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Autore: BlueSkied    16/10/2012    1 recensioni
Emily Rochester, giovane addestratrice di cavalli dal passato difficile, è assunta nelle prestigiose scuderie LaMosse, dove, tra adolescenti teneri e stravaganti e padroni senz'anima, il suo cuore si dividerà tra due modi diversi, ma complementari, di amare qualcosa e qualcuno.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Scommettiamo

Da quanto posso ricordare, è stato un sogno ricorrente fin da quando ero bambina. 
Sono sola, in piedi in mezzo a una spianata rocciosa. Arrivano da lontano, e sono sempre due, uno accanto all’altro. Bruciano, lo vedo dal tremolare dell’aria intorno ai loro corpi, e galoppano verso di me. Criniere e code sono fiamme guizzanti, ne sento il crepitio, è un dettaglio chiaro perché non avverto altri rumori. Non posso e non voglio scappare, anche se stanno per travolgermi, e un attimo prima di colpirmi si scansano, passandomi ai lati.
Non so cosa succeda dopo, nelle intenzioni del mio cervello, perché mi sveglio sempre a quel punto.
L’ho appena raccontato a Sasha, che è fissato col paranormale e adora fare lo psicologo da quattro soldi, ma lui si limita a guardare Astrabee esercitarsi nel piaffer guidata da uno dei fantini della scuderia, un certo Abrahms, che a esercizio terminato, si volta verso di me e dice: - Questa cavalla è ottima, Rochester. L’avete già portata a fare le prove di cross – country? – chiede. Annuisco: - Sì, è molto abile anche in quello. Se gareggiassi, è lei che porterei al concorso completo – gli assicuro.
Abrahms è soddisfatto sia della prestazione che della mia risposta, così mi restituisce le redini con un gran sorriso: - Allora conservala per me – mi raccomanda. Dà una pacca sulla spalla a Sasha e se ne va.
Mentre sto strigliando Astrabee, il ragazzo continua a rimuginare sul mio sogno, col naso per aria e le mani in tasca, poi sembra essere colto da un’idea improvvisa:
- Sai, Emily, credo che i cavalli che sogni siano un avvertimento – dice, tornando sulla terra.
– Sì, occhio alle scottature – replico, ironica. Sasha spalanca gli occhi azzurri, identici a quelli della sorella: - No, dico sul serio! – esclama, serissimo, strappando alla cavalla un leggero nitrito di fastidio. Lui abbassa subito la voce di una tacca: - Lo sappiamo tutti che c’è qualcuno da cui dovresti guardarti, no? – sussurra, con aria complice.
Gli scocco un’occhiata: - Juno te l’ha detto? – gli chiedo. Sono un po’ delusa, pensavo fosse un tipo più riservato, ma lui scuote la testa, smentendomi: - Tutti lo dicono. Porter se n’è vantato ieri sera al Grey Stallion – spiega, apprensivo.
Il Grey Stallion è l’unico pub di Barnes, frequentato da quasi tutti i dipendenti dei LaMosse.
– Di che si è vantato, di preciso?- voglio sapere, stringendo gli occhi e passando meccanicamente la brusca sul mantello di Astrabee. Sasha abbassa la voce ancora di più, e si avvicina a me, quasi volesse dirmi un segreto in un orecchio: - Ha detto…- esita, imbarazzato. Evidentemente è una cosa volgare. Lo incito ad andare avanti, e lui mi lancia uno sguardo di scusa: - Ha detto che ci penserà lui a…far correre la puledrina dei LaMosse. Marine era lì con lui, e ha giurato che ci avrebbe pensato lei a metterle la capezza – racconta, mortificato.
Ricomincio lentamente a spazzolare il mantello della cavalla, senza sapere bene che pensare. Nella mia mente appaiono immagini di pestaggi e cose del genere, ma sono cose che fanno troppo scalpore. Se agiranno, lo faranno con mezzi meno eclatanti.
