Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Francy_92    16/10/2012    10 recensioni
Gaia e Andrea sono compagni di scuola ma in classi diverse. Entrambi devono iniziare il quinto. Lei linguistico, lui scientifico. Prima che finisse l'anno prima, è stato annunciato un progetto scolastico che prevede un soggiorno di tre settimane in Inghilterra. Lui, rubacuori e bello, è conosciuto da tutti; lei, riservata e con un peso sul cuore, non conosce praticamente nessuno. Sin dal viaggio di andata cominciano a litigare, fin quando... qualcosa cambierà gli eventi.
Genere: Romantico, Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Scolastico
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie ''A true love story never ends''
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Image and video hosting by TinyPic

Oggi non avrei dovuto pubblicare questo capitolo, però ho risolto a metà quel problema, quindi posso pubblicare.
Devo dire che ogni volta che leggo questo capitolo mi viene da ridere, perchè ci sono delle parti che mi piacciono davvero tanto. E se lo dico io stessa che mi piacciono, vuol dire che qualcosa di positivo deve esserci sicuro! xD
Sono sicura che qualcosa nel capitolo precedente l'abbiate intuita, però adesso scoprirete tutto, non preoccupatevi :D
Adesso vi lascio alla lettura. Ditemi che ve ne pare :D
Baci, alla prossima! :*


Let's blame it on September

-Capitolo 3-
  *Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare*

 
Fa che sia uno scherzo
Fa che sia uno scherzo
Fa che sia uno scherzo
«Andrea starà qui e io starò con mio cugino»
Cazzo, non è uno scherzo.
C’è sempre un’ultima speranza. Chiedo.
«E’ uno scherzo, vero?!»
«No» risponde Elena.
«Non se ne parla» esclamo chiudendo a tutti la porta in faccia, ma Andrea la ferma con il braccio.
«Senti, principessa, questa cosa non va bene a te, come non sta bene a me, però voglio bene ad Elena e lo faccio per lei, quindi sposta il tuo culo e fammi entrare»
Si fa spazio e mi spinge, entrando in casa.
Io sono talmente sconvolta che non so più che dire. Elena gli mostra la camera e, dopo aver preso la sua valigia e il piccolo borsone, l’amico la aiuta a portare tutto fuori.
«Salutami gli altri» dice Elena ed esce di casa.
Non posso crederci.
Vivrò con Andrea
Andrea vivrà con me.
Dividerò la stanza con Andrea.
Oh. Mio. Dio.
«Bianchina, sei ancora sconvolta?!» chiede uscendo dalla camera.
Mi riprendo e lo guardo furiosa. «Beh, direi! I professori hanno permesso una cosa del genere?!»
«Dopo avermi fatto promettere che non sarebbe successo niente tra di noi»
«Puoi starne certo» esclamo.
«Bene, adesso… dove sono gli altri?»
«Sono usciti stamattina per la partita di calcio del bambino; non so quando torneranno. Spero il prima possibile, così non sono costretta a sopportarti»
«Senti, nemmeno io ti sopporto, però adesso cerca di fare meno la schizzinosa»
Lo guardo male e mi volto per andare in cucina. Mi siedo al bancone e cerco di concentrarmi sul computer.
Andrea mi raggiunge e comincia ad aprire il frigorifero e gli sportelli del mobile.
«Che cosa stai facendo?!» chiedo.
«Cerco qualcosa da mangiare»
«Dovrai aspettare il ritorno della famiglia» rispondo.
«No, ho fame adesso»
Sbuffo e, prendendo il computer, vado in camera.
Mi sdraio sul letto con il pc sulla pancia.
«E’ carina questa stanza, avrei voluto il tuo letto però»
«Troppo tardi»
«Peccato» risponde sorridendo.
«Non stavi cercando qualcosa da mangiare?» chiedo.
«Oddio mio. Non vedo l’ora che arrivi domani, così non dovrò sopportarti così tanto»
«La stessa cosa vale per me» esclamo mentre esce dalla camera.
Passiamo il resto del pomeriggio così, almeno fin quando non tornano Michelle e Paul con i bambini.
