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Autore: ClaryMorgenstern    16/10/2012    4 recensioni
Clary la ignorò e guardò meglio la statua. Non potè che concordare con Jace su quell'obbrobrio. Le ispirava un disgusto immenso, come d'altronde i demoni che voleva rappresentare. Le unghie sembravano scintillare di sangue fresco, e gli occhi erano vacui, scolpiti senza pupilla e..
Si mossero.
[Crossover The mortal instruments   /   The infernal devices]
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Author's corner: Quarto Liceo scientifico: Dico solo questo. Happy CoLS Day!

Think only of the past as its remembrance
gives you pleasure
J. Austen

Capitolo XV
Gives you pleasure


Quando tornò nella sua camera, vi trovò Jace. Aprì la porta silenziosamente con gli stivaletti alla mano - li aveva sfilati per via del rumore dei tacchetti sul pavimento- ed era entrata nella stanza buia. Lui era in piedi e camminava avanti e indietro per la camera, passando ogni tanto le mani tra i capelli biondi. La stava aspettando.
Jace, da cacciatore esperto qual'era, aveva i sensi più sottili e sviluppati che Clary avesse mai visto. Secondi, per quanto le dolesse ammetterlo, solo a quelli di Valentine. Ma, quando si trattava di lei, Clary sapeva che Jace si faceva distrarre da qualunque cosa la riguardasse. Per questo, preoccupato per lei, non si era ancora reso conto che lei era lì, con lui.
Dove sarebbe rimasta sempre: Al suo fianco.
Quindi, prese fiato. «Jace» Il ragazzo si fermò all'improvviso, con le mani ancora tra i crini biondi, e lentamente voltò il viso verso di lei. Una marea di emozioni gli attraversò il volto: Sollievo, rabbia, esasperazione, felicità, tristezza. Tutte insieme le vennero incontro, quando lui corse ad abbracciarla.
Quando lui sospirò di sollievo, il suo fiato le solleticò il collo, facendola ridere. Lui le mormorava parole all'orecchio, ma erano troppe e troppo veloci perché lei potesse capirle. Sicuramente, volevano rassicurarla, farla stare bene. Ma l'unica cosa che poteva farla stare bene era stare lì, tra le sua braccia forti e calde, a sentire il battito accelerato del suo cuore. Jace aveva lo stesso odore che aveva la prima volta: Sapone e limone. Ma, insieme a quello, c'era un aroma di sottofondo, più delicato e fragrante.
Era profumo d'amore.
Dopo un tempo che le parve troppo breve, lui si staccò da lei. Le sembrò che le avessero strappato una gamba o un braccio. «Ti ho cercata ovunque» disse infine, con uno scintillio freddo negli occhi. «Ovunque» ripetè. «All'aperto, in cucina, nella sala dell'arte, in ogni stramaledetta stanza di questo maledetto istituto!» La sua voce era dura, ma ferita. «Dov'eri?»
Clary aprì la bocca per ribattere con acidità. Erano affari suoi, con chi era. Ma quando fece per dare la sua acidissima risposta, vide di nuovo quel lampo ferito negli occhi di Jace.
Era talmente assurdo che le venne da ridere. Jace, grande e grosso com'era, si comportava come un deficiente geloso perché era un gran cretino insicuro.
Ingoiò il veleno che le opprimeva la gola. «Jace» disse, con calma. «Ero nel giardino sul retro, avevo bisogno di pensare.»
«Ed era con Will, che avevi bisogno di pensare?» l'acidità nella sua voce le fece fare un passo indietro. Come si permetteva a parlarle così? Ora la risposta acida non se la sarebbe evitata per niente al mondo. Ma, prima che lei potesse dire qualcosa, lui l'abbracciò di nuovo. «Scusa» le mormorò con disperazione. «Scusa. Scusa. Scusa.» continuò a ripeterlo per un eternità e, ogni volta, il nodo che sentiva in gola si sciolse un po' di più. «Scusa» ripetè, e Clary seppe che era l'ultima. «Quando ho visto che neanche Will era nella sua stanza, ci ho visto rosso.»
«E' capitato lì per caso. Abbiamo parlato un po' e se né andato.» disse Clary. «Avevo bisogno d'aria fresca. Mi sentivo in trappola.»
