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Autore: BlueTea    16/10/2012    1 recensioni
Dal primo capitolo:
"Adesso su quel foglio di carta pregiata era scritto che lui, Kurt Hummel, era a tutti gli effetti uno studente della New York Academy of Dramatic Arts. [...] C’era altro che doveva fare prima di pensare alla valigia, all'aereo o a New York. Avrebbe dovuto chiamare una persona in particolare... "
Genere: Comico, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Blaine Anderson, Kurt Hummel, Rachel Berry | Coppie: Blaine/Kurt
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                               - What my life has been like without you -                         
                                 

                                                                              Chapter 1:
                                                                          Dream on



“I wanna run away. Never say goodbye
 I wanna know the truth, instead of wondering
 why”
  (Linkin Park – Runaway)


                                                                            
Kurt Hummel ancora non ci credeva. Teneva stretta tra le mani la lettera della NYADA, una delle più prestigiose accademie di spettacolo al mondo. La stringeva come se fosse l’unica cosa che lo tenesse ancora con i piedi per terra. Perché quest’anno quella lettera aveva un peso del tutto diverso. Sembrava talmente tanto leggera che Kurt temeva potesse scivolargli dalle mani, insieme a quel poco che restava dei suoi sogni.

L’anno precedente, una lettera per lo più identica a quella aveva mandato in frantumi tutto il suo mondo. Era stata la goccia che aveva fatto traboccare il vaso. Un vaso pieno di sconfitte. Ma adesso su quel foglio di carta pregiata era scritto che lui, Kurt Hummel, era a tutti gli effetti uno studente della New York Academy of Dramatic Arts.

Sin da piccolo aveva letteralmente adorato tutto ciò che avesse a che fare con la musica, specialmente con i musical. Al secondo anno di liceo notò, attaccato alla bacheca della scuola, un foglio che annunciava le audizioni per il Glee club.
Segnò immediatamente il suo nome, immaginando che di lì a poco sarebbe finalmente diventato qualcuno all’interno di quelle mura fino a quel momento così ostili.

Naturalmente venne preso, data la sua bravura... ma anche perché a presentarsi al provino furono soltanto in cinque e poiché per partecipare alle competizioni di canto corale che si sarebbero tenute durante l’anno erano necessari almeno dodici membri. Chiunque si fosse presentato alla porta dell’aula di musica sarebbe stato ben accetto.

Se aveva pensato che questa attività extracurriculare gli avrebbe fatto acquistare punti, si era sbagliato di grosso.
Tutto ciò a cui portò il suo unirsi a quel club fu una dolorosa e glaciale discesa nella scala gerarchica del liceo McKinley di Lima.
 
Sembrava che il tempo fosse volato in quei tre anni.

Kurt si alzò con un balzo dal letto, stringendo al petto la lettera, aprendo la porta della sua camera e correndo giù per le scale.

- Kurt, tesoro ti romperai l’osso del collo prima o poi! - disse Carole, la moglie di suo padre.

Sua madre era morta quando aveva solo otto anni, eppure lui e Burt, suo padre, insieme ce l’avevano fatta. Erano cresciuti, piangendo l’uno sulla spalla dell’altro e tenendosi stretti quando sembrava che stesse crollando tutto attorno a loro. Poi erano arrivati Carole e suo figlio Finn, compagno di scuola di Kurt, che avevano portato in casa Hummel quel qualcosa in più che li aveva resi  di nuovo una famiglia.

Finn era stato il primo ragazzo popolare ad entrare nel Glee club.
 
Non per sua volontà, ovviamente.
 
Fu il professor Schuester, il quale gestiva il club, che con una menzogna lo costrinse ad iscriversi. Dopo l’entrata del quarterback della squadra di football, le iscrizioni aumentarono “magicamente”, tuttavia questo non servì di certo a rendere il Glee più popolare.

Kurt non rispose a Carole, si limitò ad allungarle la lettera con le lacrime agli occhi e un nodo alla gola. Lei abbassò lo sguardo sulle mani del ragazzo, per poi guardarlo con aria interrogativa.

