Bianco.
Era
questo tutto ciò che vedeva.
Non
somigliava al colore della neve, o del latte, o di
qualsiasi termine di paragone comunemente utilizzato per descriverlo.
Quel
bianco che aveva davanti era sporco.
Ma
non importava, perché lo era anche lui.
Elogio
all’imperfezione
Quel
letto sconosciuto pareva aver voglia di
inghiottirlo tra le sue coperte e i suoi cuscini, e lui non avrebbe in
alcun
modo potuto impedirglielo.
Dal
suo stato di semi-incoscienza sentiva le gambe
esplodere di continuo in un fuoco d’artificio di dolore, che
si spegneva in
pochi attimi e che poi, implacabile, ricominciava. Quel ciclo
straziante
continuava da così tanto tempo che non si ricordava
né quando era iniziato né
quando si era accorto di avere entrambi gli arti inferiori spezzati in
più
punti.
L’unico
aspetto di quella situazione da cui poteva
trarre un pizzico di amara consolazione era che, concentrato a tal
punto su
femori e tibie, avvertiva solo episodicamente le fitte lancinanti che
il suo
braccio fratturato si ostinava a inviargli. Non riusciva a ricordare
l’ultima
volta che aveva riportato danni così gravi; a voler essere
sinceri, non
riusciva a ricordare niente.
Poco
a poco ritrovò la lucidità necessaria per aprire
lentamente gli occhi, chiedendosi perché non
l’avesse fatto prima; un dolore
atroce alle pupille e il simultaneo mal di testa gli risposero
all’unisono.
Malgrado ciò Sasuke si sforzò di guardarsi
intorno, a dispetto dei suoi bulbi
oculari infiammati che avevano cominciato a lacrimare copiosamente.
Non
era più tutto bianco, ma lui lo era ancora.
Bianco
sporco, come le bende che gli fasciavano buona
parte del torace e si attorcigliavano attorno al suo braccio sinistro
risalendo
fino al gomito. Una spessa coperta lo nascondeva fino al bacino, ma non
faticava
ad immaginare il disastroso stato in cui versavano le sue gambe.
Un’ombra
si fece avanti nel campo visivo appannato del
ragazzo, ma pur sforzandosi di mettere a fuoco la figura che si stava
avvicinando questa rimaneva talmente sfocata da rendersi
irriconoscibile.
“Bentornato
tra i vivi, bastardo.”
Le
pupille di Sasuke si contrassero involontariamente,
dilatandosi, e quell’ultima scarica di dolore fu troppo
perfino per lui.
Svenne,
con un nome che non riuscì mai a pronunciare
ancora tra le labbra.
Naruto.
-°-°-°-°-
Quando
si risvegliò il suo primo, stupido impulso fu
quello di spalancare gli occhi.
Buio.
Portandosi
la mano sana al viso sfiorò con la punta
della dita una striscia di tessuto che qualcuno, assai saggiamente, gli
aveva
legato attorno alla nuca girandola più volte. Lo sforzo di
tenere le palpebre
sollevate gli procurava ancora un forte fastidio, ma almeno la luce del
giorno,
che riusciva a scorgere attraverso uno spiraglio del tessuto, non lo
aveva
abbagliato.
“Chiudi
gli occhi.” gli ordinò la voce, e Sasuke
lo fece, incapace di disubbidire. Era talmente debole che qualsiasi
movimento
lo avrebbe estenuato, e persino il più piccolo sforzo di
concentrazione gli
costava fatica. Un interrogativo martellante continuava ad assillare la
sua
mente confusa.
Udì
il fruscio di un nodo che veniva sciolto e sentì
sul collo la carezza della benda che cominciava a lasciarlo libero, ma
il
tessuto continuava a impedirgli la vista: le dita di Naruto premevano
delicatamente sulle sue tempie facendo in modo che la fascia non
scivolasse via
del tutto.
“Aprili
lentamente. - gli consigliò il ragazzo. - Se
ti fanno male non affaticarli.”
Sasuke
si sforzò di annuire. Una volta che il peso
leggero della stoffa lo ebbe abbandonato, socchiuse gli occhi in attesa
del
dolore che, ne era certo, l’avrebbe fatto svenire di nuovo.
Con suo grande
sorpresa riuscì ad aprirli quasi del tutto, soffrendo solo
per qualche fitta
acuta ma isolata.
“Perché
sono qui?”
Come
poteva non essere la sua prima domanda?
“Perché
altrimenti saresti morto.”
Sasuke
si voltò lentamente verso destra.
Naruto
era seduto al contrario su una sedia, con il
mento appoggiato alle braccia incrociate e piazzate sullo schienale. I
suoi
occhi azzurri erano fissi su di lui e Sasuke si chiese come avesse
fatto a non
accorgersi prima di quello sguardo apparentemente bramoso di
trapassarlo da
parte a parte. Lo stava sfogliando come si fa con le pagine di un
libro, ma in
modo febbrile, spaventato forse dall’idea di non avere
abbastanza tempo per
fare scorta di lui. Sembrava aver bisogno di guardarlo e memorizzarlo
tutto,
interamente e in ogni aspetto, timoroso di vederselo scivolare via
dalle dita
un’altra volta.
Sasuke
non fu in grado di sostenere quello sguardo.
“Perché
l’hai fatto?” chiese, tornando a fissare il
muro davanti a lui.
In
realtà non aveva bisogno di una risposta. Nel
momento esatto in cui formulava la domanda, gli tornò in
mente l’ultima
immagine che aveva visto prima di risvegliarsi in quella stanza
sconosciuta.
Era
caduto in ginocchio sulla terra umida. Il suo
unico pensiero coerente era che, forse, avrebbe fatto meglio a seguire
i
consigli di Madara invece che fare di testa sua.
