L’uomo che cullava il bambino alzò lo sguardo, sorridendo. “Ci saremmo incontrati, ne sono sicuro, doveva andare così.”
“Già, forse”
Il bambino si era addormentato, il padre lo guardò intenerito. Quando lo vedeva pensava a tutto quello che lui non aveva potuto avere, un padre e una madre. Non aveva avuto nessuno che lo cullasse e gli dicesse “Ti voglio bene”. Almeno, non lo aveva mai avuto fino ai suoi undici anni.
Quell’anno aveva scoperto di essere un mago, e pure famoso. Dopo essersi introdotto nel suo vero mondo certe persone cercarono di portarselo dalla loro, ma lui rifiutò, scegliendo le persone che lo avrebbero accompagnato nella più grande avventura che qualcuno avrebbe mai potuto immaginare.
Ripensò alla prima volta che vide l’uomo che ora sedeva lì con lui. Erano entrambi dei ragazzini, ancora vittime di quell’odio infantile verso le ragazze. Certo, poi c’era stato il troll.
Allora sì che cambiò davvero tutto.
Sì alzò per rimettere il bambino nella sua culla ma questo si risvegliò, senza però piangere. Alzò una manina e scostò i capelli neri del genitore, scoprendo una cicatrice.
Il padre si sistemò i capelli, sfiorando il segno che portava in fronte. Era il marchio che gli ricordava una dura lotta. Che gli portava alla mente i momenti peggiori, le morti, i pianti, gli addii.
Smise di pensarci, turbato dai ricordi.
“La sai una cosa?” disse guardando il compagno. “Sono davvero sicuro che non potesse andare diversamente.”