Lui si scostò immediatamente, per lasciarle aria. «Ehy!» disse, tornando ad abbracciarlo. «Non così tanta aria!»
La sua risata le scosse il petto. Jace le pose un dito sotto il viso, per sollevarglielo con delicatezza. Quando la baciò, lo fece con immensa delicatezza, posando le sue labbra sulle sue come se le stesse posando su un vaso di cristallo delicato.
La baciò con infinita delicatezza e dolcezza, e ben presto a Clary non bastò più. Fermamente, ma dolcemente, lo mandò a sedere sul letto e si sedette a cavalcioni su di lui. I suoi capelli rossi facevano da velo intorno a loro, come a dividerli dalle brutture del mondo esterno. Non si era mai sentita così al sicuro, come tra le sue braccia.

C'era Jace, sul suo letto. Dormiva con ancora il vestito elegante addosso. Aveva però ancora addosso il panciotto scuro slacciato, le cui falde si aprivano sul petto ampio del ragazzo. Clary non ricordava di averlo mai visto così sereno e rilassato. Forse perché non si era mai soffermata a vederlo dormire.
Si ritrovò ad immaginare un piccolo Jace, steso sulle coperte dell'istituto, con i riccioli che gli ricadevano sul viso, troppo lunghi per non farlo, e i pugni già forti che si stringevano con forza sulle coperte quando stava facendo un brutto sogno. O magari con Alec lì affianco, steso dal lato opposto del letto dando la schiena a Jace.
Clary era ancora sveglia, al suo fianco. Non riusciva a dormire, aveva troppa adrenalina in circolo. Così era rimasta lì guardarlo prima addormentarsi, e poi dormire. Un idea le passò come un lampo nella testa. Probabilmente Jace non glielo avrebbe perdonato. Il più delicatamente possibile, si alzò dal letto. Jace non si diede nemmeno la pena di essersi accorto che lei si fosse alzata. Prese da terra il plico di fogli che aveva portato con sé, arrotolò il disegno di Will e lo pose sulla scrivania, scoprendo un foglio bianco.
Il sole era sorto quando posò la matita.
Molto probabilmente l'avrebbe pagata cara la notte in bianco, ma soffiando sul foglio per togliere i rimasugli di grafite e osservando Jace dormiente sul proprio letto, Clary pensò che ne fosse valsa la pena. Quindi si alzò e andò nel bagno adiacente. Si tolse finalmente di dosso il vestito e lo gettò con poca grazia in un angolo della stanza. Abbandonò la giacca di Jace sul pomello della porta. Si sciacquò e si infilò il suo pigiama improvvisato. La stanchezza le pesava addosso come un mantello di piombo sulle spalle, così quando uscì dalla stanza e si gettò sul letto, nel poco spazio che il corpo di Jace le lasciava, il sonno la prese immediatamente.

A svegliarla fu un urlo.
Clary scattò seduta, in preda al panico e vide Jace, con lo sguardo ancora appannato dal sonno, già in piedi e con le mani su una spada angelica.
Dopo qualche secondo si rese conto che più che un urlo era uno strilletto, decisamente femminile.
Era Sophie. Appoggiata allo stipite della porta, con le mani alla bocca e un'espressione sconvolta sul viso, mentre li fissava.
Clary seguì lo sguardo della cameriera su di sé, e si scoprì con solo la camiciola e i mutandoni vittoriani addosso, come aveva dormito tutte le notti nel XIX secolo. Una spallina della camiciola si era scostata ed era scesa lungo il suo braccio, lasciando scoperta più pelle di quanto fosse opportuno in quell'epoca. In qualsiasi epoca. La rimise a posto, mentre le sue guancie si tingevano di rosso. «Sophie, non è come credi» cominciò a dire lei, mentre Jace si rilassava e si gettava di nuovo seduto sulla poltrona. «Non ci siamo resi conto..»
Ma Sophie non seppe mai di cosa non si erano resi conto. La cameriera si schiarì la voce, recuperando da terra gli asciugamani che aveva lasciato cadere. «Vado a prendervi degli altri asciugamani» e sparì oltre la porta.
Jace ridacchiò. «La pagheremo cara, questa.»