Credevo che Andrea parlasse decentemente l’inglese, invece non capisce un bel niente.
Ho pensato di prenderlo in giro, ma probabilmente poi ce l’avrà a morte con me e non mi sembra il caso di gettare benzina su un fuoco già abbastanza vivo.
«Che ha detto?» mi chiede Andrea dopo che Michelle gli ha domandato quali fossero i suoi piatti preferiti.
«Se non capisci una domanda così banale, ti prego, ritornatene in Italia» lo prendo in giro.
Si, è vero. Avevo detto che non lo avrei preso in giro, ma la tentazione è troppa. Lui mi guarda storto e io scoppio a ridere.
Paul mi chiede il motivo della mia risata e dell’aria seria di Andrea, quando gli spiego il motivo ride anche lui, anche se non mi piace quello che dice dopo.
Smetto di ridere di colpo. «Che ti prende?» chiede Andrea vedendo il mio repentino cambio di espressione.
«Niente» rispondo schiarendo la voce e allontanandomi da lui.
«Chi ti capisce è bravo»
«Infatti tu sei un’idiota»
«E mi va benissimo così. Preferisco essere un’idiota piuttosto che capire te»
Gli faccio una brutta smorfia e mi avvicino alla cucina per aiutare Michelle a preparare la cena.
«Non preoccuparti Gaia»
«Ma no. Voglio darti una mano» dico sorridendo.
Io e Michelle parliamo del più e del meno mentre prepariamo pollo fritto e verdure di ogni tipo. Dice che è un piatto indiano.
Mi chiede di mia madre e sorride a tutto quello che le dico su di lei, fin quando se ne esce con un «Mi piacerebbe tanto incontrarla»
«Magari un giorno succederà»
«Hai intenzione di trasferirti qui?» chiede ancora.
«Forse in futuro, dopo aver finito l’università»
«Cosa ti piacerebbe studiare?!»
«Vorrei laurearmi in lingue e letterature straniere e specializzarmi in quella inglese»
«Lo spero tanto per te» dice allontanandosi dalla cucina per portare le verdure a tavola.
Sorrido e lo spero anche io per me.
 
Sono le nove di sera e sono in camera. Guardo ansiosa i letti e penso a quando io occuperò il mio e Andrea il suo.
Perché mi hanno fatto questo?!
Chissà se posso dormire sul divano… magari potrei chiederlo spiegando a grandi linee la situazione. Capiranno, no?!
«Che fai!?»
Mi volto di scatto e Andrea è sulla porta che mi fissa.
«Niente» rispondo avvicinandomi alla mia valigia. Silenziosamente prendo il mio pigiama, che adesso mi pento di aver portato, ed esco dalla stanza.
Che vergogna… quale stupida di diciassette anni si porta il pigiama rosa con i coniglietti?!
Mi schiaffeggio la fronte e mi do’, ancora, della stupida.
«Bel pigiama» dice lui quando entro in camera.
Lo guardo storto e mi metto a letto, accendendo il computer. Devo semplicemente ignorarlo.
In fondo dovrò semplicemente dormire nella stessa stanza con lui, non nello stesso letto.
Mentre mi faccio i cavoli miei mi accorgo che lui si sta spogliando.
«Potresti farlo in bagno, però eh!!» esclamo.
«Perché ti da fastidio?!»
«Mi sono spogliata davanti a te, io?! No, perché sono educata. Del resto cosa te lo dico a fare, tanto l’educazione non sai nemmeno dove sta di casa»
«Sei molto divertente, sai?!» dice lui guardandomi storto. «Meno male che non ti sei spogliata davanti a me. Se mi spoglio io qualcosa di bello da vedere ce l’hai; tu…» mi indica con le mani e ride «Non voglio restare traumatizzato» aggiunge scrollando le spalle e mettendosi a letto con addosso soltanto i boxer.
Mio dio… è proprio irresis… insopportabile.
Sgrano gli occhi per quello che stavo pensando e mi maledico. Anzi, maledico i professori che mi hanno fatto una cosa del genere.
«A che stai pensando Bianchina?» chiede incrociando le braccia dietro la nuca.
