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Autore: Dreamer91    18/10/2012    16 recensioni
E se il destino avesse voluto che in una città tanto grande come New York, due ragazzi dalle vite completamente diverse, finissero con l'abitare a meno di tre metri di distanza... sullo stesso pianerottolo?
Dal Capitolo uno:
"Stai scherzando spero!" mormorai
"Perché scusa? Non ci sono topi né prostitute per strada... per quanto riguarda i vicini non so... non li ho interrogati... però..."
"Sebastian!" lo bloccai passandomi una mano sul viso "Lower East Side... sul serio?"
"Non ti seguo, B..." mi fece visibilmente confuso slacciandosi la cintura
"Bastian dovrò vendermi un rene per pagarmi l'affitto... e quando avrò terminato gli organi, mi toccherà scendere in strada e fare compagnia a quelle famose prostitute per andare avanti!" gli spiegai concitato.
(...)
"Non fare l'esagerato Blaine... questa volta penso di aver trovato il posto giusto per te! Coraggio, scendi che te lo mostro!" mi incitò scendendo dall'auto e raggiungendomi sul marciapiede
"Anche l'ultima volta lo pensavi, Seb... e siamo dovuti scappare a gambe levate da un travestito in minigonna e tacchi a spillo!" gli ricordai lanciando un'occhiata al palazzo color porpora - innocuo e all'apparenza rispettabile - che si stagliava per ben quattro piani davanti a noi.
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Just a Landing'
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Ma Buon Pomeriggio cucciolottini miei... lo so, oggi sono un pò in ritardo rispetto al solito, ma stamattina è successo di tutto e solo ora trovo due minuti liberi da dedicare al capitolo e a voi. Dunque... come ho detto anche su fb... cappero... 20 recensioni *___* io davvero non so cosa dire.. quando ho visto il numero sulla pagina ho creduto seriamente di aver sbagliato a leggere... ma grazieeee... grazie a tutti voi, grazie per l'affetto, il sostegno e la pazienza che dimostrate di avere (nonostante io sia un'autrice bastarda ed indegna XD) ma, per farmi perdonare e anche per rabbonirvi un pò, dato quello che succederà Lunedì... oggi vi offro un capitolo tanto denso di dolcezza che alla fine avrete bisogno di qualcuno che vi tenga la fronte mentre vomitate arcobaleni ed unicorni rosa *___* Per quanto riguarda il capitolo 30 di Lunedì... io ve lo dico già da ora... preparatevi perché ora iniziano i veri guai ç__ç (Il mio Dan mi ha già minacciata in ogni lingua, quindi...).. ma nel frattempo godetevi questo capitolo e.. concedetevi di amare il piccolo e dolcissimo Blaine Anderson ;) a Lunedì gioie mie <3
p.s. Questo capitolo lo dedico al mio Dan che oggi ha portato a termine un'impresa incredibile, con la sua sola forza d'animo e il suo grandissimo coraggio. A te, more <3
n.b. Pagina Fb ( Dreamer91 ) Raccolta (Just a Landing - Missing Moments





New York City. Ore 11.48 P.M. 12 Aprile 2012 (Giovedì)

Quella era stata senza dubbio la festa migliore alla quale avessi mai partecipato. Soprattutto era stata la prima in assoluto che avessi organizzato io, personalmente, senza l'aiuto di nessuno. Avevo avuto bisogno di occuparmi da solo di tutto, ed era per questo motivo che avevo chiesto a Rachel di non preoccuparsi e lasciarmi fare, nonostante lei avesse già diviso i compiti. D'altronde, non era stato per niente difficile fare tutto. Forse era stato un pò complicato rintracciare Kristen o Sam, per via dei loro numerosi impegni, oppure pregare Tina di rimanere in silenzio fino alla festa e di ignorare Kurt il giorno del suo compleanno - lei sembrava soffrire più di tutti per quella cosa - ma alla fine, non era andata tanto male. Tutti sembravano essersi divertiti e Puck non aveva fatto tante storie a tenere chiuso il locale per una sera. Certo, avevo dovuto rinunciare ad una settimana di stipendio per convincerlo, ma.. ne era valsa decisamente la pena.
"Ok, queste sono le chiavi... mi raccomando, Anderson... è l'unica copia che ho. Se osi perderle, puoi anche evitare di tornare.. sei direttamente licenziato, e questa volta non scherzo!" mi avvisò Puck, passandomi un mazzo di chiavi - quelle del pub - e fulminandomi minacciosamente con lo sguardo. Io mi ritrovai a deglutire rumorosamente, ma le afferrai, stringendole forte al petto, come se da quelle chiavi dipendesse tutta la mia vita. Perché in fondo, conoscendo Noah, era esattamente così.
"O-ok!" mormorai tentando un sorriso rassicurante, ma lui grugnì e se ne andò. Era lui quello che si occupava di chiudere la baracca ogni giorno ed era palesemente infastidito all'idea di lasciarlo fare a me per una sera. Ma non potevo sentirmi a posto con la mia coscienza, sapendo di lasciargli il locale in quello stato. Se ne sarebbe dovuto occupare lui il giorno dopo ed era nei patti che, se me lo avesse prestato per quella festa, io glielo avrei restituito nelle stesse condizioni. Quindi, lui, da quell'accordo, aveva solo da guadagnare.
"Sicuro che non vuoi che restiamo a darvi una mano?" domandò Daniel dispiaciuto, annodandosi la sciarpa al collo
"Sicuro!" confermai con un sorriso
"Dan, cucciolo mio, non hai ancora capito?" intervenne Sebastian con lo sguardo decisamente troppo malizioso
"Capito cosa?" domandò il più piccolo, confuso
"Che questa è tutta una tattica del nostro piccolo Blaine per poter rimanere da solo con il suo adorato vicino e fare le porcate sul bancone del locale!" spiegò sporgendosi in avanti per pizzicarmi con forza una guancia, proprio come si fa con i bambini biricchini. Ma io non ero un bambino e tanto meno ero biricchino. E diavolo... fare le porcate sul bancone?
"Sebastian!" lo ripresi, con le guance in fiamme - soprattutto quella che mi aveva pizzicato - lanciando un'occhiata furtiva verso Kurt, fortunatamente troppo impegnato a salutare Santana e Brittany per darci retta.
"Ti sfido a dire che non è così. Ammettilo... ci hai appena fatto un pensierino." mormorò divertito, beffeggiandomi. Farci un pensierino? Sì, cazzo... ora per colpa sua stavo davvero pensando a me e Kurt su quel maledetto bancone.
"Dio Santo.. Daniel mi faresti la cortesia di levarmelo dalla vista? Questa sera non lo reggo." mi lamentai, passandomi una mano sulla faccia, mentre tutti e due se la ridevano beatamente. La coppia perfetta, non c'era che dire.