Clary gli lanciò un'occhiataccia. «Che c'è?» fece lui, guardandola di sottecchi. «Molte donne pagherebbero con moneta sonante pur di avermi nel loro letto, sai?»
Clary gli lanciò un cuscino.
Quando arrivarono nella biblioteca, dove una Sophie mezza sconvolta aveva detto loro di andare, diverse paia di occhi si puntarono su di loro. L'unico a cui non sembrava importare l'immensa figuraccia dei ragazzi era Alec, che se ne stava sdraiato su uno dei sedili con gli occhi chiusi e le mani intrecciate sullo stomaco. Se Clary non avesse visto la tensione con cui teneva strette le mani, avrebbe giurato stesse dormendo.
I due ragazzi si sedettero tranquillamente facendo finta di niente. Ma, ovviamente, se c'era l'opportunità di metterli in imbarazzo, poteva non essere colta?
«Sai, Clarissa?» Avrebbe dovuto aspettarselo che Izzy volesse vendicarsi per la sua ultima runa. «Sei terribilmente pallida. Hai dormito bene, stanotte?»
Jessamine, seduta al fianco della ragazza, si stava sistemando i guanti color crema. «Oh. E io che credevo avesse sempre quell'aspetto»
Clary le ignorò, rivolgendosi a Charlotte che, per quanto fosse un adulta e una Nephilim, aveva anche lei uno sguardo severo. «Sappiamo qualcosa di questo Cameron?»
Lo sguardo dell'istitutrice si addolcì un po' «Molto poco» disse. «Come ci hai detto tu per adesso è l'allievo prediletto di Ragnor Fell, ma lo stregone ne cambia uno ogni due mesi. Abbiamo scoperto grazie agli archivi che è stato registrato come stregone di recente, quindi non deve avere di più di venti - venticinque anni di vita. Il suo segno distintivo sono delle ali nere, ma pratica periodicamente un incantesimo per nasconderle.»
Ali nere.
Clary lasciò cadere la testa sul tavolo. Il colpo della sua testa contro il legno fece un gran rumore. Ecco che voleva dire sua madre quando le diceva che aveva la testa dura. Fece per spostare il capo ma una fitta di dolore glielo fece lasciare lì dov'era.
Dove sarebbe rimasta anche lei. Lì dov'era.
«Clary!» Jace le alzò la testa, facendola posare sul morbido del sedile dietro di essa. «Clary, ci sei?»
«L'avevo detto io che non aveva una bella cera..»
Clary si riscosse dal torpore «Ali nere» mormorò, quasi a imprimere meglio quelle parole sulla lingua.
L'oro negli occhi di Jace era fuso di preoccupazione. «Si. Ali nere. Cosa c'è?»
Al posto di rispondere, Clary si alzò e si diresse verso la sua camera, facendo cenno a Jace di non seguirla. Tornò qualche momento più tardi, con un disegno che aveva fatto uno dei primi giorni in cui era arrivata. Raffigurava la stanza di pietra grezza in cui c'erano i cadaveri degli stregoni e la statua nera che li aveva condotti lì. L'aveva fatto per tentare di capirci qualcosa, per cercare quel particolare fuori posto che li aveva condotti fin lì. Finora, comunque, non aveva avuto successo.
Posò il disegno sul tavolo, posando un dito sullo stregone più vicino all'entrata, con un lucente paio di ali nere aperte a ventaglio sul pavimento. «Ali nere.» concluse, piatta.
Se Cameron era uno degli stregoni morti nel XXI secolo, non avevano più niente. E tutto quello che avevano fatto fino a quel momento era stato inutile.
Gli altri Nephilim si erano chinati sul disegno. «Ma non è possibile!» disse Charlotte ormai esasperata. «Magnus ha detto di averlo visto dopo che voi siete arrivati in questo secolo.»
«Deve aver inscenato la sua morte» concluse Jace. Clary immaginò le rotelle nel suo cervello girare all'impazzata. «Ma perché? Si è reso conto che le ali nere sono fuori moda?»
«Starà scappando da qualcuno» propose Clary. «Oppure non voleva fare da cavia per l'esperimento, e ha dato le sue sembianze ad un altro stregone.»
