CAPITOLO 6
Ingrid aprì lentamentre gli occhi, per poi
richiuderli stiracchiandosi. Sbadigliando, ripensò al sogno che aveva fatto: lei
e Juan, l'una tra le braccia dell'altro, sul masso, avvolti dal
buio...
Si alzò, strofinandosi le mani sul viso per
svegliarsi. Poi con un dito si sfiorò le labbra. Sorrise.
Non era stato un sogno. Si vestì serenamente,
per poi raggiungere i genitori già svegli in cucina.
-Buongiorno cara- la salutò amabilmente la
madre.
-Buongiorno!- esclamò lei prima di darle un
bacio sulla guancia -Buongiorno papà!- disse poi abbracciando da dietro il
genitore seduto.
-Buongiorno piccola. Sei proprio di buon umore
stamattina.
La ragazza gli sorrise mettendosi a tavola.
-Oggi devo andare nel paese qui vicino a
prendere un po' di cose da tuo zio. Vorrei che mi accompagnassi.
-Va bene. Mamma, se passa Alan per gli esercizi
glielo dici tu che sono via?
-Certo, cara.
-Bene- concluse il capofamiglia -appena finita
la colazione andiamo.
Terminato il pasto, uscirono.
Appena la porta si chiuse dietro di loro, Ramon
entrò lentamente nella stanza sbadigliando.
-'Giorno, mamma.
-Buongiorno, caro- rispose lei mentre gli
serviva la colazione in tavola.
-Papà dov'è?
-Lui e Ingrid sono andati da vostro zio per
andare a prendere certe cose.
-Ah- sbuffò disinteressato cominciando a
mangiare.
-Ingrid per caso ti ha detto di cosa ha parlato
con la sua amica Nelly ieri?
-Huando sci hono harhate?
-Inghiottisci prima di parlare, per
favore.
Il ragazzo deglutì.
-Quando si sono parlate?
-Ieri al telefono.
-Ah. Comunque no, non mi pare mi abbia detto
niente. Perché?
-Stamattina è allegra come una pasqua, pensavo
fosse per qualcosa che si sono dette... ieri sera era così
pimpante?
-No, non mi pare.
-Oh, beh, tanto meglio se si diverte
qui.
La mattinata era passata velocemente. Forse
perché era contenta di aver rivisto lo zio e i cugini, o semplicemente perché
non pensava ad altro che alla notte precedente.
Era pomeriggio e Ingrid stava tornando a casa
col padre. Che sembrava voler dire qualcosa. Lei aspettava; non aveva fretta di
sapere. In ogni caso la spiegazione arrivò presto.
-Ingrid.
-Sì?
-Vorrei discutere con te di una
cosa.
-Va bene.
-Io mi rendo conto che sei ancora giovane e
comunque tanto impegnata per pensarci, ma vorrei parlartene lo
stesso.
-Ok.
-Io ti considero una ragazza matura e
responsabile e in questi giorni mi sto rendendo conto che lo sei. Quindi nel
caso tu trovassi qualcuno mentre stai in compagnia, io mi fiderei, nel senso che
so che non ti andresti a mettere con un ragazzaccio.
-Certo.
-Ma quando comincerà a trattarsi di storie più
serie, sì insomma, che potrebbero andare a sfociare in...
-...matrimonio?
-Esatto. In quel caso, io sinceramente
preferirei vederti con uno dei nostri, con un argentino intendo. Ancora meglio,
uno che conosciamo.
-Tipo?
-Tipo...non lo so...qualcuno tipo Juan Diaz.
Ecco: lui è un bravo ragazzo che sicuramente ha una carriera davanti. Qualcuno
come lui: bravo e in grado di poterti garantire sicurezza per il
futuro.
-E' un po' presto per parlare di matrimonio, non
ti pare?
-Sì, ma a settembre ritornerai dal fratello di
tua madre e non so quando avremo l'occasione di parlare ancora di queste
cose.
-Capisco. Non ti preoccupare. Ne terrò
conto.
-Grazie, piccola.
La ragazza sorrise davanti alla preoccupaione
del padre. Certo, sarebbe stato davvero difficile ripartire.
-Non ci posso credere.
Alan fissava la faccia contrariata di Ramon per
nulla turbato.
-Ma andiamo, lo sapevamo tutti e due che prima o
poi sarebbe successo- cercò di calmarlo -anzi, ha avuto un bel coraggio Juan a
raccontartelo.
-Sì, proprio un bel coraggio. Sai cosa gli avrei
fatto a tutti e due se l'avessi visti?
-Un bel niente. Senti, si piacciono, lo sanno
tutti i ragazzi del paese. E' normale che vogliano provare a stare
insieme.
-Alan, ma non capisci!- Victorino cominciava a
scaldarsi -Ingrid deve ritornare in compagnia a settembre: cosa
faranno?
