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Autore: MrEvilside    19/10/2012    6 recensioni
«Buone notizie?»
Il suo coinquilino annuisce. «Il mio migliore amico si trasferisce qui».
«Oh» è il primo commento di Tony. Non è che sia indifferente o irritato, è che non ha mai riflettuto sulla possibilità che anche Loki possa avere degli amici. «Beh, sono contento per te. Chi sarebbe?»
«Si chiama Victor. Victor Von Doom».

Legata a Somewhere far along this road.
[ FrostIron, accenni ad altre coppie ]
Genere: Commedia, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Loki, Tony Stark/Iron Man, Un po' tutti
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'You look better when I'm drunk'
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Sulla scia de Somewhere far along this road, la seconda shot di questa serie, che si chiama You look better when I'm drunk (titolo ispirato all'omonima canzone dei The White Tie Affair). Entra in scena un nuovo personaggio, Tony è un casinista, Natasha è figa e tante altre belle cose - se siete interessati, saltate queste note noiose e passate direttamente alla storia.
Ah, sì, ho saltato di proposito il momento in cui Loki spiega a Tony cosa c'entra il fatto che è adottato col suo stare sotto la pioggia, momento che si situa tra questa e la shot precedente. Scoprirete tutto nella prossima shot (forse).
So che mi odiate, ma io vi amo comunque.
(La canzone del titolo stavolta è The Harold Song di Ke$ha, perché solo io potevo trovare la sua unica canzone triste, oltre a Dancing with tears in my eyes. Il prompt della 500themes_ita usato per questa shot è il 224, Non corrisposto.)

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Young love murder
 
Sono passati altri due mesi e la prima volta che Tony vede Loki animarsi è per una telefonata. Non sa chi sia, ma sa chi non è: non è suo padre, perché si sentono di rado e, quando succede, Loki risponde a monosillabi, fa in modo che la conversazione non duri più di pochi minuti e poi sprofonda in se stesso, in un luogo da cui Tony non ha ancora imparato come tirarlo fuori; non è sua madre, perché sarebbe più rilassato, quasi sereno.
È senza dubbio qualcuno d’importante, perché Loki chiude la porta della loro camera a chiave e parla per due ore – no, Tony non origlia, ma quando passa per la quinta volta davanti al battente e sente ancora la voce del coinquilino dall’altra parte, beh, gli sembra un po’ strano. Insomma, si tratta di Loki.
Tony sta quasi fumando dalla curiosità in soggiorno, i libri di fisica aperti sulle gambe incrociate ma ignorati da quasi due ore, quando finalmente il suo coinquilino fa il suo ingresso nella stanza.
Tony, però, annaspa, incerto su cosa chiedergli.
Ha imparato che, se è Odino a telefonare, non è il caso di rivolgergli la parola per la prima mezz’ora, non tanto perché Loki non risponda o lo prenda a male parole, ma perché è lapidario, criptico, persino, e la cosa gli dà sui nervi; se invece si tratta di Frigga, il suo coinquilino diventa insolitamente disponibile, quasi loquace, e molto incline a fargli ogni sorta di scherzo.
Fissandolo in silenzio, Tony si domanda come sia la telefonata di oggi, poi si decide a parlare, perché non è carino scrutare qualcuno con tanta insistenza e Loki ha inarcato un sopracciglio. «Buone notizie?»
Il suo coinquilino annuisce. «Il mio migliore amico si trasferisce qui».
«Oh» è il primo commento di Tony. Non è che sia indifferente o irritato, è che non ha mai riflettuto sulla possibilità che anche Loki possa avere degli amici. «Beh, sono contento per te. Chi sarebbe?»
«Si chiama Victor. Victor Von Doom».
Oggi Tony non sa che quel nome sarà sinonimo di fine del mondo e massacro; oggi sa solo che lo conosce e sgrana gli occhi, sorpreso. «Quel Von Doom? Il Von Doom delle Doom Industries?»