Non
era nemmeno riuscito ad avvicinarsi a Konoha:
Naruto lo aveva bloccato prima. Dopo un combattimento lungo ore gli
aveva
spezzato ambedue le gambe per azzerare le sue possibilità di
muoversi, e Sasuke
lo aveva visto piangere lacrime di rabbia mentre era costretto a farlo.
Il
kunai che gli aveva puntato al cuore non aveva mai intaccato nemmeno lo
strato
più superficiale della sua pelle; Naruto non era in grado di
mettere fine alla
loro battaglia e lo sapeva.
Tuttavia
il suo dovere era quello di ucciderlo e ne
erano entrambi consapevoli.
“Fallo.
- Sasuke aveva sputato a terra quella parola
insieme a un grumo di sangue. - Non hai altra scelta. Perché
non lo fai?”
Naruto
non riusciva a pensare; non c’era tempo, presto
uno shinobi di Konoha li avrebbe trovati, e sicuramente non avrebbe
avuto i
dubbi che assillavano lui: un nukenin di livello S era votato alla
morte. Senza
riuscire a trovare una soluzione migliore, alzò la mano
destra e la abbatté di
piatto alla base della sua nuca.
Sasuke
svenne sul colpo, ma prima di svanire
nell’oblio distinse confusamente le labbra di Naruto
articolare poche parole,
senza pronunciarle ad alta voce.
Non
aveva avuto difficoltà a decifrare quella frase
rimasta in sospeso tra loro, che si trovava ad essere
un’altra volta la
risposta che cercava.
Sasuke
se la ricordò ma non disse niente. Naruto vide
dai suoi occhi che aveva capito e fu grato del suo silenzio.
“Dimmelo
tu - ribatté, serio. - Perché l’hai
fatto?’
L’Uchiha
gli gettò un’occhiata di sbieco, ma non vi fu
astio nel suo sguardo; quella domanda, postagli da persone che non
potevano nemmeno
lontanamente immaginare cosa provava, lo irritava sempre. In quel
momento però
c’era una parte di lui consapevole del fatto che Naruto,
sebbene privo di
qualsiasi motivo razionale, gli aveva salvato la vita. Ed era questo ad
infastidirlo.
Si
sfiorò la nuca, che già ricominciava a pulsare
dolorosamente, e si voltò ancora per fronteggiare il ragazzo
seduto a pochi
metri da lui.
“Non
eri tu a dire che io e te siamo uguali? - una
traccia del suo ghigno sarcastico gli sfiorò il volto, ma si
spense quasi subito.
- Io ho fatto quello che avresti potuto fare tu. Non ho bisogno di
giustificarmi con te.”
Naruto
si accigliò. “È tutto qui quello che
sai dire?
Eri intenzionato ad uccidere persone del tuo stesso villaggio, tuoi amici,
e non sai dirmi il perché?” si sforzava di
mantenere un tono neutro, ma la sua
voce ormai tremava.
Sasuke,
ancora una volta, non rispose subito. La
nebbia che avvolgeva le sue capacità intellettive si stava
facendo troppo densa
per permettergli di pensare razionalmente, ed era tutto così
confuso che ogni
singolo secondo gli sembrava facente parte di un sogno. Perfino Naruto,
a pochi
centimetri di distanza da lui, gli appariva lontanissimo.
A
fatica riprese il controllo di sé.
“Te
l’ho detto molte volte. - il suo volto riacquistò
la freddezza e l’impassibilità che avevano
cancellato da tanti anni ogni
traccia di emozione da ognuno dei suoi lineamenti. - Tu non riuscirai
mai a
capire.”
Il
jinchuuriki si alzò e si avvicinò al suo letto
per
poterlo guardare negli occhi . “Pensavo di averlo fatto,
invece, ma sei
riuscito a farmi ricredere.”
Lui
non rispose; forse perché non sapeva trovare le
parole, forse perché era troppo stanco per farlo, forse
perché riteneva chiuso
l’argomento; Naruto però aveva bisogno di trovare
un qualsiasi appiglio che gli
permettesse di illudersi che si fosse pentito, o che avesse una segreta
spiegazione razionale per aver tentato di attaccare Konoha. Qualsiasi
cosa gli
avesse permesso di non sentirsi in colpa per aver tradito il suo
villaggio
proteggendo un nukenin sarebbe andata bene.
Si
inginocchiò accanto al letto, appoggiandosi con il
gomito alle lenzuola. L’Uchiha continuava a rifiutarsi di
guardarlo.
“Fammi
capire, Sasuke. - il suo tono non era più
brusco come prima, ma non c’era traccia di dolcezza sul suo
viso quanto di una
latente disperazione. - Se non ci provi non so se riuscirò
mai a perdonarti.”
“Lo
hai già fatto.”
Quella
risposta fu tanto repentina e inaspettata da
sorprendere entrambi.
“Altrimenti
non sarei qui.”
Il
suo orgoglio gli impedì di dire la verità.
Altrimenti
non mi avresti salvato.
Naruto
appoggiò la mano vicino alla sua e sembrò
indeciso se sfiorargliela o meno, poi però la
lasciò dov’era.
Si
vedeva da subito che le loro dita erano troppo
diverse per intrecciarsi, che non si sarebbero mai incastrate
completamente;
sapeva da anni che lui e Sasuke non erano come le proverbiali tessere
del
puzzle che combaciano alla perfezione, ma ciò non gli aveva
mai impedito di
lottare con tutte le sue forze per riportarlo a casa.
“Non
puoi chiedermi di scegliere fra te e il
villaggio.”
“Io
non ti ho mai chiesto niente.”
“Vuoi
dire che è stato tutto inutile?”
Sasuke
chiuse gli occhi, e distrattamente una parte di
lui, nascosta sotto strati di inconsapevolezza, si rese conto di essere
sotto
l’effetto di una droga. Gettò
un’occhiata all’ago della flebo che gli spuntava
dall’avambraccio sinistro, che finora aveva appena degnato di
uno sguardo, e
capì.
