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Autore: chilometri    17/10/2012    28 recensioni
Loving you is a suicide; Larry Stylinson as a romance.
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«Di chi è quell’indirizzo?» Louis non rispose, ed Harry divenne furioso, avvicinandosi minaccioso al moro.
«Di chi è quel numero, Louis?» voleva apparire duro, ma la voce lo tradiva.
«Perché cazzo non rispondi?!» alzò la voce di un’ottava e, senza rendersene conto, prese il moro dal colletto, sbattendolo contro il muro.
Quest’ultimo spalancò gli occhi, boccheggiando: forse fu quello che fece rendere conto al riccio di quello che aveva davvero fatto, lasciandolo di scatto.
«Oddio, scusami. Scusami, non- non so cosa mi sia preso.. è… scusami, è che…» Harry prese a singhiozzare e il moro indietreggiò, quasi spaventato.
«Ti prego, dì qualcosa! Spiegami, non… non c-capisco cosa… che significa?»
Genere: Angst, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nome: Loving you is a suicide.
Rating: Arancione. 

Disclaimer: Gli One Direction non mi appartengono in nessun modo - purtroppo - , come tutti i cantanti qui citati/linkati.
La storia non è stata scritta a scopo di lucro. 
Conteggio parole: 6.286.
Note: Slash, (it's Larry Stylinson, bitches.), Angst, Drammatico. 

ATTENZIONE: 
Leggete con in sottofondo le canzoni che vi liko, vi piacerà di più. c: 

(cliccate sui quadrati neri che escono, per capirci ewe) 
E seguite l'ordine, cioè, se trovate una canzone, la ascoltate, e poi trovate
un'altra canzone, cambiate anche se quella che state ascoltando in quel momento non
è finita, perché vuol dire che cambia scena e.e





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- Loving you is a suicide.
 




«Buongiorno, Louis.» Esclama con un sorriso sul volto il riccio, alla vista di Louis.
Questo non risponde, ma ormai Harry ci è abituato, così si siede per terra, sul terriccio freddo e col venticello fresco che gli scompiglia i pochi capelli rimastigli in testa, e respira l’aria fresca.
«Mi sento più acciaccato del solito, sai? Brutta cosa la vecchiaia.» ride, ma Louis non ricambia, così Harry storce il volto in una smorfia, alzando gli occhi al cielo.
«Non sei mai stato un tipo silenzioso, insomma Loueh!» niente.
«Va bene, non ne vuoi proprio sapere di parlare eh? Allora credo di essere costretto a raccontarti una storia…» Harry sorride, le fossette ormai coperte da qualche ruga, «no, non fare così. Lo sai meglio di me che oggi è il nostro anniversario!»
Così prende un respiro ed inizia a pensare a cosa può raccontare al suo amato, poi si illumina.
Harry si ricorda ogni minimo dettaglio di quel giorno, ogni singola parola, ogni singolo sguardo, ricorda la scossa che aveva percosso la sua spalla quando aveva incrociato i suoi occhi celesti –oh, che siano dannati quegli occhi.
Il primo giorno che Harry incontrò Louis, correva verso quella metro che gli avrebbe fatto – inconsapevolmente – incontrare chi gli avrebbe stravolto la vita. 

 

 



