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Autore: sweetharry    21/10/2012    18 recensioni
«Attenta!» Sentì una voce sconosciuta. Poi un rumore di clacson e un qualcosa afferrarle il braccio e spingerla indietro. Hellen si ritrovò stordita, con il viso poggiato su qualcosa di morbido e caldo. E non era Mr Fluffy.
Aprì un occhio, poi un altro, e si guardò intorno: era sotto un ombrello, sul marciapiede, con il gatto in mano. Niente di strano. O forse si.
Scostò la testa e l’alzò davanti a lei, scontrandosi con gli occhi smeraldini di quel ragazzo. Schiuse la bocca alla vista del suo viso così ravvicinato con il suo. Il ragazzo sorrise, forse doveva aver assunto un espressione fin troppo stupida.
«Stai bene?» Chiese, puntando i suoi occhi in quelli della ragazza.
Hellen balbettò qualcosa, incapace di pensare lucidamente. «I-Io…»
Quella distanza quasi inesistente le stava facendo impazzire il cuore, tremava sotto la stretta ferrea del ragazzo. Hellen si sentì le ginocchia cedere, e si aggrappò ancora più saldamente alle spalle del ragazzo, quest’ultimo la trattenne per le braccia.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11 novembre.

Londra. Piovosa ma pur sempre affascinante Londra.
Ad Hellen la pioggia l’affascinava, forse l’affascinava un po’ meno l’essere bagnata. Osservava le goccioline scendere veloci sul vetro della finestra della sua camera, l’ultima dell’intero corridoio, ad Hellen questo piaceva. Poteva starsene sul davanzale della finestra ad osservare la pioggia sbattere ininterrottamente sulla finestra, leggendo un buon libro e bevendo il suo amato caffè-latte alla cannella.
Gli occhi nocciola della ragazza vagavano sul marciapiede difronte, ben visibile dalla finestra della sua camera. La pioggia non era poi così fitta, ed il suono che emetteva la faceva rilassare.
Soffiò sulla finestra, ed il fiato caldo di Hellen a contatto con il freddo del vetro lo fece appannare, formando un piccolo cerchio imperfetto di condensa: sorrise divertita, poggiando il dito sul vetro ed iniziando a disegnare la lettera H con tanti cuori attorno.
Osservò il suo capolavoro soddisfatta, alzando le spalle ed emettendo un piccolo sbuffo. Spostò lo sguardo sulla sveglia poggiata sul suo comodino, e per poco non cadde dal davanzale della finestra. Precisamente, cadde, e con quella poca fortuna che aveva cadde proprio con il fondoschiena sulla moquette beige della stanza. Strizzò gli occhi emettendo un silenzioso gemito, prima di alzarsi massaggiandosi la parte dolorante e afferrare il cappotto poggiato sulla sedia, per poi correre rischiando di inciampare per le scale. L’orologio della cucina segnava le dodici e dieci, segno che le rimanevano venti minuti buoni per raggiungere l’università.
Hellen Grey non frequentava alcuna università; per avere diciassette anni – che compirà esattamente il quattordici novembre - si trovava bene al quarto anno di liceo.
Ne troppo alta, ne troppo bassa, ne troppo grassa, ne troppo magra, ne troppo brutta, ne troppo bella: Hellen Grey era una ragazza normale. Non una modella delle riviste di Vogue, non la solita sfigata delle scuole americane. Semplicemente aveva un viso tondo e guance paffutelle, occhi color nocciola e capelli dello stesso colore. Se non fosse per quelle antipatiche lentiggini che la rendevano una bambina, forse, Hellen si sarebbe piaciuta. Ma a parte questo, a lei non importava molto come fosse d’aspetto. I suoi amici – quei pochi che aveva – la reputavano una ragazza solare, forse un po’ troppo timida e ossessionata.