Non l’ha mai incontrato di persona, ma la fama di quel ragazzo, un po’ come la sua, non ha bisogno di presentazioni. Doom, figlio di due abili imprenditori che, morti in un incidente qualche anno prima, gli hanno lasciato in eredità un’intera compagnia, le Doom Industries, ancora oggi fiorente grazie al suo genio, quando tutti si erano convinti che non avesse una possibilità a causa della giovane età del nuovo manager.
Loki scrolla le spalle, abituato a quella reazione. «Sì, lui. L’anno scorso aveva dovuto tornare in Latveria, dove ha sede la compagnia, per occuparsi dei problemi sorti subito dopo l’incidente, ma ora dice che va tutto bene e può riprendere gli studi».
«Oh» ripete Tony e lui stesso comincia a sentirsi stupido. «Beh, fantastico».
Il suo coinquilino annuisce e ha un’espressione che Tony suppone sia quanto di più vicino alla gioia gli abbia mai visto dimostrare. «Sì».
Nella settimana che segue, Loki è dell’umore da post-telefonata di Frigga – definirlo felicità sarebbe un’iperbole, Tony non è neppure sicuro che le comuni emozioni umane si possano applicare a uno come lui – e nemmeno una chiamata da parte di Odino riesce a rovinarlo.
Gli nasconde le scarpe, gli versa sale e pepe nel caffè, scambia i loro portatili per fargli venire un infarto nell’aprire iTunes e non trovare i Black Sabbath e mette a lavare i suoi boxer bianchi con una maglia rossa, e probabilmente attua molti altri dispetti di cui Tony non ha ancora visto i risultati – né ne ha questa gran voglia.
Tony sa che dovrebbe essere contento per lui, dopotutto c’è una bella differenza tra questo Loki e quello che due mesi prima si sedeva sotto la pioggia a piangere con lei, eppure non riesce a scrollarsi di dosso la fastidiosa sensazione di essere di troppo, perché non è per lui né con lui che il suo coinquilino è post-Frigga.
La sensazione che, sebbene conviva con lui già da tre mesi e abbiano iniziato ad aprirsi l’uno all’altro, ogni tanto, in realtà lui non sappia niente del suo coinquilino, al contrario di come aveva cominciato a pensare.
Alla fine Victor arriva, un pomeriggio esattamente una settimana dopo la telefonata.
Anche se lui stesso adora farsi ammirare e invidiare l’amata Viper, Tony sbuffa nel vedere l’auto avvicinarsi, costosa, molto costosa, risalta quanto la sua nonostante il colore, un nero molto sobrio.
La vettura si ferma lungo il marciapiede e dall’abitacolo esce un ragazzo che non può avere più di diciotto anni, ma il completo nero che indossa sopra una camicia bianca lo fa somigliare a un uomo d’affari, all’uomo che Howard vorrebbe che anche lui fosse. Victor ha i capelli neri, i lineamenti marcati, il mento sbarbato con cura e due occhi scuri e profondi per cui Tony non fatica a immaginare una folla di ragazze in venerazione. È bello, e Tony non capisce perché non gli piaccia prima ancora di averlo sentito parlare o visto fare qualcosa di sgradevole.
E poi Victor fa qualcosa.
Mentre Tony è ancora sulla soglia, il nuovo arrivato abbraccia Loki. Tony vede le sue mani scendere dalle spalle del coinquilino lungo la sua schiena, le vede cingergli i fianchi, vede quelle dita sfregare pigramente contro la stoffa della maglia blu di Loki in un modo che neppure Steve Mi-Conservo-Per-Il-Matrimonio Rogers sarebbe riuscito a bollare come amichevole.
Loki solleva il capo, Victor lo bacia.
Non sulla guancia, non sulla fronte o sul naso, ma sulle labbra.
Tony li fissa, non può farne a meno, e ci ripensa. Loki solleva il capo, Victor lo bacia: la naturalezza con cui queste due azioni si succedono è sorprendente, Tony si irrigidisce e si domanda perché Loki non gliel’abbia detto subito, è evidente che è gay e altrettanto evidente è che a Tony non potrebbe fregare di meno.