Il riccio sbuffò sommessamente, mentre, infilandosi il berretto di lana grigio, si affrettava a cercare il telefono che, sbadato com’era, chissà dove aveva cacciato.
Il risultato fu che lo trovò solo quindici minuti dopo conficcato tra il cuscino del divano bianco e il sedere di Zayn a premervici sopra.
Harry sorrise, piegandosi sulle proprie ginocchia e decidendo che sarebbe stato meglio svegliare il moro che sonnecchiava rumorosamente, piuttosto che addentrarsi nei meandri del divano con il rischio che il pakistano di svegliasse e pensasse chissà cosa stava facendo con le mani sotto il suo sedere.
Perché Zayn sapeva che Harry era gay.
Harry lo era sempre stato e detto sinceramente, si era sempre sentito attratto dai lineamenti del moro, dai suoi occhi marroni e dalla pelle ambrata, dai modi di fare dolci e scontrosi allo stesso tempo, un po’ come la sua voce sottile, roca e scontrosa contemporaneamente.
Perché Zayn era confusione, era spaesamento, e quando lo guardavi negli occhi era come se per una frazione di secondo non capissi sul serio dove ti trovassi.
Harry qualche tempo prima aveva anche temuto di essersi preso un’infatuazione di quelle epiche per il ragazzo ed una volta, si ricordava di essersi sorpreso a pensare che la sua non fosse solo una cotta ma un’ustione di settimo grado mentre, slacciandosi la patta dei pantaloni, placava le sue stupide voglie da adolescente in fase di crescita.
Ma col tempo, crescendo e maturando, Harry aveva perso l’interesse e Zayn era semplicemente diventato il suo compagno di appartamento, nonché di università e di vita.
A ventidue anni, Harry, non credeva nemmeno più di essere omosessuale, sapeva solo che il suo modo di vivere era sempre stata confuso e le uniche cose di cui aveva una certezza erano l’università di legge che gli avrebbe aperto le porte per il futuro, e Zayn.
Scosse la testa, notando con grande sconforto che si era fermato troppo a pensare e che se non si fosse dato una mossa le lezioni sarebbero cominciate senza di lui.
«Zayn…» sussurrò, scuotendolo leggermente e alzando gli occhi al cielo quando, per tutta risposta, il pakistano iniziò quasi a russare.
«Zayn!» disse, questa volta più autoritario, ma con scarsi risultati.
Oh, e va bene! 
Harry si alzò dirigendosi verso la sua stanza e cercando la tanto fastidiosa sveglia che sua madre gli aveva messo in valigia qualche mese prima dicendogli che con quella non avrebbe proprio potuto fare ritardo e che si sarebbe svegliato subito (ed, ovviamente impaurito da quale potesse essere il rumore della sveglia Harry era corso a comprarne un’altra appena trovato un appartamento dove sistemarsi).
Tornò nel salotto, la sveglia in mano ed un sorrisetto sadico sul volto e solo un secondo dopo azionò quell’aggeggio; non passarono nemmeno sei secondi che Zayn balzò in piedi dal divano, gli occhi spalancati e i capelli arruffati, poi, capendo la situazione, assottigliò gli occhi e guardò male Harry.
«Spegni quell’aggeggio! » disse, per poi ributtarsi sul divano.
«Non fino a quando non alzerai il tuo prezioso culetto e lo porterai nel bagno. Siamo in ritardo, hai…» diede un’occhiata all’orologio della sveglia (ancora in azione) «…esattamente sette minuti prima che la metro passi e, amore mio, siamo solo alla prima settimana, non mi pare il massimo arrivare in ritardo.»
Intanto, mentre Harry parlava e la sveglia suonava, Zayn sembrava non aver ascoltato una parola, tanto che il riccio si trovò costretto a doverlo prendere per un braccio e trascinarlo di peso nella sua stanza, intimandogli di vestirsi.
Esattamente sei minuti e tre secondi dopo, si trovavano fuori dalla loro abitazione che correvano come due dannati verso il punto dove la metro sarebbe passata da lì a pochi secondi, guadagnandosi occhiatacce da parte di ogni singolo passante che erano costretti a travolgere.
«Sappi che» disse Harry col fiatone, una volta entrati nel mezzo – appena in tempo – «la prossima volta non ti chiamo e ci arrivi da solo qui, razza di idiota! » sbottò, lasciandosi cadere su uno dei pochi posti liberi e iniziando a calmare il battito accelerato del cuore.
Ovviamente, Zayn non gli prestava attenzione, perché come di consueto odiava ogni tipo di ramanzina, ma che cosa poteva farci lui se era un completo disastro in fatto di puntualità?
«Zayn, ma mi stai a sentire quando ti p-» Harry non fece in tempo a finire la frase, che il moro si aprì in un grande sorriso mentre si girava verso il riccio – che continuava a guardarlo torvo – e con un «Harry,lui è Louis!» lo presentò ad un ragazzo… bellissimo.
Fu quella l’unica cosa che Harry riuscì a pensare quando l’immagine di un ragazzo di circa la sua età, capelli bruni stirati in un ciuffo che ricopriva la parte destra della fronte ed occhi così celesti da poterci affogare, gli sorrise, mostrando una fila di piccoli e dritti denti e gli porse la mano.
«Piacere di conoscerti! »
«P-piacere mio» balbettò Harry – stupido, stupido.
Tossì, guardando Zayn confuso il quale gli strizzò l’occhio.
«Come… come conosci Zayn?» chiese poi, il riccio, trovando un po’ di coraggio.
«Frequento le lezioni insieme a voi» disse, stirandosi in un sorriso ed Harry si sentì mancare. E poi, possibile che non avesse mai notato cotanta perfezione?
Harry, non esagerare.
«Uh» disse «Sul serio? Non ti avevo mai notato! »
«Ci ha pensato Zayn.» rispose, continuando a mostrare i denti bianchissimi, Harry annuì, questa volta ricambiando il sorriso, guardandolo un’altra volta e posando lo sguardo fuori dalla metro che si era quasi fermata.
Sono ufficialmente omosessuale. 
Questo fu il suo ultimo pensiero prima di scendere dal mezzo, seguito da Louis e Zayn.


«Te lo ricordi, piccolo? Io sì, come se fosse ieri. E te lo ricordi quando…?»
Harry si interrompe per un secondo e si perde nel colore del cielo, poi inizia a raccontare qualcos’altro al suo piccolo.