“Se
ti dicessi di sì mi odieresti?” voleva essere una
domanda sprezzante, ma quelli che presumibilmente erano antidolorifici
stavano
progressivamente portando a termine il loro compito, accompagnandolo in
uno
stato di semi-incoscienza.
Naruto
sembrò notare che il dosaggio era forse troppo
massiccio e armeggiò a lungo con il morsetto del deflussore
per regolare il
passaggio dell’analgesico, approfittandone per prendere tempo.
Ti
odio, Sasuke?
“Sei
tutto ciò che mi resta. -
rispose alla fine. - Come potrei odiarti?”
Ma
lui si era già addormentato, e ancora una volta non
aveva potuto sentire parole che, forse, lo avrebbero costretto a
ritrattare le
sue convinzioni più radicate.
-°-°-°-°-
Per
la terza volta in poche ore Sasuke si risvegliò in
un letto che non era il suo, in una stanza che non conosceva e
ricoperto da
bende di cui non riusciva a ricordare l’utilità.
Appena
il dolore ricominciò a pulsare il ragazzo non
fece fatica a rammentare perché due terzi del suo corpo
erano fasciati da garze
bianche, presumibilmente cambiate di recente.
Con
la coda dell’occhio, che ora sembrava in
condizioni stabili, notò che Naruto era seduto poco distante
da lui, nella
stessa posizione in cui l’aveva trovato quando si era
svegliato la volta prima.
Attento
a non far notare di essere stato di nuovo
preso alla sprovvista, indicò con un cenno del capo il
dispositivo per la
fleboclisi ormai disattivato.
“Dove
l’hai preso, quello?”
Naruto
seguì con lo sguardo la traiettoria indicata
dal suo gesto e per un attimo rimase in silenzio.
“Me
l’ha dato Sakura.”
Sasuke
alzò un sopracciglio. “Sakura sa che sono
qui?”
domandò, vagamente stupito.
Lui
intuì l’interrogativo sotteso a quella breve frase
e si lasciò andare ad un sorriso amaro. “Non puoi
davvero pensare che lei
voglia vederti.”
L’Uchiha
lo fissò con occhi vacui.
“Hai
quasi ucciso Ino, Sasuke. Lei non ti perdonerà
mai.”
Naruto
ne approfittò per cercare di cogliere dai suoi
occhi un’ombra di vago pentimento, ma non riuscì a
scorgervi nulla se non
l’usuale pozzo nero.
Lui
parve non essere interessato ad altro che a
massaggiarsi l’avambraccio dolorante, là dove
l’ago maneggiato da dite
inesperte aveva trapassato la pelle.
“Le
ho chiesto di curarti, ma lei mi ha risposto che
non avrebbe mai potuto farlo. Ha solo promesso che non dirà
niente a nessuno.
Per il resto, dovrai guarire da solo.”
Ma
Sasuke non l’ascoltava più. La sua mente, ormai
libera dalle catene dei farmaci, era in grado di ragionare velocemente
e alle
parole dell’amico si fece strada in lui un interrogativo
finora rimasto sopito.
“Perché
non mi hanno ancora trovato, Naruto?” chiese
lentamente, mentre la consapevolezza strisciava lenta verso di lui.
Il
jinchuuriki si irrigidì. “Nessuno sa che sei qui.
Ho detto a tutti di averti ucciso e che il tuo corpo è
andato distrutto durante
il combattimento.”
“Non
prendermi in giro. - sibilò lui. - Vuoi farmi
credere che nessuno shinobi a Konoha è in grado di percepire
il chakra? O che
nessuno si sia dato la pena di farlo?”
Il
ragazzo continuò a guardarlo senza profferir
parola, e questo non fece altro che incrementare la sua tensione.
Adesso
però Sasuke sembrava più attonito che
risentito.
“Che
cosa hai fatto, Naruto?”
Lo
shinobi della Foglia sostenne il suo sguardo. “Ho
fatto quello che dovevo per il mio villaggio - rispose, sforzandosi di
simulare
una calma che non provava. - Ho sigillato il tuo chakra.”
Sasuke
gli si avventò contro, perse l’equilibrio e
tutto il suo peso si concentrò sulle gambe fratturate. Il
dolore esplose come
un fiammifero lanciato in una pozza di benzina.
Di
nuovo il buio.
-°-°-°-°-
Ormai
cominciava ad abituarsi alla lenta e progressiva
ripresa di coscienza che il suo corpo portava avanti dopo una perdita
di sensi.
Era
notte fonda, ma i suoi occhi riuscirono
velocemente ad assuefarsi all’oscurità,
permettendogli di distinguere le forme
principali che si stagliavano accanto a lui.
Tra
queste, sicuramente quella che lo infastidì di
più
fu la figura di Naruto pacificamente raggomitolata lì
vicino. La collera che
gli procurò quella vista fu talmente grande che quasi si
lasciò tentare
dall’idea di spingerlo via e farlo rovinare a terra, ma
quando si rese conto
che, al suo stato attuale, probabilmente non avrebbe potuto fare altro
che
cadere insieme a lui, desistette.
La
sua ira non si placò nemmeno quando gli venne in
mente che, probabilmente, Naruto si era addormentato accanto a lui per
assicurarsi che non avesse bisogno di un’altra dose di
antidolorifici.
Non
gli importava. Naruto gli aveva tolto tutto: la
sua intera esistenza, fin dalla nascita, ruotava intorno ad obiettivi
raggiungibili solo tramite le arti del combattimento.
Eguagliare
Itachi, ucciderlo, vendicarlo. Aveva
bisogno di tecniche ninja che non avrebbe più potuto usare.
Provò
a concentrare il chakra sulla mano destra, ma
non avvertì nemmeno un formicolio sulla punta delle dita.
Tentò di attivare lo
sharingan, ma l’unico risultato che ottenne fu un lieve
dolore agli occhi
quando involontariamente dilatò le pupille per sforzarsi di
utilizzare
l’abilità innata.