Già, Hellen Grey aveva un’ossessione. Molti la chiamavano stalker, ma lei ci rideva su perché infondo, pensandoci bene, un po’ lo sembrava. Secondo la sua mente invece, si era solo presa una cotta per un diciannovenne che studiava all’università di Londra.
Giurisprudenza. A Hellen piaceva, magari fra un paio d’anni l’avrebbe presa anche lei. Non conosceva nulla di lui, se non l’iniziale del suo nome: H. Hellen la trovava una cosa carina, il fatto che entrambi i loro nomi iniziassero con la lettera H. Peccato che non sapesse il nome del ragazzo. Ad essere sinceri, questa cotta andava avanti da più di due mesi, da quando si era ritrovata per caso là davanti, con la sua migliore amica Melanie. L’aveva visto passare davanti a lei, era un po’ di fretta, i libri in mano e qualche foglio che svolazzava di qua e di là, una borsa a tracolla e quei ricci assolutamente perfetti. Hellen amava chiamarlo “cherubino”. E poi, quando quel giorno gli occhi verdi del ragazzo si scontrarono sbadatamente con quelli di Hellen, quasi lei non ebbe lo scoppio della terza guerra mondiale nello stomaco. Era sempre stata una ragazza romantica, una di quelle che crede nell’amore a prima vista. Anche se lei non lo considerava ancora amore, ma una vera e propria cotta.
 
Hellen arrivò in cucina, trovandosi Vivienne intenta ad asciugare i piatti appena lavati. Quando vide la chioma bionda della madre cercò in tutti i modi di arretrare senza emettere il minimo rumore, ma era troppo tardi per darsela a gambe.
Vivienne si girò e sorrise alla figlia, non appena la vide sull’uscio della porta della cucina.
«Tesoro? – chiese. – Hai bisogno di qualcosa?»
Hellen si portò una mano dietro la nuca, pensando ad una scusa plausibile per uscire con quel tempaccio. Si guardò intorno, balbettando qualcosa di incomprensibile, finché non sentì qualcosa di morbido strusciarsi sulle sue gambe. Abbassò lo sguardo, intravedendo Mr Fluffy aggirarsi attorno alle sue gambe. Un gatto grosso, grasso e peloso.
Ad Hellen si accese la lampadina.
Con un gesto rapido raccolse il gatto da terra, poggiandoselo al petto.
«Porto Mr Fluffy dal veterinario, credo non stia molto bene.» Si sbrigò a rispondere, osservando l’orologio ed accorgendosi di star quasi per fare tardi.
Vivienne si sporse dalla cucina, intravedendo dalla finestra del salotto la fitta pioggia che scendeva in quel momento.
«Ma Hell, sta piovendo…»
«Farò subito mamma, te lo prometto!» Cercò di scamparla, e a sua sorpresa ci riuscì. Si infilò cappotto, sciarpa e capello di lana rosa, per poi prendere l’ombrello e tenere Mr Fluffy stretto a sé. Quasi correndo, aprì di fretta la porta, uscendo e chiudendosela frettolosamente alle spalle. Si incamminò verso il marciapiede, tenendo d’occhio l’ora sul display del cellulare.
Era così tutte le mattine, da due mesi. Usciva venti minuti prima da casa per dirigersi all’università ed aspettare che il ragazzo uscisse. Aveva scoperto che viveva non molto distante da lei e che, per puro caso, percorrevano la stessa strada insieme quando lei usciva da scuola e lui dall’università. Quel giorno però Hellen non aveva scuola, e molto probabilmente era per quello che si dimenticò di guardare l’orario, ed ora stava facendo tardi.
Amava vedere quel ragazzo camminare dalla parte opposta del marciapiede, quando stava ritornando a casa. Lo guardava di nascosto, per paura che lui potesse vederla. Doveva ammettere però che ogni tanto anche lui le rivolgeva un’occhiata strana, ma forse perché la vedeva continuamente tutte le tarde mattine. Hellen si incominciava a chiedere cosa pensasse di lei.