In realtà, non dovrebbe infastidirlo così tanto che Victor stia baciando Loki e che il suo coinquilino gliel’abbia presentato come miglior amico (miglior amico ‘sto cazzo) eppure è così.
Il loro non è più che un lieve sfiorarsi di labbra e Loki è il primo a tirarsi indietro: appoggia una mano sul petto di Victor, scivola fuori dal suo abbraccio e ammicca in direzione di Tony, che è ancora sulla soglia e si sente un idiota. «Questo è il mio coinquilino, Tony Stark. Stark, Victor von Doom».
Allungano la mano quasi all’unisono e se la stringono senza calore, Victor lo guarda, Tony lo scruta di rimando. Si valutano, poi Victor assume un’aria di superiorità per cui Tony vorrebbe prenderlo a pugni e dice: «Piacere, Victor».
«Piacere» replica e pensa che questo Victor non vede Loki da un anno – se anche l’ha incontrato, senza dubbio non ci ha convissuto per tre mesi – e che Loki dev’essere cambiato rispetto a dodici mesi prima, perciò è molto probabile che Tony lo conosca meglio di Doom. Perché si senta in dovere di convincersi di questa cosa, preferisce non chiederselo.
Oggi Tony crede di sapere più o meno tutto lo scibile su Loki. Si sbaglia.
Qualche convenevole più tardi, Loki e Victor si chiudono in camera e Tony è abbastanza sveglio per intendere che hanno bisogno di stare un po’ da soli, perciò s’imbroncia e si piazza davanti alla televisione.
Non sa perché s’imbroncia ed è un altro dei tanti dubbi che si stanno affollando nella sua testa – e Doom è arrivato da un quarto d’ora – e a cui non vuole rispondere. Dopo aver fatto finta di seguire qualsiasi programma sia quello che sta scorrendo sullo schermo del televisore, tira fuori il cellulare e chiama Pepper, perché Pepper è l’unica con cui abbia voglia di parlare quando è di cattivo umore, l’unica che non provi l’urgenza di insultare.
L’unica che non finge di sopportarlo solo perché è ricco, ma che gli dice chiaro e tondo che è una pigna in culo, quando ci si mette.
L’unica che gli sia mai stata davvero amica.
Dieci minuti più tardi si arrampica sulla Viper, accende il motore e i Metallica esplodono negli altoparlanti, Nothing Else Matters, perché per quanti anni possano trascorrere è sempre figa e lui ha bisogno di distrarsi, ma non ha una bottiglia di scotch in macchina e Pepper si arrabbierebbe a morte, se arrivasse da lei ubriaco.
La sua ragazza divide l’appartamento con Natasha Romanoff, che Tony considera più o meno come un uomo nel corpo di una gnocca e di cui nei primi tempi era persino geloso, salvo poi esserne solo un tantino terrorizzato da quando si è messa con Darcy e lui non ha più dovuto preoccuparsi per la virtù di Pepper.
Ma come si fa a non sentirsi inquieti in compagnia di una ragazza dallo sguardo glaciale, la lingua tagliente e la cintura nera in tutte le arti marziali conosciute? (Conosciute da Tony, s’intende, e forse non sono neppure tutte quelle che Natasha ha mai praticato.)
La prima volta che Pepper gli ha raccontato che Natasha è uscita con Darcy – Darcy Lewis, che segue con lui il corso di fisica e frequenta tumblr, Facebook, Twitter e più o meno tutti i social network esistenti al mondo – Tony è scoppiato a ridere, perché è impossibile che due persone tanto diverse abbiano davvero avuto un appuntamento.
Ma poi ha chiesto conferma a Thor, la cui ragazza, Jane, è un’amica di Darcy, e a Clint, che è il miglior amico di Natasha, e ha scoperto che era tutto vero.