Si
guardò e si rese conto della sua inutilità.
Tutti
i suoi traguardi ormai erano impensabili da
raggiungere, l’unica cosa che gli stava a cuore era svanita
nel nulla. Lui
stesso non era più niente.
E
intanto Naruto dormiva nel suo stesso letto, aveva
il coraggio di chiamarlo amico e di tenerlo in vita, benché
la sua esistenza
ormai non avesse più un senso o uno scopo.
Mentre
lo fissava notò il kunai che gli spuntava da
una delle tasche laterali della tuta, posta vicino al ginocchio
sinistro. Il
suo ex compagno di squadra, evidentemente, continuava a scordarsi di
riporre le
armi prima di andare a dormire, proprio come quando avevano dodici anni.
Per
prendere il coltello non dovette farle altro che
sporgersi un po’ sopra di lui: quando riuscì a
impadronirsene ne saggiò la
punta con l’indice della mano destra, e una minuscola goccia
di sangue gli colò
lungo il dito. La sentì scivolare fino al polso e poi cadere.
Fu
talmente naturale appoggiare il kunai al collo di
Naruto che non dovette nemmeno pensarci: il suo corpo si mosse da solo
come se
avesse già intuito quello che la mente doveva ancora
formulare. Esercitando una
leggera pressione, vide nascere una lacrima rossa identica alla sua e
la vide
morire poco sotto la clavicola.
“Potrei
ucciderti ora, senza usare nemmeno un briciolo
di chakra.” sussurrò. Sapeva che Naruto
l’aveva sentito, perché lo osservava
nel buio da quando aveva percepito il metallo freddo che gli sfiorava
la gola.
Non aveva detto nulla: si era limitato a guardarlo e basta.
“Ho
così tanta voglia di farlo. - continuò
l’Uchiha, fissando
rapito il sangue che ormai gocciolava sul cuscino. - Non puoi nemmeno
immaginare quanto è grande il mio odio.”
Lui
non si mosse.
“Perché
non lo fai, allora?” quella domanda aveva un
sapore così nostalgico da farlo rabbrividire, ma non lo
diede a vedere.
Sasuke
piantò i suoi occhi scuri dentro quelli azzurri
di Naruto, e lo shinobi della Foglia seppe leggere tutto il suo dolore
e il suo
turbamento, e una vena di follia che non aveva mai notato prima. Eppure
non
riusciva a pentirsi di quello che aveva fatto.
L’Uchiha
alzò di scatto il braccio e poi calò il kunai
con tutta la forza che il suo braccio dolorante aveva. L’arma
si conficcò nel
materasso con un rumore sordo a pochi centimetri
dall’orecchio di Naruto.
Con
il respiro accelerato, incapace di distogliere lo
sguardo da lui, il nukenin continuò a fissare colui che gli
aveva salvato la
vita rendendola un inferno.
“Perché
potresti farmi a pezzi senza nemmeno alzarti.
- gli soffiò queste parole dritte in faccia e lui
tremò nel sentire il suo
respiro sulla pelle, ma cercò di mantenere il contatto
visivo senza mostrare
alcuna traccia di emozione. - La prossima volta mi farò
ammazzare pur di
ucciderti.” Dopo un’ultima occhiata al veleno fece
per scendere dal letto, ma
le sue gambe malferme gli impedirono di reggersi in piedi per
più di qualche
secondo.
Naruto
fu lesto a posizionarsi dietro di lui per
attutire la perdita di equilibrio con il suo corpo, e quando ricaddero
a sedere
sul letto l’Uchiha si divincolò come una belva
ferita.
“Non
mi toccare.” sibilò, cattivo.
“Stenditi,
o le tue gambe-”
“Non
me ne importa niente! - Sasuke
lo
spinse via con il braccio ancora sano e si allontanò da lui.
- Non capisci?
Avrei preferito che tu mi avessi ucciso, piuttosto che finire in questo
stato.”
Naruto,
con un’agilità che lo sorprese, lo
afferrò per
il polso e lo catapultò all’indietro sulle
coperte, invertendo le posizioni di
poco prima. Ora era lui che lo sovrastava, e quegli occhi fieri Sasuke
non li
aveva mai visti così accesi.
“Non
ti permetterò mai di morire. - qualche goccia di
sangue gli scivolò dal collo e andò a striare le
guance dell’Uchiha come
lacrime. - Te l’ho promesso, non ricordi? Qualsiasi cosa
purché tu viva. E
sigillarti le porte del chakra era qualsiasi
cosa.”
La
razionalità gli suggeriva che Naruto aveva ragione,
che l’unico modo per salvarlo dagli ANBU era impedire loro di
localizzarlo, ma
non per questo poteva accettarlo. Tanto era sempre così.
Avrebbero
sempre cozzato uno contro l’altro, incapaci
di sovrapporsi.
“Ti
chiedo solo di… provare a sopravvivere. - il suo
tono ormai sfiorava l’implorazione, ma ormai
dell’orgoglio non gli importava
più. - Per restituirmi il favore. Anche se non la vuoi, ti
ho comunque salvato
la vita.”
Lui
non rispose, ma la vena di follia sembrava scomparsa.
Gli poggiò la mano sul petto e lo allontanò, per
poi coricarsi su un fianco e
chiudere gli occhi.
“Va’
all’inferno.”
Naruto
quasi sorrise.
“Non
cercare di uccidermi mentre dormo. Me ne
accorgerei.”
Sasuke
digrignò i denti nel buio.
-°-°-°-°-
Nessuno
al villaggio sembrava stupirsi del fatto che
Naruto, ultimamente, prediligesse svolgere missioni senza
l’ausilio di una
squadra; Tsunade stessa era convinta che avesse bisogno di passare del
tempo da
solo per accettare di aver ucciso il proprio migliore amico.
Anche
la sua apparente iperattività, che lo spingeva
ad accettare un numero esorbitante di compiti, era benvista: anche se
per
portarli a termine impiegava più tempo del solito, erano
tutti così indaffarati
da accorgersene a malapena.