Harry, quella mattina, si alzò più di buon umore del solito.
Da quando aveva conosciuto Louis – un mese a quella parte – era come se il mondo avesse assunto una piega diversa, più colorata, più bella, proprio come il ragazzo che aveva iniziato a far parte della sua vita.
Ovviamente, il riccio doveva andare piano con lui, doveva vederlo solo come un amico, come un qualcuno che sarebbe potuto andarsene proprio com’era venuto.
Non era facile, Harry doveva ammetterlo, non era facile perché ogni singola parte del suo corpo si sentiva attratta dagli atteggiamenti di quel ragazzo, di come si scostava i capelli dalla fronte, di come sorrideva, come si muoveva.
Harry pensava di aver iniziato persino ad apprezzare il modo in cui respirava.
Ma, comunque, meno ci pensava, più facile era, perciò cercò di concentrarsi sul vero motivo del suo buonumore e, quasi inevitabilmente, il suo sguardo cadde sul calendario: Capodanno.
E Capodanno significava solo una cosa… festa, anzi, festone organizzato da Zayn che ovviamente non si perdeva un’occasione per far rumore fino a tarda notte.
L’unico problema era uno: il moro era uno stronzo. Sul serio, era sadico, schifosamente sadico.
«No, se te lo stai chiedendo non ho invitato Louis alla festa, perciò se ci tieni così tanto alza quella cornetta e chiamalo» ecco cosa aveva detto alla domanda sugli invitati che Harry gli aveva posto.
«Ma Zayn…»
«Ah- ah» scosse la testa il moro «niente tentennamenti. Se vuoi che venga il tuo telefono è provvisto di soldi, altrimenti…» fece spallucce, allontanandosi con un ghigno sul volto e il bicchiere di latte tra le mani.
Così, quella mattina Harry si trovò costretto a fissare il telefono per più di venti minuti, ed ogni qualvolta che provava a schiacciare il tasto chiama la mano gli tremava e, senza che potesse fare niente, buttava frustrato il telefono sul letto.
«Qualcuno qui ha preso una cotta?» la voce calda e – per una volta – pacata di Zayn raggiunse le orecchie di Harry, che chiuse gli occhi, respirando, per poi guardare in cagnesco il moro, che rispose a quello sguardo con una risata divertita.
«Non ho preso nessuna cotta, Zayn. E’ solo che mi sembra… scortese chiamarlo, cioè, mi sembra scortese che debba farlo io e…»
«Sì, effettivamente sembrerebbe scortese anche a me…» proferì Zayn, facendo accendere nel riccio un barlume di speranza: che avesse deciso di chiamarlo? «…chiamare qualcuno che frequento ogni giorno, con cui parlo e scherzo ogni giorno, con cui mi diverto ogni giorno, con cui mi co-»
«Okay, okay Zayn, hai reso!» disse spazientito il riccio, alzando le mani al cielo e finalmente premendo quel tasto.
Quella sera, però, fu più difficile del previsto: il loro appartamento si era trasformato in una piccola discoteca e parecchia gente stava già arrivando, ed Harry temeva quasi che non sarebbe stato pronto quando Zayn lo avrebbe mandato ad aprire a Louis – perché Harry era così sicuro che lo avrebbe fatto.
Qualche ora dopo, però, il riccio era ancora seduto su un divanetto di pelle, mentre con sguardo assente guardava le persone che ballavano al centro del salotto, e, mentre tutte si divertivano, lui era lì, col suo bel completo nero, a torturarsi le mani con lo sguardo ed il cuore pieno di delusione, mentre aspettava ancora l’arrivo di Louis, arrivo che ormai temeva non sarebbe giunto.
Lanciò uno sguardo all’orologio appeso alla parete e notò che ormai era arrivata l’ora del conto alla rovescia.
10 secondi e l’anno nuovo avrebbe avuto inizio.
Ma, si ritrovò a pensare Harry, che anno nuovo sarebbe stato, se quello vecchio non si fosse concluso con l’unica persona che il riccio voleva al fianco?
«8,7…»
Proprio quando stava per salire nella sua stanza (che sperava di non trovare occupata), il rumore del campanello lo fece immobilizzare.
«5,4…»
Harry corse verso quest’ultimo e, affannato aprì la porta, quando si ritrovò di fronte l’immagine splendida di Louis, anche se con i capelli arruffati e lo sguardo rammaricato, il riccio si aprì in un grande sorriso.
«3,2…»
«Harry, scusami, mi sono trovato imbottigliato nel traffico e…» il ragazzo partì con una raffica di spiegazioni, che a Harry non interessavano: l’importante, ora, era che lui fosse con lui.
«1…»
«Sta’ zitto un attimo, Louis.» disse solamente, e, senza nemmeno farlo accomodare, intrappolò il suo volto nella sua mano e lo baciò.
Lo baciò con tutto l’amore che aveva in corpo, perché lo desiderava dal primo momento in cui gli aveva sorriso e adesso poteva assaporare la sua essenza, poteva finalmente dire di poter essersi preso ogni singola parte del moro e di averla fatta sua, ed era felice, così felice!
Lo fu anche più quando sentì le labbra di Louis premere con violenza sulle sue, desideroso almeno quanto Harry e quest’ultimo non poté fare a meno di sorridere.
«Buon anno». Sussurrò sulle labbra del riccio, Louis.
Ed Harry sì, Harry lo sapeva davvero che quello sarebbe stato un bellissimo anno.

 

 

Harry si scosta i ricci ormai bianchi dal capo e sorride a quel ricordo: quello era sicuramente stato l’anno migliore che lui avesse mai trascorso.
«Sai, tesoro» sussurra a Louis «venire a trovarti qui mi mette sempre una certa tristezza, voglio dire, non fraintendermi!, ma oltre a ricordare i momenti belli è come se non riuscissi a fare a meno di rievocare anche quelli brutti».
Chiude gli occhi, sospirando, mentre un altro episodio sommerge tutti gli angoli più remoti del suo cervello.