Prese la lettera e trattenne il respiro per un secondo. Il giovane presto si accorse di una lacrima pronta a solcare la guancia di Carole e si affrettò ad abbracciarla. Lei lo strinse a sé come una madre stringe  un figlio, perché era esattamente ciò che Kurt era diventato per lei nel corso degli anni.

- Kurt, io … - cercò di dire tra i singhiozzi, ma non riuscì ad andare oltre. Si scostò da Kurt, asciugandosi le guance con il dorso della mano destra. - Sono così fiera di te, Kurt. Non immagini neanche quanto.-

A quel punto, neanche lui riuscì a trattenere le lacrime.
Rimase fra le braccia di Carole, provando un po’ di quella sicurezza che anni prima trovava fra le braccia di sua madre.
 
Fu in quel momento che si aprì la porta d’ingresso. Kurt, anche se con un pizzico di riluttanza, si allontanò da Carole, incrociando lo sguardo di suo padre.

- Kurt, Carole? Sono a ca… che è successo?- chiese Burt, togliendosi il berretto e impallidendo improvvisamente.
- Il nostro ragazzo ha ricevuto la lettera dalla NYADA. –
- E …?- chiese Burt, facendo qualche passo verso il figlio. Il ragazzo abbassò lo sguardo, osservando per qualche istante le sue scarpe.
- Papà ce l’ho fatta.- disse con un fil di voce.
Alzò lo sguardo e buttandogli le braccia al collo ripeté a gran voce – Ce l’ho fatta!-

Il padre lo strinse a sé, senza parole. Suo figlio, il suo ragazzo ce l’aveva fatta.
Sapeva che sarebbe stata solo questione di tempo, perché Kurt era la persona più forte che avesse mai conosciuto. Non importa quanti colpi gli sarebbero stati inferti, quante delusioni avrebbe ricevuto, quante porte gli avrebbero sbattuto in faccia. Kurt sarebbe sempre andato avanti, lottando come un leone.

- Kurt. Fa le valige, prendi il primo aereo e rincorri il tuo sogno, capito? Non permettere a nessuno di ostacolarti.- disse fissandolo intensamente negli occhi e enfatizzando le ultime parole. Kurt sapeva esattamente a cosa, o meglio, a chi si riferisse e non riuscendo a sostenere lo sguardo del padre, abbasso gli occhi.
- Sapevo che ce l’avresti fatta.- continuò Burt. - Non ho mai avuto alcun dubbio. Mai.-

Kurt strinse suo padre ancora per qualche istante prima di fare un cenno a entrambi e correre nuovamente in camera sua. Con la coda dell’occhio vide Burt e Carole abbracciarsi e sentì il cuore stringersi nel petto.
 
Spalancò la porta di camera sua e per poco non inciampò nel tappeto per la gran fretta. Si calmò un attimo, pensando che nessuno lo stava inseguendo e che forse era il caso di arrivarci tutto intero a New York.

Aprì l’armadio ed estrasse la sua valigia più grande, perfettamente conscio che quella sarebbe bastata a stento per i suoi outfit estivi e autunnali. Si fermò improvvisamente. C’era altro che doveva fare prima di pensare alla valigia, all’aereo o a New York. Avrebbe dovuto chiamare una persona in particolare: Rachel Berry.

Rachel era, insieme a Mercedes, la sua migliore amica, nonché ex fidanzata di Finn e già l’anno precedente era riuscita ad entrare alla NYADA.
Entrambi condividevano il sogno di sfondare a Broadway  e sembrava che adesso potessero finalmente portarlo avanti insieme.

Lei era una dei cinque ragazzi che si erano uniti sin dal principio al Glee e spesso amavano esibirsi insieme in spettacolari esibizioni di musical.
 
Prese il cellulare che aveva lasciato prima sul comodino e compose il suo numero.

Uno, due, tre, quattro, cinque squilli.
 
Kurt per la tensione aveva già cominciato a camminare avanti e indietro davanti al suo letto, così tante volte che rischiò di solcare il tappeto.

