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Autore: Maracuja    17/10/2012    3 recensioni
"Il motivo per cui avrebbero dovuto essere affari di Zayn gli sfuggiva, ma Harry sapeva che c'era una connessione diretta tra la sua omosessualità e il ragazzo che gli stava affianco. Forse era il semplice fatto che, nonostante avesse ripetuto a se stesso con quanta più enfasi possibile che Zayn gli era totalmente indifferente, ogni suo gesto destasse il suo interesse. Riusciva a trovare attraente perfino il modo in cui masticava – la stessa carota che gli aveva proibito di mangiare – e non poteva ignorarlo. Se solo non fosse stato così fastidioso..."
HarryxZayn
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incompiuta
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Premetto di non essere una fan degli One Direction (non linciatemi), ma solo una "scrittrice" ispirata. Insomma, ho visto un sacco di ragazze andare in iperventilazione al solo sentirli nominare e ho deciso di fare qualche ricerca, scoprendo che sono dei bei ragazzi e che danno davvero un sacco di materiale sul quale scrivere.
Ho cercato di raccogliere più informazioni possibile (so che voi ne sapete di più, ma non sono al vostro livello, per cui perdonate gli eventuali errori) e questo è quello che è saltato fuori.
Ogni insulto e/o giudizio negativo formulato nei loro confronti deriva dai pensieri del protagonista ed è strettamente necessario alla trama, non voglio offendere nessuno, nè mancare in alcun modo di rispetto ai fan di questo gruppo.
Detto questo, voilà!









Una Boy Band.

Dopo tutti i mesi passati a preparare l'audizione, il senso di sollievo provato all'udire il “sì” pacato di Katy Perry, i sogni di gloria e fama, si era visto inscatolare assieme ad altri quattro bamboccioni in un gruppo canoro, quasi fosse troppo insignificante per avere il palco tutto per sé.

Le immagini di Backstreet Boys, Take That e Blue si facevano prepotentemente strada nella sua testa mentre percorreva il corridoio che portava alle stanze private. Non aveva ancora conosciuto di persona i suoi compagni, ma dubitava fortemente che fossero necessarie cinque voci per cantare una cover.

Aveva provato a parlarne con un menager generale, uno di quelli che comunicavano le decisioni del comitato di X-Factor ai concorrenti, ma lui l'aveva liquidato con una spiegazione sbrigativa: «Non sei Stevie Wonder, bello».

Niente da fare, avrebbe dovuto fare la figura dell'idiota, rassegnarsi a essere paragonato a Geri Halliwell invece che a Chris Brown.

Beh, c'erano sempre i Beatles, loro erano una Boy Band. Che suonava e componeva le proprie canzoni. Canzoni storiche.

Le porte erano tutte uguali, disposte simmetricamente sul lato destro e sinistro del corridoio; sembrava di essere in un campus universitario. Si fermò davanti a quella che recava la scritta “Harrold Style” su un foglio da stampante e le sopracciglia si inarcarono spontaneamente.

Harrold Style.

Harrold.

Lasciò che il pesante borsone scivolasse dalla spalla e finisse sul pavimento, poi, con un sospiro stanco, lo aprì, vi infilò un braccio e lo estrasse stringendo tra le dita un pennarello indelebile, che utilizzò per cancellare una R di troppo sul foglio appeso.

«Sei Harry?».

Si girò verso il suo interlocutore: un ragazzo biondo – troppo biondo – poco più basso di lui, con un taglio di capelli fastidioso da guardare e un'espressione ebete sul viso.

«Sì» tagliò corto.

«Io sono Niall, Niall Horan».

Gli porse la mano e lui attese un paio di secondi prima di alzare il braccio – con lentezza esasperante – e stringergliela.

«Siamo in gruppo insieme» continuò.

«Lo so, ho visto il foglio».

Non gli piaceva. Aveva l'aria da bravo ragazzo, noioso e fissato con la grammatica.

«Hai conosciuto gli altri?».

«No, sono appena arrivato».

«Anche io».

Rimasero in silenzio per qualche istante, Horan fissava il pavimento, Harry si sforzava di non ridere della situazione, non tanto perchè fosse realmente divertente, quanto per l'umorismo dubbio dei burocrati che avevano deciso di mettere lui e quell'ossigenato nello stesso gruppo.

«Hai cancellato una R dal tuo nome».

La risata uscì di getto: non poteva davvero aver fatto un'osservazione così stupida.

«Hanno sbagliato a scriverlo» spiegò.

«Ah, capisco».