«Io ce l’ho un nome, comunque» rispondo spegnendo il portatile. Mi alzo per appoggiarlo sulla valigia e mi rimetto a letto.
«Ti prego non alzarti più»
«Perché?!» chiedo.
«Perché ti ho vista già troppe volte con quel coso orrendo addosso: una volta la sera e una la mattina mi basta e avanza»
«Cazzone» mormoro e mi rimetto a letto voltandogli le spalle.
«Non mi hai detto a cosa stavi pensando» mi fa notare.
«Dormi»
«Sei proprio uno spasso Bianchina. Sarà troppo divertente prenderti in giro» dice ridendo. Spegne la luce, ma continua a ridere.
Quindi io sono questo?! Il pagliaccio del gruppo?!
Ho sempre saputo che Andrea mi odia, del resto la cosa è reciproca: anche io lo odio, ora più che mai, ma pensavo che, magari, con quest’occasione le cose sarebbero cambiate un po’.
Speravo che l’odio che proviamo entrambi si sarebbe affievolito. Invece no. Ho l’impressione che, dopo queste settimane, ci odieremo ancora di più.
Paradossalmente, mi accorgo anche di star piangendo. Mi impongo, con tutta la forza di volontà che ho, di smettere. Non devo farlo.
Per fortuna, riesco a prendere subito sonno, almeno dimentico per un paio d’ore chi dorme nel letto accanto a me.
 
«SVEGLIA BIANCHINA!!»
Mi muovo tra le lenzuola ma non voglio ancora aprire gli occhi. Ho sonno, voglio dormire.
«Svegliati» mormora qualcuno vicino a me.
Apro un occhio e vedo Andrea. «Raggio di sole, alzati»
«Smettila di prendermi in giro» mormoro alzandomi dal letto. «Perché stai urlando?! Che ore sono?!»
«Quasi le otto e mezzo. Mi è preso un colpo quando ho controllato l’ora sul cellulare»
«Cazzo!!! L’autobus è tra dieci minuti» esclamo prendendo velocemente l’intimo e i vestiti.
«Ecco» dice lui mentre si versa una dose esagerata di gel sulle mani.
La vita in casa è in pieno fermento.
«Svegliata tardi?!» mi chiede Michelle dalla camera da letto.
«Purtroppo si»
«Noi usciamo tra qualche minuto. Ci vediamo stasera»
«Ok. Buona giornata» dico sorridendole.
«Grazie, anche a voi» risponde lei facendomi l’occhiolino.
Perché mi ha fatto l’occhiolino?! Decido che non è il momento migliore per farsi queste domande ed entro velocemente in bagno.
A tempo di record mi lavo e mi vesto; scendo nuovamente in camera, butto il pigiama in valigia e faccio velocemente il letto.
«Hai finito di consumare lo specchio?!» chiedo vedendo che Andrea è ancora lì, dove l’ho lasciato prima di andare in bagno.
«Non ancora»
«Sbrigati, serve a me»
«Guarda che è grande abbastanza, puoi usarlo anche tu, eh!» dice stizzito.
Sbuffo e spazzolo velocemente i capelli strappandomene un buon numero. Ahi, che male. Questo è quello che succede quando, la sera prima, si dimentica di mettere la sveglia.
Colpa delle battutine di Andrea.
«Nemmeno con il trucco riuscirai a migliorare la situazione» dice mentre passo la matita nera sulla palpebra.
«Mi lasci in pace?! Perché continui ad importunarmi?! Io ignoro te, tu ignori me e viviamo felici» esclamo guardandolo.
«Hai ragione» risponde lui buttando il flacone del gel in valigia e, prendendo la tracolla, esce dalla stanza.
Sbuffo, ormai non faccio altro, ed esco anch’ io.
Andrea sta già camminando verso la fermata dell’autobus. Provo a raggiungerlo, ma le mie gambe non sono lunghe quanto le sue e non riesco a stargli dietro.
Quando arrivo alla fermata ho il fiatone ma, almeno, camminando a passo spedito, non abbiamo perso l’autobus.
Mi siedo accanto ad Andrea restando in silenzio. Questa mattina ci sono altre persone che aspettano con noi.