Tre settimane più tardi la relazione è diventata ufficiale e da allora sono passati sei mesi.
Quando varca la soglia dell’abitazione, non è sorpreso di riconoscere in giro i segni del disordine di Darcy – una maglietta fuori posto, libri sparsi a caso sul mobilio e un paio di occhiali dalla montatura enorme, in cui le lenti sembrano quasi sparire, sul tavolino davanti al televisore – in netto contrasto con la precisione delle due coinquiline.
È Natasha ad accoglierlo quando bussa, con indosso un paio di joggers neri e una canotta grigia, l’indomabile chioma di riccioli rossi sciolta sulle spalle e uno yogurt in mano.
«Ah, ciao» lo saluta con quel suo inglese perfetto, privo del più insignificante accenno d’accento, nonostante la ragazza sia russa. «Pepper è in bagno a prepararsi, arriva subito».
Si fa da parte per lasciarlo passare e, a un suo cenno affermativo, Tony si stravacca sul divano e allunga le gambe fin dove riesce ad arrivare, mentre la ragazza si siede accanto a lui in una posizione molto più composta, mangiando con calma il suo yogurt.
«Darcy?» si informa Tony, dal momento che l’amica è praticamente da considerarsi la terza inquilina in quel posto. «Pensavo che fosse qui come al solito».
Natasha fa un gesto vago con la mano con cui stringe il cucchiaio. «È uscita con Jane. Ha litigato di nuovo con Thor» si limita a dire, ed è sorprendente come sia brava a minimizzare la propria gentilezza, perché avrebbe potuto accompagnare la sua ragazza e non l’ha fatto per non mettere a disagio Jane con la propria presenza.
Tony prende nota delle sue parole con un cenno, poi Pepper lo raggiunge alle spalle, si china e gli stampa un bacio giocoso tra i capelli, mentre Natasha si alza e li lascia soli con la scusa di voler accettare la sfida di Clint a Call Of Duty.
È così gentile, Natasha, peccato che ti prenda a pugni se glielo fai notare.
«Allora, cos’è successo?»
Pepper va dritta al punto, come sempre, ma Tony esita prima di replicare, perché all’improvviso gli sembra terribilmente ingiusto essere venuto a lamentarsi di Victor con lei. Alla fine però lo fa comunque, perché lei non si accontenterebbe di un è tutto okay, Pep.
Perché non è tutto okay e, anche se questa volta si tratta di una banalità, la prossima potrebbe rifugiarsi nell’alcool e Pepper non glielo permetterà, lo costringerà a parlare, gli strapperà la verità di bocca se necessario, purché lui non cerchi sollievo in qualcos’altro. È già successo altre volte e Pepper c’è ancora, nonostante tutto, perciò Tony gliela deve, la verità.
Comincia dall’inizio, dalla telefonata che ha fatto evolvere Loki l’emo depresso in Loki post-Frigga, riassume gli scherzi di cui è stato vittima nel corso della settimana, perché se ne è già lamentato abbondantemente altre volte, poi descrive l’arrivo di Victor, il suo modo presuntuoso di porsi, come sembri bello, bravo, ben vestito, geniale e perfetto (e invece Tony sia bello, inaffidabile, vestito alla buona, geniale e imperfetto, ma questo non lo dice) e come si sia appropriato di Loki. Perché quell’abbraccio è stampato a fuoco nella memoria di Tony come un vero e proprio espediente per marcare il territorio.
Come qualcosa di possessivo e invadente, di sbagliato.
Si sente vittima di una sorta di istinto protettivo, ma si ostina a non riconoscerlo, sebbene divenga palese mentre racconta.
Pepper intuisce anche ciò che lui manca di menzionare, la sua invidia nei confronti di Victor, preferito sia da Loki che da Howard – anche se il padre non conosce Doom ed è tutta una fantasia di Tony, ma fa male comunque – e l’inquietudine che la gelosia di Victor nei confronti di Loki gli ha messo addosso.