Affrettò il passo, saltando una pozzanghera sul marciapiede, e continuando la sua camminata verso l’università non troppo lontana dalla sua abitazione.
Guardò Mr Fluffy accasciato sul suo braccio, intento a sbattere gli occhi noiosamente. Hellen alzò gli occhi al cielo, fermandosi improvvisamente e prendendo il gatto con entrambe le mani, mettendoselo davanti alla faccia.
«So che non è bello assecondarmi nei miei piani, ma tu sei l’unico di cui mi posso fidare. – a volte si sentiva stupida a parlare da sola con il gatto, e forse lo era davvero. – Ma se tu non dirai niente a mamma, non mi caccerò nei guai, Va bene? Finché Melanie è ammalata posso contare solo su di te.» Parlò al gatto come se volesse una sua risposta, ed in cambio ricevette un leggero miagolio. Sbuffò sonoramente, prima di riprenderlo con un braccio e svoltare l’angolo.
Intravide l’edificio in mattoni rossi proprio a pochi passi da lei, e si felicitò quando vide che la campana non era ancora suonata.
Attraversò la strada, andandosi a sedere sulla panchina posta all’esterno del muro dell’università. Si poggiò Mr Fluffy sulle gambe ed aspettò. Mancavano due minuti, e poi si sarebbe messa a cercare quella testa riccioluta tra le altre.
Iniziò ad accarezzare il pelo candido e morbido del gatto, tenendo l’ombrello sopra la testa di entrambi mentre la pioggia sembrava aumentare. Forse l’unica cosa che non le piaceva di Londra era proprio il tempo.
Finalmente udì il suono della campanella, e le strade iniziarono ad essere intasate dagli studenti che stavano uscendo.
Hellen si guardò intorno, cercando di riconoscerlo, ma nonostante gli svariati tentativi non lo trovò. Si guardò intorno ancora per qualche minuto, finché rassegnata, non decise di ripercorrere la strada all’incontrario.
Si alzò dalla panchina, riattraversando la strada e ripercorrendo il solito marciapiede che tutte le mattine percorreva.  Forse quel giorno, dato la pioggia, non era venuto. Oppure aveva altro da fare.
Con lo sguardo basso si contemplava le converse nere un po’ malridotte, ascoltando la pioggia battere sulla tela dell’ombrello rosso.
D’un tratto sentì dei passi frettolosi e vicini, ed alzò subito la testa: guardò alla sua sinistra, e per poco non urlò di felicità. Il ragazzo riccio, come solito, stava percorrendo il marciapiede opposto al suo, stavolta con più fretta del solito. Hellen si perse ad ammirare i ricci bagnati che gli ricadevano dolcemente sulla fronte, quelle labbra incurvate ed umide, e la testa bassa per via della pioggia. Le mani nel solito cappotto nero.
Hellen continuò il suo contemplamento, finché il ragazzo, sentendosi osservato, girò lo sguardo e per la seconda volta dopo due mesi, i suoi occhi verdi si scontrarono con quelli nocciola di Hellen. Fu solo un attimo, perché il cuore di Hellen cominciasse a battere più velocemente del solito. Il ragazzo le rivolse un lieve sorrisetto, forse più perché le sembrava una pazza che per altre ragioni, e abbassò nuovamente il capo, aumentando il passo. Hellen rimase quasi incantata da quel gesto, avrebbe mandato un messaggio a Melanie non appena ritornata a casa. E avrebbe aggiornato la sua agenda.
Intenta a pensare al gesto che il ragazzo le aveva appena rivolto, non notò che Mr Fluffy stava piano piano scivolando dalla sua presa, e quando il gatto cadde sentendo sul pelo la pioggia, incominciò a correre in strada, rischiando più volte di essere investito.
Hellen sgranò gli occhi, lasciando l’ombrello e correndo – senza nemmeno pensare – in mezzo alla strada a riprendere il gatto.