Il sorriso di circostanza che aveva usato per le presentazioni era ricomparso sul suo viso, forse incoraggiato dallo scoppio di ilarità dell'altro.

«Beh, io sono nella stanza alla tua destra, quindi bussa se hai bisogno di qualcosa» si congedò.

Harry annuì con poca convinzione, raccolse il borsone biascicando un “certo” e alzando la mano in cenno di saluto, aprì la porta della sua camera e se la richiuse alle spalle per poi sbuffare sonoramente.

Era combattuto tra il correre a ritirare la propria iscrizione al programma e il sistemare le proprie cose, conoscere gli altri strambi compari e iniziare la pagliacciata, sicuro del fatto che se non avessero sfondato come cantanti avrebbero sempre potuto fare domanda al circo.

Mentre infilava i cd nelle apposite fessure accanto allo stereo si sentì in colpa per essere stato tanto brusco con Niall, nonostante fosse praticamente certo che lui non se ne fosse reso conto: avrebbe dovuto pensare che si trovava nella sua stessa situazione e, probabilmente, anche lui avrebbe preferito cantare per conto suo. Lasciò perdere Lady Gaga e sospirò, raggiungendo in pochi passi la porta e aprendola. Avrebbe percorso i metri che lo separavano dalla stanza del biondo e gli avrebbe offerto una lattina di birra se non si fosse trovato di fronte a un quadretto particolare: due ragazzi vagamente simili tra loro e un terzo dalla pelle e i capelli più scuri erano letteralmente accampati in corridoio, seduti sui loro borsoni.

Rimase ammutolito per qualche istante prima di schiarirsi la voce e attirare la loro attenzione.

«State cercando le vostre stanze?».

Uno dei due castani annuì facendo leva sulle ginocchia per alzarsi; così fece il suo sosia, mentre il terzo rimase seduto e aggiunse: «Non ci sono i nostri nomi sulle porte, abbiamo cercato ovunque».

Il ragazzo più alto si avvicinò e sbirciò il nome sulla sua porta.

«Sei in gruppo con noi» constatò prima di porgergli la mano come aveva fatto poco prima Niall. «Liam Payne» si presentò.

Questa volta gli strinse la mano all'istante e accompagnò il gesto con un sorriso ammiccante. “Buongiorno, Liam Payne” mormorò una voce maliziosa nella sua testa.

«Harry Styles».

«Io sono Louis» si introdusse il ragazzo che gli somigliava – ma era privo del suo fascino – stringendogli a sua volta la mano, mentre il terzo si limitò a dire «Zayn», senza nemmeno preoccuparsi di guardarlo in faccia.

Harry scoprì che tutti, incluso il biondino timido, erano dei bei ragazzi e la domanda fatalista “perchè a me?” trovò risposta: business. Se anche avessero fatto schifo musicalmente parlando ci sarebbero state miriadi di preadolescenti arrapate pronte a spendere soldi per votarli grazie al loro bel faccino.

«Siamo in cinque, vero?» chiese Louis.

«Sì, Niall è nella stanza accanto» rispose lui, indicando con il pollice un punto imprecisato alla sua destra.

«Beh, avremo tempo per conoscerci. Suppongo che dovremmo chiedere a qualcuno delle stanze».

«Beh, allora ci vediamo dopo» disse, rivolto a Louis ma con gli occhi puntati in quelli di Liam, che sorrise di rimando.

«Vi dispiace chiedere anche per conto mio?» chiese Zayn, gli occhi chiusi e la testa abbandonata contro la parete.

«Sicuro» asserì Liam prima di svoltare l'angolo, seguito dallo sguardo di Harry.

Quando anche l'ultimo arto del ragazzo fu sparito, Harry spostò la sua attenzione su Zayn: sembrava esausto, stravaccato malamente su quella che – ora ci aveva fatto caso – era una borsa da calcio, ma questo non sembrava intaccare la piega perfetta dei suoi capelli, né l'abbinamento apparentemente casuale dei vestiti, in realtà studiato nel dettaglio per non apparire troppo snob o trasandato.

«Non devi stare lì, ho un divano. Vuoi entrare?».

«No, grazie».

Si pentì all'istante dell'impulsiva cortesia e scrollò le spalle, stizzito, senza pensare che l'altro non avrebbe potuto vederlo.

«Come vuoi» aggiunse e chiuse la porta.

Si era quasi dimenticato di Niall Horan, ma non era nello stato d'animo adatto per stringere nuove amicizie, per quanto fosse necessario. Perchè quell'idiota aveva preferito restare appiccicato a un muro piuttosto che accettare il suo invito?