– Ascolta, Sasha – comincio, dopo una breve pausa – Tu e Juno andate spesso al pub? Stasera lo avete in programma? – domando. Il ragazzo fa segno di sì. – Bene - replico – Perché oggi vengo con voi –

A Barnes non c’è molto, se ti vuoi divertire. Per me non è un problema, visto che mi svago assai di rado, ma per i ragazzi deve essere frustrante.
Le poche volte che sono venuta in città con Juno, lei non ha mai mancato di lamentarsene, e questa sera, non fa eccezione: - Davvero, Emily, non so perché sei voluta venire. Lo Stallion non è niente di speciale, come tutto il resto – .
Si guarda intorno, contraendo le labbra rosate e indica la piazza di Barnes: - Niente. Il vuoto assoluto. Tutti vanno nelle città più grandi, ma io non posso usare il furgoncino come voglio. Sai, c’era un cinema, una volta, poi l’hanno chiuso – dice, tutto di fila. Scocco un’occhiata dubbiosa a suo fratello, che articola, per non farsi sentire da lei: “Non le ho detto niente. Ieri sera non c’era”. Ah, ecco. Faccio finta di niente e tiro la zip del parka, osservando: - Che peccato. Mi piace il cinema –
Juno mi guarda, sorpresa: - Davvero? – chiede, come se le avessi detto che sono seguace di una chiesa aliena.
Annuisco : - Sì. Ho una certa passione per l’età d’oro di Hollywood. Sapete, una volta mi sono fatta sei ore di macchina per andare a vedere una maratona su Von Stroheim – racconto loro, con una mezza risata. Capisco dalle loro espressioni vacue che non hanno idea di chi io stia parlando.
– Non importa – taglio corto, con un gesto della mano.
Siamo arrivati davanti al pub. – Allora, coraggio, non sarà un granché, ma la birra è birra – dichiaro, entrando con l’aria più imperturbabile del mondo.  

Il locale è molto più grande di quanto mi aspettassi. Probabilmente, perché è l’unico, rifletto.Ha un aspetto meno chiassoso e caotico dei pub in generale, ma è comunque affollato.
Mi fa una certa impressione riconoscere praticamente tutti. Diversi dipendenti delle scuderie e fantini ci salutano, mentre cerchiamo un tavolo.
Tutto qui dentro grida “LaMosse”: le foto di membri della famiglia alle pareti, dei campioni e la sella del più famoso cavallo dell’allevamento, Pennywise, vincitore di tutte le gare più importanti del paese e medaglia d’oro alle olimpiadi, esposta in bella vista sopra il bancone.
Io, Sasha e Juno ci sistemiamo in un piccolo tavolo, abbastanza discosto, e quasi immediatamente, appare una donna in tacchi alti e sorriso smagliante. Bacia sulle guance i ragazzi Pryce, chiedendo calorosamente come stanno, poi mi nota e il suo sorriso impeccabile si allarga ancora di più: - Guarda un po’ chi è uscito dal guscio – osserva, apparentemente deliziata.
Mi porge una mano dalle lunghe unghie smaltate: - Emily cara, benvenuta a Barnes, anche se con un po’ di ritardo. Sono Vanessa, la padrona di questo posto. Fai pure come se fossi a casa tua – si presenta.
Ricambio la stretta e la ringrazio, ormai non più stupita del fatto che mi conoscano tutti. Lei chiede rapidamente cosa vogliamo e ordiniamo tre birre chiare.
La guardiamo tornare verso il bancone e Sasha sospira. Juno gli tira una gomitata e ride: - Sasha è cotto di Vanessa da anni. Ma non ha speranze – mi rivela, alquanto divertita, mentre lui mette un po’ di broncio. – E perché? Il nostro Sasha è così adorabile – dichiaro, con una mezza risata che mi procura un pugno su un braccio.