- Kurt!- rispose un’allegra Rachel all’altro capo del telefono.
- Ce l’ho fatta.- disse Kurt nel tono più pacato possibile.
- A far che? – sentì chiedere alla ragazza.

Si chiese se stesse scherzando, dato che era da circa due settimane che non faceva altro che parlare della lettera che aspettava dalla NYADA.

- Rachel! Mi hanno preso! - si portò una mano sulla fronte, non credendo alle sue stesse parole, per poi sedersi sul letto, dato che sentiva le gambe tremare e cominciava a vedere i contorni degli oggetti leggermente sfocati.

Silenzio.

Il ragazzo iniziò seriamente a preoccuparsi che la sua amica fosse svenuta. O forse era eccessivamente catastrofico e in realtà era solo caduta la linea.

- Rachel, ci sei?-

Silenzio per qualche altro istante, poi sentì quello che doveva essere un respiro profondo.

- Oh. Mio. Dio. Kurt, non stai scherzando vero?!-

Come poteva anche solo pensare che potesse scherzare su una cosa del genere?! Kurt rimase a bocca aperta, chiedendosi se la sua cara amica avesse già assunto alcol, nonostante fossero solo le dieci di mattina.

- Rachel! Non scherzerei mai su una cosa del genere.-
- Okay, mi manca il respiro. Okay. Kurt, tu non capisci cosa tutto questo voglia dire per me! Finalmente avrò sempre accanto il mio migliore amico! Mi aiuterai a fare shopping e a preparare qualche assolo. Sai, qui piuttosto che aiutarmi… -
- Oh, sono così contento che tu sia felice per te! - disse Kurt, sarcastico.

Non c’era niente da fare. Per quanto il ragazzo adorasse Rachel a volte sembrava la stessa ragazzina egocentrica e petulante che era al liceo.

Inizialmente Kurt e Rachel avevano avuto tutt’altro che un buon rapporto. Diciamo pure che si odiavano vicendevolmente.
 
Entrambi desideravano esibirsi negli stessi assoli, i quali per la maggior parte delle volte erano normalmente eseguiti da donne. Non che Kurt non fosse in grado di esibirsi in brani del genere, data la sua voce da soprano, tuttavia era un uomo.
Era in grado di raggiungere note come quelle di Defying Gravity ma, essendo un ragazzo, canzoni come quella venivano assegnate a Rachel.

Eppure Kurt non veniva scelto neanche per ruoli maschili come quello di Tony in West Side Story.

- Kurt, - aveva detto Artie, altro membro originario del Glee e regista dello spettacolo l’anno scorso  – hai i lineamenti troppo delicati e la voce troppo femminile per il ruolo di Tony. Finn sarà più adatto.-

Intanto, Kurt stava aspettando una risposta da parte di Rachel, che sembrava stesse cercando le parole giuste mormorando a bassa voce qualcosa che il ragazzo non capiva.

- Oh, beh… - borbottò infine - … lo sai che sono contentissima per te! Dave che ha detto?-

Dave.

Non aveva minimamente pensato a lui, o meglio, non aveva voluto pensarci.
 
David Karofsky era il suo ragazzo circa un anno. Lo stesso ragazzo che aveva reso la vita di Kurt un inferno per due lunghi anni.

Insieme ai suoi compagni della squadra di football, gli aveva tirato granite di tutti i gusti addosso, l’aveva sbattuto contro gli armadietti del McKinley, l’aveva più e più volte gettato nei cassonetti della spazzatura. Perché?

Perché Kurt era fiero di essere gay.

Infine, David aveva baciato il soprano, strappandogli il suo primo bacio.

Kurt aveva pianto, gridato, avrebbe voluto far finta che non fosse accaduto, eppure Dave glielo teneva ben presente.
 
Giorno dopo giorno minacciava di ucciderlo nel caso in cui avesse rivelato quello che era accaduto fra di loro.

Quando Burt venne a sapere dell’accaduto fece di tutto per far espellere David, il quale venne tuttavia semplicemente sospeso.
 