Tornò a gettare oggetti e vestiti alla rinfusa nei cassetti, poi sbirciò dal buco della serratura per controllare le mosse di Zayn: era ancora lì, nella stessa posizione, o quasi.

Non era un tipo permaloso e non aveva idea del motivo per cui quel ragazzo fosse riuscito a irritarlo tanto in meno di cinque minuti, ma già non riusciva a sopportarlo. Si ritrovò a sperare vivamente che anche gli altri la pensassero come lui, in modo da parlarne alla commissione e buttarlo fuori dal gruppo. Magari anche Niall. Liam poteva restare.

Si gettò sul letto per saggiare la consistenza del materasso; lo trovò troppo morbido per i suoi gusti, ma c'era di peggio.

Aveva fatto parte di una band a Holmes Chapel, i White Eskimo. Cantava da solo, era al centro dell'attenzione, gli piaceva.

Rimase a fissare il soffitto per chissà quanto tempo, nella testa il ritornello di “Rock your body” di Justin Timberlake e nient'altro, quando qualcuno bussò alla porta. Si alzò con fatica e aprì.

«Ehi!».

Era Louis, ma dietro di lui c'era Liam, quindi era ok.

«Ehi».

«Tutte le stanze sono occupate, hanno detto che dovremo stare nelle vostre finchè qualche concorrente non verrà eliminato».

«Ah...».

Le cose stavano degenerando: prima la Boy Band, ora la convivenza forzata.

Si spostò per lasciare che i due entrassero e fece per chiudere la porta quando il borsone di Zayn e la testa bionda di quell'altro sulla soglia gli fecero intuire che quella era una riunione di condominio. Lasciò che passassero e, con l'ennesimo sospiro, si chiuse la porta alle spalle.

«Bene, direi che ci siamo tutti» Louis sorrise e scrutò i compagni di gruppo, mentre Liam si guardava intorno circospetto e Zayn lasciava cadere il borsone e sprofondava nel divano che prima aveva snobbato. Niall era fermo, come un idiota.

«Dovremmo metterci d'accordo per la disposizione delle stanze» continuò il ragazzo.

Zayn aveva gli occhi puntati su Niall da quando erano entrati e fu il primo a dire: «Io resto qui».

E no, bello.

«Se a Harry va bene» aggiunse con un grande sorriso carico di sfida.

«Certo» rispose lui, sarcastico. «Ma siamo in cinque, quindi una stanza sarà da tre».

Liam, Liam, Liam, Liam, Li-

«Oh, non c'è problema, Louis e Liam possono stare nella mia».

Il vago disappunto che aveva provato fino a quel momento nell'avere intorno Niall Horan non era niente paragonato alla furia omicida di adesso. Quell'idiota lo aveva appena condannato a vivere insieme a Zayn – e nessun altro – per chissà quanto tempo. Lui, al contrario, pareva sollevato nel sapere di dover sopportare un solo coinquilino, e ancora di più dal fatto che non fosse Niall.

«Allora è deciso» affermò Louis, solenne. «Abbiamo un'ora e mezza prima delle prove, quindi direi che possiamo vederci lì. Intanto ne approfitto per mettere a posto le mie cianfrusaglie» si congedò con un occhiolino e uscì dalla stanza.

Non sembrava antipatico, ma mostrava una certa attitudine comandina che affossava le ultime speranze di protagonismo di Harry.

Dieci minuti dopo, nonostante avesse fatto il possibile per prolungare la loro visita, anche Niall e Liam uscirono, lasciandolo solo con il suo ospite.

Impilò le tazze di the vuote e le lasciò nel minuscolo lavandino, indeciso tra il lavarle seduta stante e continuare a ignorare l'altro e assecondare la pigrizia, sperando di ritrovarle pulite la mattina seguente.

«Ti sei sistemato bene» commentò Zayn, ancora fermo sul divano, ma con lo sguardo mobile.

Gli lanciò uno sguardo in tralce. Avrebbe dovuto essere gentile?

«Già».

Nessuna risposta; pareva essere totalmente a suo agio e non si era neppure scomodato a chiedergli se avesse bisogno di aiuto.

Aprì il rubinetto e afferrò di malagrazia una spugna insaponata; le tazze furono pulite nell'arco di due minuti e Harry si trovò a pensare che avrebbe dovuto invitare a cena tutti i concorrenti per non avere a che fare con Zayn, almeno per mezz'ora.

«Non ti piaccio».

Era un'affermazione, lo capiva dal tono cupo e leggermente divertito.

