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Autore: Mrs C    15/10/2012    2 recensioni
[Cap1]
John non sa che ore sono. In Afghanistan teneva sempre l'orologio di Harry nel taschino della divisa, sincronizzato sul fuso orario di Londra. Si ripeteva spesso che se avesse continuato a tenerlo lì, guardandolo quando lo riteneva necessario, sarebbe tornato a casa. E l'ha fatto, John è tornato, eppure l'abitudine di sapere sempre che ore sono è rimasta. Ha pensato che non se ne sarebbe mai più liberato, almeno finché non ha conosciuto Sherlock. Con lui, tenere conto dell'ora, è assolutamente impossibile perché non ha un orario e non gli interessa minimamente averne uno. E John non sa che ore sono.
[Crossover: Sherlock/Criminal Minds]
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson , Mycroft Holmes , Quasi tutti, Sherlock Holmes
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Possiamo perdonare un bambino che ha paura del buio. La vera tragedia della vita è quando gli uomini hanno paura della luce.
Platone






John apre gli occhi a fatica. Non sa con quale forza d'animo riesca a farlo e preferisce non chiederselo, per la paura di rendersi conto che non ce la fa davvero. Avezzo com'è alle emicranee, non fa caso alla sua testa che sembra spaccata in due dal dolore, mentre un liquido caldo e secco gli è rimasto appiccicato ai capelli e alla guancia. Sangue, bene. Da quanto tempo è fermo in quella posizione? Da parecchio, visto il dolore che sente alle braccia legate neanche fosse un prigioniero di guerra. Il suo cervello rimane in panne per qualche secondo, e non riesce a pensare in maniera decente. La stanza è buia, fredda, uno scantinato al centro di chissà quale casa abbandonata a se stessa nel pieno centro di Quantico.
- Si dice che se vuoi nascondere un albero devi piantarlo in mezzo ad altri alberi, Dottore.
John strizza le palpebre, individuando una figura all'altro capo della stanza, legata come un salame un po' come lui. I suoi occhi si abituano al buio, e bastano pochi secondi per accorgersi che quella stessa figura è quella di Mycroft.
- Non sono abituato a vederti senza il tuo ombrello.
Ride piano, John, cercando di scacciare l'angoscia e la paura, ma una fitta dolorosa all'addome lo costringe ad accartocciarsi su se stesso, per quanto le mani legate glielo consentano.
- Farebbe meglio a non muoversi troppo, Dottore. Fa male?
John fa spallucce, recuperando il respiro perso.
- Non più del tuo braccio rotto. E comunque avevamo superato la barriera del lei, o sbaglio?
- Oh, te ne sei accorto.
- Sono un medico.
Mycroft si fa scappare una flebile risata. John non lo può dire con certezza ma sembra terrorizzato e, non lo ammetterà ora né mai, lo è un po' anche lui.
- Da quanto siamo qui?
- Circa tre ore. Forse quattro.
Quattro ore. John sente un brivido freddo attraversargli la schiena, quando l'ultimo ricordo rimasto nella memoria, gli pulsa nelle iridi. Tramortiti fuori dal BAU, bella figura.
- Mycroft. Tu sai chi c'è dietro a tutto questo, vero?
Il Governo non dice niente per qualche secondo. Dei passi rimbombano prepotenti nel corridoio oltre le pareti di quella cella improvvisata, e John trattiene il respiro, cercando di liberarsi i polsi con un uno strattone.
- Se ci pensi bene, lo sai anche tu.
La porta si apre e John socchiude gli occhi quando la luce prepotente dell'esterno lo colpisce. Forse è vero, John sa chi ha organizzato tutto questo. Solo che non vuole pensarci.

