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Autore: Applejack    19/10/2012    2 recensioni
Il diario di Maya, un po' inventato e un po' fedele all'originale, con più scene tra un certo Cesaroni e una certa principessa.
Se non si capisce, tifo MarcoXMaya :D
Qualche recensione non mi fa certo schifo! :)
Genere: Fluff, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro personaggio, Marco Cesaroni
Note: Otherverse, What if? | Avvertimenti: Incompiuta
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Roma, 09/10/2012

 
Brava Maya, davvero complimenti: per colpa della tua assurda e morbosa curiosità hai riaperto le ferite di Marco, ci hai gettato sopra chili di sale e le hai lasciate lì, a bruciare. Ero in salotto a piegare i calzini spaiati di Rudi, quando è entrato Mimmo per guardare la TV. Mimmo, fra i tre fratelli Cesaroni, era l’unico a cui chiedere di Eva e Marco. Così l’ho fatto: “Ehi Mimmo, come va la scuola? Tutto bene? Senti, ehm, tu…tu conosci tutta la storia tra tuo fratello ed Eva?”.
Mimmo mi ha sorriso, ha lanciato uno sguardo veloce alle mie dita attorcigliate e ha cominciato a raccontare.
 
È durata quattro anni. Si sono amati, inseguiti, trovati, sono stati scoperti. Marco è scappato. Si sono lasciati, poi lei ha incontrato Alex. È andata fino in America con lui e ha scoperto di essere incinta. Di Marco.
È tornata, lui l’ha accudita e quando ha scoperto di essere il padre di Marta, si sono quasi sposati. Poi lui l’ha tradita, ma lei l’ha perdonato. E ora, dopo quattro anni, ora che forse lo ama e non lo sa, ora l’ha lasciato.
 
Stavo cercando di riordinare le idee quando ho sentito qualcosa che era a metà tra un gemito e un grugnito; ho girato la testa e ho visto la sagoma di Marco volare su per le scale, ma non prima di avermi scavato un buco nel cuore con uno sguardo pieno di disprezzo.
Marco!” gli ho gridato dietro. Ho dato un buffetto sulla testa di Mimmo, l’ho ringraziato, mi sono scusata e sono corsa dalla mia vittima. Ho trovato la porta della sua stanza sbarrata e ho sentito un pezzo di vetro spaccarsi.
Marco?” ho chiamato, sforzandomi di non alzare la voce e di non tempestare la porta di pugni.
Marco, ti prego, apri!
Scusami tanto Marco, io non volevo…!
Marco, dai, fammi entrare!
Marco non rispondeva e ho cominciato a preoccuparmi. Ho bussato altre cinque volte e a quel punto lui mi ha urlato contro.
Vai via!” ha detto, e ha dato un calcio alla porta.
L’ho pregato di nuovo, lui ha spalancato l’anta e ha gridato ancora. Ha cominciato a vomitarmi addosso fiumi di parole: “non sei nessuno.” – “Non c’entri nulla con la mia famiglia.” – “Vattene via.” – “Non sai niente, tu.” – “Vai via.” – “Ti odio!”.
Mi odia. È chiaro, matematico. Ha ragione, io non ho il diritto di impicciarmi.
Tu non sai un cazzo di me, Maya! Ti odio! Vattene ora!
Quelle parole, pronunciate con odio, mi rimbombano ancora nelle orecchie. Avevo le pupille inchiodate nelle sue, incapace di sfuggire a quella gabbia scura così bella e profonda: ho visto l’irritazione diventare rabbia, poi ira incontenibile, e infine tristezza, quella vera, quella che ti colpisce con uno schiaffo e ti brucia gli occhi, mandandoti a fuoco i pensieri. Finché non resta che un fantasma a ricordarti, con un pugno di cenere tra le mani.
Ho sentito la sua incrinarsi, rotta dalle lacrime che gli sono rimaste incastrate in gola. Quando ha smesso di urlare è rimasto a guardarmi per sette secondi, i più tesi che io ricordi; poi se n’è andato, si è rintanato nella sua grotta spezzando con un passo un frammento di cristallo. A terra, prima che la porta si richiudesse, ho notato la foto che ritrae Eva e Marta, che Marco ha cacciato sotto il letto con un piede.
 
Mi ci è voluto più di un pizzicotto per realizzare cos’era successo: mi sono guardata intorno, in cerca di qualche segno dello scontro, ma non ce n’erano. Per un momento ho pensato di essere impazzita, di essermi immaginata tutto. Sono scesa al piano di sotto, tenendomi aggrappata alla ringhiera per non ruzzolare giù, scossa com’ero.
Ai piedi delle scale ho incontrato un paio di occhi gentili, comprensivi: Mimmo, il piccolo dolce Mimmo, che aveva sentito tutto. Due piccole gocce di sale hanno rinfrescato le mie guance bollenti, le stesse che sento scendere ora.
Mimmo mi si è avvicinato e mi ha abbracciato, gesto che mi ha riportata alla realtà. Mi ha tenuta così per un po’, aspettando che esaurissi le lacrime, mi ha accarezzato i capelli ed è salito di sopra, con tutta probabilità per controllare il fratello.
Lo stesso fratello che stava pian piano diventando mio amico, e che ora mi detesta.
Brava Maya, davvero, brava.
  
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