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Autore: Lisa_Pan    17/10/2012    3 recensioni
Abigail racconta sensazioni mai provate attraverso impercettibili sussurri, Imre sopravvive cercando il ritmo nel silenzio, Emike raccoglie ricordi dentro delle note suonate su una chitarra color miele ed Aaron gioca al gatto e il topo con il diavolo; quattro vite, quattro anime che vagano sotto una pioggia complice alla ricerca di loro stessi.
Genere: Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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5 Miele

Miele

Il polpastrello sfiora la corda arrugginita di una chitarra color miele, il suono arriva amplificato all’orecchio di Emike che chiude gli occhi e gira di una, due volte l’ultima chiave sulla paletta dell’acustica. Sospira e poggia un gomito sul corpo in legno e con il palmo della mano si sfiora il collo, poco più sù della clavicola la cinta in pelle morbida le lascia leggeri segni rossi. Quando le sue dita scendono distrattamente a toccare la cinta sorride e, con un’ unghia, gratta le incisioni che risaltano in bianco sulla pelle color legno.

Emike sorride: sorride ai ricordi che le riaffiorano spontanei nella mente; sorride quando s’impossessano totalmente dei suoi sensi;  sorride quando le immagini appaiono chiare come se appartenessero ad un tempo da fermare a piacimento, come fossero istantanee destinate a rimanere per sempre impresse sulla cellulosa avorio; sorride anche quando quelle immagini si confondono, si fondono e i ricordi diventano confuse macchie di colori e rumori e nomi. In quegli occhioni azzurri c’è la sua storia per intero che si scrive e si sta scrivendo anche in questo momento, si scrive mentre lei chiude gli occhi e li riapre per osservare il ragazzo dai capelli neri che cammina al centro dell’arena, si scrive mentre quel ragazzo si volta verso di lei e la saluta con il capo e, quando lei sorride, quella storia si scrive nel suo sorriso diventando una nota suonata a caso da una mano che sfiora distratta le corde di una chitarra color miele.

Aàron è entrato per la prima volta nei ricordi di Emike la sera in cui Imre ha bussato alla sua porta completamente ubriaco e scortato da un ragazzo dai capelli scuri che insisteva a parlare di una camicia, di un bancone e di un sedile in spugna su cui Imre si era messo a ridere e non aveva smesso più fino a pochi minuti prima. Il ragazzo lo aveva preso sostenendolo per le ascelle e depositato sul divano floreale della sala, si era seduto di fianco a lui alzandogli le gambe e mettendosele in grembo e aveva tirato indietro la testa con un sospiro liberatorio. Emike si era seduta a terra, sul tappetto rosso, e lo aveva osservato. Lui si era  tolto il cappello e scompigliato la massa di capelli scuri schiacciati sulla nuca, si era tolto la giacca in pelle lanciandola sul divano alle sue spalle e si era guardato intorno studiando con finta curiosità il salottino.

Stufo di quel gioco si era voltato e l’aveva guardata negli occhi. Era rimasto in quella posizione per due lunghi secondi in cui Emike aveva tentato di entrare nelle iridi grigie del ragazzo per osservare da vicino i suoi ricordi confusi, le sue macchie di colori. Lo ricorda in maniera quasi maniacale, come un ossessione da curare e tenere in una teca in vetro lontana da occhi altrui, le si è avvicinato e ad un palmo dal suo naso..

“Cazzo hai gli occhi più grandi delle palle di un toro!”

A quella distanza il grigio dei suoi occhi assomigliava tanto alle nuvole che pochi giorni prima avevano portato solo tempesta e sconvolgimenti, lapilli azzurri sgomitavano di fianco alla pupilla nera e dilatata prendendosi il posto meritato in tutto quel grigio. Le alte sopracciglia si erano inarcate e gli occhi spalancati e due fossette si erano formate agli angoli di un sorriso meraviglioso.

Era entrato da poco meno di dieci minuti e le aveva già dato della testa di cazzo senza alcun riserbo. Emike lo avrebbe preso a schiaffi e cacciato di casa a calci nel di dietro se non fosse stato per la tempesta in questione.

“Ci vivi da sola qui dentro?”

“Non proprio, Imre dorme da me ogni notte. In più da oggi mi toccherà convivere con la tremenda puzza di idiota che ti sei portato dietro”.

Sorrideva Emike, sorrideva anche mentre gli dava del cretino, mentre lo rimetteva a sedere e lo mandava a quel paese. Sorrideva perché le piaceva allora e sorride perché le piace adesso. Quel ragazzo, Aàron, dorme su quel divano da quella notte e per ogni notte successiva riempiendo l’aria di cazzate e nuvole grigie di tempesta. Imre aveva detto che sarebbe cambiato tutto con lui e che in un modo o nell’altro sarebbe rimasto tutto uguale, non aveva assolutamente senso ma si era stupita quando, davanti a un paio di occhi sbigottiti, aveva ammesso che in fin dei conti aveva ragione.