In
realtà Naruto era ben attento a non scegliere
compiti che lo allontanassero troppo dal rifugio che aveva trovato per
Sasuke,
e cercava di svolgerli durante la notte per poter passare la maggior
parte del
tempo accanto a lui e dargli le cure di cui aveva bisogno.
Sasuke
tutto questo non lo sapeva, ma poteva
immaginarlo; il contenitore del Kyuubi non poteva certo sparire quando
voleva
da Konoha. Quella consapevolezza tuttavia non provocò in lui
nessuna emozione
particolare, se non un vago fastidio per il dover dipendere a tal punto
da una
persona. Da quando gli era stata resa nota l’esistenza del
sigillo si era
scoperto totalmente vuoto, privo di una qualsiasi volontà e
poco dissimile da
un morto vivente.
Non
parlava quasi mai, mangiava a stento e Naruto lo
sorprendeva spesso a fissare il niente; il suo
sguardo non era perso nel
vuoto o in qualche sogno ad occhi aperti, semplicemente vedeva il mondo
senza
guardarlo davvero. Questo lo terrorizzava quasi quanto le costole che
gli
sporgevano dalla pelle chiara: accettava quantitativi così
ridotti di cibo da
aver perso notevolmente peso.
“Ho
finito la missione prima del previsto. Se vuoi
posso restare qui, stanotte.”
Sasuke
non rispose, completamente disinteressato a ciò
che stava dicendo. Quel giorno il dolore alle gambe era
sorprendentemente
acuto, ma almeno lo distoglieva da qualsiasi altra cosa. Era seduto con
le
spalle appoggiate allo schienale del letto e guardava testardamente un
punto
davanti a sé, invisibile per chiunque altro.
“Lo
prendo come un grazie.”
Ancora
silenzio. Non riusciva a capire se
quell’atteggiamento fosse una punizione o semplicemente tutto
quel che restava
di Sasuke Uchiha. Un corpo rovinato, semi-cieco e totalmente privo di
emozioni.
Naruto
si sedette accanto a lui e prendendogli il viso
tra le mani appoggiò il pollice sulla punta dello zigomo e
l’indice sulla
palpebra superiore, per dilatargli delicatamente la pupilla come gli
aveva
insegnato Sakura. Aveva notato che ogni tanto il ragazzo strizzava
l’occhio
destro, che si stava rapidamente arrossando, e andava a scacciare le
secrezioni
saline, causate dal fastidio, che si incanalavano nel dotto lacrimale.
“Troppo
mangekyō sharingan, mh?”
Quell’iride
vuota lo straziava. Non c’era niente tra i
riflessi di quel nero profondo.
“Riesci
a vedere un po’ meglio?” domandò, e
osservò
meticolosamente la pupilla sperando di cogliere gli ipotetici segni di
imminente guarigione che gli aveva descritto la sua migliore amica. Non
ve
n’era traccia.
Lui
scrollò le spalle, come se non ci fosse niente al
mondo che gli importasse di meno.
Naruto
sbuffò. Con una mano lo costrinse a inclinare
la testa all’indietro, appoggiandola sul proprio petto, per
poter spremere
tramite un contagocce alcuni millilitri di un liquido trasparente
all’interno
di ciascuno dei suoi occhi. Sasuke sbatté le palpebre un
paio di volte quando
avvertì la soluzione fredda che entrava in contatto con le
sue pupille
sensibili.
“È
solo collirio, potenziato con non so quale tecnica
medica. - mormorò Naruto. - Sakura l’ha preso
dalla riserva di medicinali di
Tsunade obaachan. Funzionerà.” Sebbene avesse
finito di medicarlo, la
sensazione della nuca di Sasuke appoggiata proprio sul suo cuore gli
toglieva
il fiato a tal punto da impedirgli di spostarsi.
Lui
lo guardava dal basso verso l’alto, dritto negli
occhi.
“Non
mi importa. - rispose. - Non mi importa se
funzionerà, o se mi farà piangere sangue. Potrei
essere già cieco e non
accorgermene nemmeno.”
Naruto
lo spinse delicatamente via, incapace di
continuare a toccarlo. “Vivrai ancora, Sasuke. - deglutiva a
fatica, ormai. -
Non so ancora come, ma ti farò vivere di nuovo.”
Per
tutta risposta ricevette il solito muro di
silenzio.
Non
ci si sarebbe mai abituato. Non avrebbe mai potuto
sopportare quella sua ansia di morire.
-°-°-°-°-
Quella
notte Naruto non si addormentò. Spesso aveva
dovuto condividere un letto con Sasuke, quando in un’altra
vita partivano in
missione con il team sette, e questo non gli aveva mai dato alcun
fastidio;
nemmeno la nascita – o la scoperta? – dei suoi
strani e confusi sentimenti per
l’ex compagno di squadra avevano inciso sulla sua
disinvoltura.
Tuttavia
quella sera l’Uchiha era inquieto; gli
esercizi fisioterapici prescritti da Sakura avevano messo a dura prova
i
muscoli di Sasuke, e Naruto aveva dovuto aumentare la dose di
antidolorifici,
che ora gli somministrava per via orale, senza tuttavia riuscire a
lenire del
tutto la sua sofferenza.
Come
al solito gli dava le spalle, ma a lui non
dispiaceva: da quella posizione poteva concedersi di sfiorargli la
schiena con
la punta delle dita, anche se solo per qualche secondo.
Maledetto
lui e il suo sonno leggero.
Forse
quella volta però la sua mano aveva indugiato
troppo a lungo, o forse non era addormentato come credeva,
perché Sasuke si
girò di scatto dalla sua parte afferrandogli il polso con
un’energia
inaspettata.
Nella
penombra Naruto vide i suoi occhi appannati
dalla droga e dal dolore.
Gli
acidi rimproveri che si aspettava non vennero mai.