«Mr Fluffy!» urlò, correndo e prendendolo in fretta e fuoria e stringendolo al suo corpo. Stava per riprendere fiato, quando alzando lo sguardò non notò dei fari farsi sempre più vicini. Con la pioggia fitta non riusciva a capire cosa fosse, non riusciva nemmeno a vedere dove si trovava in quel momento, vedeva solo che si facevano sempre più vicini.
«Attenta!» Sentì una voce sconosciuta. Poi un rumore di clacson e un qualcosa afferrarle il braccio e spingerla indietro. Hellen si ritrovò stordita, con il viso poggiato su qualcosa di morbido e caldo. E non era Mr Fluffy.
Aprì un occhio, poi un altro, e si guardò intorno: era sotto un ombrello, sul marciapiede, con il gatto in mano. Niente di strano. O forse si.
Scostò la testa e l’alzò davanti a lei, scontrandosi con gli occhi smeraldini di quel ragazzo. Schiuse la bocca alla vista del suo viso così ravvicinato con il suo. Il ragazzo sorrise, forse doveva aver assunto un espressione fin troppo stupida.
«Stai bene?» Chiese, puntando i suoi occhi in quelli della ragazza.
Hellen balbettò qualcosa, incapace di pensare lucidamente. «I-Io…»
Quella distanza quasi inesistente le stava facendo impazzire il cuore, tremava sotto la stretta ferrea del ragazzo. Hellen si sentì le ginocchia cedere, e si aggrappò ancora più saldamente alle spalle del ragazzo, quest’ultimo la trattenne per le braccia.
«Hey è tutto ok? Vuoi che ti porti all’ospedale?» Domandò ancora quella voce angelica che stava andando in tilt il cervello della ragazza.
Hellen scosse la testa, riprendendosi. «N-No io, io sto bene.» a malincuore si staccò dal ragazzo, sorreggendo bene Mr Fluffy tra le braccia. Alzò la testa, vedendo il suo ombrello rosso sopra di loro, retto dal ragazzo. Questo sorrise, un po’ impacciato. Susseguirono secondi interminabili di silenzio, finché non fu interrotto dalla voce soave del ragazzo.
«Che ci facevi in mezzo alla strada?»
Hellen, impacciatamente, indicò con il capo il gatto che teneva sottobraccio, sorridendo imbarazzata.
«Mi era scappato Mr Fluffy e sono andata a prenderlo senza pensare prima.»
La voce della ragazza era tenera, ed il riccio sorrise, anche per le gote rosse che le si erano formate da quando lo aveva guardato negli occhi.
«Mr Fluffy?» chiese con tono divertito.
Hellen chiuse gli occhi, mordendosi il labbro inferiore. Probabilmente aveva fatto la figura più brutta della sua vita.
«Si, è lui, il mio gatto.» sussurrò, abbassando lo sguardo. Il ragazzo spostò lo sguardo sull’ammasso di di peli che la mora teneva stretto al suo petto. Sorrise, iniziando ad accarezzare la testa del gatto.
 «Hai quasi rischiato di essere investita per un gatto. – disse divertito. – Coraggioso da parte tua.»
«Bè grazie… credo. – aggrottò la fronte, non sapendo se prenderlo come un complimento o meno. – A te piacciono i gatti?»
Si tappò immediatamente la bocca, accorgendosi della domanda stupida appena fatta. Idiota Hellen, pensò, sei un idiota.
«Li amo!» rispose sorridente il ragazzo, continuando a lasciare grattini sulla nuca dell’animale.
Hellen sorrise, sentendosi meno stupida. Allora non era l’unica a provare un amore innato per quegli animali. Le piaceva sapere che avevano qualcosa in comune.
Il ragazzo smise di coccolare l’animale e guardò Hellen, sorridendo e scostandosi i capelli umidi dalla fronte.
«Credo tu ora debba andare. – disse, porgendole l’ombrello. – Ci si vede.» Le sorrise, avviandosi sotto la pioggia. Hellen rimase stordita da quel sorriso. Lo giurò, non aveva mai visto sorriso più bello di quello.