Aàron osserva Abigail camminare fra i vari mestieri con la biottica in mano. Non alza mai lo sguardo e se lo fa è per sorridere. E’ bella, i capelli corti rossi raccolti in una coda, un vestitino a fiori le copre le gambe snelle fino al ginocchio, la giacca corta di jeans le affina la vita già sottile di per sé. Ma quello che la rende bella è la sua aria sperduta, il suo sguardo che vaga e che cerca e che trova. E’ come se non avesse limiti, come se tutto ciò che lui ha avuto sotto il naso per anni e anni, sfuggendogli, per lei diventasse degno di una fottuta foto. Ha sempre creduto che riuscisse a cogliere tutto ciò per cui vale la pena perdere il sonno, c’è chi la vita la prende con le pinze, lui ci si tuffa dentro e non trattiene il respiro, riempie i polmoni di tutto ciò che lo porta all’annegamento. Eppure, lei, con quelle sue foto..si può annegare anche in cose così piccole come quelle che vede lei?

Le palle di toro sono di quelle piccole cose in cui si può annegare, se ne rende conto. Sono così dannatamente enormi, lo avvolgono, lo soffocano e lui non riesce a tirarsi indietro. E’ uno sguardo così ingenuo il suo, quella distesa azzurra è una calma piatta, mare e cielo sono la stessa cosa, si confondono, l’uno diventa l’altro e l’altro diventa l’uno. Aàron prova a trovare quella dannata linea di orizzonte ma più spinge lo sguardo a fondo più capisce che non c’è, non esiste nulla che divida le due cose. Lei invece è sveglia e anche furba e folle. In quella casetta minuscola, con il divano floreale e il tappeto rosso e lampade ovunque; la chitarra color miele e la cinta in pelle morbida, troppo morbida; le coperte immense e i cuscini, ovunque, che ti soffocano. La pensi come una tipa confezionata, tipo uno di quei pacchi regalo enormi, con milioni di fronzoli tra fiocchi e ghirlande e cose così, uno di quelli che poi lo apri e quello che vedi uccide l’entusiasmo. Odia i regali, odia le buste colorate o i bigliettini con i pupazzetti sopra, con i loro sorrisetti allegri e le faccette simpatiche, odia tutto ciò che di finto sovrasta il reale valore degli oggetti e delle persone. E’ uno che ci tiene a certe cose, uno che, detto senza giri di parole, non vuole essere preso per il culo.

Lei non è così, è uno di quei regali con i fiocchi e i biglietti con i pupazzi dalle facce allegre che quando arrivi all’ultima scatola rimani letteralmente senza parole. Al di là se ciò che c’è nel regalo possa piacerti o meno lei ti sorprende comunque, mira a lasciare il segno, e lo fa con la sua voce e la sua maledetta chitarra color miele che ti frega più di tutto. La chitarra color miele e la cinta troppo morbida, lei le accarezza appena quelle corde e loro, gridano, ti squarciano il petto e ti entrano dentro. Uno ci potrebbe anche arrivare, la chitarra color miele ha le corde troppo consumate, arrugginite e ci sono graffi, graffi ovunque e persino un adesivo minuscolo con scritto qualcosa tipo <>; uno guarda queste cose e pensa che magari dentro al pacco c’è una sorpresa, ma devi avere occhio. Abigail è una che potrebbe riuscirci, lei e il suo pozzetto, certo ha dalla sua la biottica, due occhi in più sono un bel vantaggio, il suo sussurrare frenetico e il suo bisogno di catturare ogni dannata pulce di questo infinito mondo; potrebbe riuscirci.

Aàron la saluta e lei sorride. Emike sorride sempre, anche quando lo guarda dritto negli occhi e vede i lampi e sente le gocce d’acqua cadere e distruggere ogni cosa, anche quei barlumi di cielo azzurro, lei sorride comunque. Trova sempre qualcosa per cui valga la pena dischiudere le labbra e mostrare i denti bianco latte.

Dorme con lei ogni notte  solo per potersi svegliare ed osservarla, senza sorriso, senza quegli occhioni enormi aperti su di lui; è l’unico momento in cui riesce a non perdersi in lei e guardarla per davvero.

***

Seeeeeeeeeera, dimenticavo che fosse giovedì, cioè non è che ci sia una data fissa per questa cosa, diciamo che pubblico quando sento che sia ora di pubblicare e oggi, beh lo era. Mi andava di  farvi conoscere Emike, forse perchè sono in vena di quella chitarra color miele e delle note troppo forti per una ragazzina come lei, il suo viso è stato rubato a St. Vincent che è una donna che amo, amo dannatamente tanto, oltre ad essere bellissima è anche una buona musicista, non è il genere che prediligo ma non si comandano i propri gusti.

Cooooooooooomunque , troppe o ci sono..ho la schiena a pezzi, ho passato l'intera giornata a cercare qualche annuncio di lavoro e a lasciare qui e là annunci miei quindi spero che qualcuno risponda prima o poi..so che non vi frega niente ma devo scriverlo, giusto perchè la speranza non mi basta e chiedo anche la vostra.

Bene vi lascio che è ora di andare a cucinare.

Tante coccole e tanti grazie a tutte quelle belle anime che provano ancora a cercare qualcosa  di sensato in ciò che scrivo.

Lis

   
 
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