“Morfina.”
mormorò Sasuke. Solo questo.
Lui
gli allentò con delicatezza la presa delle dita,
allontanandole dal suo polso, dove il mattino dopo avrebbe trovato un
livido.
“Non posso. - rispose dolcemente. - Abbiamo già
superato la dose giornaliera.”
“Le
gambe... - biascicò l’Uchiha. - Mi fanno male le
gambe.”
Lui,
forte di un coraggio che lo sorprese, portò una
mano dietro alla sua nuca e gli accarezzò i capelli.
“Lo so.” Disse solo,
scostandogli una ciocca dal viso imperlato di sudore.
“Ho
bisogn-“
Naruto
non seppe mai di cosa aveva bisogno, perché il
ragazzo impallidì e il suo viso si trasformò in
una maschera di dolore. Faceva
male solo guardarlo.
“Ehi,
Sasuke” mormorò, cercando di tranquillizzarlo.
“Ehi, calmati, è tutto a
posto…”
Ma
lui continuava a gemere, stringendosi convulsamente
una coscia con la mano.
“Non
è niente, durerà solo pochi secondi…
ascoltami,
Sasuke, mi stai ascoltando? Non pensarci.”
Inutile.
La droga aveva ormai esaurito completamente
il suo potere analgesico.
“Non
pensarci, andrà meglio.”
“Mi
serve… un’altra pillola…”
Lui
lo attirò a sé e lo baciò sulla bocca.
Anche
se nei giorni e nelle settimane a venire ci
ripensò spesso, non riuscì mai a trovare una
motivazione valida per quel gesto.
Forse voleva soltanto che smettesse di soffrire.
Le
loro labbra si urtarono senza plasmarsi le une
sulle altre, senza incastrarsi né accogliersi a vicenda; era
solo un contatto
in superficie tra due anime disperate.
Appoggiandogli
una mano sulla fronte Naruto scoprì che
l’amico scottava di febbre.
Senza
riuscire a separarsi da lui rimase lì, in quel bacio
innocente, da bambini, incapace di andare avanti o tornare indietro.
Sasuke
era immobile, non si lamentava nemmeno più.
Naruto si chiese se avesse capito cosa stava facendo, o se fosse
svenuto di
nuovo, o se stesse raccogliendo le forze per sferrargli un pugno in
piena
faccia. Pensò che, se proprio doveva colpirlo, tanto valeva
dargli un motivo
valido per farlo.
Si
avvicinò ancora di più, cercando di far
combaciare
i loro corpi, ma era inutile: le ossa del bacino cozzavano, gli addomi
non
riuscivano a raggiungersi, le braccia si intrecciavano goffamente. Non
aveva
niente che potesse colmare il vuoto di Sasuke, e in nessun modo Sasuke
avrebbe
potuto completare lui.
Ma
andava bene così. Non erano perfetti, ma erano
loro.
Lo
baciò, ancora e ancora, e toccare le sue labbra
screpolate per la disidratazione gli parve la sensazione più
bella che aveva e
avrebbe mai provato in tutta la sua vita. Toccarlo gli sembrava
talmente
naturale che lo fece senza pensarci. Sotto le dita sentì un
corpo così magro da
essere scheletrico, sentì le grinze della cute dove le
ferite non si erano
ancora richiuse, sentì la pelle umida di sudore per la
febbre. Sentì che lui
tremava sotto le sue mani, o forse era solo l’astinenza
dall’antidolorifico a
fargli quell’effetto.
Strinse
a sé quel corpo in un abbraccio imperfetto
quanto loro.
“Che
stai facendo?” gli chiese finalmente Sasuke.
“Ti
faccio stare meglio.”
“Dammi
la morfina.”
“Ricordi
quello che ti ho detto prima di portarti
qui?”
Sasuke
fece per allontanarsi, ma lui lo trattenne.
“Sì
- rispose. - Ed è…”
“Non
mi interessa - lo bloccò Naruto. - Solo…
ricordatelo.”
Il
nukenin si arrese tra le sue braccia, forse perché
non era in grado di fare altro. Almeno il freddo che si sentiva dentro
e fuori
era attenuato dal contatto con il suo corpo caldo, e il dolore era
diventato
l’ultimo dei suoi pensieri.
“Non
succederà. - sussurrò al suo orecchio, mentre
sentiva le ultime forze abbandonarlo. - Lo sai. Io non ti
amerò mai.”
“Non
sei mai riuscito a uccidermi.” gli rammentò lui,
cullandolo. Percepì che stava per addormentarsi ed era
felice di avergli fatto
scordare almeno per un po’ quanto stava male.
“Quello che significa lo sai solo
tu.”
-°-°-°-°-
Non
gli piacevano i maschi.
Ma,
a pensarci bene, non gli piacevano nemmeno le
femmine.
In
realtà, non gli piaceva proprio nessuno.
Sasuke
era stato sicuro di questo per tutta la vita, e
il fatto che Naruto fosse riuscito, in pochi secondi, a costringerlo a
rivedere
tutte le sue convinzioni lo irritava parecchio. Non poteva dire di aver
apprezzato il modo in cui era stato baciato e toccato, ma avrebbe
mentito se
avesse detto di non aver provato niente; riusciva a mantenersi freddo e
distaccato nella maggior parte delle situazioni in cui era implicato,
ma era
pur sempre un ragazzo adolescente: gli ormoni avevano effetto anche su
di lui.
Un
corpo caldo sotto il suo, mani che lo sfioravano e
labbra che lo succhiavano, sentire il profumo dell’attrazione
sessuale; erano
tutte cose che aveva scoperto di poter apprezzare. Anche se era
coinvolto
Naruto.
Soprattutto
perché era coinvolto Naruto.
Sasuke
era affamato, e aveva intenzione di volgere
quella situazione a suo vantaggio, disposto ad aspettare tutto il tempo
necessario.
