Piccola
premessa: questa storia è nata
da un momento di noia a lavoro, non me ne vogliate male!!!
Questa
volta era troppo anche per lei. La sua mente non poteva sopportare
oltre. Lo aveva capito dal primo istante, lo aveva sentito nel profondo
della
sua essenza. Credeva di essere forte, lei. Pensare di poter gestire
tutto, lei.
Si era illusa di essere molto più di quanto, sempre
più, sapeva ormai di
essere. Lei. Un'anonima e comune mortale. Si era vista protagonista di
una
favola che mai più avrebbe potuto essere sua. Un dolore
lancinante le lacerava
il petto mentre una profonda voragine prendeva dimora al suo interno.
Vuota.
Non le sarebbe bastato urlare come una psicopatica di notte per
alleviare
l'atroce sofferenza che si era impadronita di lei, a nulla sarebbe
servito
stalkerare madre natura dalla finestra della sua camera durante il
magico
evento del susseguirsi dei mesi, a nulla sarebbe servito cercare di
farsi
violentare in vicoli oscuri, diventare crema di se stessa spalmata
sull'asfalto
in una rovinosa caduta in moto, sfracellarsi dall'alta scogliera della
riserva.
Lui
non sarebbe più stato più suo. Lei non lo avrebbe
più guardato con gli
stessi occhi.
Ora,
più che mai, le era chiaro il vero motivo per cui non voleva
che lei
diventasse come lui, non avrebbe potuto continuare a fingere per
l'eternità.
Fragile
e insicura, aveva deciso per la prima volta di smettere di essere
un'ameba in balia degli eventi e di prendere realmente in mano la sua
vita.
Aveva scritto una mail a sua madre, era sicura che Renee avrebbe in
parte
capito la sua decisione, aveva sempre sperato di riuscire a vedere una
scintilla di personalità nel grigiume della sua unica
figlia. Un misero
bigliettino per Charlie, poche righe per ringraziarlo dei suoi suoi
silenzi e
del suo aver evitato di buttare soldi mandandola da un bravo analista,
dissipare il patrimonio degli Swan per inutili cure per salvarla dal
suo
destino le avrebbe distrutto l'esistenza. Aveva fissato il cellulare,
scorrendo
lentamente i numeri della sua rubrica nell'inutile speranza di trovare
qualcuno
a cui inviare un messaggio, qualcuno a cui davvero potesse interessare
cosa
avesse da dire, che folle paranoia avesse accompagnato i suoi pensieri
questa
volta, aveva optato per Mike, quanto meno avrebbe potuto comunicargli
che lei
non sarebbe andata a lavoro quel pomeriggio. Non aveva avuto il
coraggio di
dirgli che lei non sarebbe più andata a lavoro, cosa avrebbe
pensato sua madre?
Stava per inviare un telegramma ad Alice quando si era accorta che
stava
semplicemente procrastinando il momento. Non aveva più
tempo. Sentiva i
brandelli del suo povero cuore frantumato bruciarle nel petto, dopo
tanto tempo
qualcosa le bruciava dentro....e non era la voglia di farsi possedere
brutalmente sul letto della sua cameretta, che tanto l'aveva vista
disperarsi
per quell'amore nato sotto una stella sbagliata!!!
Faceva
male, troppo male.
Non
poteva più sopportare quel dolore. Non voleva più
sopportarlo.
Le
era servita una rapida ricerca su Google per trovare la soluzione al
suo
male, il degno epilogo di quella travagliata sofferenza. Aveva
sviscerato le
varie opzioni nella vana speranza di riuscire a scegliere quella
più epica...ci
aveva miseramente rinunciato. Non le importava più il come,
le importava farlo.
In quel momento. Subito. Non doveva aspettare oltre.
Era
corsa nel bosco, quello stesso bosco in cui lui l'aveva lasciata la
prima volta, lo stesso in cui lo aveva visto brillare come la fatina di
Peter
Pan, lo stesso in cui si era sentita prelibato bocconcino per denti
aguzzi. Era
lo scenario perfetto, giunta nel bel mezzo della radura se ne era
convinta. Si
era adagiata su delle foglie secche, cercando di trovare la migliore
postura
che la sua goffaggine le consentiva, voleva sentirsi bella almeno in
quel
momento. Aveva respirato a pieni polmoni l'aria umida che la stringeva
come una
pesante cappa, si era concentrata sui rumori che la circondavano
sentendosi
parte integrante del paesaggio, si era resa conto che era proprio
quello il
modo in cui aveva vissuto la sua vita: era sempre stata parte della
scenografia, mai della scena.
