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Autore: pinklemon91    20/10/2012    2 recensioni
Il sorriso della ragazza, per lui, rappresentava la luce in un mondo avvolto dall'oscurità e dalla sporcizia.
Lui, come vento, avrebbe spazzato via le nuvole, e, come pioggia, avrebbe lavato tutto.
Lei, come luce, avrebbe illuminato il suo cammino.

Un racconto in due capitoli basato su una mia teoria riguardante l'identità della misteriosa madre di Luffy...meglio pubblicarla, prima che il maestro Oda possa smontarla del tutto!
Spero, tuttavia, di essere rimasta abbastanza coerente con il carattere di Dragon.
I personaggi non mi appartengono, ma sono proprietà di Eiichiro Oda; questa storia è stata scritta senza alcuno scopo di lucro.
Genere: Drammatico, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Monkey D. Dragon, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
Capitoli:
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Giornata serena, ma alquanto ventosa.
Nuvole bianche tappezzavano l'azzurro vivo del cielo e lo attraversavano ad una velocità insolita mentre il forte flusso del vento increspava vistosamente la superficie marina.
L'uomo con il lungo mantello e uno strano tatuaggio sul viso era su una balconata a strapiombo sul mare: Monkey D. Dragon, il rivoluzionario, amava riflettere al vento, concedendosi delle pause dall'architettare le varie strategie che permettevano ad altri popoli di ribellarsi ed unirsi alla propria causa contro il Governo Mondiale.
Ecco, questo era uno di quei momenti.
Se ne stava lì, in piedi, a braccia conserte, osservando un punto indefinito all'orizzonte, assorto nel suo silenzio.
Il rumore delle onde e quello del vento erano le uniche melodie udibili, un'unica colonna sonora.
Una ciocca di capelli gli sfiorava ripetutamente il viso, ma non se ne curò.
Immobile, in tutta la sua fierezza, ogni volta riportava alla mente dei ricordi, un passato che preferì lasciarsi alle spalle più di una decina di anni fa, tra Logue Town e il villaggio Foosha.


۞۞۞


Logue Town, l'isola dell'East Blue dove tutto ebbe inizio...e dove tutto ebbe fine.
Una consistente fetta di popolazione si era riunita nella piazza principale, dove si ergeva alto un patibolo. Sotto il sole cocente, tutti osservavano con estrema attenzione la figura di quell'uomo in manette, che avanzava lentamente verso la morte.
L'esecuzione di colui che si era guadagnato il titolo di Re dei Pirati, Gol D. Roger, non poteva restare nel silenzio e nell'ombra: usandola come esempio, il Governo Mondiale era fermamente convinto che sarebbe stata utile per testimoniare la propria potenza e per sancire la fine dell'era della pirateria.
Roger salì, con calma e compostezza, la scala della costruzione in ferro e legno.
Non vi era alcun ammiraglio, ma solo un mucchio di soldati della marina a scortarlo, soldati fin troppo deboli per fronteggiare un'eventuale ribellione del Re dei Pirati.
Il che era alquanto sospetto.
Giunto in cima, si avvicinò ai due boia ed osservò sorridente la folla: pareva non temere minimamente il proprio destino.
«Vuoi pronunciare le tue ultime parole?» domandò uno dei due, seguendo la normale procedura.
Roger lo fissò con un sorriso sereno stampato sul viso, tanto da lasciarlo interdetto.
«Potete togliermele?» disse, porgendo lui le manette che gli circondavano i polsi «mi stanno irritando la pelle».
«Non posso farlo!» rispose quello, con tono alterato.
Il condannato voltò leggermente il capo, continuando ad osservare l'uomo, con la coda dell'occhio.
«Perché mai dovrei scappare proprio ora?» disse, prima di avanzare di qualche passo «è triste come cosa...»
Giunto al capolinea, si sedette a terra, incrociando le gambe.
«Bene, andate avanti e facciamola finita» concluse, con il solito ghigno stampato sul viso.
Il suono metallico delle lunghe spade schioccò nel momento in cui le lame furono incrociate; schioccò nuovamente quando furono posizionate davati al petto del condannato.
Gli spettatori assistevano con il fiato sospeso, in attesa che quel corpo fosse trapassato come burro dal freddo acciaio, fino a quando un uomo non innalzò il proprio urlo.
«Ehi, Re dei Pirati!»
Roger alzò la testa per osservarlo meglio, pronto all'ascolto.
«Che cosa ne hai fatto del tuo tesoro? Si trova in qualche parte nella Grand Line, è così?»
L'attenzione della folla era catturata da quelle parole.
«L'hai ottenuto, non è vero? Il più grande tesoro al mondo?!»
«Insolente! Tieni a freno la tua lingua!» urlò uno dei boia, ma l'uomo non aveva intenzione di mettere a tacere la propria curiosità.
«Il tuo tesoro speciale? IL ONE PIECE!»
Il grido di quell'uomo si propagò per tutta la piazza, mentre la folla era in religioso silenzio, attendendo una risposta.
Roger iniziò a ridere, per poi sghignazzare liberamente sotto gli occhi di tutti.
«Il mio tesoro?»
«D'accordo, questo è troppo!» dissero, irritati, i due boia, puntanto pericolosamente le spade al suo petto.
Ma Roger non si fece spaventare e riprese da dove era stato interrotto.
«Se lo volete, è vostro. Cercatelo!» continuò, mentre le guardie caricavano il colpo «Ho lasciato tutto in quel posto!»
«ESEGUIRE!»
Le lame perforarono il petto del Re dei Pirati, infilzandogli il cuore e trapassandone il corpo da parte a parte. Il sangue sgorgò copioso dalle ferite, formando un trono scarlatto lì dove era seduto. Non aveva abbandonato il suo sorriso, no...nemmeno quando l'ultimo soffio di vita lo lasciò.
Seguì un lungo momento di silenzio, prima che la folla esplose gioiosa, non per la scomparsa di un pericoloso criminale, ma per essere venuta a conoscenza dell'esistenza del tesoro più grande di tutti.
Nuvole nere oscurarono il cielo ed una forte pioggia bagnò la grande piazza, utile a nascondere coloro che, invece, stavano versando fiumi di lacrime per la scomparsa del proprio capitano.