"Tranquillo, lo porto via." mi rassicurò il biondo, strizzandomi l'occhio, ma prima di allontanarsi, pensò bene di ricordarmi ancora una volta, perché mai un ragazzo come lui potesse andare bene per uno come Sebastian "Ah... una cosa... se posso permettermi di consigliarti.. quel bancone non lo vedo tanto comodo.. sarebbe troppo alto per te! Io vi consiglio il palco, piuttosto.. decisamente più erotico, non trovi?" e mi lasciò con un sorrisetto divertito, raggiungendo Sebastian che, meravigliosamente colpito, lo accolse a braccia aperte e con un:
"É per questo che ti amo così tanto!" dopodiché, ridacchiando come due idioti, andarono via. Ed io grugnii infastidito e frustrato. Ci mancava che si mettessero a fare le battute squallide in coppia per completare l'opera. Già mi sentivo frustrato e in fibrillazione senza i loro commenti. Ora, per colpa di Daniel, avevo nella mente un'altra immagine poco casta, e quella volta erano compresi un palco e l'asta del microfono usata come palo per lo streep tease.
Fanculo a tutti e due...
"Ehi Anderson!" qualcuno alle mie spalle biascicò il mio nome così mi girai, ritrovandomi una versione decisamente molto ubriaca di Rachel, seguita a ruota da un imbarazzatissimo Finn
"Rachel... ma quanto hai bevuto?" le domandai, mentre lei perdeva appena l'equilibrio e si aggrappava a me, borbottando una risata
"Giusto un pò... due bicchieri piccoli... sei al massimo.." e rise ancora, approfittando della vicinanza per abbracciarmi. Lanciai un'occhiata divertita verso Finn che arrossì lievemente ma ricambiò il sorriso
"Vai a casa e risposati. Domani ti sveglierai con un mal di testa assurdo." le dissi abbracciandola a mia volta, mentre lei si rilassava con un sospiro
"E tu vedi di fare il bravo, Anderson. Guai a te se osi far del male al mio piccolo Kurt... sono capace di venirti a prendere per quei bei ricci che ti ritrovi ed appenderti per le palle al lampione più alto della città, nonostante il mal di testa." minacciò, con un tono atrocemente lucido, per poi allontanarsi e puntarmi un dito contro "Sono stata chiara?" mi ritrovai a deglutire di nuovo, a vuoto. Perché diavolo la gente quella sera continuava o a mettermi in imbarazzo o a minacciarmi? Cosa avevo scritto sulla testa? Maniaco sessuale?
Beh, un pò maniaco sei... basta dare un'occhiata al contenuto vietato ai minori che c'è nella tua testa al momento...
"Chiarissima." confermai con un sorriso tirato e lei scoppiò di nuovo a ridere, così la affidai nelle mani sicure di Finn ed augurai una buonanotte ad entrambi. Poi, in ordine, salutai William ed Emma - quest'ultima mi aveva perfino aiutato con la preparazione del cibo - Tina, Kristen - "Ah, ma tu sei quello che ha cantato alla festa di beneficenza... oddio, senza smoking non ti avevo riconosciuto!" - Sam e Mercedes - che ancora non si erano separati, né la ragazza si era ripresa dalla figuraccia fatta per colpa di Brittany - e per finire Santana e la stessa Brittany.
Con un sospiro, chiusi la porta dietro le due ragazze e mi girai a guardare il locale ormai vuoto. O meglio.. quasi vuoto.
Kurt se ne stava accanto ad un tavolo, impegnato a raccogliere tutto ciò che era avanzato e a riporlo in un vassoio
"Aspetta... ti aiuto!" lo avvertii avvicinandomi. Lui sorrise
"L'ultima volta che hai detto di volermi aiutare a fare i piatti... mi è toccato farli da solo il giorno dopo!" mi ricordò divertito. Io arrossii, perché era esattamente la stessa immagine che circolava anche nella mia testa - insieme agli altri pensieri poco puri - e faceva uno strano effetto sapere che anche lui stava pensando alla stessa cosa.
"Stavolta sono costretto a farli, altrimenti l'ira funesta di Puck si abbatterà su di me." mormorai recuperando un sacco nero per la spazzatura ed iniziai a riempirlo con i vari bicchieri sparsi sui tavoli. Lui ridacchiò, ma non disse altro. Si limitò a lanciarmi un paio di bicchieri, che finirono direttamente nel sacco. I minuti successivi li trascorremmo in completo silenzio, ognuno legato ai propri pensieri e ai propri tavoli da liberare, eppure con una tensione ad aleggiare attorno a noi talmente tanto ingombrante, che riuscivo perfino a vederne i contorni sopra le nostre teste. E quella volta, per risolverla, non sarebbe bastato liberarsi dei vestiti, per quanto l'idea mi allettasse parecchio.
Il nocciolo della questione purtroppo riguardava ancora David ed il fatto che a conti fatti, nonostante tutto, loro due fossero ancora assieme. Dopo essermi effettivamente scoperto innamorato di Kurt, era difficile - e perfino doloroso - sapere di doverlo condividere ancora con lui, sapere di averlo avuto ad un palmo dal naso, senza averlo potuto afferrare, sapere di trovarmi così bene al suo fianco, ma ricordarmi ogni volta di non aver alcun diritto da esercitare, nessuna facoltà di scelta, nessuna voce in capitolo. Potevo soltanto rimanere in silenzio, a guardarlo continuare la sua vita accanto ad un bestione ben poco raccomandabile, a vergognarmi del fatto che, senza alcun pudore, iniziassi seriamente a sperare che litigassero, o che finalmente la loro storia finisse. Dovevo vergognarmi per questo. Kurt era mio amico ed io non avrei mai dovuto sperare il suo male. Ma ero anche convinto che il suo bene, invece, non fosse quello, non fosse al fianco di David, quindi augurargli di perderlo, non mi sembrava un grande torto da parte mia. E anche Rachel sembrava del mio stesso avviso.
Kurt ha... l'assurda capacità di farsi del male da solo, intestardendosi su delle convinzioni che a conti fatti non esistono. E così facendo si sta lasciando scappare la sua occasione per essere felice... Voglio che tu capisca che qualsiasi cosa succeda con te, sarà nettamente migliore rispetto a quello che gli è già successa o potrebbe succedergli in futuro con David e soprattutto... voglio che tu capisca che ne vale la pena...
