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Autore: hikachu    19/10/2012    1 recensioni
I Gold Saint tra infanzia ed adolescenza, negli anni prima della Notte degli Inganni.
Genere: Angst, Generale, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il vento in un ragazzo (Shura, Aiolia)

 
 
 
Aiolia sarà, senza saperlo, il centro e l’origine di molti dei pensieri che Shura formulerà su Aiolos, così come per molti altri che ameranno in un modo o in un altro suo fratello.
 
Aiolia sarà il cardine del primo vero incontro e il cardine del peccato, delle incertezze. Sarà il senso di colpa che scruta Shura attraverso occhi che non sanno più fidarsi del mondo.
 
In una vita di rimorsi, Aiolia sarà l’ultima possibilità bruciata, l’ultima porta mai aperta, l’ultima scelta sbagliata.
 
Ma per ora, per Shura, Aiolia è una cosa preziosa.
 

---

 
Shura ha sei anni quando si arrampica sulle scale per la tredicesima casa la prima volta.
 
Il mondo segreto, pensa, ha un’aria che pesa di solennità. Si guarda intorno e vede colonne diroccate, nuvole di sabbia, statue di marmo che si rivelano nude e bianche dopo aver perso i loro colori. È un’epoca passata che quelli come lui si ostinano a preservare come una farfalla in una teca di vetro.
 
Dall’altra parte del velo, gli uomini scattano foto per preservare ricordi, guardano altri esseri umani a chilometri di distanza attraverso lo schermo bombato di una televisione, hanno conquistato il cielo e progettano di prendersi anche stelle e galassie. Eppure, non sapranno mai della forza immensa che si nasconde in loro, non sapranno mai risvegliarla; non sapranno mai che potrebbero leggere il proprio destino nelle stelle, né che le stelle possono farsi carne come gli dei che li disprezzano e colei che li ama più di se stessa.
 
Shura considera queste cose vagamente, senza averne una particolare opinione. Pensa solo alle differenze tra due modi di esistere paralleli e crede che sia giusto così, perché così è stato dalla notte dei tempi, perché è necessario che sia così per mantenere l’ordine delle cose. La fede di Shura, in questo senso, è incrollabile.
 
Sulle spalle ha un mantello di lana che sua madre aveva cucito per lui prima che la lasciasse per gli allenamenti. Si è fatto sottile e rigido come cartone fino, tra sangue, sudore ed intemperie. Il suo peso, però, è qualcosa che gli è troppo familiare perché se ne liberi. Anche quando si farà più alto, più robusto, e scivolerà dalla pelle di bambino dentro quella di adolescente e poi di adulto, continuerà a conservarlo in un cassetto.
 
Lontano dall’arena, su questo colle, regna il silenzio. Il silenzio, la morte e i ricordi sbiaditi che aleggiano in questo posto si fondono alla promessa di rinascita, del ciclo che si ripete e della salvezza che giungerà, a qualsiasi costo. È una sacralità che è misto di perdita, dolore inevitabile, ma anche di nuovi inizi, della certezza della giustizia. A Shura tornano in mente la chiesa dal soffitto alto, fredda e profumata, le veglie attendendo la resurrezione di Cristo su una panca scomoda, a fianco a sua madre che pregava, chissà per cosa, con gli occhi chiusi e le mani giunte.
 
Le sfuggiva, talvolta, un mormorio flebile, o una parola non pronunciata ma comunque facile da intuire sulle sue labbra. Se ne accorgeva dopo poco, inevitabilmente, e allora le sue dita si facevano un po’ bianche attorno al rosario; stringeva i denti dietro le labbra e ricominciava a pregare, chissà per cosa.
 
Queste cose tornano nei pensieri di Shura come misteri eternamente destinati a restare tali: curiosità infantili che negli anni si trasformano in consapevolezze, della paura e della fragilità dell’animo umano, che affliggono persino una madre. Una donna che mette al mondo un’altra creatura, tra sangue e sudore, non diversa in questo da un Saint, e che poi ha bisogno di affidarsi ad un dio distante e crudele che non risponderà mai. Cosa può mai spaventare una madre al punto tale da spingerla a quest’ammissione assoluta di impotenza? Cosa può desiderare così tanto e di così inarrivabile?
 
I Santi pregano Atena perché dia loro forza in battaglia, perché li osservi e ne sia orgogliosa, ma non le chiedono nulla. Forse, ipotizza Shura, è perché noi non desideriamo nulla, nemmeno la salvezza dalla morte se può servire a vincere una guerra. Sono pensieri senza tristezza, il risultato di un’infanzia trascorsa in gran parte ad ascoltare e a lasciarsi plasmare da un altro servo della dea. È la verità di Shura.
 
Ci sono troppi alberi qui, forse ad un certo punto ha sbagliato strada. Rami e foglie frusciano con una tale intensità da ricordare il rumore delle onde e Shura sente di dover sollevare lo sguardo. Ci sono piume che cadono lente ed in giravolte. Poi c’è Aiolia, che adesso però non è ancora Aiolia, ma soltanto un viso rotondo e dei ricci che appartengono agli affreschi della chiesa nei ricordi di Shura.
 