Non diciamo nemmeno una parola. Né quando arriva l’autobus né quando dovrei premere il pulsante per far fermare il veicolo. Ci siamo scontrati, perché entrambi avevamo pensato di premerlo. Lui si è seduto subito senza dire una parola e io ho ripreso il mio posto.
Direi che Andrea mi ha ignorata alla grande.
E’ questo quello che volevi, no?!” dice la mia coscienza.
Si, era questo. E adesso perché mi lamento?!
Basta!!
Entro in aula e attendo che arrivino anche gli altri.
Le lezioni passano lente e, stranamente, non vedo l’ora che finiscano. Durante la pausa pranzo vado fuori e chiamo la mia amica.
Non ci sentiamo da qualche giorno e, per quanto ne possa sapere, lei sarà arrabbiatissima perché non mi sono fatta viva. Non ha poi tutti i torti.
«Pronto?!»
«Ehi, ciao…sono Gaia» rispondo sedendomi su un muretto.
«Ciao Gaia! Come stai?!» esclama lei tutta contenta.
«Sto bene, credo. Tu?!»
«Non chiedere di me. Come te la passi lì?!»
«Non mi va di parlarne» rispondo abbassando lo sguardo verso le mie scarpe: le avevo comprate con Serena.
«Che cos’è successo?»
«Un casino»
«Racconta. Hai tempo?!»
Guardo l’orologio e dico di si.
Le racconto del viaggio in aereo, della compagnia poco gradita; le racconto che soltanto Alessia si è dimostrata cordiale e gentile nei miei confronti e di come io l’abbia apprezzato molto. Le dico anche di Elena, del suo comportamento e poi, ciliegina sulla torta, di chi  mi è capitato come nuova compagna di casa, o meglio, compagno di casa.
«Non ci posso credere!! Andrea Ferrari!» esclama. Già me la immagino con gli occhi fuori dalle orbite.
«Si, proprio lui. Non posso credere che i professori lo abbiano permesso»
«Non hai detto niente tu?!»
«E cosa avrei potuto dire?! La mia opinione non conta molto qui e poi Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare ha chiarito loro che non ci sarà niente tra me e lui»
«Aspetta… che significa Mr Mi Spoglio Davanti Agli Altri Senza Avvisare?!»
Alzo gli occhi al cielo «Hai capito solo questo di quello che ti ho detto?!»
«Ovvio» risponde lei ridendo. La sua risata contagia anche me e, rilassandomi, le racconto di quello che è successo la sera precedente prima di metterci a dormire, concludendo con la mia battuta sull’ignorarsi a vicenda e con lui che mi ignora sul serio e in maniera pesante.
«Succederà qualcosa Gaia» dice Serena.
«Ma sei impazzita?!»
«No, perché dovrei?!»
«Cosa non ti è chiaro del fatto che non mi parla, non mi guarda, e, se per puro caso è vicino a me, appena se ne accorge si allontana immediatamente? Direi che l’unica cosa che può succedere tra di noi è che ci prendiamo a schiaffi e, secondo me, questo viaggio finirà sicuramente così»
«Ma tu potresti essere un po’ più simpatica?!»
«Serena, non è questione di simpatia. Ti sei dimenticata dei quattro anni e mezzo appena trascorsi?! Non abbiamo fatto altro che odiarci noi due. E poi perché devo essere simpatica con lui se, con me, si comporta sempre da stronzo?!»
«Magari lui si comporta da stronzo perché lo fai anche tu»
«No, semmai è il contrario. Lui si è sempre comportato così con me. Prima non me ne fregava niente. A casa ho la mia vita; ma qui che, volente o nolente, devo starci a contatto, mi importa se lui ha intenzione di odiarmi per il resto della permanenza in quella casa. Io ci proverei davvero ad essere simpatica con lui, ma so che mi prenderebbe in giro perché penserebbe che mi sono presa una cotta»
«E tu, ti prenderai una cotta per lui?!»
«Ma nemmeno morta»
«Eh dai. Ti ho sempre detto che anche tu prima o poi lo troverai carino e te ne innamorerai»
Ok, ora sono sicura che ha gli occhi a cuoricino.