Con un sospiro mi avvicinai al palco per liberarlo dalle bottiglie di birra ed i piattini vuoti e mi ricordai all'improvviso della canzone cantata assieme a Kurt poco prima. Perfect. Era stato strano, surreale, un'esperienza quasi extracorporea. Mi ero ritrovato senza neanche sapere come a fargli quella richiesta per divertirci un pò, per condividere assieme qualcosa, un momento intimo diciamo, per farci quattro risate tra amici in tutta tranquillità e poi anche perché volevo trovare il modo migliore per dedicargli quella canzone, senza farla diventare una dichiarazione plateale d'amore alla quale sarebbe seguito ovviamente imbarazzo e prese in giro in eterno. Accordando la chitarra, avevo alzato lo sguardo ed avevo intercettato il suo e lì avevo preso la mia decisione: volevo avere Kurt sul palco accanto a me per cantare. In un primo momento, quando glielo avevo proposto, mi ero sentito subito un idiota, perché... cavolo, non si invita la gente ad esibirsi su un palco così alla leggera, soprattutto se non si è abituati. Io lo facevo tutte le sere ma lui? Lui avrebbe retto a quell'emozione? Solo che poi, dopo un primo momento di smarrimento, lui si era alzato sul serio e mi aveva raggiunto e poi si era seduto al mio fianco e infine aveva iniziato a cantare, accodandosi a me, tenendo gli occhi puntati nei miei per tutta la durata del pezzo, sfiorandomi in maniera casuale ogni tanto e mantenendo costante una piacevole gradazione di rosso sulle guance. Ed era bellissimo, bellissimo da togliere il fiato. E la sua voce... Dio... tutto mi sarei immaginato, tranne che cantasse così. Sembrava un angelo, un piccolo angelo leggiadro ed irraggiungibile, capitato per miracolo al mio fianco e con il quale io avevo avuto l'assurda ed inspiegabile fortuna di fondermi durante quelle note. Aveva una voce così dolce e delicata, si posava leggero su ogni nota, accarezzandola in maniera calcolata e regalando un'emozione difficile da spiegare a parole. Io personalmente mi ero ritrovato a vagare in apnea, per quei tre minuti scarsi, dimentico dell'ossigeno e del mondo, legato a Kurt in maniera profonda e decisa e con la precisa intenzione di non allontanarmi da quello sgabello e da quella chitarra. Perché, una volta finita la musica, saremmo tornati a fare i conti con la realtà - con tutti gli invitati, la festa, le battute fuori luogo, David che non c'era ma la cui presenza aleggiava minacciosa tra i tavoli - e a me quella realtà non piaceva. Decisamente.
Devo farmi coraggio... altrimenti da questa situazione non ne esco vivo...
A proposito!
"Dio che sciocco... quasi dimenticavo!" esclamai, abbandonando il mio sacco nero in un angolo e precipitandomi verso il bancone per recuperare il mio zaino. Ci frugai all'interno, fino a che non trovai una busta, dopodiché mi avvicinai a Kurt, che mi osservava curioso, e gliela porsi
"Cos'è?" mi domandò con mezzo sorriso. Io ricambiai il gesto.
"Ma come che cos'è? É il tuo compleanno, no? E questo è il tuo regalo... da parte mia!" risposi, infilando le mani nelle tasche dei jeans, mentre lui, piacevolmente sorpreso si rigirava la busta tra le mani
"Ma, Blaine... non dovevi!" mormorò a disagio "Io... tu hai già organizzato tutto questo per me... era sufficiente." scossi la testa, senza neanche domandargli come avesse fatto a scoprire che quella festa l'avevo organizzata io. D'altronde l'avevo già capito che Rachel aveva la lingua lunga. E la lingua lunga sommata ad una generosa dose di alcool, rendevano tutti più chiacchieroni.
"Su coraggio apri!" lo esortai con un sorriso, perché era strano, ma io, tra i due, sembravo quello più impaziente. Non che Kurt non lo fosse... solo che io ero fatto così, un bambino cronico e lui era semplicemente ancora troppo imbarazzato per lasciarsi andare. Ma mi sorrise, commosso, per poi aprire finalmente la busta
"Ce ne sono due." constatò sorpreso e li tirò fuori entrambi. Erano due confezioni abbastanza piccole e riusciva a tenerle in una sola mano
"Parti da quello più piccolo che è anche il meno costoso!" gli indicai il pacchetto giusto e lui, mettendo da parte l'altro, lo strinse per poi lanciarmi un'occhiata divertita, ancora gli occhi meravigliosamente lucidi
"Ci hai lasciato il prezzo attaccato?" domandò ridacchiando. Scossi la testa
"Non ce n'era bisogno. Credo tu sappia esattamente quanto costi!" lo avvertii e lui, sempre più curioso, scartò il pacchetto con attenzione, stando attento a non tagliarsi, fino a che, sotto i suoi occhi azzurri, non comparì un blocchetto di post-it colorati, un formato convenienza, con ben trecentoventi foglietti.
"Oh mio Dio!" esalò in un sussurro leggerissimo, mentre gli occhi si sgranavano e si copriva quasi di riflesso la bocca con la mano. Era così dannatamente dolce in quel momento... innocente e limpido come non mai e la sua reazione era piena di reale stupore. Era gioia quella che gli leggevo in viso? Era... felice?
"Avevo immaginato che li avessi finiti, dato che da qualche tempo a questa parte non ho più il piacere di ricevere i tuoi messaggi del buongiorno." esclamai divertito e lui, sollevando lo sguardo su di me, mi mostrò i suoi occhi commossi ed un sorriso bello da bloccare il fiato. Ma cosa in lui non mi faceva quell'effetto?
"Sì, in effetti..." fece arrossendo appena. Forse stava pensando a come li avesse finiti. Io un'idea ce l'avevo: ricordavo ancora la mia porta meravigliosamente piena e colorata. E l'artefice era un certo K.
"Ecco, adesso non hai più scuse..." gli feci presente, indicando il blocco colorato che lui ancora si rigirava tra le mani. Ridacchiò
"Sarei dovuto andare a comprarli in questi giorni, giuro.. ma non ho avuto proprio tempo!" mormorò leggermente sconsolato, quasi stesse cercando il modo per scusarsi con me di quella mancanza.
"Ci ho pensato io... sai, gira voce che lavori in un supermercato.." mormorai e gli feci l'occhiolino, complice, facendolo ridacchiare ancora. E Dio.. il suono della sua risata... toccava delle note ancora sconosciute al genere umano ma che sicuramente appartenevano al mondo ultraterreno.. un mondo abitato esclusivamente da angeli e creature meravigliose come Kurt Hummel.
"Grazie Blaine... è... fantastico!" esclamò, sporgendosi un pò, forse per abbracciarmi, ma... non doveva finire, non in quel momento almeno, non ancora.
