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Autore: Varyare    19/10/2012    1 recensioni
Il coraggio di un'orfana, l'amore per un padre, la magia oscura evocata da antiche preghiere, la fatica, la Forza di un cucciolo di mezz'elfa.
Genere: Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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Durante la terza Era, nel mondo conosciuto da pochi mortali, viveva Thinuviel. Nacque dal gembo di un' umana, Anna, ed ebbe come padre un Elfo, Daeron della casa di Elnrond.
La madre morì durante il parto, a causa da una ferita che le fu procurata da una freccia avvelenata scagliata dagli Orchetti dell'est e dalle cure che non le furono donate.
Dunque, la mezz'elfa, venne cresciuta dal padre, il quale, straziato dal dolore della perdita dell'amata, decise di andare a vivere ai limiti del Bosco di Lorien, in un rifugio tetro e oscuro.
La dolcezza e la purezza della mezz'elfa che cresceva aiutarono la ferita della morte di Anna nel cuore di Daeron a cicatrizzarsi, il quale decise di dedicare la propria esistanza alla cura ed alla crescita di sua figlia, consapevole che, essendo lui immortale e lei mortale, l'avrebbe vista morire, un giorno.
Le insegnò l'arte dell'erboristeria, con il quale era possibile curare molti mali e profumare la propria casa, l'arte dell'arco, che le conferiva una certa fierezza e nella quale e ella fu molto spigliata, l'arte della danza, con la quale ella ammaliava chiunque.
Thinuviel era un cucciolo di mezz'elfa; i suoi occhi erano colore dell'erba e del cielo assieme, sinceri e profondi. I suoi lunghi capelli scuri le contornavano il dolce viso pallido e le labbra sembravano disegnate dal più abile dei pittori. La sua veste era verde, del verde dei giovani germogli, tempestata di argentee perle di rugiada; e la cintura d'oro pareva una catena di gigli incastonata di stelle. Non aveva alcun tipo di calzatura, se non una cavilera di file argentati.
In un giorno in cui il cielo piangeva e la bambina stava ammirando il fuoco, Daeron tornò dal villaggio dove era solito scambiare i propri Elisir per mantenre la vista e vigore in corpo, pozione usata dai cacciatori, dai guerrieri o dai calvacatori di Aquile.
Il suo respiro era affannoso e le pupille gli erano diventate bianche. L'elfo entrò in casa spezzato dalla fatica e dal dolore, e cadde in un sonno tormentato da incubi e fitte di dolore.
La mezz'elfa era impaurita e temeva per le sorti dell'unica persona che le insegnò a vivere. Infatti aveva letto nei libri ingialliti della biblioteca del padre, che gli elfi, anche se  imortali, se trafitti con il pugnale posseduto dai maghi al servizio del male, potevano cadere in una sorta di trance inspiegabile, dominata dalle paure dello stesso elfo. Ed essendo Thinuviel esperta in erboristeria, sapeva anche che l'unica via d'uscita per il padre era essere bagnato delle acque del pozzo di Ruth, situato nel centro del bosco di Lorien, circondato da ingannatori e maghe, piante allucinogene e paludi.
La bambina, pensando al peggio, ispezionò il petto del padre con maestria e la vide. Vide la ferita nera, profonda. Intanto il padre gemeva dal dolore, mentre il cuore rallentava i suoi battiti. La mezz'elfa quasi svenne, ma dopo qualche istante di panico la sua mente ragionò in maniera molto lucida per la sua età. Sapeva che il suo compito era quello di attraversare  il bosco e arrivare all'acqua magica. Doveva partire. Subito.
Uscì di casa e con un lungo fischio chiamò Arwen, un cucciolo di Aquila che era cresciuto con lei e, grazie al legame che si era formato, l'animale riuscì a sentirla anche se distava molto da quel luogo. E l'imponente animale subito arrivò. I due parlarono attraverso gli occhi, solamente guardandosi riuscivano a comunicare. Thinuviel chiese all'amico di badare al padre e di proteggere la casa durante il viaggio che avrebbe intrapreso.
Bisognava essere veloci e sapere come agire al meglio. La bambina prese con sè la cartina del bosco di Lorien, il libro di erboristeria , il proprio mantello di seta e l'arco.
Partì coraggiosamente, forse incautamente e precipitosamente.
Una lacrima le stava scendendo sulla guancia quando lasciò casa, sentendo le grida del padre sofferente.
