli occhi . “Pensavo di averlo fatto, invece, ma sei riuscito a farmi ricredere.”

Lui non rispose; forse perché non sapeva trovare le parole, forse perché era troppo stanco per farlo, forse perché riteneva chiuso l’argomento; Naruto però aveva bisogno di trovare un qualsiasi appiglio che gli permettesse di illudersi che si fosse pentito, o che avesse una segreta spiegazione razionale per aver tentato di attaccare Konoha. Qualsiasi cosa gli avesse permesso di non sentirsi in colpa per aver tradito il suo villaggio proteggendo un nukenin sarebbe andata bene.

Si inginocchiò accanto al letto, appoggiandosi con il gomito alle lenzuola. L’Uchiha continuava a rifiutarsi di guardarlo.

“Fammi capire, Sasuke. - il suo tono non era più brusco come prima, ma non c’era traccia di dolcezza sul suo viso quanto di una latente disperazione. - Se non ci provi non so se riuscirò mai a perdonarti.”

 “Lo hai già fatto.”

Quella risposta fu tanto repentina e inaspettata da sorprendere entrambi.

“Altrimenti non sarei qui.”

Il suo orgoglio gli impedì di dire la verità.

Altrimenti non mi avresti salvato.

Naruto appoggiò la mano vicino alla sua e sembrò indeciso se sfiorargliela o meno, poi però la lasciò dov’era.

Si vedeva da subito che le loro dita erano troppo diverse per intrecciarsi, che non si sarebbero mai incastrate completamente; sapeva da anni che lui e Sasuke non erano come le proverbiali tessere del puzzle che combaciano alla perfezione, ma ciò non gli aveva mai impedito di lottare con tutte le sue forze per riportarlo a casa.

“Non puoi chiedermi di scegliere fra te e il villaggio.”

“Io non ti ho mai chiesto niente.”

“Vuoi dire che è stato tutto inutile?”

Sasuke chiuse gli occhi, e distrattamente una parte di lui, nascosta sotto strati di inconsapevolezza, si rese conto di essere sotto l’effetto di una droga. Gettò un’occhiata all’ago della flebo che gli spuntava dall’avambraccio sinistro, che finora aveva appena degnato di uno sguardo, e capì.

“Se ti dicessi di sì mi odieresti?” voleva essere una domanda sprezzante, ma quelli che presumibilmente erano antidolorifici stavano progressivamente portando a termine il loro compito, accompagnandolo in uno stato di semi-incoscienza.

Naruto sembrò notare che il dosaggio era forse troppo massiccio e armeggiò a lungo con il morsetto del deflussore per regolare il passaggio dell’analgesico, approfittandone per prendere tempo.

Ti odio, Sasuke?

“Sei tutto ciò che mi resta. - rispose alla fine. - Come potrei odiarti?”

Ma lui si era già addormentato, e ancora una volta non aveva potuto sentire parole che, forse, lo avrebbero costretto a ritrattare le sue convinzioni più radicate.

 

-°-°-°-°-


Per la terza volta in poche ore Sasuke si risvegliò in un letto che non era il suo, in una stanza che non conosceva e ricoperto da bende di cui non riusciva a ricordare l’utilità.

Appena il dolore ricominciò a pulsare il ragazzo non fece fatica a rammentare perché due terzi del suo corpo erano fasciati da garze bianche, presumibilmente cambiate di recente.

Con la coda dell’occhio, che ora sembrava in condizioni stabili, notò che Naruto era seduto poco distante da lui, nella stessa posizione in cui l’aveva trovato quando si era svegliato la volta prima.

Attento a non far notare di essere stato di nuovo preso alla sprovvista, indicò con un cenno del capo il dispositivo per la fleboclisi ormai disattivato.

“Dove l’hai preso, quello?”

Naruto seguì con lo sguardo la traiettoria indicata dal suo gesto e per un attimo rimase in silenzio.

“Me l’ha dato Sakura.”

Sasuke alzò un sopracciglio. “Sakura sa che sono qui?” domandò, vagamente stupito.

Lui intuì l’interrogativo sotteso a quella breve frase e si lasciò andare ad un sorriso amaro. “Non puoi davvero pensare che lei voglia vederti.”

L’Uchiha lo fissò con occhi vacui.

“Hai quasi ucciso Ino, Sasuke. Lei non ti perdonerà mai.”

Naruto ne approfittò per cercare di cogliere dai suoi occhi un’ombra di vago pentimento, ma non riuscì a scorgervi nulla se non l’usuale pozzo nero.