Dopo essersi ripresa – grazie a continui scuotimenti di testa – senza pensarci raggiunse il ragazzo, affiancandolo, e mettendo l’ombrello sulla testa di entrambi. Il riccio si girò, aggrottando la fronte notando la ragazza al suo fianco.
«H-Ho notato che abitiamo più o meno dalla stessa parte e… - si portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio. – E perciò mi chiedevo se ti andava di percorrere la strada insieme. Insomma, non sei obbligato, però piove, ho l’ombrello…»
«Certo. – sorrise, di nuovo, provocando un tuffo al cuore di Hellen. – In effetti se non fossi venuta tu te l’avrei chiesto io, non mi andava proprio di bagnarmi.»
Hellen, per l’ennesima volta, si diede mentalmente della stupida. Forse avrebbe dovuto aspettare che glielo chiedesse lui? Chissà che pensieri si era fatto su di lei.
«In ogni caso, io sono Harry.» Il ragazzo gli porse la mano, che Hellen un po’ titubante afferrò e strinse. Quella di Harry era calda, mentre la sua era gelata, un po’ per il freddo e un po’ per la tensione che aveva a parlarci per la prima volta dopo due mesi.
«Io Hellen.» sorrise di rimando. Hell ripensò al nome del ragazzo, e constatò che non c’era nome più bello e appropriato da dare a quel ragazzo. Le piaceva Harry, come nome.
I due si guardarono qualche secondo, prima si ridere silenziosamente entrambi. Camminarono sotto la pioggia, uno vicino all’altra. Hellen stava rischiando al sua salute ogni secondo passato vicino a lui.
Il resto del tragitto, purtroppo, fu silenzioso, ed arrivarono difronte casa di Harry dopo tre minuti immersi nel silenzio.
Hellen lo accompagnò fino alla porta, con l’ombrello ancora sulle teste. Harry aprì la porta e si intrufolò dentro, per poi affacciarsi e guardare Hell.
«Grazie per avermi risparmiato una probabile doccia. – rise, provocando anche la risata della ragazza. – Allora ci si vede in giro, Hellen.»
Hellen si soffermò un po’ troppo sul tono di voce con cui aveva pronunciato il suo nome. Inutile dire che quello non contribuì a far fermare i battiti accelerati del suo cuore. Dopo secondi di trance, Hell sembrò riscuotersi e ritornare sul pianeta Terra. «Figurati Harry, ci si vede.»
Si sorrisero, finché Harry non chiuse la porta. Hellen sospirò profondamente, scendendo gli scalini del patio molto lentamente. Arrivata sul marciapiede, strinse di più a se Mr Fluffy ed iniziò a saltellare come una bambina. Quel giorno probabilmente lo avrebbe ricordato per tutta la vita. Si incamminò a passo spedito verso casa, tirando fuori dalla tasca il suo cellulare e scrivendo un messaggio a Melanie su quanto accaduto qualche minuto fa. Soddisfatta, lo rilesse lo inviò, poi riposò il cellulare in tasca aspettando una risposta. Nemmeno due secondi dopo il cellulare vibrò. Hellen aggrottò la fronte, sorpresa della velocità con la quale la migliore amica le aveva risposto. Ma quando lo prese tra le mani, notò che non era un messaggio, bensì una chiamata, e pure da sua madre. Fu pronta a subirsi la solita ramanzina sul fatto del ritardo e bla bla bla.
«Mamma?» si affrettò a rispondere, con un tono misto tra il preoccupato e il terrorizzato.
«Tesoro, dove sei?»
Il tono dolce di Vivienne la fece rassicurare. «Sto ritornando proprio adesso, due minuti e sono lì.»
«Hell non sono a casa, mi hanno urgentemente chiamato da lavoro. Tanto hai il secondo mazzo con te, vero?»
Hellen ci pensò su, ricordando di averlo preso prima di uscire. «Si mamma, non preoccuparti. Ci sentiamo sta sera.»