«Non ho detto che non mi piace, però non credo che riuscirei ad innamorarmi di uno come lui»
«Magari poi le cose cambieranno»
«Chi lo sa…» guardo svogliatamente l’orologio e mi accorgo che la pausa pranzo sta finendo. «Sere, devo andare. Ci sentiamo presto»
«Ti chiamo io la prossima volta. Ti voglio bene»
«Te ne voglio anch’ io. Alla prossima»
Riattacco e sorrido.
Dopo questa felice conversazione mi alzo e rientro.
Durante il resto delle lezioni penso ad un modo per scusarmi con Andrea. Non vorrei ma, se voglio vivere pacificamente in quella casa, devo essere io a fare il primo passo.
Ho pensato a cosa dirgli per tutta la terza lezione; durante la pausa non l’ho visto in giro, stessa cosa per la seconda lezione, solo che adesso sono fuori dalla scuola ad aspettarlo. Gli altri sono già andati via e lui ancora non si è fatto vedere.
Passeggio avanti e indietro e, quando lui, finalmente, varca la porta di legno, cammina spedito verso l’uscita.
«Andrea, posso parlarti un attimo?» chiedo ma lui non risponde; continua, semplicemente a camminare.
«Per favore…» dico ancora e, proprio in quel momento, comincia a piovere.
Si volta di scatto e mi spaventa. «Non torno adesso, Ghiaia. Dillo alla famigliola felice» dice e riprende a camminare. Io rimango lì, sotto la pioggia, ferita e delusa da me stessa.
Che cosa credevo?! Che si sarebbe risolto tutto e che, magari, saremmo diventati amici?!
Si, credevo questo, perché le parole di Serena me lo hanno fatto sperare davvero. Mi hanno fatto sperare che potesse davvero essere possibile, ma invece, sono soltanto una scema.
La pioggia si fa sempre più fitta e non mi va di tornare a casa in questo stato. L’unico posto che mi può risollevare il morale è il supermercato e, grazie alla mappa fatta da Michelle, so quale autobus devo prendere.
Questa non è la grande esperienza che avevo immaginato di fare. Pensavo di conoscere gente nuova, ma invece mi sto incattivendo quelle che a malapena conoscevo già.
Quando l’autobus si ferma dove devo scendere, prendo la giacca, zuppa d’acqua e la metto sopra la testa, per evitare di bagnarmi ancora mentre percorro la poca distanza che c’è tra la fermata e l’entrata del supermercato.
Purtroppo per me è chiuso, maledizione!! Proprio oggi?!
Controllo l’orologio e mi rendo conto soltanto adesso di quanto sia tardi.
«Accidenti» mormoro.
Rinuncio a ripararmi dalla pioggia. Indosso la giacca e, nonostante piova a dirotto, mi dirigo verso la fermata. Aspetto di nuovo l’autobus; ma stavolta vado a casa.
Sono stanca fisicamente ed emotivamente. Andrea mi odia con tutto se stesso. Non che non lo sapessi, però sono così tanto detestabile?!
Fra due giorni sarà il mio compleanno e io lo passerò in assoluta solitudine.
Vorrei poter tornare indietro e non prendere la decisione di partire. Adesso sarei a casa mia, magari starei ridendo e non piangendo. Avrei accanto mia madre e non sarei sola.
Nemmeno la musica o la lettura riescono a distrarmi. Per fortuna l’autobus arriva velocemente a destinazione. Saluto l’autista, che mi risponde cordialmente, e scendo.
Piove ancora, ma non m’ importa.
Voglio solo arrivare a casa.
Voglio dimenticare questa giornata.
Mentre percorro la discesa che mi porta a casa, la pioggia cessa un attimo per poi riprendere a cadere incessantemente.
Apro la porta; sono fradicia, ma almeno la pioggia nasconde le mie lacrime.
Sento un peso sul cuore. Sono le mie lacrime che chiedono di essere liberate. Aspetterò di fare la doccia per lasciarmi andare.
«Gaia, ma che ti è successo?!» chiede preoccupato Paul uscendo dalla cucina.
In quel momento anche Andrea esce in corridoio guardandomi preoccupato. Magari si sente in colpa per il suo comportamento.