"Scendi pioggia, soffia vento! Che anche il cielo pianga la scomparsa del Re dei Pirati!"
Dopo aver assistito all'esecuzione, Dragon lasciò la piazza dirigendosi verso i vicoli della città.
Aveva ancora pochi uomini al suo seguito, ma un obiettivo molto ambizioso: fare in modo che sempre più persone si unissero alla sua causa per poter, un giorno, cambiare il mondo e renderlo un posto migliore per le generazioni avvenire...e pensare che suo padre voleva renderlo ufficiale della marina a tutti i costi!
Era attraccato quella mattina a Logue Town, apposta per assistere al "grande evento" e per far scorta di provviste: avrebbe dovuto trascorrere all'incirca altri quattro giorni prima di ripartire.
Immerso nei suoi pensieri, un leggero spintone alle proprie spalle lo riportò alla realtà. Si voltò e vide una giovane donna caduta in una pozzanghera a causa dell'impatto contro la sua schiena.
«Tutto bene?» le chiese, impassibile.
Non riuscì a scorgere a pieno quel viso, coperto parzialmente da lunghi capelli neri appesantiti dall'acqua. Dragon analizzò la direzione dalla quale la giovane stava fuggendo: portava direttamente alla grande piazza del patibolo.
«Mi...mi scusi, non volevo finirle addosso...» disse la ragazza, portando una mano al viso, nel tentativo di asciugarsi gli occhi appannati dalla pioggia.
Ebbe cura di non incrociare lo sguardo dello straniero.
In un attimo si rialzò, sistemò velocemente la veste e riprese a correre verso una direzione indefinita.
Tuttavia, la velocità della fuga e la pioggia non furono abbastanza per impedire a Dragon di notare ciò che lei stesse nascondendo da occhi indiscreti: lacrime.
Gli unici che aveva visto piangere in quei momenti erano i componenti dell'equipaggio di Roger, compresi i due giovani mozzi, ma avevano lasciato l'isola già da un pezzo per evitare di essere catturati...
«Presto, non lasciamola scappare!»
Fu ridestato ancora una volta dai propri pensieri notando il trambusto creato da alcuni soldati: sembrava proprio che stessero inseguendo qualcuno.
Preferì non indagare...meglio non creare situazioni scomode in un momento simile!

**********


«Dragon, dove vai?!» chiese uno dell'equipaggio mentre vedeva il capo dei rivoluzionari lasciare il porto ed addentrarsi nuovamente in città.
«Bah, è sempre così schivo...»
«Lascialo perdere! Il capo ha molto a cui pensare...» disse un altro mentre caricava una cassa nella stiva.
Erano passati tre giorni dall'esecuzione di Roger.
Dragon, grazie alle sue uscite giornaliere, era riuscito ad accogliere nel suo gruppo qualche altro paio di uomini.
Quel pomeriggio era diretto in città, come al solito, girovagando per cercare altro occorrente per il viaggio ed, eventualmente, altri uomini da portare con sé.
Il tutto all'oscuro della marina, ovviamente.
La gente del posto sembrò aver già rimosso dalla mente ciò che era accaduto settantadue ore prima ed era tornata a svolgere le proprie mansioni quotidiane.
La tranquillità venne meno poco dopo, quando un trambusto in un negozietto catturò la sua attenzione.
«Vattene via, portatrice di disgrazia! Non osare mai più tornare nella mia bottega!» urlò un uomo panciuto con il grembiule sporco di sangue, mentre trascinava una ragazza fuori dalla sua macelleria.
«Ma io ho bisogno di carne, altrimenti che mangio?!» protestò la giovane.
«Non mi interessa! Per me puoi anche morire di fame...» disse quello, varcando nuovamente la soglia.
Dragon la osservò da lontano: quella voce, quei capelli...gli parve di averla già vista.
Aguzzò nuovamente la vista e riconobbe in lei la ragazza di qualche giorno prima.
La giovane rimase immobile davanti ad un bel pezzo di mostro marino esposto su un tavolo di legno. Avvicinò l'esile mano al mento, provando ad architettare qualcosa. Poco dopo, fece spallucce e si caricò il pezzo di carne sulle spalle per poi scappare a gambe levate tra gli insulti del macellaio, che, conoscendo la propria stazza, sapeva già di aver perso l'inseguimento in partenza. L'uomo, però, chiuse momentaneamente bottega, intenzionato a ritrovare la propria merce.
Il rivoluzionario osservò tutta la scena, lasciandosi sfuggire una leggera risata.
Era raro per lui sorridere...figurarsi ridere!
Da quando aveva intrapreso il suo viaggio, non aveva pensato ad altro se non a come raggiungere il proprio obiettivo.
Per essere un portatore della D., era comunque un tipo abbastanza serio e razionale, poco incline all'impulsività. Tuttavia, decise di seguirla, dal momento che quella figura l'aveva colpito ed incuriosito quasi fin da subito.