Lui parve non essere interessato ad altro che a massaggiarsi l’avambraccio dolorante, là dove l’ago maneggiato da dite inesperte aveva trapassato la pelle.

“Le ho chiesto di curarti, ma lei mi ha risposto che non avrebbe mai potuto farlo. Ha solo promesso che non dirà niente a nessuno. Per il resto, dovrai guarire da solo.”

Ma Sasuke non l’ascoltava più. La sua mente, ormai libera dalle catene dei farmaci, era in grado di ragionare velocemente e alle parole dell’amico si fece strada in lui un interrogativo finora rimasto sopito.

“Perché non mi hanno ancora trovato, Naruto?” chiese lentamente, mentre la consapevolezza strisciava lenta verso di lui.

Il jinchuuriki si irrigidì. “Nessuno sa che sei qui. Ho detto a tutti di averti ucciso e che il tuo corpo è andato distrutto durante il combattimento.”

“Non prendermi in giro. - sibilò lui. - Vuoi farmi credere che nessuno shinobi a Konoha è in grado di percepire il chakra? O che nessuno si sia dato la pena di farlo?”

Il ragazzo continuò a guardarlo senza profferir parola, e questo non fece altro che incrementare la sua tensione.

Adesso però Sasuke sembrava più attonito che risentito.

“Che cosa hai fatto, Naruto?”

Lo shinobi della Foglia sostenne il suo sguardo. “Ho fatto quello che dovevo per il mio villaggio - rispose, sforzandosi di simulare una calma che non provava. - Ho sigillato il tuo chakra.”

Sasuke gli si avventò contro, perse l’equilibrio e tutto il suo peso si concentrò sulle gambe fratturate. Il dolore esplose come un fiammifero lanciato in una pozza di benzina.

Di nuovo il buio.

 

-°-°-°-°-

 

Ormai cominciava ad abituarsi alla lenta e progressiva ripresa di coscienza che il suo corpo portava avanti dopo una perdita di sensi.

Era notte fonda, ma i suoi occhi riuscirono velocemente ad assuefarsi all’oscurità, permettendogli di distinguere le forme principali che si stagliavano accanto a lui.

Tra queste, sicuramente quella che lo infastidì di più fu la figura di Naruto pacificamente raggomitolata lì vicino. La collera che gli procurò quella vista fu talmente grande che quasi si lasciò tentare dall’idea di spingerlo via e farlo rovinare a terra, ma quando si rese conto che, al suo stato attuale, probabilmente non avrebbe potuto fare altro che cadere insieme a lui, desistette.

La sua ira non si placò nemmeno quando gli venne in mente che, probabilmente, Naruto si era addormentato accanto a lui per assicurarsi che non avesse bisogno di un’altra dose di antidolorifici.

Non gli importava. Naruto gli aveva tolto tutto: la sua intera esistenza, fin dalla nascita, ruotava intorno ad obiettivi raggiungibili solo tramite le arti del combattimento.

Eguagliare Itachi, ucciderlo, vendicarlo. Aveva bisogno di tecniche ninja che non avrebbe più potuto usare.

Provò a concentrare il chakra sulla mano destra, ma non avvertì nemmeno un formicolio sulla punta delle dita. Tentò di attivare lo sharingan, ma l’unico risultato che ottenne fu un lieve dolore agli occhi quando involontariamente dilatò le pupille per sforzarsi di utilizzare l’abilità innata.

Si guardò e si rese conto della sua inutilità.

Tutti i suoi traguardi ormai erano impensabili da raggiungere, l’unica cosa che gli stava a cuore era svanita nel nulla. Lui stesso non era più niente.

E intanto Naruto dormiva nel suo stesso letto, aveva il coraggio di chiamarlo amico e di tenerlo in vita, benché la sua esistenza ormai non avesse più un senso o uno scopo.

Mentre lo fissava notò il kunai che gli spuntava da una delle tasche laterali della tuta, posta vicino al ginocchio sinistro. Il suo ex compagno di squadra, evidentemente, continuava a scordarsi di riporre le armi prima di andare a dormire, proprio come quando avevano dodici anni.

Per prendere il coltello non dovette farle altro che sporgersi un po’ sopra di lui: quando riuscì a impadronirsene ne saggiò la punta con l’indice della mano destra, e una minuscola goccia di sangue gli colò lungo il dito. La sentì scivolare fino al polso e poi cadere.