"Aspetta! Questo non è propriamente il tuo regalo. O meglio... lo è però..." maledizione... com'era difficile parlare in sua presenza. Feci un profondo respiro, tanto per calmarmi un pò, mentre lui, senza dire altro, lasciò il blocchetto di post-it su un tavolo e afferrò l'altro piccolo pacco
"Posso?" mi domandò indicandolo, una strana luce negli occhi. Era in trepidante attesa. Mancava solo il mio permesso
"Devi!" lo esortai, ed anche io, in fin dei conti, non stavo messo meglio. Avevo pensato tanto ad un regalo che fosse perfetto per lui, che rispecchiasse la sua natura, che gli trasmettesse il mio... affetto, che gli facesse capire qualcosa che a parole non ero ancora in grado di spiegargli. E pensavo di averlo trovato alla fine. Non era stato affatto facile: sentivo di aver preso qualcosa di rischioso, ma se nella vita non avessi rischiato almeno un pò, allora, avrei anche potuto dire addio alla piccola speranza che vedevo per conquistare il suo cuore. Dovevo giocarmi il tutto per tutto e non avrei gettato la spugna finché lui stesso non mi avesse detto in faccia di lasciare perdere.
Trattenni accuratamente il fiato fino a che anche l'ultimo lembo di carta lucida non venne via e mi preparai alla sua reazione: cosa avrebbe fatto? Mi sarebbe scoppiato a ridere in faccia? Avrebbe pianto? Gli sarebbe piaciuto? Oppure avrebbe decretato giunto il momento di mettere fine a quella situazione, restituendomi il regalo e andandosene via?
L'ansia è davvero una brutta bestia...

New York City. Ore 00.03 A.M. 13 Aprile 2012 (Venerdì)

L'ansia era proprio una brutta bestia. E nel mio caso compariva anche nei momenti meno opportuni. Quando andavo ancora a scuola per esempio, aveva l'abitudine di spuntare all'improvviso pochi secondi prima di varcare i cancelli dell'istituto. Le gambe iniziavano a tremare, la salivazione si azzerava ed il cuore lo sentivo battere tanto forte da fare male. E poi, inevitabilmente, qualche minuto dopo, finivo scaraventato contro un armadietto, oppure, nei casi più estremi, in qualche bidone della spazzatura. Quindi in un certo senso quell'ansia che sentivo addosso, era premonitrice.
Ma adesso, mentre scartavo con cura il secondo pacchetto che mi aveva dato Blaine, da cosa era dipesa? Avevo paura che all'improvviso potesse sbucare da dietro il bancone qualche Titans che poi mi avrebbe picchiato? Era assurdo... io ero.. al sicuro lì dentro. Ero a New York, con Blaine e tecnicamente tutta quella paura e quell'ansia non facevano più parte della mia vita. Era giustificabile per un ragazzino di sedici anni, vittima del bullismo. Ma un ragazzo di venticinque, un uomo.. avrebbe dovuto essere quanto meno, un pò più coraggioso. 
Fatti coraggio, Kurt... Guardalo.. è Blaine! E quello che adesso stringi tra le mani è il suo regalo per te...
Con un sospiro riuscii a strappare anche l'ultimo lembo di carta, e dovetti seriamente stare attento a non tagliarmi perché avevo le mani che tremavano e se già ricevere un blocchetto di post-it mi aveva sconvolto così tanto, non immaginavo cosa sarebbe successo con quel secondo regalo. Perché era chiaro fosse quello più importante, quello in cui Blaine riponeva più fiducia. Ed io ce l'avevo tra le mani, tra le mani che mi tremavano. Feci scivolare quello che rimaneva della carta strappata per terra e per qualche istante, fu come se il mondo si fosse fermato, a tutti gli effetti. Perché era come se stessi osservando tutto dal di fuori, magari attraverso lo schermo del televisore e quella che avevo davanti agli occhi era una scena meravigliosa, ma non faceva parte della mia vita. A me, Kurt Hummel, l'eterno sfigato, il frocio di Lima, il principe triste... non succedevano quelle cose. Io meritavo un cappuccino decaffeinato in tazza grande da consumare frettolosamente in macchina, meritavo di essere lasciato solo e insoddisfatto dopo il sesso, meritavo le accuse e gli sguardi di rabbia... non di certo.. quello. E maledizione... quella che stringevo tra le mani era davvero una scatolina di pelle, finemente decorata, che a lettere cubitali mi confermava - come se ce ne fosse bisogno - di provenire direttamente da una gioielleria. Una gioielleria che si chiamava precisamente Tiffany.
No... non è possibile...
"Blaine..." non seppi con quale forza riuscii a pronunciare il suo nome, dato che non ero capace neppure ad alzare la testa per guardarlo negli occhi. Ero incantato, osservavo ancora la scatolina che stringevo tra le mani e continuavo a chiedermi cosa aspettassero i Titans nascosti dietro al bancone, per uscire e picchiarmi. Perché quella non era la realtà, non la mia almeno, e se davvero quella scatolina di pelle era nelle mie mani... dovevo per forza essere il protagonista di qualche sogno. Non c'erano altre spiegazioni
"D'accordo... so che visto così potrebbe sembrare che contenga un solitario o qualche altra diavoleria del genere e che magari tu adesso sei sconvolto perché temi che io possa inginocchiarmi davanti a te e ti chieda di sposarmi... e so anche che non è il classico regalo che un amico dovrebbe fare, dato che Finn ti ha regalato un... cappello di lana e dei guanti.. ma.. io ho pensato che.. sì insomma.. fosse adatto per te che.. in un certo senso rispecchiasse ciò che sei e ciò che senza saperlo mi trasmetti e.. il problema è che non sapevo esattamente cosa regalarti, perché diciamocelo francamente.. cosa si regala ad un amico che in realtà non è proprio tuo amico? In ogni caso avrei rischiato di sembrare banale ed io non volevo... Dio Santo.. dovrei smetterla di parlare, non è vero? Ma... è più forte di me.. quando sono nervoso parlo a raffica, mi sembra di avertelo già detto una volta... e ora sono estremamente nervoso e..."
"Blaine.." lo chiamai di nuovo, interrompendo il suo monologo disperato, perché a dirla tutta, non lo stavo affatto ascoltando. Provai a deglutire, maledicendo la mia saliva che non c'era e il cuore che palpitava senza logica nel petto. Lui si zittì, con uno strano lamento, ed avvertii il suo sguardo su di me, cercare disperatamente di capire, di trovare delle risposte. Ma come avrei potuto, io, dare delle risposte a lui, in quel momento, se non sapevo neppure cosa dire, se non ero ancora del tutto convinto di ritrovarmi nel mondo reale e stessi ancora pensando di essere in un mio assurdo sogno. Come potevo?