Accucciata accanto a lui sul divano con le gambe raccolte al petto, la ragazza gli accarezza i capelli e increspa le labbra in un sorriso paziente. «È appena arrivato, Tony, magari è timido e conosce solo Loki, è ovvio che con gli altri sia un po’ a disagio, no? Dagli un po’ di tempo. E poi, se è davvero il ragazzo di Loki, è normale che voglia stare da solo con lui» dice, scrolla le spalle e, beh, ha ragione, Tony lo ripete sempre, che lei è il suo lato razionale, ma se lo è davvero ed è fuori dal suo cervello allora lui ha ogni diritto di essere irrazionale. Giusto?
«Potrebbe almeno sforzarsi di essere un po’ meno stronzo» sbuffa, corrugando la fronte, ma la rabbia si sta già dissipando, sta lasciando il posto all’imbronciata serenità che è capace di regalargli la presenza di Pepper.
Tony non si è mai innamorato di una ragazza prima, quindi non sa come sia e non può essere sicuro di essere innamorato di lei, però è la prima volta che non guarda più le altre ma solo lei – la prima volta che riga dritto, citazione di Steve Rogers, fidanzato in pianta stabile con Peggy Carter da almeno quattro anni. Che poi, come si possa rimanere insieme alla stessa ragazza dai tredici fino ai diciassette anni è un fenomeno che va oltre la Starkiana comprensione.
«Su, cerca di sopportarlo almeno un po’, da quello che mi hai detto pare che Loki tenga parecchio a lui» tenta di blandirlo Pepper in tono meno saggio e più divertito, perché lei stessa si è accorta dell’ascendente che ha su di lui e di come il suo umore sia migliorato. Mentre si china su di lui, che si è disteso e ha appoggiato il capo contro le sue gambe, aggiunge: «Ma, se proprio non ce la fai, puoi sempre venire da me».
Questo suona molto più come un invito a fare cose che a Tony piacciono tanto che non a ripassare insieme matematica o, che so, prendere un gelato, perciò il ragazzo mugugna: «Hm, okay, farò così. Posso cominciare subito?»
Poi Pepper lo bacia sulle labbra, lui risponde e si puntella su un gomito per sollevarsi e prenderle con delicatezza il viso con l’altra mano, e Victor Von Doom è abbastanza dimenticato.
 
 
Victor è sempre in casa. Tony non ha capito se al momento alloggi in un albergo oppure abbia già affittato un appartamento e comunque Doom non si è preso la briga di spiegarglielo, fatto sta che appesta la loro stanza e Loki peggio di una mosca con il letame.
Non è una similitudine troppo lusinghiera, ma Victor ormai è la sua Musa ispiratrice per questo genere di poesia.
A partire dal secondo giorno dall’arrivo di Doom, Tony decide di prendere Pepper in parola e fondamentalmente si trasferisce a casa sua dalla fine delle lezioni a dopo cena, quando ci sono alte probabilità che Victor se ne sia tornato a casa – o in albergo o chissenefrega dove sta.
I suoi amici sono stupiti da questo improvviso cambiamento – tutti meno Thor, che d’altra parte è il fratello di Loki, quindi è comprensibile che lui sappia – e Pepper talvolta lo rimprovera bonariamente perché le impedisce di studiare come si deve, ma alla fine non lo caccia mai e Tony non le dà ascolto.
L’unico fattore che contribuisce a migliorare il suo umore – Pepper a parte, s’intende – è che si è reso conto che Victor e Loki non scopano e, di conseguenza, non stanno insieme.
Al di là del fatto che Tony è fermamente convinto che una relazione equilibrata si regga su una solida base di soddisfazione sessuale – che sarebbe anche un pensiero filosofico, a suo modesto parere – non ha mai visto i due baciarsi, dopo il primo giorno, né tantomeno ha sentito voci a riguardo ed è sicuro che, sebbene Loki non sia poi molto popolare, la notizia che il famoso Victor Von Doom sta con lui ormai avrebbe già fatto il giro della scuola, volendo anche dello Stato.