Un
lungo respiro. Dolore. La lama conficcata nel suo
petto. Un
dolore reale. Le mani ancora strette sull'impugnatura del coltello da
cucina
che aveva preso poco prima di uscire di casa. Acuto dolore. Il
sangue che
le aveva tinto di vermiglio la maglietta scolorita.
Si
sentiva viva...mentre la vita lentamente si stava allontanando da lei.
Isabella
Marie Swan aveva finalmente preso una decisione nella sua
vita.
Un'amaro
sorriso si era disegnato sul suo volto mentre con poca grazia il
suo corpo si accasciava nella nuda terra pronta ad accoglierla. Aveva
atteso
dolorante di esalare l'ultimo respiro, crogiolandosi nel dolore che
aveva
accompagnato la sua esistenza.
Dolore
infinito.
La
sua mente masochista aveva continuato a prendersi gioco di lei anche
negli ultimi momenti della sua vita riproponendole, come un film
drammatico,
quelle immagini che le avevano distrutto l'esistenza, quelle immagini
che le
avevano lacerato l'anima portandola a quell'estrema decisione. Quelle
immagini
che l'accompagneranno anche nel suo riposo eterno.
Si
era svegliata decisamente presto quel giorno stupendosi di non trovare
gli occhi di Edward, come su fanali, incollati su di se; si sentiva
inquieta e
sola, abituata a sentirsi osservata per l'intera notte, non riusciva a
muovere
un passo senza i suoi occhi fissi sul suo esile corpo. Aveva inspirato
a fondo
l'aria poco profumata della sua stanza, prendendo il coraggio di
alzarsi per
aprire la finestra. I vampiri posso sentire gli
odori? Non le
era ancora chiara tutta la faccenda. A mala voglia si era avvicinata
all'infisso aprendo lentamente un'anta, una folata di vento aveva
spostato la
tenda svelandole la raccapricciante scena: le labbra di Edward stavano
baciando
una bocca che non era la sua, le sue mani si muovevano su una schiena
che non
era la sua, le sue braccia avvolgevano un corpo che non era il suo. Era
rimasta
incollata a fissare la scena, sentendo uno strano calore nascere nelle
sue
viscere. Non aveva mai visto Edward abbandonarsi a una tale passione,
fremere
di desiderio al tocco di quelle mani che no, non era le sue.
"Non
possiamo continuare in questo modo, Edward, devi
dirglielo!!!"
Non
poteva credere a quello che stava vedendo, ancor meno a quello che
stava ascoltando.
"Non
è così facile, lo sai bene. Ne morirebbe!"
La
voce di Edward non nascondeva il dolore di quella triste
verità.
"Mi
sento morire io ogni volta che ti vedo con lei. Non ci pensi a
me?"
Non
poteva essere vero. Era uno scherzo.
"Jake,
sei tutta la mia vita, lo sai. Ho solo bisogno di
tempo!!!"
Le
labbra carnose dell'adorato amico di La Push avevano cercato con
bramosia la gelida bocca di Edward. Si era sentita così
stupida in quel
momento, sapeva benissimo quanto Jacob soffrisse nel vederla insieme ad
Edward
ma si era scioccamente convita che fosse il suo amore per lei a
tormentarlo, in
un istante tutti gli sguardi da dolce cucciolo di Jake avevano assunto
una
sfumatura diversa.
"Ti
amo, Edward!"
"Ti
amo anche io, Jake!"
Quanto
può essere letale un bacio?
Troppo!
Adesso
Bella lo sapeva!!!
___________________________________________ANGOLO
AUTORE___________
Se siete arrivati
alla fine della storia,
forse non mi avrete
odiata,
magari avrete riso
come ho fatto io mentre scrivevo.
Di solito non faccio
ringraziamenti,
ma un grazie lo devo
a chi mi ha dato le info mancanti per comporre la
storia,
senza sapere a cosa
servissero.