Dovette
attendere poco più di un mese.
Aveva
infatti passato in quella stanza circa cinque
settimane, quando Naruto, al termine della giornaliera visita di
controllo,
aveva osservato: “Sei guarito.”
Non
c’era nessuna intonazione particolare nella sua
voce, né di sollievo né disappunto: era una
semplice constatazione, eppure
sembrava venata da una sfumatura d’amarezza.
Sasuke
gli gettò un’occhiata di sbieco. “A
quanto
pare.” commentò, lapidario.
Naruto
si sedette sul letto accanto a lui. “In pochi
giorni potrai camminare perfettamente - gli fece notare -Ma la tua
vista non
tornerà più come prima. Lo sai, vero?”
L’Uchiha
alzò le spalle. “Non importa.”
Lui
decise di ignorare il suo tono annoiato e si alzò
per dirigersi vero la porta, desideroso di andarsene il più
presto possibile;
la consapevolezza che entro poco tempo avrebbe dovuto affrontare con
Sasuke una
questione troppo a lungo rimandata lo innervosiva. Ormai era guarito,
non aveva
più scuse, e in cuor suo sapeva perfettamente di non poter
continuare a tenerlo
prigioniero in quella stanza per sempre. Era consapevole anche del
fatto che
ciò significava rinunciare a lui per l’ennesima
volta.
“Devo
portare a termine la missione, tornerò
domattina. Ti serve qualcosa?” gli chiese, distratto.
Nessuna
risposta lo avrebbe sorpreso, né un silenzio
ostile, né una replica scontrosa. L’unica cosa che
non si sarebbe mai aspettato
era che Sasuke lo afferrasse per il polso e lo sbattesse sul letto,
forte di
un’energia solo recentemente ritrovata.
“Sì,
direi di sì. - mormorò l’Uchiha di
fronte ai suoi
occhi sgranati. - Il mio chakra.”
Sapevano
tutti e due che Naruto avrebbe potuto
liberarsi di lui senza il minimo sforzo, ma era anche ovvio per
entrambi che
non lo avrebbe fatto. Sasuke ghignò sentendo il cuore
dell’ex compagno di
squadra che accelerava all’improvviso i suoi battiti.
“Non
chiedermelo” rispose lui, chiudendo gli occhi.
Urlò
quando qualcosa di pungente affondò nella carne
tenera del suo collo.
Sasuke
lo aveva morso.
“Io
faccio qualcosa per te, e tu fai qualcosa per me.
- stava parlando a soli pochi centimetri dalle sue labbra. -Io so
quello che
vuoi, Naruto. Non sei mai stato capace di nascondermi niente. - sorrise
ancora,
vedendo come le guance del ragazzo si stavano arrossando. - Sei come un
libro
aperto.”
“Io…
Io non posso…”
Lui
lo zittì con un bacio, che non somigliava per
niente a quello che si erano già scambiati. Era un bacio
caldo e bagnato, e
risvegliò tutti i sensi di Naruto. Sentiva la lingua di
Sasuke che stimolava
con forza la sua e gli mozzava il respiro come se tentasse di
ucciderlo. Era un
bacio spietato e lui se ne accorse, eppure non sarebbe mai stato capace
di
porvi fine.
Gli
toglieva l’aria, ma era ossigeno. Gli faceva male,
ma era irrinunciabile.
Era
così, Sasuke, e lo sarebbe sempre stato, e lui non
avrebbe mai potuto cambiarlo.
Quando
l’Uchiha fece per separarsi da lui, Naruto non
riuscì a impedirsi di sollevare la nuca e seguire il suo
movimento per
prolungare quell’attimo di una manciata di secondi.
Lui
sorrise, beffardo. “Quanto lo desideri? - lo
provocò. - Faresti qualsiasi cosa, vero?”
Il
ragazzo deglutì, senza riuscire a distogliere gli
occhi dalla sua unica debolezza.
“Ho
una brutta notizia per te. - gli sussurrò Sasuke
direttamente nell’orecchio. - Rimuovere il sigillo è
qualsiasi cosa.”
“Non
lo farò.”
“Non
mentire. - lo sfiorò tra le gambe, facendolo
avvampare. - Hai già deciso.”
Naruto
voltò la testa di scatto e gli impedì di
baciarlo di nuovo. “Se lo farò, tu te ne
andrai.”
Sasuke
non rispose, ma si tolse la camicia e la gettò
a terra. Gli prese le mani e se le portò
all’addome.
“Toccami.”
disse solo, e la sua pelle bianca riluceva
sotto il flebile bagliore della lampada sul comodino.
Naruto
non riuscì a non guardare e questo fu l’inizio
della fine. Lo toccò e sentì l’erezione
di Sasuke che cominciava a premere sul
cavallo dei suoi pantaloni. Tremando fece scivolare le dita attorno
all’ombelico, sui fianchi, lungo la schiena, e una scarica di
elettricità lo
pervase da capo a piedi. La sua mano andò a cercare
l’estremità della cintura
violacea.
Sasuke
fu lesto a bloccargli il polso. “Prima il
sigillo.”
Lui
scosse la testa.
“Non
resistere. - fece combaciare i loro corpi e
infilò una gamba tra le sue per impedirgli di serrarle. -
Non puoi.” Lo baciò
appena sopra la clavicola, sfiorandogli il collo con la punta della
lingua,
fino al lobo dell’orecchio, e gli strappò un
gemito involontario.
“Lasciami.”
protestò Naruto, ma non appariva sincero
nemmeno a se stesso.
Sasuke
intanto cominciò a sfregare lentamente il
bacino contro il suo, e a mano a mano che i suoi movimenti si facevano
più veloci
la loro eccitazione diventava sempre più dolorosa: avevano
ormai superato
entrambi il punto di non-ritorno.