Sa che il suo è un comportamento infantile e che gli dovrebbe dispiacere, se Loki non ci dà dentro, perché è senza dubbio una delle tante ragioni per cui di norma è intrattabile, però gli dà fastidio il solo pensiero che possa darci dentro con Doom.
Non è che si aspetti che Loki si preoccupi che chi si porta a letto gli vada a genio, però è comunque casa sua, quella in cui si trova il letto, è normale che voglia avere voce in capitolo.
È questione di principio. Più o meno.
Un giorno Pepper commenta che la situazione sta diventando ridicola, Tony e, qualche pomeriggio più tardi, lo chiama per dirgli che deve studiare per un compito ed è meglio che non si vedano, per oggi. Lei è il lato razionale, è lei che ha il compito di sapere che le cose non potevano rimanere così a lungo, quindi Tony non può essere biasimato se la consapevolezza di dover trascorrere un pomeriggio in casa con quei due lo debilita a livello psicologico.
Comunque è sempre stato ottimista, perciò si affida al cellulare e fa un giro di telefonate per informarsi su dove possa fare campo, dal momento che Pepper è off limits, ma sembra che tutti abbiano di meglio da fare piuttosto che sopportare le sue lamentele e non importa che siano impegni seri come lo studio o un’uscita con la propria ragazza o il proprio ragazzo, Tony si sente legittimato a pensare begli amici, a stravaccarsi sul divano e mettere il broncio.
Loki arriva un’ora più tardi – ha preso l’abitudine di pranzare fuori con Victor ogni giorno – e lo trova in quella stessa posizione, ma con la televisione accesa.
«Ciao, Stark» lo saluta, sul volto passa un’ombra di sorpresa. Allora forse ha notato che ultimamente Tony si fa vivo solo la sera, oh, quale concessione da parte di Sua Maestà dedicargli un po’ della propria attenzione. «Non sei con la tua ragazza, oggi?»
Tony è sul punto di fargli notare ciò che ha appena pensato con una battuta sarcastica, quando Victor appare nel vano della porta, dietro Loki, e Tony si morde la lingua e alza le spalle. «Aveva da studiare. Ciao, Doom».
«Stark» è l’indifferente risposta.
Loki invece gli rifila un’occhiata penetrante, ma Tony finge di essere estremamente interessato al programma e alla fine il suo coinquilino lascia perdere e lo avverte che lui e Victor vanno in camera.
E Tony non vorrebbe origliare, davvero, sa che è sbagliato e stupido e pericoloso per tutta una serie di ragioni – tra cui il fatto che Loki potrebbe volerlo sgozzare, minaccia non da sottovalutare – ma non può fare a meno di domandarsi cosa abbiano da dirsi ogni giorno per ore, forse anche perché lui non l’ha mai fatto con nessuno.
Tony Stark agisce, non parla.
Sulla base di questo aforisma, finisce con il passare casualmente davanti alla porta della stanza e a origliare casualmente stralci di conversazione.
«… Thor?»
La voce di Victor, bassa, calma, insolitamente gentile. Tony non ha bisogno di sapere cosa venisse prima per indovinarlo: è probabile che gli abbia domandato se parli con Thor, oppure da quanto non lo faccia. Lui l’avrebbe fatto, se di recente non fosse arrivato Doom e se Loki non desse sempre l’impressione di voler torturare chiunque menzioni il fratello.
Segue un silenzio pesante, come se Loki stesse esitando. «Parla chiaro, Victor».
Doom obbedisce. «Come vanno le cose tra voi?»
«Come sempre». Tony, che si puntella con la spalla contro il muro e sa di essere ridicolo ma non riesce ad allontanarsi, riesce a immaginarlo scrollare le spalle. «Per la maggior parte del tempo non gli rivolgo la parola».
«Stark ne sa qualcosa?»
Il repentino cambio di argomento stupisce Loki tanto quanto Tony, perché un momento di silenzio teso precede la replica perplessa: «Stark? Gli ho accennato che non vado d’accordo con lui, tutto qui. Perché?»