Mi feci coraggio e alla fine, dopo un tempo indefinito, riuscii a sollevare lo sguardo e ad intercettare i suoi occhi e fu proprio come avevo immaginato: erano tormentati e in attesa di qualcosa che ancora non era arrivato, ma rimanevano immobili su di me, quasi spaventati. E lui era decisamente spaventato, si vedeva... ma da cosa? Da me?
"Perché?" gli domandai in un soffio. Lui in un primo momento non capì e infatti si accigliò confuso, così dovetti specificare "Perché lo hai fatto?"
"Io... te l'ho detto... oggi è il tuo compleanno e questo è..." ma lo interruppi di nuovo, quella volta con più forza
"Sì, ma perché... questo?" e gli mostrai la scatolina ancora chiusa, con la voce che tremò appena, senza che io potessi fare nulla. Lui sgranò appena gli occhi, forse colpito da quel tono, che a pensarci bene era sembrato un vero e proprio lamento. Aprì e richiuse la bocca un paio di volte, prima di deglutire e poi parlare
"Perché questo era il regalo perfetto per te. Avevo... ho... un disperato bisogno che tu capisca delle cose e per farlo è necessario mostrartele, perché a parole non credo di esserne capace. Quindi, ti prego, Kurt..." la sua voce si ridusse ad un soffio e fu come ricevere una stilettata in pieno petto perché... lui mi stava pregando e lo stava facendo nel modo più intenso e coinvolgente che potessi mai immaginare. Ed era totalmente disarmante.
"Blaine..." provai ancora, con gli occhi velati dalle prime lacrime. No, non potevo piangere. Non di nuovo
"Aprilo!" mi ordinò ed io non riuscii più a trattenermi in niente. Mi lasciai andare ad un lungo respiro e contemporaneamente portai lo sguardo di nuovo sulla scatola, che iniziava a scottare tra le mie mani e con una lentezza disumana, quasi opprimente, sollevai il coperchio. Quello che trovai mi lasciò ancora una volta sospeso a mezz'aria e se fossi stato seriamente seduto su un divano a guardare la scena attraverso lo schermo del mio LCD, probabilmente mi sarei trovato a trattenere il fiato e a mettere perfino in pausa per godermi meglio il momento. Eppure, vivere in prima persona quell'esperienza, avere davanti ai miei stessi occhi tutto quello e stringere con le mie mani quella scatola... era qualcosa di inspiegabile e neanche la meravigliosa definizione del mio televisore gli avrebbe reso degna giustizia. Quindi dovevo ritenermi fortunato... potevo vederlo dal vivo, potevo assaporare il momento con emozioni vere e potevo dire di essere perfino il destinatario di quella meraviglia contenuta in quella scatolina di pelle. Contro ogni immaginazione, non si trattava affatto di un anello di diamanti, proprio come aveva detto lui - e come avevo seriamente temuto - ma era un bellissimo braccialetto di caucciù nero con una sottile fascetta argentata su un lato, un pò piatta ed estremamente elegante. Era molto raffinato - ma d'altronde cosa poteva venire mai fuori da Tiffany? - e sembrava quasi risplendere in quella scatola. Trattenendo il fiato - e forse lo stava facendo anche Blaine - afferrai il braccialetto, accarezzandone leggermente e delicatamente il caucciù e sorprendendomi di quanto fosse liscio e morbido e di ottima qualità. La fascetta di argento poi era appena ruvida, un pò satinata e al tatto mi accorsi che c'era qualcosa sulla superficie, qualcosa che sembrava inciso con cura
"Leggi!" la sua voce fu talmente tanto bassa ed armoniosa, che per un momento mi parve un comando proveniente da dentro di me, dentro il mio cuore e forse, fu proprio così. Ma io diedi retta ad entrambi così, lasciai la scatola sul tavolo, accanto al blocchetto di post-it e mi concentrai sull'incisione in superficie. L'avvicinai al viso e ne lessi sopra i caratteri in corsivo, le lettere sottili ed eleganti che sembravano completare armoniosamente il magnifico bracciale. E quello che vi trovai scritto, fu la botta definitiva per il mio già precario equilibrio emotivo, perché all'improvviso mi ritrovai con il nodo in gola che lentamente si scioglieva e le prime lacrime che rotolavano giù per le guance, appannandomi gli occhi. Ma la scritta, un'unica semplice, bellissima, profonda ed intesa parola, era ancora davanti a me, gridava quasi, chiedeva di essere incisa ancora, quella volta nella mia mente
"Courage." dissi ad alta voce con la voce spezzata. Le lacrime iniziavano a moltiplicarsi e quindi dovetti sbattere più volte le palpebre per liberarmi un pò. Lui al mio fianco, sembrò tornare a respirare dopo una lunga pausa
"Courage." ripeté in un soffio, lo stesso che sembrava ancora provenire dal mio cuore, ma che pareva appena più commosso quella volta. Che stesse piangendo anche lui? Per verificarlo dovetti alzare gli occhi, in un altro assurdo sforzo, e non mi meravigliai affatto di trovarli effettivamente un pò più lucidi e carichi di qualcosa che assomigliava molto all'ansia. Blaine si stava consumando, in attesa di una mia reazione, e forse le lacrime non aiutavano a rendergli la situazione più facile. Quindi mi feci coraggio, proprio come lui aveva appena sussurrato e come il bracciale stesso sembrava suggerirmi, e parlai
"Dio... è... bellissimo.." mormorai con la gola che pulsava, sussultando per colpa di un paio di singhiozzi. E lui si lasciò scappare un piccolo sospiro che immaginai contenesse puro sollievo. Tentò perfino un mezzo sorriso che, però, sparì all'istante: era decisamente troppo provato perfino per distendersi in quell'espressione. Portai di nuovo gli occhi sul bracciale, perché guardare lui e parlare diventava mano a mano più faticoso.
"Blaine tu... non dovevi... questo è troppo..." dissi cercando di far fermare le mie labbra che tremavano incontrollate. Ma che diamine mi stava succedendo? Era come se mi stessi lentamente sgretolando davanti ai suoi occhi e stessi aspettando il punto cruciale, la goccia in eccedenza, che avrebbe fatto crollare tutto. Ero in equilibrio precario, ma l'eventualità di poter seriamente cadere, non sembrava così spaventosa come avevo sempre immaginato. Lui fece una smorfia, appena imbarazzato
"Non è troppo, Kurt... è esattamente... anzi... è fottutamente perfetto per te!" e mi sorrise, quella volta per un momento più lungo, ma si vedeva chiaramente quanto gli costasse trattenersi. Forse stava perfino trattenendo le lacrime, non ne ero sicuro. L'unica cosa di cui ero sicuro al cento per cento, fu l'effetto incredibile che quelle parole ebbero su di me e quanto in profondità riuscirono ad arrivare, marchiandosi a fuoco. Ancora quella parola... perfetto. Ed io ero tutto, tranne che perfetto e lui doveva saperlo. Così presi aria per poterglielo dire, rischiando così di rovinare tutto, di uccidere i suoi buoni propositi, ma lui mi anticipò:
"Io non voglio farti chissà quale dichiarazione, o dirti qualcosa di spaventoso o affrettato.. anzi in teoria non so neanche io cosa dirti ora come ora. Speravo, forse stupidamente, che le parole sarebbero saltate fuori da sole, che qualcuno al momento me le avrebbe suggerite ma... sono completamente a corto di... fiato e... di logica. Quindi.. prova, se puoi, ad interpretare quello che cercherò di dirti e per piacere.. non scappare via." mi disse, tutto sottovoce, tutto guardandomi negli occhi, tutto con la stessa meravigliosa ed inspiegabile sincerità. Disarmante sincerità.