Quando il giovane aprì gli occhi, sbadigliò rumorosamente mentre i flebili raggi di sole bagnavano il suo volto ancora assonnato.
Il suo sguardo vagò per la stanza e, con suo grande dispiacere, non trovò Louis al suo fianco, le coperte erano fredde ma il fatto che fossero ancora completamente disfatte, fece capire ad Harry che non era da molto che il maggiore s’era alzato.
A confermare questa teoria fu un dolce odore di caffè che giunse alle sue narici; non poté fare a meno di sorridere.
Ormai i due abitavano insieme da due anni: era come se quel giorno in metropolitana fosse successo il tanto desiderato colpo di fulmine, fosse successo quel qualcosa che aveva spinto i due giovani a passare tutti i loro giorni insieme, per poi concludere l’anno con un bacio ed iniziarlo con un fidanzamento.
Un anno dopo avevano deciso di andare a convivere e cercare un appartamento al centro di Londra, perché: «ti porterò tutte le volte che vorrai ovunque tu vorrai» aveva detto Louis, così lo avevano annunciato a Zayn –che era rimasto però nell’appartamento di Bristol – il quale aveva acconsentito, felice, riservando ad Harry una di quelle occhiate da: ‘te l’avevo detto io che sareste finiti insieme’.
Harry e Louis andavano a trovare spesso il moro, un po’ perché mancava ad entrambi da morire, un po’ perché era come se entrambi gli fossero riconoscenti a vita, dato che era solo grazie a lui se si erano conosciuti.
Il riccio si mise seduto per un secondo, frenando il giramento di testa mattutino e aspettando qualche secondo prima di ciabattare in cucina.
Una volta sceso, trovò un Louis già vestito di punto in bianco che beveva di fretta il caffè, frugando in alcune carte sul mobile in ceramica della cucina. Harry aggrottò la fronte: strano che non lo avesse aspettato.
«Boo, che succede?» chiese, sbadigliando, mentre si avvicinava al moro per schioccarli un bacio sulla fronte.
«Niente Hazz, sto per uscire, devo sistemare alcune faccende»
«Faccende del tipo…?»
Louis fece spallucce, sorridendo poco convinto. «Niente di troppo importante, ti spiego più tardi» detto questo finì in un solo sorso il suo caffè e con un bacio – fin troppo veloce per i gusti di Harry – fece per andarsene.
Il riccio,però, lo trattenne per un braccio, sorridendogli e avvicinandolo a sé.
Si abbassò alla sua altezza, posando le sue labbra su quelle del maggiore ed, incastrandolo tra il suo corpo e il mobile, lambiva con la lingua i contorni del labbro inferiore. Sentì Louis fremere e sorrise, lasciandolo andare solo qualche minuto dopo.
«Adesso va meglio» sorrise «a dopo LouLou».
Il moro scosse la testa – ed Harry si chiese perché avesse quell’espressione affranta – e si affrettò ad uscire di casa.
Harry lo guardò fino a quando non attraversò il vialetto ed entrò nella macchina, prima di abbandonarsi sulla sedia e finire distrattamente la sua colazione con tutta la calma del mondo: le lezioni avrebbero avuto inizio solo un’ora dopo.
Studiava ancora legge, e quello era il suo ultimo anno, dopodiché Harry aveva intenzione di mettere su una vera famiglia con il suo Louis, perché lo amava troppo e convivere non gli bastava più.
Si alzò dirigendosi verso il bagno ma qualcosa catturò la sua attenzione: la porta dello stanzino era aperta e il manico di una valigia fuoriusciva appena. Non ci fece molto caso e salì nella loro camera, aprendo l’armadio intenzionato a prepararsi prima ed avere più tempo per ripetere quello che poi avrebbe dovuto sostenere a fine anno.
Una volta aperta un’anta, vi trovò la parte di Louis completamente vuota, solo una o due vecchie camice – precisamente quelle che gli aveva regalato lui – erano ancora appese al loro posto.
Il cuore di Harry prese a battere più velocemente quando, scendendo nel sottoscala ed aprendolo poté vedere diverse valige e non solo una, tutte messe in ordine.
Il riccio si chinò sopra ad una di queste, trovando un biglietto con un numero ed un indirizzo e si sentì mancare quando l’odore del suo ragazzo gli arrivò dritto al naso: nelle valige c’erano tutte le cose del suo Boo.
Non seppe bene perché, ma sentì la vista offuscarsi e gli occhi pizzicare: perché aveva preparato tutte quelle valige senza dirgli niente?
Preso da un impeto di rabbia, iniziò a scaraventare tutto quello che c’era nella valigia per terra, non sentendo così il rumore della serratura che si apriva.
Era Louis che, affannato, era tornato dentro perché aveva dimenticato un foglio dei tanti che s’era portato.
Sentì dei singhiozzi, e temette il peggio.
Ma ciò che aveva pensato non era niente in confronto alla scena che trovò di fronte a sé: un Harry – il suo Harry – che piangeva, disperato, mentre disfaceva con tutta la rabbia le sue valige.
«Merda» sussurrò. Le aveva lasciate lì. Poi pensò all’armadio che il riccio aveva sicuramente trovato vuoto.
«Harry! »
Il riccio si fermò al suono di quella voce, ma non alzò lo sguardo, solo strinse i pugni.
«Harry, ti prego, lasciami spiegare» disse, la voce flebile.