***

- Li abbiamo persi. Che diavolo vuol dire li abbiamo persi?
Sherlock sbatte i piedi a terra, stringendo le nocche così tanto da farle sbiancare. Hotchner si aggiusta la cravatta, estremamente a disagio, e il Consulting Detective pensa che tirargli un gancio sul muso - per quanto non sia avvezzo a utilizzare questi mezzi - non sarebbe poi tanto una cattiva idea.
- Avevamo le guardie fuori dal palazzo, ma sono spariti anche loro. Supponiamo che i due fatti siano collegati.
- Supponete... voi supponete.
Sherlock si avvicina a Hotchner così tanto da sfiorargli il naso con il proprio, sbuffando aria dalla bocca come un toro inferocito.
- John e mio fratello sono stati catturati da un criminale perché voi non siete capaci di scegliere i vostri uomini per la sorveglianza di un palazzo che dovrebbe essere a prova di bomba.
- Abbiamo fatto tutto il meglio che potevamo per tenere entrambi al sicuro.
- Il vostro meglio non è stato abbastanza, allora.
Sherlock non sa cosa fare. E' in preda al panico, come quella volta a Baskerville, perché adesso tutti i pezzi si stanno riunendo e lui non ha la più pallida idea di cosa fare. Semplicemente perché John e Mycroft sono in pericolo, per colpa sua. Ha scartato varie ipotesi, quelle più banali, sotto un'attenta e accurata analisi: non può credere di essere stato ingannato in maniera così stupida, dal suo ego. Ma più va avanti più tutto s'incastra alla perfezione, sotto un unico nome: Sebastian Moran. Avrebbe dovuto capirlo, ci sarebbe dovuto arrivare prima.
- Ho bisogno che tutti si riuniscano, Morgan chiama Rossi. E dì a Garcia di passare la notizia via radio a tutte le pattuglie in città, non devono essere andati troppo lontano.
- Oh certo, passiamo la notizia via radio che tutta la polizia li sta cercando così si libereranno prima degli ostaggi, bravi, un'idea intelligente.
Sherlock sbatte la mano sul tavolo, in preda a una crisi di nervi simile solo a quando non ha un caso su cui indagare. Alza gli occhi - fiammeggianti, disperati, arrabbiati - e li punta su Hotchner con un ghigno spaventoso che si estende sul viso pallido e sconvolto.
- Siate discreti, voglio che cerchiate nelle zone più visibili, nei palazzi più in mostra. Dividetevi in gruppi da due, in borghese, tre armi ciascuno.
Sciorina tutto molto velocemente, Sherlock, tamburellando le dita sulla mappa della città appesa alla parete. Hotchner segue i movimenti del giovane uomo e annuisce piano, dividendo la sua squadra come gli è stato detto, perché anche lui crede sia la scelta più giusta. Sherlock lo sa: Hotchner non ha la benché minima fiducia in lui come persona, ma in questo momento non può permettersi di perdere un uomo con la sua intelligenza. E questo è abbastanza per lavorare insieme, per adesso.
Prima che tutti i gruppetti escano dalla stanza, Sherlock afferra prontamente Hotchner per un braccio e lo inchioda sul posto con uno sguardo opaco.
- Sapete chi cercare.
Il capo dell'Unità annuisce piano.
- Bene. Sappiate che se John muore perché non sapete fare il vostro lavoro, avrete un motivo in più per preoccuparvi dell'Inghilterra.
Sherlock esce dall'edificio velocemente, con il cuore che batte un po' più forte e una paura strisciante di aver sbagliato. Perché se si fosse accorto prima del fatto che tutto era così dannatamente ovvio, forse ora John e Mycroft non sarebbero in questa situazione.
John. Non gli ha neanche chiesto scusa.

***

- Sei terribilmente prevedibile, Sebastian.
Il Colonnello e piegato su se stesso, e fissa John negli occhi già da qualche minuto. Non ha ancora detto una parola, ma il Capitano dei Fucilieri può leggere nelle sue iridi che tutto il tempo trascorso insieme, nelle ultime ventiquattro ore, non ha fatto altro che fingere. E lui non si è accorto di niente. L'assistente del miglior Consulente al mondo più stupido che si sia mai visto.
- Forse. O forse non vedevo l'ora di farmi trovare, non credi?
John inarca un sopracciglio.
- Allora perché non sei venuto a cercarci a Londra, una volta saputo che Sherlock era vivo?
- Perché gli americani mi avevano già messo sotto sequestro, non era una bugia. Certo, non sapevano del mio collegamento a Moriarty, altrimenti mi avrebbero messo sotto chiave da un pezzo, invece di usarmi per avere informazioni preziose sui ranghi alti dell'esercito.
Mycroft fa un respiro un po' più forte degli altri, attirando l'attenzione di entrambi.
- Mi diverte sapere che ti sei dovuto servire di terzi per la tua vendetta, Moran. Terribilmente noioso essere costretto a non sporcarsi le mani, vero?
John non capisce subito cosa succede. E' troppo veloce perché possa fare qualcosa, per fermare Sebastian. Un veloce movimento del polso, un tuff e Mycroft si piegato su se stesso, con un grido strozzato e gli occhi spalancati dal dolore. Una pallottola in pieno ventre, non troppo in alto per essere fatale, non troppo in basso per non sentire dolore. La perfetta tortura di un ex cecchino dell'esercito.
- Sebastian, è Sherlock che vuoi! Non verrà più in fretta se ucciderai suo fratello!
Ma Sebastian è un ex Colonnello, con il cuore fermo e gli occhi di ghiaccio. Forse John si sta sbagliando, perché quello che gli dice lo spiazza totalmente.
- Oh no, John. Mi hai frainteso.
Si avvicina quatto, Moran. John sente il suo respiro sulla pelle, e le sue labbra sfiorargli piano la mandibola.
- Sherlock patirà la mia stessa agonia. Qualunque cosa abbia fatto a Jim io gliela renderò dieci volte. [1]
Vorrebbe vomitare, e gridare, e chiedere a Mycroft se va tutto bene e di piegarsi in avanti come può per premere sulla lacerazione del proiettile e fermare la fuoriuscita di sangue. Ma Moran gli soffia addosso e l'unico pensiero che corre nella sua mente è la speranza che Sherlock arrivi in fretta.
Sherlock. Non gli ha ancora chiesto scusa.