Attaccò la chiamata, rimettendo il telefono in tasca. Dopodiché frugò nell’altra tasca, e con quasi tutto il terrore esistente, notò che non c’era niente al suo interno. Si arrestò di colpo, frugando in entrambe le tasche: oltre al cellulare, non aveva nient’altro.
Sgranò gli occhi, ricordandosi della corsa in strada per salvare Mr Fluffy, e che molto probabilmente le aveva comportato la perdita delle chiavi. Si passò una mano sul volto, prima di sbuffare. Prese a guardare Mr Fluffy intensamente.
«Tu non sarai mai più complice di niente, Mr Fluffy.» lo rimproverò, ricevendo sempre il solito miagolio che ormai lei interpretava come una sottospecie di insulto. Anche se, infondo, doveva ringraziarlo per averla fatta parlare con Harry.
Harry.
Ad Hellen venne in mente un idea, che non sapeva se ritenere patetica o assolutamente insensata. Ma non poteva rimanere sotto la pioggia, nemmeno vagare senza meta per Londra: la pioggia era fitta e si vedevano a malapena le strade.
Girò i tacchi e corse qualche decina di metri, finché per la seconda volta in qualche minuto non si ritrovò nuovamente davanti casa di Harry.
Aveva paura a suonare, se l’avrebbe disturbato? Se voleva essere lasciato in pace? Per un attimo ci ripensò e quasi non prese in considerazione l’idea di vagare senza meta per Londra, ma poi accorgendosi dell’insensatezza della cosa, suonò.
Aspettò qualche minuto, finché la porta non si aprì. Quello che le si presentò davanti per poco non le fece mollare Mr Fluffy e svenire.
Harry aveva addosso solo un asciugamano, il petto umido, i ricci pure. Aveva una mano sulla porta e guardava Hellen sorpreso.
«Hellen. – disse. – Cos’è successo?»
La ragazza, senza nemmeno accorgersene, stava fissando in una maniera quasi maniacale il petto nudo del ragazzo, e solo dopo pochi attimi, si riprese dallo stato di trance, guardando gli occhi smeraldini che la fissavano divertito.
«Ecco… Ho perso le chiavi di casa e sono rimasta praticamente chiusa fuori. Mia madre è al lavoro e non voglio scomodarla solo per venirmi a portare l’altro paio di chiavi…»
Iniziò a girarci intorno, giocando nervosamente con i peli di Mr Fluffy. Harry faceva passare lo sguardo dal volto inclinato di Hellen alle sue mani che stuzzicavano il gatto nervosamente. La trovò una cosa dolce.
«Vuoi restare da me finché tua madre non esce dal lavoro?» chiese Harry, abbozzando un sorriso vedendo Hellen in difficoltà.
«Si, cioè non sei obbligato, se disturbo non importa, aspetterò che ritorni tra qualche ora.»
«Scherzi? Non ti lascerei mai sotto la pioggia. – quelle parole provocarono le farfalle nello stomaco ad Hellen. – Avanti, entra.»
La ragazza entrò con un po’ di imbarazzo, ritornando a pensare che Harry era praticamente nudo, se non fosse per quell’asciugamano bianco intorno alla vita. Cercò di non soffermarsi troppo sugli addominali del riccio e si lasciò beare dal calore della casa. Strusciò le scarpe sul tappeto dell’ingresso e si tolse il cappotto, appendendolo all’appendiabiti accanto.
«Puoi lasciarlo gironzolare per casa se vuoi. Non mi da fastidio.» disse riferendosi al gatto che Hellen continuava a tenere tra le braccia.
Hellen annuì e lasciò che Mr Fluffy scendesse dalle sue braccia ed iniziasse a girovagare per il salone. Lo seguì per qualche secondo con lo sguardo finché poi il tossicchiare di Harry non la fece girare.
«Ti dispiace se vado a vestirmi e ad asciugarmi? Tu nel frattempo puoi fare quello che vuoi, fai come se fossi a casa tua.»
