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Autore: PiperHG    30/04/2007    8 recensioni
Quel mattino di un 1° settembre di diversi anni fa, per qualche strano disegno del destino, per non so quale combinazione degli astri, forse solo per puro caso, ha incontrato Neville Paciock sull’Espresso per Hogwarts; e più tardi, invece di restare immersa in “Manuale degli incantesimi: volume primo”, o di dormire, o di fare la conoscenza di Lavanda e Calì, ha deciso di seguire l’imbranato ragazzo che aveva appena conosciuto alla disperata ricerca della sua rana, ed è entrata nel nostro scompartimento.
Genere: Romantico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note dell'autrice: è possibile che abbiate già letto questa breve ff su Acciofanfiction, poichè lì l'ho pubblicata qualche mese fa. Ora, tanto per ricevere qualche altra opinione, la posto anche qui, solo con qualche differenza di formattazione. Vi lascio alla lettura^^.


Si arrotola una ciocca di capelli attorno all’indice, e non posso fare a meno di notare, ancora una volta, quanto sia bella.

Ricordo il nostro primo incontro come se fosse ieri.
Quel mattino di un 1° settembre di diversi anni fa, per qualche strano disegno del destino, per non so quale combinazione degli astri, forse solo per puro caso, ha incontrato Neville Paciock sull’Espresso per Hogwarts; e più tardi, invece di restare immersa in “Manuale degli incantesimi: volume primo”, o di dormire, o di fare la conoscenza di Lavanda e Calì, ha deciso di seguire l’imbranato ragazzo che aveva appena conosciuto alla disperata ricerca della sua rana, ed è entrata nel nostro scompartimento. Una folta chioma crespa e castana, una vocina petulante e una particolare abilità nell’umiliarmi con la sua bravura, mettendosi a confronto con la mia inettitudine. Allora, se mi avessero detto che mi sarei innamorato di quella ragazzina dai denti davanti troppo grossi, sarei scoppiato a ridere. E invece, tempo un anno, ed eccomi lì. Ad osservare ogni suo movimento. A perdermi nel guardarla, immersa nei suoi tomi, pensando che mai avrebbe potuto amare me più di loro. A litigare per un nonnulla, solo per vederla, stupenda, con le guance arrossate e il fuoco negli occhi, lucidi di delusione e rabbia. Solo per vedere quello stesso sguardo illuminarsi di fronte alle mie scuse.

Tante volte avrei potuto confessarle ciò che sentivo nel mio cuore di ragazzino.
Al termine del secondo anno, dopo che l’estratto di Mandragola l’aveva liberata dal sonno pietrificato provocatole dal Basilisco, avrei dovuto spiegarle il terrore dentro me, nel vederla distesa sul letto dell’infermeria, temendo di non vedere più la sua figura dritta muoversi per i corridoi del castello.
E poi al quarto anno. Quando la vidi scendere la scalinata, la sera del Ballo del Ceppo, avvolta nel blu pervinca, tremante ed emozionata per l’invito di un altro, mi si è serrato il fiato in gola. Non so quante notti d’estate sarei potuto scivolare nel suo letto alla Tana, stringerla a me, raccontarle i miei pensieri tutte le volte che la facevo ridere, o più spesso piangere. Ma il coraggio non è mai stata una virtù Grifondoro forte dentro me. Lei invece, dei favoriti di Godric, aveva l’orgoglio, che spesso la rendeva perfetta, ma dura da scalfire, come marmo purissimo. E fu per questo, credo, che al sesto anno andò al ballo di Natale di Lumacorno con Cormac McLaggen. Ma non posso fargliene un rimprovero: fino ad allora, non ero mai stato il cavaliere che desiderava.
Poi, in quel maledetto giugno, qualcosa si spezzò. La morte di Silente ci rese così consapevoli di quanto ognuno di noi fosse vicino alla morte, che la paura di non poterla mai avere accanto a me mi fece impazzire, e una sera di qualche settimana dopo, nel giardino di casa mia, non so come, la baciai. Passammo la notte lì distesi come bambini, tenendoci stretti, dimenticandoci per una manciata di ore del pericolo che incombeva su di noi.

Furono mesi duri.
Gli attacchi di Mangiamorte aumentavano con frequenza impressionante, le file dell’Ordine della Fenice si decimarono giorno dopo giorno, ed ogni momento strappato per noi era un piccolo miracolo, ogni minuto in cui potevo soffermare lo sguardo su di lei, mentre le guance le si imporporavano durante qualche accesa discussione, rendendola ancora più bella, un piccolo regalo. Partimmo con Harry alla ricerca degli Horcrux, e temetti di perderla tante di quelle volte che ne perdetti il conto. Combattemmo contro le più potenti arti oscure, affrontammo creature anche peggiori dei Dissennatori. Poi, dopo due lunghi anni, dopo la morte di Fleur per mano di Lucius Malfoy, dopo la redenzione di Draco, arrivammo allo scontro finale. Fu la battaglia più cruenta e teatrale che avessi mai visto, e tanti di noi morirono, ma alla fine Harry prevalse.
Vedere lui e Ginny stretti assieme, felici, con davanti un futuro pieno di dolore, ma anche di promesse, fu la mia gioia più grande. E poi lei. Hermione restò sette mesi al San Mungo dopo quella notte. Furono, per tutti, sette mesi di ansia e trepidazione, ma in un luminoso mattino di settembre, proprio come quello in cui ci conoscemmo, la dimisero. A vederla così, sana e salva, anche se con una cicatrice a deturparle le belle labbra, mi si riempì il cuore di felicità. Ecco, ora sta di nuovo giocherellando con la ferita, come se tormentare i segni di quella battaglia possa servire a cancellarla. Ora guardarla è la mia occupazione principale, e, d’altro canto, Hermione non è forse la cosa più bella che abbia mai avuto la fortuna di vedere?

Non mi ha mai perdonato. Non mi hai mai capito. Harry, con cui avevo parlato a lungo, ha tentato di spiegarle i miei perché. Gli abbracci di Ginny l’hanno confortata dopo i numerosi incubi che solo ora, dopo due lunghi anni, stanno iniziando a diradarsi. Ma osservando ora il suo sguardo spento e perso nel vuoto, capisco che nulla è cambiato. Che non potrà mai comprendere perché il suo immenso amore mi abbia dato il coraggio di andare, invece che il bisogno di rimanerle accanto come fantasma. Quasi mi pento della mia scelta, perché vorrei essere con lei su quel divano, dirle che l’ho sempre amata come la amo adesso, che mai potrò dimenticare lei, la donna della mia vita.

E invece posso solo guardarla piangere.
  
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