«Direi che non aveva torto» disse Izzy che si controllava i capelli in cerca di doppie punte. «Tutti gli altri sono morti»
«Ma noi no»
Tutti si voltarono verso Alec, silenzioso come un topolino fino a quel momento. «Noi no» ripetè. «Siamo vivi e illesi. Simon è sopravvissuto, ma ha perso la memoria. Gli stregoni, invece, sono morti»
Clary si diede della stupida per non averci mai riflettuto sopra. Si chiese se fosse a questo che stava pensando Alec, ma molto più probabilmente i suoi pensieri erano diretti verso orizzonti meno pragmatici.
Charlotte annuì. «Dev'esserci qualcosa collegato alla razza o al sangue.»
La porta si aprì all'improvviso, così inaspettata che Clary saltò sulla sedia per lo spaventò. Entrò Luigi De Luca, lo Shadowhunter di guardia a Simon insieme a Gabriel. «Scusate l'intrusione» Clary non l'aveva mai notato fin'ora, ma aveva un adorabile accento mediterraneo. «Io e Gabriel ci siamo accordati sui turni di guardia»
Charlotte annuì, grata. «Si, arrivo.» e si alzò per andarsi a sedere in un altro tavolo per discutere con Luigi.
Isabelle si chinò si sporse oltre Jace per arrivarle più vicina. «Chi è quel figo?»
Clary sorrise dando un occhiata a Luigi, seduto e chino sul tavolo di fronte a Charlotte. La stregaluce gettava bagliori argentei sulla sua pelle color cappuccino. Non potè che concordare con Isabelle. Luigi era, effettivamente, uno schianto. «Luigi De Luca. Fa la guardia a Simon»
«Come se Simon avesse bisogno di una guardia» borbottò la ragazza. «Una farfalla è più pericolosa» si gettò indietro i capelli corvini, gettandone un po' in faccia a Jace, che le tirò un ricciolo per dispetto. «De Luca.. Questo nome l'ho già sentito»
«Ci credo» confermò Henry. «I De Luca sono la famiglia di Shadowhunters più potenti d'Italia.»
«Voci di corridoio dicono che abbiano pure relazioni strette con il Papa.» aggiunse Jem quasi distrattamente. Aveva passato tutta la riunione a chiacchierare con Tessa, ignorando tutti gli altri. «Credo sia il parabatai di Gabriel»
«E allora perché è stato mandato in Inghilterra?» chiese Clary. «Non ci sono demoni in Italia?»
Jem fece un verso strano, molto simile a un colpo di tosse per coprire una risata mal riuscito. «I De Luca hanno un trattamento..particolare, per così dire.» disse. «Sono furbi. Non hanno mai intralciato i piani dell'Enclave, si sono sempre tenuti in disparte nelle decisioni importanti. In cambio, fanno quello che gli pare.» Clary guardò Luigi sorridere affabile a Charlotte e lei arrossire leggermente. Si chiese quante volte avesse ottenuto quello che voleva semplicemente sorridendo così.
«Luigi va dove vuole, quando vuole. Si fa affidare qualunque missione gli piaccia. Evidentemente, doveva interessargli il vostro amico»
«Mi sembra piuttosto viziato» osservò Tessa con un cipiglio severo che le ricordò quello di Charlotte.
«Oh, ma non è Simon ad interessargli» Will spuntò all'improvviso dietro Henry. Clary si accorse solo in quel momento della sua assenza alla riunione. Aveva i vestiti stropicciati e gli stivali sporchi di fango fresco, come si evinceva anche dalle impronte che aveva lasciato sul pavimento della biblioteca. I capelli neri erano umidi e lucenti al chiarore della stregaluce, doveva essere uscito sotto la neve, e emanava un odore così forte di gin che Clary lo sentì anche dalla distanza che li separava, arricciando il naso. «Ha una cotta per Jessamine»
La diretta interessata agitò il ventaglio con noncuranza. «A nessuno interessano le tue assurde teorie, Will.»
Il ragazzo fece un sorriso sottile. «Allora me le sono immaginate le lettere d'amore che ti manda.»
