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Autore: BlueSkied    17/10/2012    1 recensioni
Emily Rochester, giovane addestratrice di cavalli dal passato difficile, è assunta nelle prestigiose scuderie LaMosse, dove, tra adolescenti teneri e stravaganti e padroni senz'anima, il suo cuore si dividerà tra due modi diversi, ma complementari, di amare qualcosa e qualcuno.
Genere: Introspettivo, Sentimentale, Sportivo | Stato: completa
Tipo di coppia: FemSlash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Contesto generale/vago
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Il rosso e il nero


Il sangue sgocciola in lunghe scie sottili, macchiando lo zerbino.
Wood aggrotta le ciglia e sentenzia: - Maiale. È sangue di maiale, bambina. Devono averlo preso ai macelli, non è difficile – spiega. Non fa commenti sull’insulto dipinto a lettere cubitali sulla porta della mia stanza, e gliene sono profondamente grata. Sono passate quasi due settimane dall’imbarazzante spettacolo al Grey Stallion, onestamente credevo si muovessero prima. Woodback osserva ancora la porta per un po’, poi si passa le mani sui pantaloni e si risistema il cappello:
- Vado a prendere i secchi di vernice. Non ci vorrà molto – mi assicura, ma io lo fermo:
- No, devo farlo io. Grazie, Wood, ma non è necessario – dico, in fretta.
Il vecchio mi scruta con un’occhiata un po’ obliqua: - Ma sei sicura? – chiede, scettico. Annuisco energicamente, e lui alza le spalle, con rassegnazione: - Come vuoi. Torno subito – dice, e se ne va verso la rimessa.
Devono averlo fatto mentre eravamo tutti ai recinti. Per ore, vicino agli alloggi dei dipendenti, non c’è nessuno. Le lettere scarlatte brillano beffarde nella luce gialla del pomeriggio, dichiarandomi: “ Puttana ”.
Non mi aspettavo niente di più elaborato, in effetti.
Se fossi un’ingenua, cercherei di parlarne con i LaMosse, ma so che è inutile. Quindi, come al solito, me la caverò da sola. Ci sono abituata.
Woodback torna con la vernice e io comincio il mio lavoro solitario. Mentre scartavetro le tracce di sangue, rifletto su cosa succederà adesso: mi troverò insetti nella spesa? Strapperanno tutti i miei vestiti? Metteranno colla sulle mie selle? Non ho avuto mai avuto a che fare con questo tipo di bullismo scolastico, quindi non so se arrabbiarmi o meno.
Se avessi quindici anni sarebbe un conto, ma questa è una semplice questione di ragazzini viziati e immaturi. Se non ci pensano i genitori, non posso preoccuparmene io. Non credo che faranno qualcosa di veramente pericoloso, non possono davvero essere così stupidi. Al massimo, sopporterò un po’ di imbarazzo, concludo, passando metodicamente il pennello sul legno.
L’unica cosa che mi secca davvero, è che mi hanno fatto perdere un’ora di lavoro.
Appena finito, corro alla stalla, ma Sasha mi viene incontro, piuttosto agitato:
- Emily, ti hanno chiamata alla stalla numero uno. Hanno un problema con un cavallo – mi dice, d’un fiato.
Lo guardo, un po’ storto: - Perché mai hanno chiesto di me? Ci sono gli stallieri migliori della scuderia, lì…- domando, a metà tra perplessa e scocciata, intravvedendo noie in arrivo.
Infatti, Sasha abbassa la testa, dispiaciuto: - Si tratta del nuovo cavallo di Marine LaMosse – rivela. Mi trattengo dall’alzare gli occhi al cielo e imprecare. – E va bene – mi arrendo.