Aveva implorato suo figlio di trasferirsi, di cambiare scuola, di non farsi trovare al ritorno di Dave, ma Kurt sapeva che ovunque fosse andato, avrebbe ricevuto sempre lo stesso trattamento.
 
Il padre gli aveva proposto anche di trasferirsi alla Dalton Academy, un istituto maschile nel quale c’era tolleranza zero in fatto di bullismo, eppure Kurt aveva rifiutato perché voleva affrontare Dave.
 
E così fece. Quando tornò a scuola, Kurt era lì ad aspettarlo e il suo bullo personale sembrava essere diventato un agnellino indifeso.

- No. -  rispose secco a Rachel.
- Hai paura che si arrabbi come l’ultima volta? –

Kurt rabbrividì pensando alle urla di Dave quando gli aveva detto di aver spedito nuovamente la domanda di ammissione per la NYADA.

- No, Rachel.-
- Kurt, hai intenzione di … -
- Si. – la interruppe.

Mentre guidava per casa di Dave, Kurt ripensò a tutto quello che aveva passato con lui.

Dopo il suo ritorno a scuola, Kurt gli era stato vicino, ma il ragazzo non era ancora pronto ad ammettere la sua omosessualità.

Ciò che mandò definitivamente tutto in frantumi, fu il ballo.
Kurt fu eletto reginetta per via del kilt che aveva deciso di indossare quella sera che, evidentemente, non era stato particolarmente gradito dai suoi compagni di scuola, ma in fin dei conti, il vero problema fu che ad essere nominato re, fu proprio Dave.
 
Spaventato dall’idea che qualcuno potesse sospettare che fosse gay, il giocatore di football scappò, lasciando un imbarazzato Kurt nel bel mezzo della palestra adornata per l’occasione.

Tuttavia Dave non si limitò a fuggire dal ballo.
 
Il lunedì successivo non si presento al McKinley e, da voci di corridoio, il soprano venne a sapere che Karofsky si era trasferito in un altro istituto, scappando da tutti. Stava fuggendo persino da lui, che era stato l’unico a tendergli una mano.

Un anno dopo, a San Valentino, Kurt ricevette una chiamata da David, il quale lo invitò a cena al Breadstix. Il soprano ne rimase sorpreso, tuttavia accettò.

Quello che non si aspettava era che Dave lo avesse invitato a cena fuori per chiedergli se volesse diventare a tutti gli effetti il suo ragazzo.

Kurt rimase senza parole.

In effetti cos’altro avrebbe potuto chiedergli proprio il giorno di San Valentino?!
 
Eppure Kurt, quando si parlava di questioni d’amore, proprio non ci capiva niente.
Non ebbe neanche il tempo di pensarci che un compagno di Dave entrò nel locale, trovando i due insieme. Tutto quello che David riuscì a fare, fu darsi alla fuga.
 
Come sempre. 

La settimana successiva, tutti alla nuova scuola di David erano venuti a sapere dell’omosessualità del ragazzo.

Stanco del troppo peso che le sue spalle apparentemente forti sostenevano, tentò il suicidio.

Fortunatamente non riuscì a portare a termine il suo intento. Due giorni dopo l’accaduto, steso nel letto d’ospedale, intento a fissare il soffitto e tentando di non pensare a nulla, Karofsky ricevette una visita inaspettata.

A varcare la soglia della sua camera fu Kurt, il quale gli si sedette accanto e cercò di confortarlo, ripetendogli che non avrebbe dovuto affrontare tutto quello da solo, che lui ci sarebbe sempre stato.

Quando venne dimesso, Dave si ritirò dal liceo e cominciò a studiare a casa, temendo che ciò che era accaduto si ripetesse.
 
Quando i suoi chiesero se ciò che era stato detto in giro fosse vero, rispose con un secco no.
Praticamente ogni giorno, dopo le prove con il Glee, Kurt si recava a casa di David. Spesso andavano in biblioteca oppure restavano in macchina a parlare per ore, fino all’ora di cena.
 
Kurt ascoltava, Dave piangeva.