«Per curiosità» ribatte Victor, asciutto. «Vivete insieme da tre mesi, giusto? Mi domandavo se non gli avessi confidato qualcosa».
«… Piuttosto che a te?»
Doom non risponde, Loki ha centrato il punto. Canestro, rifletté tra sé Tony, tanto per avere qualcosa da fare oltre che chiedersi perché Victor debba nominarlo.
«Non essere sciocco, Victor. Stark è il mio coinquilino, tutto qui».
Poi c’è un fruscio, come di qualcuno che si sposti, e Tony non fatica a vedere Doom avvicinarsi a Loki, anche se non può scorgerlo davvero e non osa provare a socchiudere la porta – se si facesse scoprire, tanto varrebbe indossare un cilicio.
Quando Victor parla di nuovo, la sua voce è considerevolmente più bassa, più profonda, più intensa. «Scusami. Mi rendo conto di essere stato inopportuno, ma sono mesi che non ti vedo». Un’altra pausa, questa volta pregna d’imbarazzo, poi un altro inaspettato tentativo di tergiversare. «Hai pensato a quello che ti ho chiesto?»
Quando Tony è agitato comincia a porsi domande a raffica. Domande stupide.
Perché Doom ha un eloquio così teatrale?
Perché ha abbassato la voce?
Perché vuole una risposta?
Una risposta a cosa, poi?
In realtà non è così idiota da non arrivarci, chiunque lo capirebbe dopo aver visto quello che ha visto lui, ma non gli piace pensarci, okay?
«Non lo so» sospira Loki, ma suona molto più a suo agio, ora. Tony considera che forse la capacità di Doom di cambiare argomento così in fretta è una caratteristica che al coinquilino piace. O forse è Victor a essere diventato così per adeguarsi a Loki. «Ormai suono solo al club di musica, due volte alla settimana. È da una vita che non mi esibisco».
«Sei il miglior bassista che conosca» osserva Doom e non è una lusinga. È un semplice dato di fatto, pronunciato in tono quasi piatto. «Non saprei a chi altro rivolgermi».
A Tony pare di ricordare che Pepper abbia accennato ad aver incontrato Loki al club di musica, la prima volta che si sono presentati ufficialmente. All’improvviso quella nozione acquista un’importanza che sfiora l’imprescindibilità, perché Victor non si è dichiarato a Loki, non gli ha chiesto di mettersi insieme.
Vuole solo che entri a far parte della sua band.
Riservandosi di domandargli di più circa il suo interesse per la musica, Tony stabilisce che è meglio andarsene prima che qualcuno si accorga che lui sta origliando e Loki prenda la non troppo sofferta decisione di farlo a pezzi, quindi torna in soggiorno in un cauto silenzio.
Quel pomeriggio, essere confinato fuori dalla propria camera da letto, costretto a guardare la televisione e, occasionalmente, se capita, a studiare, gli pesa un po’ meno – e poi alle sette e mezzo inizia la grande festa a casa di Thor, quella che aspetta da tre giorni, non può essere di cattivo umore proprio oggi.
(E invece può.)
Dopo uno spuntino veloce che consiste nello sbocconcellare una ciambella ricoperta di glassa, opta per un saluto veloce prima di uscire ed entra in camera senza bussare.
Ovviamente, visto che è casa sua – e invece no.
Sono seduti sul letto di Loki, quest’ultimo dà le spalle alla porta e ha la maglia tirata su. Anche Victor rivolge la schiena alla soglia e ha la mano infilata sotto la stoffa e c’è qualcosa di grigiastro lì, sulla pelle candida, sotto le dita bronzee di Doom, ma Tony non guarda un istante di più, si volta e scappa, scappa fuori, dentro la Viper, mette in moto e trenta secondi dopo è sulla strada verso casa di Thor, anche se l’umore festaiolo è rovinato, schiacciato sotto le scarpe, ucciso, sepolto, end of story.