La giovane donna fuggiva per l'ennesima volta in quei giorni: da quando Roger era stato giustiziato, non aveva più trovato pace!
Era stata costretta a stare meno tempo possibile nella sua abitazione e a trovare rifugi alternativi per scampare alle numerose guardie e all'ira di buona parte degli abitanti della cittadina. Nessuno voleva più accoglierla, nessuno voleva più darle da mangiare.
Si ritrovò ladra e vagabonda. I suoi genitori erano morti da un pezzo, mentre il suo caro fratello...beh...ormai era sola da tempo e ancora una volta avrebbe trovato il modo di cavarsela!
Controllò ancora una volta che non fosse seguita, prima di tornare a casa sua attraverso un lungo ed intricato percorso, studiato apposta per far perdere le sue tracce.
Sistemò meglio l'enorme pezzo di carne sulle spalle, poi scattò verso la soglia, aprì velocemente la porta e si infilò, chiudendola alle spalle. Poggiò la cena sul tavolo della cucina e sospirò: non poteva passare il resto della propria esistenza a nascondersi e a cercare di sopravvivere giorno per giorno. Iniziò a considerare l'idea di abbandonare la terra natìa e stabilirsi in qualunque posto per iniziare una nuova vita. Avrebbe potuto imbarcarsi clandestinamente in qualche nave al porto, dato che ormai nascondersi era diventata la sua specialità...e lo era stata sin da bambina, sin da quando giocava con suo fratello e, insieme, sfuggivano alle furiose vittime delle loro marachelle.
Sorrise malinconicamente ripensando a quei momenti.
Trascorse un po' prima che lo stomaco le ricordasse il motivo per cui era tornata a casa.
Osservò l'enorme pezzo di carne, poi la dimensione del focolare e, infine, di nuovo la carne.
Guardava la grossa porzione con lo stesso dispiacere di chi avrebbe dovuto tagliare un enorme diamante in parti più piccole. Tuttavia, non le andava a genio la carne cruda, perciò prese un coltello e divise il pezzo in porzioni grandi abbastanza per farle entrare nel camino, dopodiché, accese il fuoco.
Fissava, assorta, il movimento delle fiamme, fino a che non arrivava a strofinarsi gli occhi per il bruciore e tornare, nuovamente, a seguire quella danza ipnotica.
Sussultò quando sentì bussare alla porta.
"Dannazione, non ora!"
Rimase imperterrita davanti al focolaio, decisa ad ignorare lo sgradito visitatore.
"Dovrà pur stancarsi, prima o poi..."
Tese l'orecchio nel tentativo di captare voci oppure passi.
Improvvisamente, il rumore della pioggia.
Si tranquillizzò e tornò a badare alla cena, quando un boato la fece scattare in piedi: qualcuno stava distruggendo la porta con una mannaia.






Spazio dell'autrice
Ce l'ho fatta, finalmente!
Avevo scritto le prime quattro righe più di una settimana fa...ieri, ho scritto tutto il resto (seconda parte compresa)!
Bando alle ciance...dunque! Tutti sappiamo chi sono padre e nonno di Luffy, no? Più volte mi sono chiesta: e la madre, come potrebbe essere? Così, una bella sera, parlando a telefono con il mio ragazzo, siamo giunti alla conclusione. Vediamo se il signor Oda ci darà ragione!
Spero di essere riuscita a stuzzicare la vostra curiosità.
La seconda parte la pubblicherò tra qualche giorno, dove, in questo stesso spazio, spiegherò tutti i motivi che secondo me portano tale teoria ad essere veritiera: dopotutto, ho imparato che Oda ha fatto modo che niente sia lasciato al caso!
Mi piacerebbe conoscere i vostri pareri e, perché no, che apprezziate questa mia piccola opera!
Ah, dimenticavo! Se vi va, date un'occhiata a Domandare è lecito..., una flashfic comico/demenziale scritta in un momento di noia.
A presto!
   
 
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