La ragazza rispose al sorriso con altrettanta perfidia «Saranno i fumi dell'alcool»
Il battibecco si interruppe all'improvviso. Luigi e Charlotte avevano finito di parlare e si stavano avvicinando al tavolo. Luigi sorrise affabile. «Buonasera» disse in italiano, con una voce che mandò un brivido per la colonna vertebrale di Clary. Jace le lanciò un occhiataccia. «Dovrò ricordarti con chi ti hanno beccato a letto meno di mezz'ora fa.» le mormorò all'orecchio, avvicinandosi a lei per tirarle un ricciolo rosso sfuggito dalla penna con cui teneva alti i capelli.
Clary gli sorrise maliziosa. «Quale tra i tanti?» Ma in realtà quella gelosia un po' le piaceva. Certo, era decisamente fastidiosa le volte in cui si scontrava con Will che, poi, per lei non provava assolutamente nulla. Nessuno con un briciolo di cervello avrebbe mai pensato che Will potesse provarci con lei davvero, vedendo come il ragazzo guardava Tessa.
Era così che gli Herondale ci provavano con le ragazze: Le prendevano in giro, facevano battute sarcastiche e semi-quasi offensive e le guardavano in quel modo. Come un angelo caduto potrebbe guardare il paradiso.
Che idioti, gli Herondale. Ma forse era la loro idiozia a renderli così dannatamente, fastidiosamente e orribilmente affascinanti.
Dopo qualche momento in cui si erano persi in chiacchiere sulle condizioni di Simon, Sophie venne a chiamarli per la cena. Era sempre silenziosa con loro, Sophie. Sin da quando erano arrivati. Certo, la bella scenetta di quella mattina non aveva aiutato a migliorare la situazione, ma Clary aveva la strana sensazione di non piacerle molto. Luigi li seguì affabilmente, continuando a chiacchierare del più e del meno con loro. Era la prima volta che si univa a loro per cena.
Per quella sera, Aghata aveva preparato loro uno stufato di pesce-spada ricco di erbe dal sapore ricco e forte, con involtini dello stesso rosolati con la menta. E per dessert una crostata di marmellata di albicocche con crema chantilly.
Clary si chiese il perché di quel cambiamento improvviso di menù, e sospettò che fosse collegato al loro nuovo ospite.
«Simon è davvero interessante, per essere un vampiro» stava dicendo Luigi portandosi un boccone di pesce alle labbra. «Ha più volte preso in giro Gabriel»
«Comincia a piacermi» annotò Will.
Clary posò la forchetta con troppa forza sul piatto. «Ma si può sapere perché voi» e indicò Jace e Will «ce l'avete tanto con Simon?»
«mmh, fammi pensare.» Jace si portò una mano al mento con aria pensierosa. «E' un idiota. Parla di argomenti idioti. E si veste come un idiota»
«E non dimenticare quella faccia da idiota» aggiunse Will.
Jace sorrise, dandosi uno schiaffo sulla fronte. «Giusto!» Quando Clary lo colpì con la forchetta, fece pure un verso stizzito. «Stai diventando manesca.»
«Solo perché tu stai diventando più idiota»
Jem rise. «A discolpa di Will, lui se la prende con tutti.»
Isabelle scoppiò a ridere «Come tutti gli Herondale di qualunque secolo!»
Nella stanza calò il silenzio.
Isabelle si morse le labbra con aria colpevole. «L'ho detto davvero?»
Clary sospirò. «Si, l'hai fatto» guardò Will. Aveva spalancato i grandi occhi azzurri, che si erano come congelati. La forchetta bloccata nelle mani e lo sguardo attonito e fisso come in una buffa caricatura dei cartoni animati.
E anche Tessa, dall'altra parte del tavolo, aveva uno sguardo sconvolto. Ma, sotto di esso, Clary vi lesse un dolore enorme che si preparava come una marea ad esplodere.
Anche Charlotte, che sembrava il tipo di persona che ormai non si sorprendeva più per nulla, pareva sconvolta.
Solo Luigi, ovviamente, non era sconvolto «Che succede?» disse, rompendo il silenzio nella stanza.
Will si riscosse con un brivido che gli scosse le spalle e, come fosse un riflesso istintivo, come fosse l'unica cosa possibile da fare, il suo sguardo si volse verso Tessa. E allora sbiancò del tutto, si alzò dalla tavola e uscì dalla stanza, lasciando dietro di sé solo il profumo dell' acqua di colonia.

  
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