Beve, alla festa. Pepper non c’è a controllarlo o a tirarlo su di morale, è un party per soli maschi, perciò lui beve, gioca ai videogiochi, beve, mangia, beve, beve, beve.
A mezzanotte è messo così male che non si ricorda più nemmeno il proprio nome, ma quella scena non ha voluto scomparire dalla sua memoria. Impressa nella retina, non se ne andrà mai, così mormora il cervello di Tony, asfissiato dai fumi dell’alcool, mentre qualcuno lo trascina in un’auto, forse la sua, e lo riporta a casa. Due qualcuno, per la precisione.
Ormai erano rimasti solo lui, Thor, Steve e Clint, quindi forse sono questi ultimi a riaccompagnarlo, eppure quando lo trascinano in soggiorno e una voce incredula e seccata – Loki – dice qualcosa d’incomprensibile, la voce che gli risponde, profonda e roboante, è senza dubbio quella di Thor.
Thor, che avrebbe dovuto rimanere a casa propria a ripulire il casino.
Thor, che è tornato con lui apposta per parlare con Loki, magari anche solo per vederlo. Da quant’è che non si vedono? Per la maggior parte del tempo non gli rivolgo la parola. Fa male.
Tony non riesce a capire cosa si dicano, ma riconosce il proprio nome, pronunciato di tanto in tanto, e forse è meglio che non sappia altro, dal momento che è steso supino sul divano con l’alcool che scorre al posto del sangue e di conseguenza una conversazione che lo coinvolga non può essere lusinghiera.
Intuisce che hanno cambiato argomento quando la voce di Thor si fa più bassa e discreta, mentre Loki non dice quasi nulla, solo qualche monosillabo, tanto per far sapere di essere ancora vivo.
È lui a interromperli con un conato di vomito, lo afferrano per le braccia, lo trasportano in bagno e lo consegnano alle mani amorevoli della sua preziosa amica, che gli ha già prestato soccorso in innumerevoli occasioni – la tazza del water.
Thor e Loki non parlano più e quando finisce di vomitare lo accompagnano a letto.
Alla fine una porta si chiude, cala il silenzio, Tony si sente abbastanza bene da distinguere Loki che torreggia sopra di lui e persino da comprendere cosa stia borbottando in tono irritato. «Che cosa hai fatto, Stark?»
Tony mugugna qualcosa, nemmeno lui sa bene cosa, il suo coinquilino corruga la fronte, si china su di lui per cercare di decifrare quella strana lingua e le sinapsi di Tony decidono di andarsene in vacanza.
Lo bacia.
Fa schifo, perché poco fa ha vomitato e, sebbene l’abbiano aiutato a lavarsi i denti, non è che l’opera sia riuscita troppo bene, mentre Loki ha un sapore di pulito, di dentifricio, di chi sta per andare a dormire e non ha nessuna voglia di farsi baciare da un ubriaco che si è appena svuotato lo stomaco e lo sta tenendo in piedi all’una di notte perché si è scolato cinque bottiglie di vodka o whiskey o quello che era.
Non è vero che il primo bacio è come un incantesimo, che è sempre meraviglioso, quali che siano le circostanze. Non è vero che baciare un ubriaco è sexy. Non è vero che Tony Stark bacia benissimo anche quando è in condizioni pietose.
Per fortuna non vanno oltre un semplice scontro tra labbra, perché Tony non è in grado, ha appena vomitato, Loki vuole andare a dormire e, ehi, c’è Pepper.
Loki impiega qualche secondo di troppo ad allontanarsi e lascia la stanza sbattendo la porta.
Tony si raggomitola sotto le lenzuola, si sente un bastardo, è ridotto a uno schifo e ha appena rovinato la storia d’amore migliore in cui uno come lui possa sperare. Eppure, Loki ha esitato, e Tony non l’ha mai visto prendere l’iniziativa e baciare Victor, né esitare prima di ritrarsi.

  
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