Appena arrivati alla stalla numero uno, mi accorgo che la situazione è seria.
Tutti i cavalli, nella zona dei box di quelli di famiglia, scalciano e nitriscono, come se qualcosa li stesse facendo impazzire. Roman mi vede sopraggiungere e mi trascina fra un mucchio di gente confusa.
Il motivo del caos è un enorme stallone morello, completamente imbizzarrito, che tenta con ogni mezzo di liberarsi dei tre uomini che lo tengono alla lunghina. Lo schiocco dei denti che mordono a vuoto mi fa rabbrividire, un calcio da quelle zampe può essere fatale. Hawkeye era un orsacchiotto di pezza, in confronto.
Un forte strattone dell’animale manda a terra uno degli uomini, che altri non è che Art. Alle mie spalle, una voce femminile rompe in un gemito di terrore. È Florence, che insieme a Marine e a Elizabeth, assiste alla scena, spaventata a morte.
Incrocia il mio sguardo, e per una volta, non è disprezzo che comunica: è una richiesta di aiuto. D’altro canto, l’espressione di Marine mi fa ribollire il sangue: sta assistendo alla scena con una specie di sorriso perverso.
Distolgo in fretta la mia attenzione da lei, per portarla su Elizabeth LaMosse. Ci guardiamo per un lungo istante, instaurando un patto silenzioso, e mi decido.
Mi faccio avanti a gomitate fra la gente che assiste, mentre il cavallo impenna, rischiando di travolgere anche Ashton LaMosse, che molla la presa. Ora quella bestia nera è libera, e punta dritto verso la folla.
Grido a tutti di levarsi di mezzo, e quelli obbediscono in un baleno. Sto per azzardare una cosa che ho fatto solo una volta, e non so se ci riuscirò.
Mentre il galoppo del cavallo aumenta, un treno contro di me, io comincio a correre verso di lui. Sento da lontanissimo le grida: - Sei impazzita? Ti ammazzerà! – ma non m’importa.
Ora siamo io e lui, i miei occhi nei suoi, sbarrati e folli. Siamo sempre più vicini, e il mio cuore sta per esplodere.
A un passo dall’impatto, scarto rapida a sinistra. Mi sfreccia accanto come una nube nera e afferro saldamente la sua criniera, dandomi la spinta per balzargli in groppa. Per alcuni attimi di delirio, è ingovernabile, come un’auto senza volante, mentre concentro tutte le mie forze a mantenermi in equilibrio su di lui. Riesco a impugnare le redini, infine, con un grido di esultanza. È come stare a cavallo di un roller coaster: cerca di sgropparmi, s’inarca, morde l’aria, ma io tiro le redini, senza paura. Lo stallone inizia a rallentare, ancora isterico ma gestibile.
Lo volto e lo faccio tornare indietro, verso il suo box. Ashton LaMosse capisce e corre ad aprire lo sportello.
Entriamo, ma non riuscirò mai a legarlo così.
Non ho tempo da perdere: incurante del fatto che lì dentro sia pieno di uomini, mi sfilo la maglietta e la strappo con i denti, ricavandone una rozza benda. Con cautela, la metto sugli occhi del cavallo, che sul momento impenna, agitandosi di nuovo, ma inizio a parlargli, ferma e rassicurante. Non si fida affatto di me, ma si calma abbastanza per permettermi di scendere e di legarlo nel box.
Gli tolgo la stoffa dagli occhi e salto fuori dal cubicolo, chiudendo veloce lo sportello dietro di me. Ho le gambe molli, la testa mi gira e sono in reggiseno di fronte a metà scuderia e all’intera famiglia LaMosse. I capelli, benedetti loro, fanno un bell’effetto tenda, ma incrocio le braccia sul petto, in un gesto di pudore istintivo.
Sasha, miracolosamente, sbuca dalla folla con la sua camicia in mano e me la porge. Appena mi sono ricomposta, Ashton LaMosse si fa avanti, pallido, ma distaccato come al solito:
- Credo che tutti noi le dobbiamo un grosso favore, signorina Rochester – dice, stringendomi la mano.
Io non replico,ricambiando la stretta, ma getto un’occhiata allo stallone nero, che ora gratta a terra con uno zoccolo, le orecchie indietro e gli occhi spalancati. – Potete farmene uno, signor LaMosse – dico, infine – Nessuno monti quell’animale -. 
L’uomo mi guarda, con un’occhiata densa di significato. So che ha capito e che seguirà il mio consiglio. Art alza i pollici, in segno di riconoscenza, mentre sua moglie mi restituisce uno sguardo incerto, ma non più sprezzante.
Elizabeth non mi guarda, ma per qualche motivo, vorrei lo facesse.
Marine invece sì, e in lei trovo tutto quello che mi aspettavo: paura, stupore, odio.
Il morello nitrisce, forte.       
  
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