-Ma questo è un problema loro. E poi che ne sai
che non possa funzionare come storia a distanza?
-Non funzionerà perché se uno diventa calciatore
e l'altra cantante, non so chi dei due farà prima le corna.
-Certo che hai una stima per tua sorella e per
il tuo migliore amico...
-E' una di quelle storielle adolescenziali che
finirà in un mare di lacrime e io non voglio vedere Ingrid
soffrire.
-Ma chi ti dice che soffrirà...
Pascal si zittì vedendo arrivare l'oggetto della
discussione.
-Ciao ragazzi.
-Ciao Ingrid- rispose Ramon scuro.
-Che c'è?
-Ecco- iniziò Alan cercando il modo migliore per
non far litigare nessuno -Juan ci ha detto, generalmente eh, quello che è
successo ieri notte.
Per un attimo la ragazza rimase a bocca
aperta.
-Oh...bene- disse poi -è giusto che ve ne abbia
parlato. Ma che cos'hai allora tu?- chiese al fratello.
-Non gli sta bene- spiegò Alan.
-Ramon- sospirò lei -cosa c'è che non va? Perché
non ti sta bene?
-Perché tu riparti a fine estate.
-Uffa! Guarda che lo so, non c'è bisogno che me
lo ricordi, ma non è una scadenza. Potrebbe anche durare.
Ramon si allontanò.
-Certo; e per quanto? Due, tre mesi? Già sei
triste di non poter restare in Argentina: se finisse, ti butteresti giù, e io
non voglio vederti in quello stato.
Passò un momento di silenzio, poi Ingrid si
piazzò davanti al fartello, prendendogli un braccio.
-Ramon...
Lui si voltò da un'altra parte.
-Anch'io ho paura che non funzioni, ma se non
proviamo non lo sapremo mai. Che dici?
Il ragazzo non si mosse. Le dita della ragazza
si strinsero leggermente intorno all'arto.
Alan assisteva alla scena tranquillamente,
quando si voltò nella direzione in cui aveva sentito calciare un pallone,
trovando Juan.
Anche gli altri due si accorsero.
-Promettimi che starai attenta- disse
all'improvviso Ramon dopo un lungo attimo di calma.
Al momento Ingrid interpretò quelle parole, poi
gli sorrise e lo abbracciò.
-Grazie, grazie, grazie!
-Promettimelo.
-Te lo prometto- disse frettolosamente
sciogliendo l'abbraccio e dandogli un bacio sulla guancia.
Poi si diresse verso Juan.
Alan e Ramon videro parlare lei, poi lui a testa
bassa mentre si rotolava la palla tra i piedi, poi ancora lei con un mano che
torturava l'altra, di nuovo lui che si voltava da una parte e infine lei che,
dopo quelle ultime parole che da lontano avevano l'aria di un ultimatum anche se
non udite, si allontanava.
I due ragazzi videro Juan guardarli con
l'espressione di chi non sa che fare.
Erano passati tipo venti minuti. No, forse di
più. Forse una buona mezz'ora.
Le parole della ragazza gli rimbombavano in
testa.
-Io ci voglio provare, Juan.
Pensaci.
Ecco cosa gli aveva detto. Avevano paura tutti e
due che non andasse bene, eppure lei voleva tentare. Non rinunciava per il
problema della distanza, anche se non era un problema trascurabile.
Voleva dire che lei ci teneva. E
tanto.
E lui, quanto ci teneva?
Era questa la domanda a cui aveva cercato di
rispondere in quei trenta minuti, non trovando risposta. Ma almeno una decisione
l'aveva presa.
Trovò finalmente Ingrid. Si era andata a sedere
dietro una piccola collina e faceva quel gioco a lei congeniale di strappare
l'erba e lasciare i fili al vento.
Con cautela le si sedette accanto. Lei
neanche lo guardò, fingendosi troppo impegnata a giocare.
Juan si rotolava il pallone tra le
mani, fissandolo come se quell'oggetto così prezioso per lui potesse aiutarlo
anche in quella situazione.
Fece un respiro profondo e finalmente
parlò.
-Ci voglio provare anch'io, Ingrid.
Per un attimo tutto fu calmo, poi la ragazza si
alzò e se ne andò nella direzione in cui erano rivolte le sue
spalle.
Accidenti. Adesso che aveva fatto di
male?
Sbuffò.
Stava pensando di andare a fare qualche altro
tiro con lapalla, quando si sentì abbracciare da dietro.
-Lo sapevo che avresti detto di sì!- esclamò
Ingrid dopo averlo baciato sulla guancia.
Juan rise senza farsi vedere, per poi
trascinarla per un braccio sulle sue gambe e
abbracciarla.
Ne avrebbero viste di belle
quell'estate.
continua...