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Autore: MartinaPausiniCullen    17/10/2012    0 recensioni
Tutti abbiamo letto e ci siamo appassionati alla saga Twilight, quella raccontata da Bella, che ci ha fatto sognare... ma se invece provassimo a vederla dal punto di vista di Edward?
Penso che la cosa cambierebbe.
Genere: Fantasy | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Twilight
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Capitolo 14: Una serata a Port Angeles. (Parte 1/2)
 
Arrivai a casa in fretta e furia, dovevo cambiarmi per andare a scuola, per rivedere Bella. Ma mentre mi dirigevo verso la mia stanza Alice mi bloccò.
-dove stai andando così di fretta?- mi chiese. Alzai un sopracciglio.
-a scuola, ovviamente.-
-a scuola? Direi che non è il caso visto che c'è un sole che spacca le pietre oggi.-. Oh no. Quello era uno di quei rari giorni in cui Forks poteva vedere la luce del sole. Non era il caso di esporsi e di far vedere a tutti come sbrilluccicavo (che cosa tremendamente schifosa), forse era meglio se me ne rimanevo a casa.
-merda però. Volevo rivedere...- dissi senza finire la mia frase. Si sapeva bene chi volessi vedere.
-...Bella. Si lo sò, ma oggi non si può.-. Ebbe una visione, capii che ero io ad avergliela provocata.
-e tu vorresti andare nei dintorni di scuola solo per sentire attraverso voci e pensieri se Bella stà bene? Tu sei pazzo Ed. Fai come ti pare, io non sò davvero che dirti.- disse andandosene.  Era proprio questa la mia idea: andare a scuola, o almeno rimanere nei pressi, e ascoltare tutti i pensieri e le voci che hanno a che fare con Bella, magari avevo la fortuna di ascoltare anche quella sua. Sapevo che rischiavo di essere visto, ma io avrei corso il rischio, ne valeva la pena. Al limite sarei scappato.
Mi diressi verso le chiavi della Volvo, ma poi ci ripensai, insomma, la mia macchina non passava tanto inosservata (che poi non aveva niente di che, ma va bene, gli umani la pensano in modo molto diverso da noi), sicuramente mi avrebbero visto. Perciò decisi di correre, la cosa che mi veniva meglio da quando ero diventato un vampiro.
Mi avviai verso la porta, Esme mi guardò preoccupata.
-Edward, dove stai andando? C'è il sole oggi, non possiamo uscire.-
-lo sò Esme. Devo andare a scuola, o almeno, nei dintorni.-
-ah. Stà attento per favore.- mi disse, implorante.  Salutai tutti e mi avviai a passo lento verso scuola, mano a mano accelleravo, correvo, mi arrampicavo sugli alberi, facevo salti.
Mi dava un senso di libertà, ero felice. Intanto sognavo. Sognavo di tenere stretta fra le mie braccia una creatura dagli occhi color cioccolato e i capelli neri, sentire la sua pelle calda bruciare a contatto con la mia, di riuscire a resistere a quell'odore così dolce che mi pungeva alla gola. Stavo sognando troppo, e specialmente stavo sognando di un'umana. Era contorto, ma non potevo farne a meno. Lei era diventata una specie di droga per me, non potevo separarmene. 
Arrivai in tempo a scuola, scrutai i pensieri per provare a capire dove si trovava lei e poi mi nascondevo nel posto più vicino possibile, per poterla ascoltare. La trovai nel parcheggio, stava ripassando qualcosa, quando all'improvviso irruppe quel deficiente di Newton. Ma io dico, perchè non la lasciava in pace? Lei più di una volta gli aveva fatto capire che non era interessata ai suoi continui richiami, vedevo che era a disagio quando si trovava con lui. Eppure mi stupivo ancora dei suoi pensieri, erano così fottutamente stupidi!! Pensava che con una settimana ci si poteva mettere insieme, pensava di invitarla a fare un giro insieme e poi magari portarla al ballo di fine anno. Ma lei non mi deluse: già gli aveva detto di no per il ballo (motivo oscuro...), adesso invece quando lui le chiese se voleva fare un giro in sua compagnia lei le rispose subito di no, piuttosto di andarsene dalla Stanley che era chiaramente innamorata di lui. La vidi innervosirsi quando lui le sistemò una ciocca di capelli dietro l'orecchio, mi frenò solo il fatto che ero lì in incognito, sennò gli sarei saltato molto volentieri addosso.
Mi resi conto solo un pò più tardi di ciò che stavo pensando: volevo far del male ad un ragazzo perchè stava facendo compagnia ad un'umana che per me pian piano stava diventando sempre più speciale. Insomma, non che mi dispiacesse dare una bella lezione a Mike Newton, ma era un pensiero davvero contorto! Anzi no... si trattava di... gelosia. Esatto. Ero geloso. Non sapevo se definirlo un bene o un male però.
La giornata passò molto lentamente, mi spostavo ogni volta che Bella cambiava classe, e ogni volta beccavo i discorsi di quell'ingenua di Jessica Stanley, una volta il ballo, e una volta un'invito che Bella continuava a lasciare in sospeso... insomma, era una macchinetta che non la finiva più di parlare! Sicuramente Bella sarebbe tornata a casa col mal di testa, non mi meraviglio che continuava a rifiutare l'invito ad andare insieme a lei, Angela e Lauren nel tardo pomeriggio a Port Angeles, non si sopportava proprio!
Però davvero continuavo a non capire perchè rifiutasse l'invito. Forse perchè non le piaceva lo shopping? Forse perchè non aveva voglia di stare con le sue nuove amiche? O forse perchè aveva qualcos'altro per la testa? Boh. Fattostà che quando andarono a mensa la vidi girarsi più volte verso il tavolo che di solito occupava la mia famiglia, e più lo guardava e più si rattristava. Avrei dato di tutto per poterle leggere la mente in quel momento: chissà se mi stava pensando, e se mi pensava, cosa stava pensando di me. Magari stando a La Push il sabato aveva scoperto qualcosa su di noi... ma noo, i Quileute credono alle leggende, sanno del nostro patto, ma non rivelerebbero mai niente, specialmente agli estranei. Considerano il nostro patto sacro, e non intendono violarlo, almeno non per primi.
Poi però le mie riflessioni furono interrotte dalla sua voce, aveva appena accettato l'invito.  Sarebbe andata a Port Angeles quella sera a comprare dei vestiti. E naturalmente ci sarei andato anch'io, in incognito, però l'avrei seguita. Non potevo lasciarla andare da sola. Sarei uscito fuori solo se ce ne fosse stato bisogno.
La vidi andare a biologia, sedersi al nostro posto e vedere la il suo viso rattristarsi ancor di più. Allora il problema ero io. Merda. Sarebbe stato tutto molto più semplice se io mi fossi seduto lì accanto a lei, come sempre. Chissà cosa le passava per la testa, cosa provava per me in quel momento. Era sempre più frustrante non poterle leggere nella mente, specialmente in certi casi. 
Decisi di tornarmene a casa, sarei andato a Port Angeles verso le sette e mezza, le avrei seguite senza farmi vedere. Mi sentivo molto più tranquillo così.
  
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