«Cosa Louis?» la voce roca del minore fece sobbalzare Louis «Cosa vuoi spiegarmi? Che avevi intenzione di andare via come un ladro? O magari» alzò gli occhi «che lo avresti fatto senza dirmi niente perché… perché? Che cosa significano queste?» chiese, indicando le valige e puntando i suoi occhi in quelli celesti del moro che non riuscì a sostenere lo sguardo.
«Io… Harry…»
«Di chi è quell’indirizzo?» Louis non rispose, ed Harry divenne furioso, avvicinandosi minaccioso al moro.
«Di chi è quel numero, Louis?» voleva apparire duro, ma la voce lo tradiva.
«Perché cazzo non rispondi?!» alzò la voce di un’ottava e, senza rendersene conto, prese il moro dal colletto, sbattendolo contro il muro.
Quest’ultimo spalancò gli occhi, boccheggiando: forse fu quello che fece rendere conto al riccio di quello che aveva davvero fatto, lasciandolo di scatto.
«Oddio, scusami. Scusami, non- non so cosa mi sia preso.. è… scusami, è che…» Harry prese a singhiozzare e il moro indietreggiò, quasi spaventato.
«Ti prego, dì qualcosa! Spiegami, non… non c-capisco cosa… che significa?»
Louis iniziò velocemente a parlare, sperando di uscire da quella casa il prima possibile e mai, mai aveva desiderato allontanarsi da Harry, ma in quel momento lo voleva con tutto il cuore, ancora troppo spaventato.
«Harry, ho bisogno di un futuro» fu la prima cosa che disse, la voce ancora incrinata. Il riccio alzò confuso la testa.
«Ho… finito l’università un anno fa e sai… quando ti guardavo studiare e lavorare io… ho pensato che il mio lavoro al bar non bastasse più, quindi… quella sera, quando ti ho detto che andavo a trovare Zayn e tu… tu non sei voluto venire… io sono rimasto fuori qualche giorno di più perché ho iniziato a-a cercare lavoro, un lavoro serio, degno di qualcuno che aveva appena finito di studiare legge. Ho trovato… uno studio che cercava un assistente, non sai, Harry…»
Il riccio lo guardava, silenzioso, tormentandosi le mani.
«… da quanto tempo desiderassi iniziare la mia carriera. Così ho chiamato e mi sono informato, era perfetto, tutto perfetto, ma l’unico problema era che… lo studio in questione è… lontano, Harry».
«L-lontano quanto?»
«New York».
Harry strabuzzò gli occhi: «New York? Hai davvero bisogno di andare lì per…» Louis lo interruppe.
«E’ uno dei migliori studi, Harry. Io… non posso lasciare che questa opportunità svanisca così, davanti ai miei occhi, ho finalmente… posso spiccare il volo».
«E perché non me lo hai detto, Lou? Ti avrei capito, avrei evitato di fare questo casino» scosse la      testa, prendendosi il capo tra le mani.
«Non potevo, mi sentivo… in colpa».
«Per… cosa?»
«Promettimi che non ti arrabbierai, che non te la prenderai con me, ti prego» disse, abbassando lo sguardo, ed Harry provò ribrezzo verso se stesso guardando che il suo Louis fosse così spaventato da… lui.
«O-ok- ay».
«Quella stessa sera,prima di tornare da te, mi avevano detto che avrebbero mandato un assistente con cui avrei potuto parlare per chiarire i termini, in quanto, ovviamente avrei dovuto fare un colloquio e questo tipo mi avrebbe detto quando e come si sarebbe svolto».
Harry annuì, non capendo.
«Bene, ho… chiesto a Zayn se potesse lasciarmi la casa, così, per fare una cosa più tranquilla, visto che io a Bristol non so più ambientarmi ed andare in un bar da solo mi riultava impossibile. Zayn ha acconsentito, ed è uscito. Quella stessa sera è… arrivato questo ragazzo. Doveva essere giusto qualche anno più grande di te, si chiamava Liam.
Era sorridente, disponibile, abbiamo cenato ed è stato davvero gentile con me.
La serata è filata liscia e una volta deciso giorno e ora, stava andando via. Ma… prima di, ecco, uscire mi ha…».
Harry resistette all’impulso di coprirsi le orecchie e si sforzò di continuare a rimanere inflessibile.
«Ti ha cosa, Louis?»
«Io… Harry… giuro che non volevo, non so, forse è stata colpa del vino, ma… io…»
«Louis, che cosa ha fatto?»
«Mi ha baciato. Ed io ci sono stato, ma…» il riccio sentì tanti aghi trafiggere il suo cuore. Gli aveva dato fiducia, e lui lo aveva tradito. Non voleva sapere cosa avessero fatto dopo, stava già abbastanza male così. Era come se si fosse offuscato tutto e le parole di Louis che continuava a scusarsi fossero coperte da un leggero ronzio.
«Esci» disse solamente.
«Harry…»
«Louis, esci» il groppo che aveva in gola si andava a rafforzare.
«Ti prego, non… fare così, io…» Harry si alzò, piegandosi vicino alle valige e, con una calma che non sapeva nemmeno lui di possedere, iniziò velocemente a piegare i vari vestiti del moro.
Louis lo guardava in silenzio, respirando più affannosamente.
Una volta finito, aprì la porta scansando Louis e depositando le valige sull’uscio.
«Vai fuori, ora».
«No»
«Esci fuori da questa cazzo di casa!» urlò, fuori di sé, tanto che il moro indietreggiò nuovamente «non farti vedere mai più. Vai a New York, va’ dove ti pare, ma non tornare qui. Ti risarcisco, ti mando i soldi della casa, ti rimando tutto, ma vattene ora».
«Non fare così, ti prego, ho sbagliato e…»
«Sì, hai sbagliato. Vattene, per favore.» sibilò a denti stretti e Louis non poté fare altro che quello che gli veniva detto.
Quella sarebbe stata l’ultima volta che i due si sarebbero visti di proposito.