Nessuno dei due si rese conto dell’esatto istante nel quale smisero di essere semplici amici e divennero qualcosa di più.
Non ci fu una struggente dichiarazione d’amore, né un bacio inaspettato o una serenata al chiaro di luna, semplicemente un giorno, Dave seduto nell’auto di Kurt di fronte a casa sua, si avvicinò al ragazzo e con voce che lasciava trasparire non poca insicurezza chiese a Kurt se potesse baciarlo.

Kurt sentì qualcosa nello stomaco.

Farfalle? No.

Qualcosa che si avvicinava alla paura, forse.
 
In fondo, quello era il ragazzo che gli aveva portato via il primo bacio, senza curarsi del fatto che magari lui non fosse esattamente d’accordo. Adesso, però, sembrava solo un ragazzino pieno di incertezze, per nulla in grado di fargli del male.

Allora Kurt lo lasciò fare, ma non rispose al bacio.
Tra di loro andò avanti così per molto tempo.
 
Ogni tanto Dave chiedeva un semplice contatto e Kurt glielo concedeva. A volte il ragazzo si chiedeva se David fosse ciò che desiderava davvero, ma non si lasciava mai abbastanza tempo per darsi una risposta sincera.

E, in fin dei conti, ad entrambi andava bene così.

Dave gli parlava dei suoi problemi e delle sue paure, ma a Kurt sembrava che a volte semplicemente non bastasse. Continuavano a tenere la propria relazione privata, perché Dave non era ancora pronto ad uscire allo scoperto.

All’inizio al soprano stava bene, ma con il passare del tempo la situazione cominciò a pesargli più di quanto avesse mai potuto immaginare.

Dopo essersi diplomato, Kurt passò l’estate a pensare cosa ne sarebbe stato di lui  da  quel momento in poi.
 
Sarebbe stato il fidanzato segreto del suo bullo del liceo? Sarebbe stato un fallito che passava le giornate a sfogliare Vogue?

Fu allora che il professor Schuester gli tese una mano, proponendogli di aiutarlo a gestire il Glee Club. Kurt si buttò a capo fitto nel suo lavoro.
 
La sera tornava a casa distrutto, conservando le ultime forze per i suoi rituali d’idratazione della pelle.

La storia con Dave ormai era praticamente una relazione a distanza.
Si sentivano una volta al giorno per telefono e poi passavano il venerdì sera insieme a guardare un film oppure parlando dei sentimenti di Dave, delle paure di Dave, del fallimento di Dave…

A volte al soprano sembrava che all’interno di quella sottospecie di relazione non ci fosse spazio per lui. Fu allora che decise di fare qualcosa unicamente per sé, ritentando con la NYADA.

Spinto da suo padre, dal professor Schuester e da Rachel, Kurt rinviò nuovamente la domanda d’iscrizione. Si esibì davanti a Carmen Tibideaux, la quale si complimentò per i miglioramenti che aveva apportato durante l’anno trascorso. Più felice che mai, aveva parlato a David dell’audizione. Il suo ragazzo aveva chiuso gli occhi, stretto le mani in due pugni, poi aveva cominciato a urlare.

Lo aveva accusato, dicendo che questo era solo un tentativo di fuggire, che in realtà lo stava facendo perché non voleva più saperne nulla di lui.
 
Tutto ciò che Kurt riuscì a fare, fu rassicurarlo, dicendogli che sicuramente non sarebbe stato preso.

Fantastico.

Kurt tirò il freno a mano, fermandosi a poca distanza da casa di Dave. Tenne le mani strette al volante, con lo sguardo puntato nel vuoto, chiedendosi che diavolo stesse facendo.

Voleva davvero andare avanti?
Si.

Prima che potesse ripensarci, scese dall’auto, chiudendo lentamente lo sportello e facendo un respiro profondo. Camminò lungo il marciapiede con gli occhi bassi e nel giro di due minuti si ritrovò davanti casa Karofsky.

Allungò il dito affusolato verso il campanello e suonò. Pochi istanti dopo la porta si aprì. David lo guardò con espressione allarmata e invece ci invitarlo ad entrare, fece un passo in avanti e si chiuse la porta alle spalle.