Fu talmente naturale appoggiare il kunai al collo di Naruto che non dovette nemmeno pensarci: il suo corpo si mosse da solo come se avesse già intuito quello che la mente doveva ancora formulare. Esercitando una leggera pressione, vide nascere una lacrima rossa identica alla sua e la vide morire poco sotto la clavicola.

“Potrei ucciderti ora, senza usare nemmeno un briciolo di chakra.” sussurrò. Sapeva che Naruto l’aveva sentito, perché lo osservava nel buio da quando aveva percepito il metallo freddo che gli sfiorava la gola. Non aveva detto nulla: si era limitato a guardarlo e basta.

“Ho così tanta voglia di farlo. - continuò l’Uchiha, fissando rapito il sangue che ormai gocciolava sul cuscino. - Non puoi nemmeno immaginare quanto è grande il mio odio.”

Lui non si mosse.

“Perché non lo fai, allora?” quella domanda aveva un sapore così nostalgico da farlo rabbrividire, ma non lo diede a vedere.

Sasuke piantò i suoi occhi scuri dentro quelli azzurri di Naruto, e lo shinobi della Foglia seppe leggere tutto il suo dolore e il suo turbamento, e una vena di follia che non aveva mai notato prima. Eppure non riusciva a pentirsi di quello che aveva fatto.

L’Uchiha alzò di scatto il braccio e poi calò il kunai con tutta la forza che il suo braccio dolorante aveva. L’arma si conficcò nel materasso con un rumore sordo a pochi centimetri dall’orecchio di Naruto.

Con il respiro accelerato, incapace di distogliere lo sguardo da lui, il nukenin continuò a fissare colui che gli aveva salvato la vita rendendola un inferno.

“Perché potresti farmi a pezzi senza nemmeno alzarti. - gli soffiò queste parole dritte in faccia e lui tremò nel sentire il suo respiro sulla pelle, ma cercò di mantenere il contatto visivo senza mostrare alcuna traccia di emozione. - La prossima volta mi farò ammazzare pur di ucciderti.” Dopo un’ultima occhiata al veleno fece per scendere dal letto, ma le sue gambe malferme gli impedirono di reggersi in piedi per più di qualche secondo.

Naruto fu lesto a posizionarsi dietro di lui per attutire la perdita di equilibrio con il suo corpo, e quando ricaddero a sedere sul letto l’Uchiha si divincolò come una belva ferita.

“Non mi toccare.” sibilò, cattivo.

“Stenditi, o le tue gambe-”

“Non me ne importa niente! - Sasuke lo spinse via con il braccio ancora sano e si allontanò da lui. - Non capisci? Avrei preferito che tu mi avessi ucciso, piuttosto che finire in questo stato.”

Naruto, con un’agilità che lo sorprese, lo afferrò per il polso e lo catapultò all’indietro sulle coperte, invertendo le posizioni di poco prima. Ora era lui che lo sovrastava, e quegli occhi fieri Sasuke non li aveva mai visti così accesi.

“Non ti permetterò mai di morire. - qualche goccia di sangue gli scivolò dal collo e andò a striare le guance dell’Uchiha come lacrime. - Te l’ho promesso, non ricordi? Qualsiasi cosa purché tu viva. E sigillarti le porte del chakra era qualsiasi cosa.”

La razionalità gli suggeriva che Naruto aveva ragione, che l’unico modo per salvarlo dagli ANBU era impedire loro di localizzarlo, ma non per questo poteva accettarlo. Tanto era sempre così.

Avrebbero sempre cozzato uno contro l’altro, incapaci di sovrapporsi.

“Ti chiedo solo di… provare a sopravvivere. - il suo tono ormai sfiorava l’implorazione, ma ormai dell’orgoglio non gli importava più. - Per restituirmi il favore. Anche se non la vuoi, ti ho comunque salvato la vita.”

Lui non rispose, ma la vena di follia sembrava scomparsa. Gli poggiò la mano sul petto e lo allontanò, per poi coricarsi su un fianco e chiudere gli occhi.

“Va’ all’inferno.”

Naruto quasi sorrise.

“Non cercare di uccidermi mentre dormo. Me ne accorgerei.”

Sasuke digrignò i denti nel buio.

 

-°-°-°-°-

 

Nessuno al villaggio sembrava stupirsi del fatto che Naruto, ultimamente, prediligesse svolgere missioni senza l’ausilio di una squadra; Tsunade stessa era convinta che avesse bisogno di passare del tempo da solo per accettare di aver ucciso il proprio migliore amico.