Io riuscii soltanto ad annuire, lasciando a lui la parola e alle mie lacrime la caduta libera sulle guance. Fece un profondo respiro prima di ricominciare
"L'altro giorno, cercando il regalo adatto per te, mi sono chiesto cosa io potessi fare per... renderti felice... anche solo per un momento. E la risposta, per quanto banale potesse sembrarmi, è arrivata quasi subito. Io... dovevo provare ad essere sincero con te, dovevo provare ad essere il primo, probabilmente, a metterti davanti alla realtà dei fatti e dovevo provare a farti capire cosa ci fosse in te di tanto speciale da avermi così profondamente colpito. Dovevo provare a farti vedere il Kurt che in questo momento mi sta davanti, farti vedere cosa si prova a guardare te dall'esterno, con i miei occhi e farti finalmente capire che... non è vero che tu non meriti di essere apprezzato o ascoltato o capito o... amato solo perché credi, o meglio... qualcuno ti ha fatto credere, di non meritarlo. Tu meriti esattamente tutto quello che hai sempre sognato, né più né meno di quelli che speri ogni giorno e... meriti di trovare il giusto coraggio per poterlo vivere a fondo, senza paura, senza vergogna, senza limiti e senza temere che qualcuno possa distruggere tutto." si fermò un istante per prendere fiato o forse per permettermi di assimilare quelle cose. Ma dubitavo che un paio di secondi mi sarebbero bastati.
"Voglio solo che tu capisca che io apprezzo il tuo coraggio. Apprezzo la tua forza d'animo, apprezzo la perseveranza che ti ha permesso di arrivare fino a qui e che ti permette ancora di sopportare la vita, nonostante tutto. Apprezzo te, il tuo modo di essere, il tuo carattere a tratti perfino misterioso ma estremamente sorprendente, apprezzo quello che fai e quello che dici, apprezzo quello che scegli di fare, apprezzo il tuo modo di porti nei confronti degli altri, come gestisci i tuoi rapporti con Rachel o con Santana, apprezzo come tu abbia tenuto testa a Sebastian, apprezzo il fatto che tu sia salito su quel palco a cantare con me, mettendo da parte l'imbarazzo e apprezzo... che tu adesso sia qui, con me e che non sia ancora scappato nonostante io abbia ricominciato a straparlare come una vecchia radio rotta." ridacchiò appena e a lui si aggiunse un'altra leggera risata, che, solo dopo, mi accorsi appartenere a me.
"
Tu sei.. perfetto così come sei e se devo rimettermi a cantare quella canzone, ora, da solo, per fartelo capire, allora ti giuro che lo faccio!" mormorò ed indicò il palco, quasi volesse seriamente risalirci per cantare ancora, così mi decisi a bloccarlo sul serio, afferrandogli un braccio per farlo stare fermo, esattamente di fronte a me
"No... non credo serva. Ho.. capito perfettamente cosa... volevi dirmi.." e mi stupii di me stesso, perché ero riuscito a parlare, nonostante le lacrime e gli avevo perfino rivolto un sorriso, appena divertito. Lui sospirò, più tranquillo
"Bene..." borbottò, con una mano tra i ricci, sconvolto e provato. Ed era buffo perché sembrava seriamente distrutto dopo aver parlato tanto ed avermi detto tutte quelle cose. Ma la cosa più buffa di tutte le cose buffe ero senz'altro io e la mia reazione a quella mezza confessione. Perché mi sentivo tranquillo, appagato e con uno strano calore nel petto che mi riscaldava e mi coccolava. Forse non avevo ancora immagazzinato le sue parole, non le avevo del tutto comprese, altrimenti non si spiegava come mai fossi così... sereno. Magari la reale reazione sarebbe arrivata a breve e quella che stavo vivendo era la classica quiete prima della tempesta. O forse... forse qualcosa dentro di me era già scoppiato, quella goccia che temevo uscisse e versasse tutto il contenuto del vaso era già caduta ma l'effetto non era affatto stato quel tumulto confusionario ed insostenibile che mi ero immaginato, anzi. Era come se una strana pace mi avesse invaso dall'interno e stesse lentamente diffondendosi ovunque, occupando ogni spazio libero e cercasse in ogni modo di spingere via i pensieri negativi, l'angoscia, le lacrime amare e perfino quella fastidiosa sensazione di inadeguatezza che ogni tanto si ripresentava in me, da quando avevo scoperto di essere omosessuale.
Ed era strano, molto strano. Forse sentirsi fare un discorso così accorato per ben due volte in meno di una settimana, da due persone alle quali tenevo molto, faceva quell'effetto. O forse era semplicemente Blaine ad avere il potere e l'abilità necessari per farmi sentire così. E gli erano bastati un blocchetto di post-it colorati, una fascetta di caucciù e la più totale e disarmante sincerità per permettermi di provare quelle sensazioni. Perché forse aveva ragione... mai nessuno prima di lui mi aveva parlato in quel modo o mi aveva detto cose così profonde, perché mai a nessuno prima di allora era minimamente interessato a farlo. A parte Rachel e quello che ci eravamo detti quella domenica, soltanto mio padre si era seriamente preoccupato per me, quindi era strano vedere quante persone adesso potessero fare altrettanto o potessero.. apprezzarmi. Era vero, io avevo l'assurda capacità di abbattermi sempre, di non riuscire a credere mai che prima o poi qualcosa potesse cambiare e di convincermi fino alla nausea di essere sbagliato, inadatto, imperfetto, e di non... meritare nulla di più dello schifo che già avevo. Forse alcune volte la facevo troppo tragica e forse dovevo seriamente smetterla di trattare me stesso in quel modo ed iniziare ad avere più rispetto per la mia vita e più speranza nel mio futuro. Ma non avendo mai avuto validi motivi per farlo, non avevo mai neppure voluto cercare la forza per combattere, per provare a ricercare del buono in quello che già avevo, per smetterla di accontentarmi, per non aver paura di chiedere e osare e sperare e sognare qualcosa di diverso e magari anche migliore. Perché io avevo tutti i diritti di essere felice, gli stessi diritti che aveva anche Rachel, o Mercedes o Santana o Sebastian o... Blaine. Dovevo solo farmi coraggio e affrontare tutto con tranquillità e un briciolo di speranza in più, che non avrebbe di certo guastato. Perché forse una piccola speranza me la stava già offrendo lui, affermando con tutta quella convinzione di apprezzare me e il mio bizzarro modo di essere, facendomi capire di non essere poi così irrecuperabile e che... perfino uno come me, alla veneranda età di venticinque anni appena compiuti, poteva sperare di cambiare il suo atteggiamento per il semplice benessere personale. Per la mia felicità.