Un angelo?, si domanda scioccamente per un attimo, più con sincera curiosità che ammirazione. E cadono tutti e due a terra; è una fortuna che non rotolino giù per le scale.
 
“Un uccellino era caduto giù dal nido,” spiegherà Aiolia ad Aiolos, che li raggiungerà presto. Il suo viso impallidito ricorderà a Shura di sua madre quando temeva di avergli svelato il segreto delle proprie preghiere.
 
“Aiolia, sii più prudente; la prossima volta chiama me o Aiolos,” Saga, che ha seguito Aiolos, rimprovererà Aiolia con esasperazione e dolcezza nella voce.
 
Shura ha sentito di Saga e della sua natura divina quando era ancora sui Pirenei; ora che lo ha davanti, non vi è dubbio che questo ragazzo-uomo cammini tra le stelle, eppure, se un essere umano che assomiglia agli dei può davvero esistere, Shura sente che questi è Aiolos.
 

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Fino ad un certo punto della sua vita, Aiolia non conosce nulla che non sia il Santuario, il suo destino di Saint e suo fratello. Ma d’altronde, suo fratello è tutto e lo sarà per anni, imprescindibile anche dal volto della dea poiché non ci sarebbe Atena, per Aiolia, se prima non ci fosse stato Aiolos a dirgli, diventa forte per lei: è la cosa giusta da fare.
 
Aiolos lo cresce, lo coccola, lo allena, lo sgrida e poi lo coccola di nuovo (Saga ama dirgli, quando crede che Aiolia non li stia ascoltando, che è troppo morbido nei suoi confronti, ma cosa può saperne, lui, di come ci si comporta con un fratello minore). Aiolos gli spiega cos’è una madre e gli regala quei pochi frammenti che ne conserva; Aiolia impara così ad amare un ricordo vago che non gli appartiene, senza doverne sentire la mancanza.
 
Il suo mondo inizia ad allargarsi a quattro anni con Milo e per estensione, con Camus; con Aldebaran e un po’ con Mu, talvolta Shaka, in un certo senso anche con DeathMask, ma prima di loro, prima di tutto e subito dopo Aiolos, c’è Shura.
 
“Anche tu vuoi bene a mio fratello, vero?” gli domanda un pomeriggio che dovrebbe essere dedicato agli studi, ma Aiolia non ne ha mai fatto mistero: delle imprese di Achille preferisce sentire dalla bocca di suo fratello piuttosto che di Omero, e crede fortemente che Aiolos possa descrivere la Persia meglio di Senofonte, anche se non l’ha mai vista. Aiolos sa tutto, Aiolos è tutto. Aiolia crede che Shura condivida questo pensiero e non sa cosa provare.
 
“Io…”
 
“Non mentire. Lo so che gliene vuoi,” certezze di bambino. Suona quasi come la dichiarazione di una colpa, una condanna.
 
Shura deglutisce, sentendosi un imputato davanti allo sguardo di Aiolia, ma anche della dea che si staglia contro il cielo con Nike nella mano.
 
Aspetta un’altra accusa, che sia più esplicita, forse degli insulti, il divieto di parlare ad Aiolos e seguire Aiolos anche quando lo invita a giocare con Aiolia, ma Aiolia resta muto e fino al tramonto non parlano più. A modo loro, diventeranno amici.
 
Shura non sa che se Aiolia non dice più nulla è perché non lo teme; non conosce le verità che Aiolia, così piccolo, più piccolo di lui, ha già intuito, pur senza poterle comprendere fino in fondo—non adesso, almeno, e forse mai.
 
Shura non sa che Saga di Gemini ha già preso tutto quello che resta del cuore di Aiolos, tutto quello che non è già consacrato ad Aiolia o alla dea, che Aiolos stesso lo sappia o meno.
 
Non ho più nulla da perdere aleggia tra loro, sospeso nel silenzio. Continuerà a governare la vita di Aiolia come un unico comandamento negli anni a venire, mentre Saga gli porterà via ogni cosa.
 

---

 
Un Santo non possiede nulla se non la fede nella dea e la forza nel suo braccio. Un Santo non possiede nulla, nemmeno la propria vita, che è solo uno strumento di giustizia. Shura l’ha sempre creduto. Rifletteva con fermezza su queste cose a sei anni, salendo le scale che serpeggiano tra i templi per la prima volta.
 
Eppure, a dieci anni, si ritrova a ripetere queste parole ad ogni passo, cercando disperatamente di ricordarne il significato e la fede cieca, l’abilità di vivere senza pretendere di poterlo fare felicemente o per un solo giorno più del dovuto.
 
Shura tenta e trova che è impossibile, perché ora che sta per perdere qualcosa ha preso a desiderarlo, vuole richiamarlo a sé.
 
A dieci anni, Shura impara a capire la paura e la fragilità dell’animo umano, il segreto che spinge una persona ad affidarsi ad un dio distante e crudele.
 
Atena, fa' che non sia vero, prega mentre alza il braccio e lo prepara ad abbattersi su Aiolos.
 
Atena non risponde.

   
 
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