Anche la sua apparente iperattività, che lo spingeva ad accettare un numero esorbitante di compiti, era benvista: anche se per portarli a termine impiegava più tempo del solito, erano tutti così indaffarati da accorgersene a malapena.

In realtà Naruto era ben attento a non scegliere compiti che lo allontanassero troppo dal rifugio che aveva trovato per Sasuke, e cercava di svolgerli durante la notte per poter passare la maggior parte del tempo accanto a lui e dargli le cure di cui aveva bisogno.

Sasuke tutto questo non lo sapeva, ma poteva immaginarlo; il contenitore del Kyuubi non poteva certo sparire quando voleva da Konoha. Quella consapevolezza tuttavia non provocò in lui nessuna emozione particolare, se non un vago fastidio per il dover dipendere a tal punto da una persona. Da quando gli era stata resa nota l’esistenza del sigillo si era scoperto totalmente vuoto, privo di una qualsiasi volontà e poco dissimile da un morto vivente.

Non parlava quasi mai, mangiava a stento e Naruto lo sorprendeva spesso a fissare il niente; il suo sguardo non era perso nel vuoto o in qualche sogno ad occhi aperti, semplicemente vedeva il mondo senza guardarlo davvero. Questo lo terrorizzava quasi quanto le costole che gli sporgevano dalla pelle chiara: accettava quantitativi così ridotti di cibo da aver perso notevolmente peso.

“Ho finito la missione prima del previsto. Se vuoi posso restare qui, stanotte.”

Sasuke non rispose, completamente disinteressato a ciò che stava dicendo. Quel giorno il dolore alle gambe era sorprendentemente acuto, ma almeno lo distoglieva da qualsiasi altra cosa. Era seduto con le spalle appoggiate allo schienale del letto e guardava testardamente un punto davanti a sé, invisibile per chiunque altro.

“Lo prendo come un grazie.”

Ancora silenzio. Non riusciva a capire se quell’atteggiamento fosse una punizione o semplicemente tutto quel che restava di Sasuke Uchiha. Un corpo rovinato, semi-cieco e totalmente privo di emozioni.

Naruto si sedette accanto a lui e prendendogli il viso tra le mani appoggiò il pollice sulla punta dello zigomo e l’indice sulla palpebra superiore, per dilatargli delicatamente la pupilla come gli aveva insegnato Sakura. Aveva notato che ogni tanto il ragazzo strizzava l’occhio destro, che si stava rapidamente arrossando, e andava a scacciare le secrezioni saline, causate dal fastidio, che si incanalavano nel dotto lacrimale.

“Troppo mangekyō sharingan, mh?”

Quell’iride vuota lo straziava. Non c’era niente tra i riflessi di quel nero profondo.

“Riesci a vedere un po’ meglio?” domandò, e osservò meticolosamente la pupilla sperando di cogliere gli ipotetici segni di imminente guarigione che gli aveva descritto la sua migliore amica. Non ve n’era traccia.

Lui scrollò le spalle, come se non ci fosse niente al mondo che gli importasse di meno.

Naruto sbuffò. Con una mano lo costrinse a inclinare la testa all’indietro, appoggiandola sul proprio petto, per poter spremere tramite un contagocce alcuni millilitri di un liquido trasparente all’interno di ciascuno dei suoi occhi. Sasuke sbatté le palpebre un paio di volte quando avvertì la soluzione fredda che entrava in contatto con le sue pupille sensibili.

“È solo collirio, potenziato con non so quale tecnica medica. - mormorò Naruto. - Sakura l’ha preso dalla riserva di medicinali di Tsunade obaachan. Funzionerà.” Sebbene avesse finito di medicarlo, la sensazione della nuca di Sasuke appoggiata proprio sul suo cuore gli toglieva il fiato a tal punto da impedirgli di spostarsi.

Lui lo guardava dal basso verso l’alto, dritto negli occhi.

“Non mi importa. - rispose. - Non mi importa se funzionerà, o se mi farà piangere sangue. Potrei essere già cieco e non accorgermene nemmeno.”

Naruto lo spinse delicatamente via, incapace di continuare a toccarlo. “Vivrai ancora, Sasuke. - deglutiva a fatica, ormai. - Non so ancora come, ma ti farò vivere di nuovo.”

Per tutta risposta ricevette il solito muro di silenzio.

Non ci si sarebbe mai abituato. Non avrebbe mai potuto sopportare quella sua ansia di morire.