Mi asciugai le lacrime che erano rimaste, con la manica della camicia e dopo un lungo sospiro gli sorrisi
"Mi aiuteresti a metterlo?" gli domandai, riacquistando lentamente la facoltà adatta per parlare e lui, sorpreso, ci mise qualche istante per muoversi e sporgersi per darmi una mano.
"C-certo.." gli porsi il braccialetto e gli allungai un polso - quello sinistro, quello del cuore - e rimasi in attesa, mentre lui, particolarmente imbarazzato e con le guance meravigliosamente arrossate, tentava di aprirlo, senza farlo cadere. Dovetti mordermi con forza le labbra per non scoppiare a ridergli in faccia, ma era inutile... qualsiasi cosa facesse, Blaine Anderson rimaneva l'essere umano più tenero, incantevole, bello, dolce e romantico dell'intero universo. Ed io, per merito di una sfacciata ed inimmaginabile fortuna, potevo averlo lì, di fronte a me, mentre le sue mani, che tremavano appena, mi sfioravano il polso con molta delicatezza, e mi aiutavano ad indossare il mio meraviglioso regalo di compleanno. Il mio coraggio.
Una volta attaccato mi ritrovai ad accarezzarlo con gli occhi e la punta delle dita e a sorprendermi ancora di quanto fosse bello e di come stesse incredibilmente bene perfino con il colore pallido della mia pelle. Blaine evidentemente aveva pensato anche a quello. Non pesava affatto, non era fastidioso da portare e da quel momento in poi sarebbe diventato il mio fedele compagno di vita.
Avvertendo un irrefrenabile desiderio di sporgermi verso di lui per stringerlo e baciarlo, distolsi l'attenzione dal bracciale e puntai i miei occhi nei suoi. Erano ancora lucidi, ma si vedeva chiaramente il sollievo e la leggera sfumatura di contentezza che li colorava in maniera così profonda. E quegli occhi dorati, erano più belli del solito. Lui sembrò cogliere il mio stesso pensiero e infatti ci ritrovammo ad avanzare lentamente uno verso l'altro, senza fretta, solo con la voglia di unire di nuovo le nostre labbra e creare ancora quel legame tanto piacevole che ormai avevamo imparato ad apprezzare. E mentre la distanza diminuiva, aumentava in me la voglia di lui, di poterlo avere di nuovo, in ogni sfumatura, ma in maniera particolare, in quella fisica. Perché non riuscivo a vergognarmi proprio del fatto che Blaine mi attirasse così tanto sotto quel punto di vista e forse, se non ci fosse stato anche un minimo - chiamalo minimo! - coinvolgimento emotivo, non sarei arrivato a desiderarlo così tanto. E chissà, magari quella sera, oltre alla canzone, al ballo, al blocchetto di post-it e al bracciale, avrei potuto ricevere anche qualcos'altro da lui.
Sto decisamente diventando un maniaco... Se qualcuno mi sentisse...
Ma proprio nel momento in cui i nostri respiri andarono a legarsi e l'ombra delle sue labbra iniziava ad affacciarsi sulle mie, qualcosa accade, qualcosa disturbò la nostra privacy, il nostro momento di intimità, quasi con prepotenza, facendo sobbalzare entrambi. Ed era il suo telefono che squillava, intromettendosi. Sospirammo entrambi, anche se il suo sembrò più che altro un ringhio basso, ma lui non si allontanò affatto da me. Poggiò la fronte alla mia e in quella posizione andò in cerca del telefono, che ancora squillava con insistenza, probabilmente nella tasca dei pantaloni
"Giuro che se è Sebastian... questa volta lo ammazzo sul serio!" borbottò facendomi ridacchiare, e si portò il telefono all'orecchio, rispondendo
"Pronto?" ci fu un lungo minuto di silenzio e a quella distanza potei perfino sentire l'accenno di una voce particolarmente allegra che prendeva la parola. Era decisamente una voce maschile.. che fosse seriamente Sebastian? Lo sapeva che aveva appena firmato la sua condanna a morte? Quella volta Blaine grugnì sul serio, staccandosi da me ed iniziando ad inveire
"Ma certo che sei un idiota!... Ti ho detto che il compleanno era Giovedì e tu che fai... chiami a mezzanotte passata? Ti rendi conto che ormai sei fottutamente in ritardo?" gridò infervorandosi e facendomi preoccupare non poco. Con chi diavolo stava parlando? E perché gridava così? Parlava di un compleanno... era... il mio? 
"E figurati se non tiravi fuori una di queste scuse assurde... sai dove te lo puoi ficcare il tuo fuso orario del cazzo?" sbottò colorandosi lentamente di viola. Spalancai gli occhi, sempre più preoccupato. Ma che diavolo...
"Blaine..." tentai di calmarlo, sollevando una mano e stringendogli una spalla e sembrò funzionare perché bloccò un'altra imprecazione giusto a metà, per poi guardarmi, appena affranto, negli occhi e sospirare
"Per tua fortuna lui è ancora qui con me... aspetta che te lo passo." esclamò per poi porgermi il suo telefono. Io lo guardai confuso
"É Cooper!" specificò infastidito, con uno sbuffo. Cooper?
"T-tuo... fratello?" domandai sorpreso e scioccato e per fortuna il mio momentaneo smarrimento, parve divertirlo parecchio, perché riuscì perfino a ridacchiare
"Di certo non il cane. Lui non avrebbe aspettato che passasse la mezzanotte per chiamarti!" mormorò ed io, con mezzo sorriso, accettai il telefono per rispondere
"Pronto?"
"Ehilà, Kurt! Come stai? Ti ricordi di me? Sono il fratello figo di schizzo, il tuo strano vicino di casa!" e anche a distanza, l'esuberanza di Cooper Anderson, il ragazzo bellissimo che mi aveva tanto innervosito e divertito qualche settimana prima, mi fece sorridere
Il fratello figo di schizzo...