Harry sospirò, sorridendo tristemente.
«Sei sempre stato un cazzone» disse solamente, poi si ri-immerse nei ricordi.


 

Erano tre anni che Harry non vedeva Louis, erano tre anni che Harry non riusciva a ricomporre il suo cuore con i pezzi giusti, erano esattamente tre anni che Harry era tornato a vivere con Zayn e l’unica cosa che faceva era lavorare fino a notte tarda, sperando che, in quel mondo, il ricordo del moro si sarebbe fatto meno nitido. Ed a volte il riccio pensava di esserci riuscito sul serio, a dimenticarlo, perché piano piano i suoi tratti stavano diventando sempre meno chiari, ma i suoi occhi no.
I suoi occhi erano sempre lì, impressi nella sua mente, e cazzo!, se Harry avrebbe desiderato prendere una gomma e cancellarli fino a quando di loro non sarebbe rimasto nemmeno il ricordo.
Louis lo aveva cercato spasmodicamente chiamate, messaggi, lettere, una volta era persino tornato a Bristol, ma nonostante Harry volesse rivederlo con tutto se stesso aveva detto a Zayn di dirgli che era partito per Holmes Chapel.
Ovviamente lui era andato anche lì, ma quando Anne – la madre di Harry – aveva detto che era tornato a casa giusto un mese prima, Louis aveva smesso per un po’ di cercarlo, per poi ritornare, e smettere e ritornare ancora, ma Harry non si era mai fatto trovare.
Ogni tanto pensava alla vita che ora il moro conduceva, magari si era fidanzato con quel Liam, quello che odiava con tutto se stesso anche senza conoscerlo, magari aveva conosciuto altri ragazzi e la sua carriera d’avvocato era brillante più della sua.
Harry ci pensava costantemente e mai, mai riusciva a darsi una risposta.
Era febbraio quando il ragazzo salutò distrattamente Zayn – il quale era sempre preoccupato per lui – prima di uscire di casa, recandosi a quella tanto odiata ed amata metro.
Vi ci entrò, sbadigliando e poggiando il volto sul finestrino del mezzo che sfrecciava a tutta velocità.
Sistemò la valigetta e si massaggiò le tempie quando, una voce familiare, troppo familiare giunse alle sue orecchie.
Alzò di scatto lo sguardo captando da subito il luogo da dove veniva la voce: giusto due posti più lontano dal suo.
Era Louis, ne era sicuro. Era diverso, i capelli alzati senza più quel ciuffo che aveva tanto amato, un accenno di barba, gli occhi stanchi e spenti ma di quel colore che Harry avrebbe riconosciuto fra mille.
«No, ascolta, non me ne frega niente. Non ne posso più, okay?» sussurrava al telefono, gli occhi lucidi.
«Manie suicide? Dici a me di avere manie suicide? Starai scherzando, spero! Chi è che ha tentato di uccidersi un mese fa cercando di buttarsi da un balcone solo perché gli era morto il gatto? » Harry inarcò un sopracciglio: voleva sul serio sperare che stesse parlando con un cliente.
«Ascolta, Niall» Louis venne interrotto nuovamente ed il riccio lo vide sbuffare sommessamente: seguì ogni movimento delle sue labbra, incantato. «Sta zitto ed ascoltami! Ci sono tanti colleghi, c’è Josh, c’è Paul, c’è Simon, che cosa vuoi da me? Sono anche più profess- » ancora interrotto.
«Niall, se ti dovessi dire che ti è morto un altro gatto, pensi che ti verrebbe nuovamente voglia di provare il suicidio? Sì? Ottimo, ieri ho avvelenato Jess». Poi chiuse la comunicazione.
Harry era sconcertato: che cosa gli era successo? Manie suicide? E tutta quell’aggressione, poi?
Il riccio si alzò lentamente dalla sua postazione, avvicinandosi a quella del ragazzo.
Una volta arrivato, gli si piazzò davanti, il cuore che galoppava.
Lo sguardo del moro lo trafisse facendolo soffrire e non seppe se era più perché gli era mancato da morire o perché era così stanco e così pieno di dolore che Harry si sentiva morire insieme a lui.
«Boo Bear? » sussurrò solamente.
Il ragazzo spalancò gli occhi, poi rise. Iniziò a ridere così forte che Harry si spaventò e tutti i passeggeri si girarono.
Quando finì si asciugò una lacrima dagli occhi e lo guardò, mordendosi il labbro, cercando di non ridere una nuova volta.
«Louis, sei tu? Che ti è successo?»
«Oddio, sto davvero diventando pazzo!» il moro si batté un cinque in fronte,scuotendo la testa.
«Ragazzo, sai che sei davvero uguale ad un mio… vecchio amico? Sai, si chiamava Harry. Ed era bellissimo. Anche tu non scherzi, non fraintendere, ma lui era più pieno di vita e i suoi occhi erano più…» Louis schioccò la lingua, mentre il riccio tremava, poi Louis passò una mano veloce davanti agli occhi del minore e «… più vivi» proferì, prima di alzarsi e dirigersi verso l’uscita del mezzo che si stava fermando.
«Louis, Louis, sono io! Sono Harry! Sono… sono io!»
Il moro si fermò di scatto, girandosi verso di lui con uno sguardo truce, tanto che il riccio si spaventò.
«Ti diverti? » sussurrò.
«Co-cosa? »
«Dico, ti diverti?» questa volta urlò «tu, stupido ragazzino, non hai idea di cosa sto passando, di cosa ho passato per lui! Ho cercato di uccidermi tre volte» disse, ed Harry sobbalzò.
«Tu sai» si avvicinò all’orecchio del riccio «cosa significa premere così forte una lama nel tuo collo tanto da finire in ospedale per due mesi? Sai che significa premere la stessa lama nel tuo polso? Sai che cosa significa provare ad uccidersi con una siringa trovata sul comodino dell’ospedale? Eh, ragazzino? »
«Louis…»
«Stai zitto. Non lo sai, vero? Ecco. Allora smettila di prenderti gioco di me, perché sono stanco. Ho rovinato tutto, ragazzo, perché ero giovane e stupido. Ho rovinato tutto per un tizio che si chiamava… Leyum? Guarda, non ricordo nemmeno qual è il suo nome!»
«L-Liam. Si chiamava Liam.»
Il moro lo guardò, sorpreso. «Sì, si chiamava proprio così! Lo conoscevi anche tu? » sorrise ed Harry trovò un dolore immane in quel sorriso, e comprese che il suo Louis aveva perso il lume della ragione.
Si sentì morire.
«Comunque sia, ho rovinato tutto. E guarda dove sono ora. Ti auguro di non vivere quello che ho vissuto io».
Poi gli diede un buffetto sulla guancia e scese dalla metropolitana, lasciando Harry stupefatto, che, non riuscendo a muoversi, rimase lì al centro della metro per più di due ore. La gente passava e lo guardava, e lui si sentiva vuoto.
 