 

-°-°-°-°-

 

Quella notte Naruto non si addormentò. Spesso aveva dovuto condividere un letto con Sasuke, quando in un’altra vita partivano in missione con il team sette, e questo non gli aveva mai dato alcun fastidio; nemmeno la nascita – o la scoperta? – dei suoi strani e confusi sentimenti per l’ex compagno di squadra avevano inciso sulla sua disinvoltura.

Tuttavia quella sera l’Uchiha era inquieto; gli esercizi fisioterapici prescritti da Sakura avevano messo a dura prova i muscoli di Sasuke, e Naruto aveva dovuto aumentare la dose di antidolorifici, che ora gli somministrava per via orale, senza tuttavia riuscire a lenire del tutto la sua sofferenza.

Come al solito gli dava le spalle, ma a lui non dispiaceva: da quella posizione poteva concedersi di sfiorargli la schiena con la punta delle dita, anche se solo per qualche secondo.

Maledetto lui e il suo sonno leggero.

Forse quella volta però la sua mano aveva indugiato troppo a lungo, o forse non era addormentato come credeva, perché Sasuke si girò di scatto dalla sua parte afferrandogli il polso con un’energia inaspettata.

Nella penombra Naruto vide i suoi occhi appannati dalla droga e dal dolore.

Gli acidi rimproveri che si aspettava non vennero mai.

“Morfina.” mormorò Sasuke. Solo questo.

Lui gli allentò con delicatezza la presa delle dita, allontanandole dal suo polso, dove il mattino dopo avrebbe trovato un livido. “Non posso. - rispose dolcemente. - Abbiamo già superato la dose giornaliera.”

“Le gambe... - biascicò l’Uchiha. - Mi fanno male le gambe.”

Lui, forte di un coraggio che lo sorprese, portò una mano dietro alla sua nuca e gli accarezzò i capelli. “Lo so.” Disse solo, scostandogli una ciocca dal viso imperlato di sudore.

“Ho bisogn-“

Naruto non seppe mai di cosa aveva bisogno, perché il ragazzo impallidì e il suo viso si trasformò in una maschera di dolore. Faceva male solo guardarlo.

“Ehi, Sasuke” mormorò, cercando di tranquillizzarlo. “Ehi, calmati, è tutto a posto…”

Ma lui continuava a gemere, stringendosi convulsamente una coscia con la mano.

“Non è niente, durerà solo pochi secondi… ascoltami, Sasuke, mi stai ascoltando? Non pensarci.”

Inutile. La droga aveva ormai esaurito completamente il suo potere analgesico.

“Non pensarci, andrà meglio.”

“Mi serve… un’altra pillola…”

Lui lo attirò a sé e lo baciò sulla bocca.

Anche se nei giorni e nelle settimane a venire ci ripensò spesso, non riuscì mai a trovare una motivazione valida per quel gesto. Forse voleva soltanto che smettesse di soffrire.

Le loro labbra si urtarono senza plasmarsi le une sulle altre, senza incastrarsi né accogliersi a vicenda; era solo un contatto in superficie tra due anime disperate.

Appoggiandogli una mano sulla fronte Naruto scoprì che l’amico scottava di febbre.

Senza riuscire a separarsi da lui rimase lì, in quel bacio innocente, da bambini, incapace di andare avanti o tornare indietro.

Sasuke era immobile, non si lamentava nemmeno più. Naruto si chiese se avesse capito cosa stava facendo, o se fosse svenuto di nuovo, o se stesse raccogliendo le forze per sferrargli un pugno in piena faccia. Pensò che, se proprio doveva colpirlo, tanto valeva dargli un motivo valido per farlo.

Si avvicinò ancora di più, cercando di far combaciare i loro corpi, ma era inutile: le ossa del bacino cozzavano, gli addomi non riuscivano a raggiungersi, le braccia si intrecciavano goffamente. Non aveva niente che potesse colmare il vuoto di Sasuke, e in nessun modo Sasuke avrebbe potuto completare lui.

Ma andava bene così. Non erano perfetti, ma erano loro.

Lo baciò, ancora e ancora, e toccare le sue labbra screpolate per la disidratazione gli parve la sensazione più bella che aveva e avrebbe mai provato in tutta la sua vita. Toccarlo gli sembrava talmente naturale che lo fece senza pensarci. Sotto le dita sentì un corpo così magro da essere scheletrico, sentì le grinze della cute dove le ferite non si erano ancora richiuse, sentì la pelle umida di sudore per la febbre. Sentì che lui tremava sotto le sue mani, o forse era solo l’astinenza dall’antidolorifico a fargli quell’effetto.

Strinse a sé quel corpo in un abbraccio imperfetto quanto loro.