Ma che dico?! Andrea non si sente in colpa. È un fottuto bastardo senza cuore.
«Non avevo l’ombrello» mormoro abbassando lo sguardo, sperando che non abbiano già notato gli occhi rossi.
«Vai a fare una doccia calda prima di prendere un brutto raffreddore» dice Paul.
Annuisco e mi volto per entrare in camera.
«Vuoi che ti porti qualcosa di caldo?» chiede premuroso Andrea.
«No» rispondo io e lo supero per entrare in camera.
Adesso mi parla?! Adesso mi guarda?!
Bastardo!! Sei un fottuto bastardo.
Trattengo altre lacrime e mi abbasso sulla valigia per prendere la biancheria pulita, il pigiama, bagnoschiuma e shampoo. Con l’accappatoio in spalla, salgo in bagno.
Andrea è ancora fuori dalla camera che mi guarda. Io lo ignoro perché non ho proprio la forza di affrontarlo adesso. Sono troppo stanca.
Non riesco nemmeno a capire quello che mi sta succedendo.
Mi chiudo in bagno e mi spoglio lentamente. Solo adesso mi rendo conto di quanto freddo sento. Non mi ero nemmeno accorta di star tremando.
La pioggia qui può essere terribilmente fredda da congelarti le ossa.
Sotto il getto d’acqua calda riesco ad eliminare un po’ del gelo che ho dentro; ma quello che ho dentro il mio cuore non è facile da togliere. Quello non ha a che fare con la pioggia.
È legato ai sentimenti che sto provando in questi giorni.
Prima la gioia di partire e di fare nuove conoscenze; poi l’ottimismo di essere in una famiglia che mi piace; la delusione nel vedere che la mia compagna di stanza non fa nessuno sforzo per diventare mia amica almeno per questo breve periodo di tempo e, infine, l’odio continuo e accentuato di Andrea.
Per carità, lo odio anch’ io, ora più che mai, ma non credevo che potesse ferirmi così tanto la sua indifferenza.
Alzo il volto e chiudo gli occhi. L’acqua calda mi fa piangere ancora, ma allo stesso tempo mi rilassa. È una sensazione strana che non avevo mai provato.
Passo il bagnoschiuma e lo shampoo in maniera quasi meccanica, come sono meccanici i gesti che compio per asciugarmi e per indossare la biancheria e il pigiama.
Quando torno in camera, Andrea è al suo pc. Metto i vestiti bagnati sul termosifone e disfo il letto.
Sento lo sguardo di quel cretino addosso; ma stasera non sono dell’umore adatto per fare delle battutine o, in generale, per litigare; quindi, prendo l’asciugacapelli e, velocemente, cerco di asciugarli. Voglio mettermi a letto per non doverlo vedere, almeno fino a domani mattina.
Quando i miei capelli sono abbastanza asciutti e spazzolati ripongo tutto sul cassettone.
«Ti ho fatto la cioccolata calda» dice all’improvviso Andrea.
Mi volto a guardarlo e ha una tazza fumante tra le mani. Deve averla preparata mentre facevo la doccia.
Schiarisco la voce, perché so quanto può essere roca dopo aver pianto, e rispondo «Grazie»
La prendo dalle sue mani e ne bevo un sorso. In effetti, nonostante sia bollente, mi aiuta a riscaldarmi almeno un po’. La finisco quasi subito, anche perché non mangio da ieri a cena, così mi metto sotto le coperte. Sento ancora troppo freddo per non godere del loro calore.
Mi raggomitolo, cercando di riscaldarmi e di non perdere il calore che la cioccolata mi ha dato, ma non funziona. Cerco di non pensarci e di prendere velocemente sonno.
Sono ancora nel dormiveglia quando riesco a riscaldarmi del tutto. Adesso sto bene.


------


Chissà come vi è sembrato.  Vi ha fatto sorridere?! :D
L'ultima parte non tanto, scommetto :/ Lo so, nemmeno a me.
Comunque, stavolta niente spoiler =P Lo metterò lunedì nel mio gruppo --->
QUI
A martedì prossimo :*

   
 
Leggi le 10 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Francy_92