Naruto
si dimenticò di tutti i motivi per cui non
avrebbe dovuto farlo, e posizionandogli una mano dietro la nuca lo
attirò a sé
per avventarsi sulle sue labbra. Baciandosi si mordevano a vicenda, si
leccavano, si intromettevano l’uno dell’altro con
prepotenza e con un bisogno
impellente. Sentirono il sapore del sangue sulla lingua ma non
avrebbero saputo
dire a chi appartenesse, e non importava.
Non
importava il tentativo di Sasuke di distruggere
Konoha, non importava la missione che Naruto doveva svolgere entro la
mattina
dopo, non importava il sigillo del chakra. Non importavano nemmeno loro
due.
“Fallo.”
Non
c’era traccia di supplica nella sua voce, e
l’Uchiha fu affascinato da quel tono imperativo. Lo
schiacciò contro il letto
giusto per ricordare a entrambi chi aveva il controllo.
“Prima
tu.” replicò, ma la sua mente era annebbiata.
Naruto lo stava toccando da così tanto tempo da farlo
impazzire.
“No.”
Sasuke
sgranò leggermente gli occhi e rimase così
stupito dalla sua espressione ferma che smise di muoversi sopra di lui.
Per
qualche secondo nessuno dei due parlò.
“Oh,
va’ al diavolo!” astioso, lo girò a
pancia in giù
e gli premette la testa contro il cuscino.
Naruto
strinse convulsamente le lenzuola tra le dita
quando sentì che i pantaloni gli venivano violentemente
strappati via.
-°-°-°-°-
La
notte passò, e con lei anche Sasuke e Naruto.
La
mattina li trovò ai lati opposti del letto, e come
testimone di quello che era accaduto era rimasta solo una carezza
donata appena
prima di addormentarsi.
L’Uchiha
si tolse la mano di Naruto dal viso e
l’appoggiò sul cuscino, attento a non svegliarlo.
Ricordò di averlo spinto via
da sé non appena portato a termine il rapporto, e di essersi
assopito quasi
immediatamente a causa della salute non del tutto ristabilita. Non
aveva modo
di sapere se aveva ottenuto quello che desiderava.
Chiuse
gli occhi, e quando li riaprì rifulgevano per
la luce rossastra dello sharingan. Sentì il potere che gli
scorreva nelle vene,
e immaginò che Naruto invece avesse usato la maggior parte
del suo chakra per
rimuovere il sigillo.
Guardò
per minuti che sembrarono ore il corpo
abbandonato poco distante dal suo, coperto solo da un lenzuolo, che
anche nel
sonno pareva protendersi verso di lui. Avrebbe potuto ucciderlo senza
il minimo
sforzo.
Disattivò
l’abilità innata e si alzò dal letto,
dirigendosi verso la porta.
Naruto
rimase immobile sebbene sentisse un groppo in
gola che lo stringeva come un nodo scorsoio.
Voltati
pensò,
disperato Voltati ti prego, voltati. Anche
se te ne vai, voltati. Guardami in faccia, grandissima testa di cazzo.
Sasuke
non lo fece. Se ne andò come un soffio di vento
che esce dalla finestra indisturbato, impossibile da trattenere. Naruto
lo
aveva afferrato con la punta delle dita, ma si era divincolato ed era
scappato
via di nuovo. Se avesse provato a fermarlo con la forza, lo avrebbe
soltanto
reso infelice.
Pensò
a un vecchio proverbio giapponese, mentre lo
guardava andare via.
[Il
chiodo che sporge viene preso a martellate.]
Lui
ci aveva provato, a cambiare Sasuke. Ci aveva
provato con tutto se stesso, ma quel chiodo continuava a sporgere e
l’avrebbe
sempre fatto.
Probabilmente,
era lui a non essere il martello
giusto. Probabilmente non lo sarebbe mai stato.
Io
ti amo, teme.
Ma
era troppo tardi, lui era già lontano, e non
sarebbe servito comunque.
Non
erano perfetti, ma erano loro.
Erano
loro, ma non erano perfetti.
Note
burocratiche:
Questa
fan fiction si è classificata prima al
contest "Numeri da coppie"
indetto da La Lolly Dolly
sul forum dell’EFP e sta partecipando al contest "Un proverbio giapponese anche per te..."
indetto da Luana Chan sul forum dell’EFP.
Note
dell’autrice:
Questa
fan fiction è stata davvero un parto. Ci ho
messo parecchio per finirla, ci ho sudato e ci ho fumato almeno due
pacchetti
di sigarette (tossica che non sono altro!). Il risultato non mi
soddisfa
pienamente, ma non penso che riuscirei mai a farla andare bene.
L’idea è quella
di prendere i nostri due ninja preferiti e raccontarli
nell’ultimo momento in
cui sono loro, prima che diventino semplicemente
Sasuke e Naruto (come
sono poetica!). Questo è anche il motivo per cui ho scelto
di seguire
(Aristotele docet) l’unità di luogo e di azione:
la fan fiction è ambientata
interamente nell’indefinito rifugio dove Naruto porta Sasuke,
e la trama ruota
solo intorno a quel mese che trascorrono lì. Il passato
è solo accennato
tramite flashback e pensieri dei personaggi (indispensabili ai fini
della
trama) ma per il resto è tutto vago e indefinito: quello che
conta per loro è
l’hic et nunc, il qui e ora. Il resto non è niente.
Non
so se sono riuscita a dare quest’impressione o
sembra solo che abbia scritto questa storia tanto per fare
^^’’ In realtà ci
tengo molto perché è la mia personalissima
visione di questa coppia (che
naturalmente e sicuramente si discosta molto da quello che altri
possono
pensare).
Bene,
prima che le note diventino più lunghe della
storia stessa, chiudo qui il capitolo e vi invito a lasciare un
commento, anche
poche righe, per dirmi cosa ne pensate. Per un autore è una
gioia infinita
ricevere un parere su quello che fa, anche negativo se volto ad
aiutarlo a
migliorarsi.
Grazie
della
lettura, la vostra
Shirangel,
aka
Angelica