Due giorni dopo quell’incontro, Zayn era stato più attaccato che mai ad Harry, lo calmava la notte quando gli incubi gli facevano visita e non lo faceva alzare dal letto se non per andare in bagno a farsi una doccia, anche quella rigorosamente sorvegliata.
Una settimana dopo, il moro pensò di esser riuscito a far uscire il riccio dal peggio, ma una notte il telefono prese a squillare rumorosamente ed insistentemente e Zayn balzò in aria. «Sta tranquillo, vado io, torna a dormire» sorrise ad Harry e corse a rispondere.
La chiamata durò poco più di qualche minuto, ma quando il pakistano la chiuse, capì che il peggio doveva ancora arrivare.
Tornò a letto in silenzio, sperando che il riccio dormisse e gli lasciasse il tempo di rielaborare la notizia, ma, purtroppo non fu così.
«Zayn, perché quella faccia? Chi era al telefono?»
Merda, imprecò mentalmente il moro.
«Nessuno, Harry. Ne parliamo domani» la voce piena di dolore di Zayn, fece tremare Harry che scattò sull’attenti e si sedette sul letto.
«Zayn, dimmi chi era»
«Harry, domani, ti prego. Non… voglio che tu stia di nuovo male!»
«Pensi che io stia bene, ora?» chiese, la fronte aggrottata.
Il moro sospirò. «Era… la… l’ospedale di Bristol».
«Scusami? »
«C’è… è…» Zayn perdeva il filo delle parole, perché ancora troppo scosso.
«Zayn che succede?»
«Si tratta di Louis.»
Il cuore di Harry tremò e il respiro si fece accelerato. «L’hanno… trovato nel suo appartamento, -che aveva acquistato una settimana fa- è…» Zayn si ritrovò a singhiozzare.
«E’ morto, Harry! E’ morto di overdose. Una scatola intera di sonniferi, io scusa… avrei voluto proteggerti, ma… hanno…» il moro continuava a singhiozzare, Harry, invece, era rimasto immobile e si riscosse solo quando Zayn disse: «hanno trovato una lettera per te. L’hanno data alla centrale, e… tra una settimana ci saranno i funerali».
Harry non disse niente, si alzò dal letto, vestendosi e lo stesso fece Zayn.
Che fosse notte fonda non importava a nessuno dei due.
Una volta pronti, Harry prese un respiro e si girò verso il pakistano; poi lo abbracciò.
«Hai fatto il possibile. Non incolparti, Zayn. Sei fantastico, grazie di tutto.»
Si avviarono nella notte verso la centrale di polizia, dove giunsero solo mezz’ora più tardi e spiegarono velocemente la situazione ad un poliziotto che, mezzo dormiente, annuì a ciò che i ragazzi dicevano per poi estrarre velocemente da un vecchio cassetto, quella che doveva essere la lettera di Louis.
Harry la prese con mani tremanti e Zayn non proferì parola quando, silenzioso si andò a sedere su una delle tante sedie che vi erano e aprì la lettera.




“Ciao amore, come stai?
Spero bene dopo tutto quello che hai, anzi, abbiamo passato.
Io non me la passo molto bene, direi tutto il contrario, non so nemmeno come si scriva ed è
probabilmente la terza volta che cerco di tirare giù questa roba con una calligrafia decente.
 Comunque, sono seduto nel bagno. Merda, le mattonelle sono freddissime!
Freddissime, che parola buffa, non trovi? "



A leggere quelle parole, ad Harry si offuscò la vista, ma si costrinse ad andare avanti.
 

Com,comuqu,comu nque, Okay, non ricomincerò a scrivere solo perché non ricordo come si scrive
quella parola!
Sai, ho qui affianco a me una piccola scatola di sonniferi, ed io oggi sono troppo attivo.
Penso che ne prenderò uno, o forse due, tre, quattro, chi lo sa.
E’ davvero carina, dovresti vederla! Anche le pillole son carine, magari te ne allego una, sono celesti.
Il tuo colore preferito, piccolo!
Mi manchi tanto.
Tanto, tanto, tanto. Ma proprio tanto.
Pensa che oggi ho scambiato un ragazzo per te, penso fosse uno di quelli che si divertono a vedere
le vite delle persone rovinate… ti somigliava così tanto fisicamente…
Continuava a dire che fossi tu, ma io, io amore mica mi faccio ingannare così facilmente!
Mi ricordo com’eri tu. I tuoi occhi così belli, - e quel ragazzo non ce li aveva del verde acceso come i tuoi –
e le tue fossette, i tuoi ricci, mi manchi.
Ops, l’ho già detto. Ma è vero!
Qualche mese fa sono stato in ospedale. Ho cercato di suicidarmi con una lama.
Stupido me.”


 
Harry si asciugò una lacrima: almeno aveva capito che era stato stupido quello che aveva fatto.