Quando le risa si spengono, Juno mi si avvicina e abbassa la voce: - Vedi la ragazza al bancone?- dice, indicando con discrezione. Faccio di sì con la testa. – è la sua donna. Di Vanessa – spiega Juno, non senza una certa ammirazione, che condivido in pieno. Non deve essere semplice essere una coppia gay in un posto come questo. È un’esperienza che ho scontato sulla mia pelle, diversi anni fa.
– Sono molto coraggiose – mi limito a osservare, con distacco.
 Un minuto dopo arrivano le nostre birre, e tra una chiacchiera e l’altra, la conversazione verte inevitabilmente sui cavalli.
Ho appena cominciato a credere che le mie aspettative saranno deluse, quando entrano Marine, Morgan e qualche altro rampollo di famiglia ricca.
Il livello di rumore nel Grey Stallion si abbassa quasi impercettibilmente, mentre prendono posto intorno a un tavolo che ha tutta l’aria di essere riservato. Vanessa corre sollecita a servirli, e loro cominciano a fare gli idioti con le bottiglie e cantare canzoni sguaiate. Scivolo un po’ più vicino a Sasha, perché non mi notino subito, e li osservo da lontano.
Marine LaMosse sta in mezzo a loro come un cigno nero in un’assemblea di polli, arrogante e sprezzante. Immagino si accompagni a Morgan Porter solo per poter mettere in evidenza la sua presunta superiorità.
Juno e Sasha mi lanciano occhiate brevissime, poi si affrettano a tornare ai loro bicchieri, mentre ascolto. Come immaginavo, non ci vuole molto perché il discorso cada su di me:
una ragazza che non ho mai visto, tale e quale a una Barbie, si alza in piedi sul tavolo e improvvisa una camminata da modella:
– Guardatemi! – grida ai suoi amici, che ridono come pazzi, – Sono Emily “Tette di velluto”, la cavallina straniera!-
S’inginocchia sul piano del tavolo e mima l’atto di cavalcare: - Chi cavalcherà la cavallina straniera, scommettete, scommettete! – continua a incitarli, mutando il gesto di cavalcare nella parodia ributtante di un atto sessuale.
I miei occhi e il mio cuore sono di pietra, mentre fisso i decerebrati infilare banconote nella cintura di quell’oca. Nessuno li ferma, e nemmeno ci prova.
Se i miei occhi e il mio cuore sono di pietra, non lo è la mia mente.
Ignorando i goffi tentativi di Sasha di fermarmi, estraggo dieci dollari dal mio portafogli e mi alzo. La gente intorno mi vede e cerca di dissuadermi, ma io non sento niente.
– Io voglio scommettere – dichiaro, a voce alta e chiara, fermandomi davanti al tavolo.
Cala un silenzio gelido come l’inverno, tutto il gruppo si volta a guardarmi, ma è sulla ragazza LaMosse che sono concentrata. Getto il denaro sul tavolo, senza smettere di fissarla negli occhi: - Volevo scommettere, ma pazienza, sembra che sia arrivata a giochi fatti. Usateli pure per comprarvi un po’ di cervello – dico, nel mio tono più amabile.
Le labbra di Marine LaMosse tremano, disgustosamente pallide e sottili. Questa ragazza è repellente, come le zampe brulicanti di un insetto.
Si alza di scatto e mi punta un dito contro: - Non sai chi ti sei messa contro, Rochester! – squittisce, stridula. L’espressione sul mio volto non cambia: - Ma davvero? –
Mi aspetto che replichi, ma non vale tanto. Lei e i suoi amici mi squadrano con occhiate stolide.
In realtà, mi dispiace essere scesa al livello di questi ragazzini del liceo, ma non mi piace la prepotenza. Da nessuno.
Senza un’altra parola per loro, pago il conto alla ragazza del bancone, scusandomi per la patetica scenetta e recupero i ragazzi Pryce, che mi guardano con reverenza e timore.
- Sei nei guai, Emily – mi ammonisce Sasha, appena fuori.
Mi stringo nelle spalle: - Non sono i primi -      
  
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