“Che stai facendo?” gli chiese finalmente Sasuke.

“Ti faccio stare meglio.”

“Dammi la morfina.”

“Ricordi quello che ti ho detto prima di portarti qui?”

Sasuke fece per allontanarsi, ma lui lo trattenne.

“Sì - rispose. - Ed è…”

“Non mi interessa - lo bloccò Naruto. - Solo… ricordatelo.”

Il nukenin si arrese tra le sue braccia, forse perché non era in grado di fare altro. Almeno il freddo che si sentiva dentro e fuori era attenuato dal contatto con il suo corpo caldo, e il dolore era diventato l’ultimo dei suoi pensieri.

“Non succederà. - sussurrò al suo orecchio, mentre sentiva le ultime forze abbandonarlo. - Lo sai. Io non ti amerò mai.”

“Non sei mai riuscito a uccidermi.” gli rammentò lui, cullandolo. Percepì che stava per addormentarsi ed era felice di avergli fatto scordare almeno per un po’ quanto stava male. “Quello che significa lo sai solo tu.”

 

-°-°-°-°-

Non gli piacevano i maschi.

Ma, a pensarci bene, non gli piacevano nemmeno le femmine.

In realtà, non gli piaceva proprio nessuno.

Sasuke era stato sicuro di questo per tutta la vita, e il fatto che Naruto fosse riuscito, in pochi secondi, a costringerlo a rivedere tutte le sue convinzioni lo irritava parecchio. Non poteva dire di aver apprezzato il modo in cui era stato baciato e toccato, ma avrebbe mentito se avesse detto di non aver provato niente; riusciva a mantenersi freddo e distaccato nella maggior parte delle situazioni in cui era implicato, ma era pur sempre un ragazzo adolescente: gli ormoni avevano effetto anche su di lui.

Un corpo caldo sotto il suo, mani che lo sfioravano e labbra che lo succhiavano, sentire il profumo dell’attrazione sessuale; erano tutte cose che aveva scoperto di poter apprezzare. Anche se era coinvolto Naruto.

Soprattutto perché era coinvolto Naruto.

Sasuke era affamato, e aveva intenzione di volgere quella situazione a suo vantaggio, disposto ad aspettare tutto il tempo necessario.

Dovette attendere poco più di un mese.

Aveva infatti passato in quella stanza circa cinque settimane, quando Naruto, al termine della giornaliera visita di controllo, aveva osservato: “Sei guarito.”

Non c’era nessuna intonazione particolare nella sua voce, né di sollievo né disappunto: era una semplice constatazione, eppure sembrava venata da una sfumatura d’amarezza.

Sasuke gli gettò un’occhiata di sbieco. “A quanto pare.” commentò, lapidario.

Naruto si sedette sul letto accanto a lui. “In pochi giorni potrai camminare perfettamente - gli fece notare -Ma la tua vista non tornerà più come prima. Lo sai, vero?”

L’Uchiha alzò le spalle. “Non importa.”

Lui decise di ignorare il suo tono annoiato e si alzò per dirigersi vero la porta, desideroso di andarsene il più presto possibile; la consapevolezza che entro poco tempo avrebbe dovuto affrontare con Sasuke una questione troppo a lungo rimandata lo innervosiva. Ormai era guarito, non aveva più scuse, e in cuor suo sapeva perfettamente di non poter continuare a tenerlo prigioniero in quella stanza per sempre. Era consapevole anche del fatto che ciò significava rinunciare a lui per l’ennesima volta.

“Devo portare a termine la missione, tornerò domattina. Ti serve qualcosa?” gli chiese, distratto.

Nessuna risposta lo avrebbe sorpreso, né un silenzio ostile, né una replica scontrosa. L’unica cosa che non si sarebbe mai aspettato era che Sasuke lo afferrasse per il polso e lo sbattesse sul letto, forte di un’energia solo recentemente ritrovata.

“Sì, direi di sì. - mormorò l’Uchiha di fronte ai suoi occhi sgranati. - Il mio chakra.”

Sapevano tutti e due che Naruto avrebbe potuto liberarsi di lui senza il minimo sforzo, ma era anche ovvio per entrambi che non lo avrebbe fatto. Sasuke ghignò sentendo il cuore dell’ex compagno di squadra che accelerava all’improvviso i suoi battiti.

“Non chiedermelo” rispose lui, chiudendo gli occhi.

Urlò quando qualcosa di pungente affondò nella carne tenera del suo collo.

Sasuke lo aveva morso.