"Ciao Cooper... ma certo che mi ricordo di te... come si fa a dimenticarti?" gli feci divertito, mentre la sua risata allegra di diffondeva nell'apparecchio e il povero Blaine si allontanava con un smorfia, tornando a riempire il sacco con la roba da buttare. Potevo perfino vedere il fumo uscirgli dalle orecchie.
"Immaginavo... ascolta, schizzo l'altro giorno mi ha detto che oggi, cioè... ieri sarebbe stato il tuo compleanno e beh.. anche se sono dall'altro lato degli Stati Uniti, volevo farti i miei personalissimi auguri!" annunciò stranamente elettrizzato. Lui aveva chiamato per farmi i suoi auguri e nonostante lo avesse fatto in ritardo... Dio, mi faceva enormemente piacere.
"Ti ringrazio, davvero... sono contento che tu abbia trovato un momento libero nella tua giornata piena di impegni per chiamare. Grazie sul serio.." risposi, appena imbarazzato, mentre Blaine continuava a fare delle facce assurde e a borbottare frasi incomprensibili
"Perdona il ritardo.. non ho mai realmente capito quante ore di differenza ci siano tra Los Angeles e New York... ero convinto che voi foste più indietro di me e invece... era il contrario." borbottò e sembrava seriamente dispiaciuto, nonostante tutto. Ridacchiai avvicinandomi a Blaine, che continuava a borbottare come una locomotiva a vapore
"Non preoccuparti.. è il pensiero che conta!" lo rassicurai e mi trattenni dallo scoppiare a ridere per la faccia buffa che fece Blaine a quelle parole. Forse non era necessario specificare che, seriamente la chiamata di suo fratello mi aveva fatto piacere e che perfino lui, che a conti fatti non mi conosceva, si era preoccupato di chiamare, mentre il mio stupido fidanzato ancora ignorava l'esistenza del mio compleanno.
"Bene... adesso devo andare... ho una cena importante con la controfigura di Tom Cruise... a quanto pare c'è una parte per me nel suo prossimo film.. speriamo che questa sia la volta buona." annunciò teatrale, con un profondo sospiro ed io immaginai perfettamente la scena, ritrovandomi a ridacchiare ancora. Dio, mi facevano male gli zigomi.
"Te lo auguro, Cooper..." esclamai con sincerità. Blaine tutto sommato doveva essere fiero di suo fratello.. anche se per poco e nella maniera più assurda, entrava comunque in contatto con grandi nomi dello spettacolo. Era da apprezzare, no?
"Salutami schizzo... e fate i bravi voi due. Sono ancora troppo giovane per diventare zio!" borbottò, facendomi arrossire e ringraziai il fatto che stesse parlando solo con me, altrimenti quella, suo fratello, non gliel'avrebbe fatta passare
"A presto, Cooper... e grazie ancora!" e chiusi la conversazione ancora con un sorriso divertito a stendermi le labbra. Blaine sospirò, trascinando il pesante sacco nero - quanta spazzatura avevamo fatto in una sola misera serata? - e dopo l'ennesima smorfia, decise finalmente di sollevare lo sguardo verso di me. Ci fu un lungo istante di silenzio, in cui ognuno cercò chissà che cosa negli occhi dell'altro, fino a che, non ci ritrovammo a ridere insieme, come due scemi
"Tuo fratello ha..." iniziai tra le risate ma lui completò per me
"..Un ottimo tempismo, lo so!" mormorò scuotendo la testa. Gli passai il telefono, che lui conservò di nuovo in tasca e tornai ad aiutarlo nella sistemazione. Ovviamente il momento di intesa che si era creato poco prima, era sfumato ed entrambi ne sembravamo particolarmente scontenti e provati. Ma senza dubbio, sarebbe stato troppo imbarazzante dirgli di tornare da me e riprendere da dove si era interrotto. Avevo ancora un disperato bisogno di baciarlo, ma possedevo anche un pudore e questo mi impediva di muovermi al momento. E poi... se il destino aveva voluto far intervenire Cooper per interromperci, evidentemente quel bacio non avrebbe dovuto esserci comunque. Chissà magari... dovevamo darci una calmata o molto più probabilmente io dovevo smetterla una buona volta di fare il doppio gioco, incatenando sia lui che David, e mi sarei dovuto decidere a compiere il tanto difficile passo verso.. la mia personale felicità.
E pensare che manca così poco... 
"Blaine?" all'improvviso, con la carta da regalo recuperata dal pavimento in mano, mi ritrovai a chiamarlo. Lui si girò verso di me, sorpreso
"Dimmi."
"Grazie... io... è la seconda volta nella stessa serata che riesci a farmi un regalo così grande e mi fai sentire così... bene!" mormorai, con un sorriso mite sulle labbra. Lui ricambiò, visibilmente sollevato.
"Il primo regalo... ti riferisci ai post-it non è vero?" domandò divertito ed io scossi la testa con decisione
"La canzone... quello è il tuo primo regalo. Poi c'è stato questo magnifico braccialetto... io... li terrò entrambi nel cuore, finché mi sarà possibile farlo!" esclamai con convinzione, sperando di far arrivare anche a lui la stessa intensità che avvertivo partirmi dal cuore e defluire lentamente dappertutto attorno a me. Lui si strinse un labbro tra i denti, e si passò nervosamente una mano tra i ricci, in un chiaro momento di imbarazzo, ma alla fine accettò il mio ringraziamento e mi sorrise, senza aggiungere altro. E forse fu davvero meglio così, per entrambi.
Facendo di nuovo appello al mio coraggio, mi decisi a muovermi e lo raggiunsi in un paio di passi, gli afferrai il viso con entrambe le mani e gli poggiai
finalmente le labbra sulle sue. Tremarono appena, sorprese, ma fu un solo attimo, poi si adattarono alle mie, senza problemi. E fu una liberazione, un respiro di aria pura dopo una lunga apnea, una consolazione dopo un'atroce sconfitta. Furono le sue meravigliose labbra sulle mie, e il suo respiro caldo e familiare, e la sua lingua morbida, e le sue mani che si strinsero attorno al mio collo, e la precisa consapevolezza che il mio coraggio da quel momento in poi sarebbe servito per uno scopo ben preciso: parlare con David e chiudere definitivamente la nostra storia, perché di tempo per lui non ne avevo più, come non avevo più pazienza né forza di volontà. L'unica cosa che mi sembrava di avere ancora era proprio il coraggio e quello avrei dovuto tirare fuori per ottenere finalmente ciò che desideravo. Nulla di più.
"Grazie, Blaine.." per tutto...
"Grazie a te..."
Ad essere coraggiosi, ci si guadagna sempre...

  
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