Il vento e la piogga cessarono quasi immediatamente, e il cielo lasciò spazio a qualche stella. L'alba stava per giungere quando Thinuviel correva tra gli alberi e danzava tra le radici che conosceva a memoria.
Camminava scalza muovendosi silenziosa nella notte, invisibile, come solo gli Elfi sanno fare.
Superò i massi dove era solita esercitarsi con l'arco, mentre il bosco si infittiva.
La notte era giunta al termine per dare spazio alla luce del giorno, quando la bimba consultò la cartina. Conosceva troppo bene quel luogo, il limite che ella mai prima di quel momento aveva superato. Là dove i pericoli di un bosco avrebbero potuto uccidere.
Dopo un'ora di cammino, Thinuviel, stanca e dolorante, vide una capanna.
Aveva qualcosa di invitante. Qualcosa che la spingeva ad entrarci. Una sensuale melodia, un profumo leggero, dei meravigliosi colori, poi, svenne.
Si svegliò a causa di un grande calore che sentì vicino al braccio. Aprì gli stanchi occhi e alla luce di una fiaccola vide un viso anziano, dalle rughe marcate, degli occhi vitrei.
Una donna dalla voce leggera ed estremente dolce le cantava vicino una melodia dai suoni marcati, allegri ma duri.
Sembrava una preghiera, l'invocazione a qualcosa di più grande.
Un forte calore sul braccio destro la fece urlare dal dolore, mentre era in una sorte di dormiveglia con l'impossibiletà d muovere le  gambe. Era immersa in quella preghiera seducente, in quella ninna nanna maledetta. Svenne ancora, il dolore era immenso.
Passarono molte ore in cui il sonno della mezz'elfa fu profondo. Nel sogno apparve una donna; una mortale dai lineamenti familiari, una giovane bellissima dagli occhi tristi.
Questa parlò. La sua voca cullò le sofferenze di Thinuviel, le disse di svegliarsi, di essere forte, di usare l'astuzia per uscire da quella situazione. Le disse di smetterla di ascoltare quella canzone, di urlare talmente forte da coprire la voce della vecchia. La bimba sentì la forza rimpadronirsi delle proprie gambe e del proprio cuore e si svegliò. La vecchia la guardò e cantò sempre più forte, mentre il sole penetrava la tenda.
La bambina, furba, socchiuse gli occhi in cerca di qualcosa di pesante da usare per colpire la maga, e proprio alla sua sinistra c'erano le sue freccie elfiche dalla punta di diamante. Con uno scatto la infilzò nella magra gamba dellaa donna e, prendendo l'arco e la cartina, scappò. Dietro di lei la vecchia urlò con una voce graffiante ed aspra, imprecando in una strana lingua.
Scappò, scappò rapida e silenziosa, scappò consumando tutte le energie in corpo, scappò senza meta, corse assieme al vento.
Si fermò, il dolore al braccio la stava uccidendo. Cautamente alzò la larga manica del suo vestito verde e vide impresso nel suo braccio un simbolo. La pelle bruciata e il sangue tracciavano il contorno di un'immagine conosciuta. Una già vista in quei libri che il padre le diceva di non leggere. Come la vide la ferita di cicatrizzò e il dolore svanì.
Grazie alla sua frenetica corsa era arrivata al centro del bosco, dove gli alberi fungevano da tetto e non era chiaro se fosse mattina o notte. Fece qualche passo e vide il pozzo.
Era un banale pozzo di pietra. Si avvicinò ed aveva gli occhi lucidi vedendo la semplice meraviglia della salvezza. Si lasciò cadere sul muretto del pozzo, tirò a se' il secchio colmo di acqua fresca e felice ma stanchissima fischiò, più forte che poteva.
Arwen arrivò, la bimba salì in groppa e svenne nuovamente, ma in borsa aveva, dentro ad un contenitore di vetro, l'acqua che avrebbe salvato il padre.
Dormì per giorni. Quando si alzò vide affianco a sè un uomo. Aveva i lineamenti rigidi ma dolci. Questo era stato chiamato dalla donna che parlò in sonno a Thinuviel e riuscì ad arrivare giusto i tempo per far smontare la bimba dall'animale e salvare il padre.
Sentendo quelle voci Daeron corse nella piccola camera.
Padre e figlia si guardarono e si abbandonarono ad un lungo abbraccio.


 

  
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