“Io faccio qualcosa per te, e tu fai qualcosa per me. - stava parlando a soli pochi centimetri dalle sue labbra. -Io so quello che vuoi, Naruto. Non sei mai stato capace di nascondermi niente. - sorrise ancora, vedendo come le guance del ragazzo si stavano arrossando. - Sei come un libro aperto.”

“Io… Io non posso…”

Lui lo zittì con un bacio, che non somigliava per niente a quello che si erano già scambiati. Era un bacio caldo e bagnato, e risvegliò tutti i sensi di Naruto. Sentiva la lingua di Sasuke che stimolava con forza la sua e gli mozzava il respiro come se tentasse di ucciderlo. Era un bacio spietato e lui se ne accorse, eppure non sarebbe mai stato capace di porvi fine.

Gli toglieva l’aria, ma era ossigeno. Gli faceva male, ma era irrinunciabile.

Era così, Sasuke, e lo sarebbe sempre stato, e lui non avrebbe mai potuto cambiarlo.

Quando l’Uchiha fece per separarsi da lui, Naruto non riuscì a impedirsi di sollevare la nuca e seguire il suo movimento per prolungare quell’attimo di una manciata di secondi.

Lui sorrise, beffardo. “Quanto lo desideri? - lo provocò. - Faresti qualsiasi cosa, vero?”

Il ragazzo deglutì, senza riuscire a distogliere gli occhi dalla sua unica debolezza.

“Ho una brutta notizia per te. - gli sussurrò Sasuke direttamente nell’orecchio. - Rimuovere il sigillo è qualsiasi cosa.”

“Non lo farò.”

“Non mentire. - lo sfiorò tra le gambe, facendolo avvampare. - Hai già deciso.”

Naruto voltò la testa di scatto e gli impedì di baciarlo di nuovo. “Se lo farò, tu te ne andrai.”

Sasuke non rispose, ma si tolse la camicia e la gettò a terra. Gli prese le mani e se le portò all’addome.

“Toccami.” disse solo, e la sua pelle bianca riluceva sotto il flebile bagliore della lampada sul comodino.

Naruto non riuscì a non guardare e questo fu l’inizio della fine. Lo toccò e sentì l’erezione di Sasuke che cominciava a premere sul cavallo dei suoi pantaloni. Tremando fece scivolare le dita attorno all’ombelico, sui fianchi, lungo la schiena, e una scarica di elettricità lo pervase da capo a piedi. La sua mano andò a cercare l’estremità della cintura violacea.

Sasuke fu lesto a bloccargli il polso. “Prima il sigillo.”

Lui scosse la testa.

“Non resistere. - fece combaciare i loro corpi e infilò una gamba tra le sue per impedirgli di serrarle. - Non puoi.” Lo baciò appena sopra la clavicola, sfiorandogli il collo con la punta della lingua, fino al lobo dell’orecchio, e gli strappò un gemito involontario.

“Lasciami.” protestò Naruto, ma non appariva sincero nemmeno a se stesso.

Sasuke intanto cominciò a sfregare lentamente il bacino contro il suo, e a mano a mano che i suoi movimenti si facevano più veloci la loro eccitazione diventava sempre più dolorosa: avevano ormai superato entrambi il punto di non-ritorno.

Naruto si dimenticò di tutti i motivi per cui non avrebbe dovuto farlo, e posizionandogli una mano dietro la nuca lo attirò a sé per avventarsi sulle sue labbra. Baciandosi si mordevano a vicenda, si leccavano, si intromettevano l’uno dell’altro con prepotenza e con un bisogno impellente. Sentirono il sapore del sangue sulla lingua ma non avrebbero saputo dire a chi appartenesse, e non importava.

Non importava il tentativo di Sasuke di distruggere Konoha, non importava la missione che Naruto doveva svolgere entro la mattina dopo, non importava il sigillo del chakra. Non importavano nemmeno loro due.

“Fallo.”

Non c’era traccia di supplica nella sua voce, e l’Uchiha fu affascinato da quel tono imperativo. Lo schiacciò contro il letto giusto per ricordare a entrambi chi aveva il controllo.

“Prima tu.” replicò, ma la sua mente era annebbiata. Naruto lo stava toccando da così tanto tempo da farlo impazzire.

“No.”

Sasuke sgranò leggermente gli occhi e rimase così stupito dalla sua espressione ferma che smise di muoversi sopra di lui. Per qualche secondo nessuno dei due parlò.

“Oh, va’ al diavolo!” astioso, lo girò a pancia in giù e gli premette la testa contro il cuscino.