- Che ci fai qui?! Lo sai che a quest’ora mio padre è a casa. – sussurrò David.

Kurt sentì la frustrazione aumentare sempre di più.
 
Era tutto una farsa. Lo era da sempre e come poteva anche solo pensare che un giorno sarebbe cambiato qualcosa? Strinse i pugni talmente forte che sentì le unghie conficcarsi nei palmi, ciò nonostante non provando alcun dolore.
Come aveva fatto poco prima con Carole, gli tese la lettera, notando come l’irritazione di David crescesse a dismisura.

- Bene. Hai preso la tua decisione, quindi.- 
- Sapevamo entrambi che sarebbe finita così. David, - continuò Kurt, incerto su cosa dire. - io non ti servo. Da quando stiamo insieme non hai fatto neanche un misero passo avanti. Non l’hai detto nemmeno ai tuoi! - disse il soprano, stringendo sempre più forti i pugni e alzando il tono di voce senza nemmeno accorgersene.

Non aveva mai detto quelle parole ad alta voce e adesso sembravano avere un peso del tutto diverso. Per Dave non era nient’altro che uno sfogo. Qualcuno da chiamare poiché non aveva altra scelta.

- Kurt, lo sai che … che io … si, ci tengo a te. – disse David, pronunciando le ultime parole tutto d’un fiato.

Kurt lo guardò sconcertato.

- Non abbastanza evidentemente. Altrimenti saresti felice per me, almeno un po’.-
- Abbassa la voce o ci sentiranno! - sussurrò David, senza ribattere.

Il soprano rise amaramente. Era sempre stato sotto il suo naso e aveva fatto finta di niente. Aveva nascosto quella “relazione” ai suoi amici per Dave. Alla stessa Mercedes. Gli unici ad esserne al corrente erano suo padre, Carole, Finn e Rachel.
 
Riprese la lettera dalle mani di David e fece un passo indietro.

- Ci siamo detti tutto quello che c’era da dire.- 

Kurt gli girò le spalle e si incamminò verso la sua auto.
 
- Kurt. –
 
Il ragazzo si bloccò sul posto.
Sentì un brivido lungo la schiena e una strana sensazione nel petto. Speranza, forse?
Si girò con espressione interrogativa nella direzione di Dave.

- Scusami.-

Kurt rimase qualche istante a fissare la figura curva di David. Annuì e riprese a camminare. Salì in auto e imboccò la strada di casa.

Sentiva gli occhi bruciare, ma non voleva, non poteva versare ancora lacrime per Dave. Era stato così cieco. O meglio, non aveva voluto guardare in faccia la realtà.
Tutto quello che Kurt aveva sempre desiderato era qualcuno che lo amasse.
 
Aveva pensato che David avrebbe potuto essere quel qualcuno. Non aveva nemmeno messo in conto cosa provasse lui stesso.

Voleva che qualcuno gli stesse accanto e adesso si sentiva quasi sporco, perché per quanto Dave l’avesse usato per sfogarsi, Kurt di certo non si opponeva quelle poche volte che il suo “ragazzo” chiedeva il permesso di poterlo baciare.
 
Solo adesso il soprano si rendeva conto di quanto ridicola fosse quella situazione.
Quando c’era qualcosa tra due persone non doveva essere tutto spontaneo?
Tuttavia, quelle piccole attenzioni lo facevano sentire per una frazione di secondo completo.

Ma era così che desiderava passare il resto della sua vita?
E se David avesse deciso di fare coming out, sarebbe davvero cambiato qualcosa?
 
Kurt si ritrovò a chiedersi se avesse mai provato qualcosa che fosse più di un sentimento di amicizia nei confronti di Dave.

Era davvero arrivato a questo punto?

 

Tea's Corner:

Salve a tutti! :D

Ho iniziato a scrivere questa fanfiction qualche mese fa e non so ancora per quale motivo mi sono decisa a pubblicarla xD
Spero il capitolo vi sia piaciuto, anche se in effetti da questo non si capisce molto... Nel caso in cui vogliate capirci qualcosa, aggiornerò ogni martedì.

Tea (:




 

  
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