“Ci sarebbero stati così tanti altri modi indolore!
Sedativo, veleno, pistola. Ma io volevo soffrire, non ti fa ridere? AHAHAH
A me sì, pensa che sto ridendo da solo, proprio come un pazzo.
Però forse non ci sono diventato pazzo. Oddio, spero di no! AHAHAH
Comunque sia, stasera ci riprovo amore… ma forse non devo dirtelo… vabe’, io ci provo
con ‘sti sonniferi.
 Altrimenti penso che verrò a cercarti, perché vorrà dire che non è
la mia ora.
Ah, comunque se ti stai chiedendo cosa è successo con la storia dell’avvocato… beh, è andato
tutto alla grande! Fino a quando non sono entrato in banca rotta.
Ecco perché ero venuto a cercarti, ma poi mi sono rassegnato. Ed ho visto andare via tutto:
casa, soldi, mestiere.
Brutto, brutto periodo.
Poi c’è stato questo caso, il ragazzo si chiamava Niall, e dicevano fosse pazzo come me! AHAH
Ma penso scherzassero… comunque mi hanno richiamato e pensavo fosse finito tutto.
Solo che io non ce la faccevo più, piccolo.
Mi sono stancato. Così ho detto a Niall che c’erano tante altre persone che avrebbero risolto il suo caso.
Spero ne esca fuori… ma com, comnq, uff, però ora sto divagando.
Quindi amore, provo questi sedativi… se dovesse funzionare, spero ti recapitino questa lettera.
Però tu promettimi di non piangere.”


Harry cercò di frenare i singhiozzi che ormai gli spezzavano il petto.

“Perché lo so che lo stai facendo.
Dai, asciugati le lacrime e sappi che io sto solo dormendo, okay?
I sonniferi servono a questo! Solo sano riposo. Solo questo.
Ti aspetto, eh. Però tu prenditi tutta la calma del mondo, e sappi che voglio che tu continui a vivere.
Rimarrò qui sempre, magari ci rincontriamo.
Ora vado però, altrimenti si fa tardi e rischio di addormentarmi senza aver provato le pasticche!
Te ne allego una, conservala.
Ciao amore mio, ci vediamo lì su.
Perdonami, sai che ti ho sempre amato.
Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo. Ti amo.
Sempre e per sempre (che gioco di parole AHAHAH) tuo,
BooBear.
♥”

 
 Harry, di quella sera, dopo aver letto la lettera, ricordava solo delle braccia di Zayn che lo avvolgevano e poi un singhiozzo più forte degli altri.
 Il buio. Si era addormentato anche lui, ma, al contrario di Louis, era destinato a svegliarsi.


 
 
Harry si asciuga una lacrima silenziosa che gli era sfuggita dagli occhi, poi scuote la testa.
«Avrei voluto impedritelo, ma non ero abbastanza forte. Avrei dovuto seguirti. Mi manchi tanto, Louis. A volte… vorrei poterti avere ancora qui.
Anche se la vecchiaia mi sta lentamente uccidendo» ride flebilmente. «Vorrei poterti abbracciare e baciare ancora una volta, ma non mi è p-».
Harry si interrompe, perché sente qualcosa sul suo volto.
Un soffio.
Più caldo di quello del vento.
Poi sente l’odore di Louis che gli invade le narici e trema: se lo ricorda ancora.
E’ come se, in quel momento, fosse proprio lì, accanto a lui.
«L-Louis?» sussurra, sicuro di star dando i primi segni di pazzia.
Un altro soffio. Harry sorride: Louis non lo ha abbandonato.
«Mi manchi tanto, manchi anche a Zayn. Eh sì, lui ormai è diventato nonno ed ha una famiglia bellissima. Saresti stato felice di vederli dal vivo»
Quasi singhiozza, poi guarda l’orario.
«Oh, amore, si è fatto tardi. Devo proprio andare. Però torno dopo domani, lo prometto! Ah, e questi sono per te. Margherite, le tue preferite».
Sorride, poi posa i fiori sulla tomba del suo Louis e, grazie al bastone, riesce a sollevarsi.
«Ti amo ancora, e ti ho sempre perdonato», poi si allontana, il cuore più leggero, la mano che stringe l’aria, in cerca del suo amato.
 
Louis guarda Harry andare via dalla sua tomba: è felice che abbia finalmente capito che lui non è mai andato via.
E’ quando vede la mano del riccio stringere l’aria, che spera di poter fare ancora qualcosa.
Così, invisibile come sempre, si mette al suo fianco ed Harry avverte ancora lo spostamento di aria; si volta.
Louis prende un respiro e, lentamente, si avvicina alla mano del minore.
Puoi farcela. Si dice, e ce la fa, ce la fa sul serio.
Riesce a prendere un contatto con la mano di Harry, e sentirlo suo ancora una volta lo rende felice.
Oserebbe dire di sentirsi al settimo cielo, ma lì, già ci vive e, mentre si incammina mano per mano con il riccio verso casa sua, rimane silenzioso.
Adesso aspetta solo che Harry sconfigga la morte e lo raggiunga, pronto quanto lui a vivere l’eternità insieme.






 

Ullalà cciao bellissime/i!:3
Non so se ci ho preso più gusto a far
morire i personaggi (vedi: altra mia one shot lol)
o a pubblicare one shot larry, ceh.
AHAHAH
Comunque c:
Sono sicura che nessuno si cagherà nessuno questa one shot
perché l'organizzazione delle parti è orrenda ed è anche troppo, troppo lungo D:
Comunque, non lo so, scusate se l'ultima parte è un po' deprimente,
ma, personalmente, mi sono divertita a scriverla, sopratutto 
nella parte di LouLou che parla con Niall LOL
Comunque non mi dilungo troppo che 'sta roba è già lunga di suo lol
Ci tengo a ringraziarvi delle recensioni alla precedente e spero che questa
ne abbia almeno la metà della metà. çwç
Vabuoh, spero vi piaccia, ora scappo asglkf
ciao amori. recensite, pls. çç
 
#keepcalmandshiplarrystylinson.
  
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