Naruto strinse convulsamente le lenzuola tra le dita quando sentì che i pantaloni gli venivano violentemente strappati via.

 

-°-°-°-°-

 

La notte passò, e con lei anche Sasuke e Naruto.

La mattina li trovò ai lati opposti del letto, e come testimone di quello che era accaduto era rimasta solo una carezza donata appena prima di addormentarsi.

L’Uchiha si tolse la mano di Naruto dal viso e l’appoggiò sul cuscino, attento a non svegliarlo. Ricordò di averlo spinto via da sé non appena portato a termine il rapporto, e di essersi assopito quasi immediatamente a causa della salute non del tutto ristabilita. Non aveva modo di sapere se aveva ottenuto quello che desiderava.

Chiuse gli occhi, e quando li riaprì rifulgevano per la luce rossastra dello sharingan. Sentì il potere che gli scorreva nelle vene, e immaginò che Naruto invece avesse usato la maggior parte del suo chakra per rimuovere il sigillo.

Guardò per minuti che sembrarono ore il corpo abbandonato poco distante dal suo, coperto solo da un lenzuolo, che anche nel sonno pareva protendersi verso di lui. Avrebbe potuto ucciderlo senza il minimo sforzo.

Disattivò l’abilità innata e si alzò dal letto, dirigendosi verso la porta.

Naruto rimase immobile sebbene sentisse un groppo in gola che lo stringeva come un nodo scorsoio.

Voltati pensò, disperato Voltati ti prego, voltati. Anche se te ne vai, voltati. Guardami in faccia, grandissima testa di cazzo.

Sasuke non lo fece. Se ne andò come un soffio di vento che esce dalla finestra indisturbato, impossibile da trattenere. Naruto lo aveva afferrato con la punta delle dita, ma si era divincolato ed era scappato via di nuovo. Se avesse provato a fermarlo con la forza, lo avrebbe soltanto reso infelice.

Pensò a un vecchio proverbio giapponese, mentre lo guardava andare via.

[Il chiodo che sporge viene preso a martellate.]

Lui ci aveva provato, a cambiare Sasuke. Ci aveva provato con tutto se stesso, ma quel chiodo continuava a sporgere e l’avrebbe sempre fatto.

Probabilmente, era lui a non essere il martello giusto. Probabilmente non lo sarebbe mai stato.

Io ti amo, teme.

Ma era troppo tardi, lui era già lontano, e non sarebbe servito comunque.

Non erano perfetti, ma erano loro.

Erano loro, ma non erano perfetti.

 

Note burocratiche:

Questa fan fiction si è classificata prima al contest "Numeri da coppie" indetto da La Lolly Dolly sul forum dell’EFP e sta partecipando al contest "Un proverbio giapponese anche per te..." indetto da Luana Chan sul forum dell’EFP.

Note dell’autrice:

Questa fan fiction è stata davvero un parto. Ci ho messo parecchio per finirla, ci ho sudato e ci ho fumato almeno due pacchetti di sigarette (tossica che non sono altro!). Il risultato non mi soddisfa pienamente, ma non penso che riuscirei mai a farla andare bene. L’idea è quella di prendere i nostri due ninja preferiti e raccontarli nell’ultimo momento in cui sono loro, prima che diventino semplicemente Sasuke e Naruto (come sono poetica!). Questo è anche il motivo per cui ho scelto di seguire (Aristotele docet) l’unità di luogo e di azione: la fan fiction è ambientata interamente nell’indefinito rifugio dove Naruto porta Sasuke, e la trama ruota solo intorno a quel mese che trascorrono lì. Il passato è solo accennato tramite flashback e pensieri dei personaggi (indispensabili ai fini della trama) ma per il resto è tutto vago e indefinito: quello che conta per loro è l’hic et nunc, il qui e ora. Il resto non è niente.

Non so se sono riuscita a dare quest’impressione o sembra solo che abbia scritto questa storia tanto per fare ^^’’ In realtà ci tengo molto perché è la mia personalissima visione di questa coppia (che naturalmente e sicuramente si discosta molto da quello che altri possono pensare).

Bene, prima che le note diventino più lunghe della storia stessa, chiudo qui il capitolo e vi invito a lasciare un commento, anche poche righe, per dirmi cosa ne pensate. Per un autore è una gioia infinita ricevere un parere su quello che fa, anche negativo se volto ad aiutarlo a migliorarsi.

Grazie della lettura, la vostra

Shirangel, aka Angelica

 

 

 

 

   
 
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