Si voltò verso di lui: le gambe incrociate sul borsone ancora chiuso, la schiena sprofondata tra i cuscini, le braccia mollemente distese sulla spalliera, un sorriso obliquo sul viso, lo stesso che aveva indossato pochi minuti prima. Sembrava che lo sfottesse e questo lo faceva innervosire.

«Non l'ho mai detto» rispose asciutto.

«Non hai nemmeno detto il contrario».

Rimasero in silenzio a squadrarsi per qualche secondo, poi Harry indicò il borsone con un cenno della testa.

«Dovresti mettere a posto le tue cose».

«Non ce n'è bisogno, non credo che rimarremo in gioco tanto a lungo».

Almeno la pensavano allo stesso modo sul loro destino a X-Factor.

Si sedette su un pouff accanto al divano, poggiò un gomito sulla gamba e adagiò la testa sul palmo, continuando a fissare Zayn.

«Perchè hai voluto restare in stanza con me se pensi di non piacermi?».

«Perchè tu mi piaci. Più di...».

«Niall».

«Sì».

Ancora silenzio. Cosa aveva fatto per stargli simpatico, davvero, Harry lo ignorava totalmente.

«Comunque sbagli» disse scrollando le spalle, e non fu certo di mentire. C'era qualcosa nel suo modo di fare che lo stizziva, ma allo stesso tempo lo intrigava.

«Ah, ti piaccio?».

«Sì».

L'orologio ticchettava rumorosamente, scandendo il tempo in cui restavano muti e inattivi. Harry si appuntò mentalmente di togliere le pile all'aggeggio prima di andare a dormire.

«Che ne pensi di Louis?».

Zayn si strinse nelle spalle.

«Parla troppo, ma è a posto».

Harry si lasciò scappare un sorriso.

«E Liam?».

«Boh».

Silenzio.

«A me sta simpatico».

«Sì, l'ho notato».

«Davvero?».

«Gli fissi il culo».

Sgranò gli occhi e non potè impedire alla mascella di cedere un po'.

«Non è vero».

«No».

«Non sono gay».

«Mmh...».

Silenzio.

L'orologio segnava le quindici e venti, mancavano ancora quaranta minuti alle prove e Harry non era certo di poter reggere una conversazione tanto lunga, specialmente se includeva Liam e il suo – bellissimo – culo.

«Ti va una birra?».

«Certo».

Si alzò, diretto al minifrigo, e tornò indietro con due lattine. Non erano fredde, ma non aveva di meglio in camera e non c'era verso di andare in giro per locali a quell'ora.

Zayn prese la sua e lo ringraziò sommessamente, la aprì e ne svuotò metà in pochi sorsi.

«Il gruppo non è un problema» disse all'improvviso, mentre Harry iniziava a sorseggiare la sua.

Era strano come una birra in compagnia potesse rendere le persone più socievoli, più dell'alcool stesso.

«C'è un problema?».

«Non lo so. Non mi piace l'assortimento, ecco...».

Lo capiva benissimo: nemmeno a lui l'idea di dover cantare insieme ad altri quattro ragazzi, uniti solo dall'aspetto gradevole, faceva impazzire.

«Magari troveremo il nostro stile e... non lo so, andremo d'accordo».

«Tu cosa ascolti?».

Harry lanciò un'occhiata allo stereo e sorrise.

«Rihanna, Jessie J, Lady Gaga... The Wanted...».

«Commerciale» sbuffò lui.

«Tu che ascolti?» ribattè sollevando un sopracciglio.

«La stessa roba» rise.

«Era giusto per criticare?».

«Mi aspettavo qualcosa di più trasgressivo. Che ne so, gli Slipknot».

«Non è il mio genere».

Non c'era più silenzio, la tensione si era allentata da quando avevano iniziato a parlare di musica. Zayn aveva portato alcuni dei suoi cd, che si erano rivelati essere decine, e i quaranta minuti erano passati più velocemente di quanto non si sarebbe aspettato. Di certo non avrebbe pensato che quel ragazzo scontroso e taciturno sarebbe diventato così prolisso nel giro di pochi minuti, come non si sarebbe mai azzardato a scommettere di vedere più di un sorriso – uno vero – illuminargli il viso durante la stessa conversazione.

Se ne rese conto solo dopo qualche ora, ma gli piaceva; non sapeva dire nemmeno quale fosse il soggetto della frase. Forse il suo sorriso, forse il fatto che Zayn, contro ogni aspettativa, fosse la prima persona con cui aveva socializzato da quando aveva messo piede in quegli studi.

Forse non sarebbe stata una convivenza così difficile.

  
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