***

Troppo grande, troppo caotica, troppo tutto. Sherlock è in preda al panico. Sa a memoria ogni edificio, ogni via, ogni dannato buco di questa città eppure non sa dove guardare. Sente che il tempo gli sta sfuggendo di mano, e ogni cosa perde d'importanza. Gli sembra di impazzire e non riesce a mantenere la calma. Quelle che sente non sono le urla di John, è solo il suo cervello in sovraccarico. Respira, Sherlock. It's okay, gli aveva detto una volta. E questa volta è lui che vorrebbe urlare a se stesso it's not okay.
Il telefono squilla e Sherlock si blocca in mezzo al marciapiede, sentendo molte occhiate stranite su di sé.
- Garcia, dimmi che hai novità per me.
La voce trapela più ansia di quanta vorrebbe ma al momento non è importante. L'Informatica snocciola qualche frase senza senso e poco importante prima che il suo cervello registri qualcosa come rilevante.
- Garcia? Cos'è questo suono?
And I never could repay the look that's in your eyes
- La musica? Ho una chiamata aperta con uno dei nostri agenti.
So to pledge myself to you would be no sacrifice
- Da dove viene? Dimmi il posto esatto, Garcia!
All my love in my life 'til it's through, i owe you [2]
- Un incrocio fra Neville Road e Barnett Avenue.
Sherlock non sa come riesce a pronunciare parole che abbiamo un senso una in fila all'altra, mentre corre a perdifiato verso la direzione che gli è stata indicata. Chiama tutti, dice, avvisali che ci sono almeno tre cecchini nei palazzi di fronte all'edificio da cui proviene la musica. Dì loro che ce ne sono almeno altri quattro all'interno e forse tre nei condotti dell'aria, io vi precedo!
Tlack, chiamata chiusa.
Sebastian Moran, braccio destro di Moriarty, vuole essere trovato e Sherlock Holmes, oh, Sherlock Holmes lo troverà. E sarà l'ultima volta.







Ps. I'm a Serial Addicted

Oh, scuoiatemi pure. Me lo merito. Tre mesi. Come ho potuto aspettare tre mesi per poi presentarvi questa merdina? Lo so, picchiatemi. Non mi oppongo. Vi amo profondamente, e spero non mi abbiate abbandonato (grazie anche alla stupenda personcina che mi ha scritto qualche giorno fa per chiedermi se avevo intenzione di continuarla, me ti lowwa profondamente T_T). Non avevo l'ispirazione adatta, ho iniziato duemila cose e questo Crossover è rimasto lì, piccino piccino, aspettando di essere continuato.
Una precisazione:

[1] Citazione di Robin Hood di Ridley Scott. Sì. Me l'avrò visto dieci volte in tre giorni.

[2] Canzone di Victoria Adams. I owe you. Modo stupidissimo per far capire a Sherlock dove fosse John, ma giuro che spiego meglio nel prossimo capitolo D:

Il prossimo capitolo sarà l'ultimo. Imploro ancora il vostro perdono perché questo è... una schifezza immane. *Manda bacini*


Jess
   
 
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