Harry le sorrise, mostrando quella fila perfetta di denti bianchi. Notò anche due fossette sulle guance, che lo rendevano ancora più dolce e sexy allo stesso tempo.
Hellen annuì distrattamente, pensando ai pensieri poco casti che in quel momento stava avendo su Harry. Si diresse sul divano, sedendosi, ed osservando la figura di Harry salire le scale e poi sparire. Non appena fu sicura di essere sola, si lasciò andare ad un sospiro pesante, quasi come se avesse trattenuto il fiato tutto il tempo.
Il cuore le stava scoppiando come fuochi d’artificio all’interno del petto.
Iniziò ad accarezzare il morbido pelo di Mr Fluffy, respirando profondamente. Non le era mai capitato di stare vicino ad un ragazzo così… bello.
Non che fosse una di quelle ragazze che non ne hanno mai avuto uno, intendiamoci, è solo che non ne aveva mai incontrato uno con quella tale bellezza. O perlomeno nessuno con quell’aspetto le aveva mai sorriso.
Forse si stava facendo troppi film mentali, pensò, ma Hellen era fatta così.
Sentì una vibrazione provenire dalla tasca del jeans scuro, e quasi sobbalzando estrasse il cellulare leggendo il nome sul display.
Si affrettò a rispondere al messaggio di Melanie, il quale citava: “Non ci credo! Davvero, Hell? Perché le cosa più belle accadono quando non ci sono io? Domani a scuola devi raccontarmi tutto. – Mel x”
Hellen sorrise, scuotendo leggermente la testa ed iniziando a pigiare frettolosamente i tasti del suo cellulare. Una volta inviato il messaggio all’amica, ripose il cellulare in tasca, notando solo dopo che fosse completamente bagnata. Quasi terrorizzata, si alzò dal divano controllando che non l’avesse bagnato: e per fortuna, era tutto asciutto.
Decise di rimanere in piedi per non iniziare a fare brutte figure, ed iniziò a camminare tra gli scaffali della libreria, scrutando le foto al disopra di esse: alcune raffiguravano una famiglia felice, altre un uomo ed una donna, un’altra raffigurava Harry ed altri quattro ragazzi intenti a sorridere. Ad Hell scappò un ghigno, notando l’espressione buffa del ragazzo con la maglietta a righe accanto ad Harry. Passò alla foto successiva, e stavolta ritraeva Harry con il cappello del diploma. Hellen si soffermò a guardare quella foto e quel sorriso perfetto, quei due occhi smeraldini fissavano l’obiettivo ed emanavano la luce più bella che avesse mai visto.
Forse la guardò un po’ troppo, poiché non si accorse che Harry era sceso, perfettamente vestito, e la stava osservando da dietro.
«Assomiglio ad un damerino, in quella foto!»
La voce divertita di Harry fece sobbalzare Hellen, che si portò una mano al cuore e sorrise imbarazzata. Si portò una ciocca di capelli umidi dietro l’orecchio, prima di iniziare a giocare nervosamente con i lembi della felpa.
«Non è vero, non stai male.» rispose Hell, leggermente rossa in viso. Non stava male? Hellen se potesse gli avrebbe detto che era bellissimo. Ma si trattenne.
«Bè, grazie. – le sorrise, prima di scrutarla dalla testa ai piedi. – Sei completamente bagnata, vuoi che ti presti qualcosa?»
A quella domanda, la ragazza avvampò. «No, no! Non serve, non preoccuparti.»
Harry sembrò osservarla più del dovuto. Era simpatica, forse un po’ troppo timida, ma questo la rendeva dolce.
Il ragazzo salì nuovamente le scale, andando in bagno ed afferrando un asciugamano. Poi riscese, porgendolo ad Hellen, che lo prese titubante.
«Asciugati un po’ i capelli, non vorrei che ti ammalassi. – le fece l’occhiolino. – Ti piace il thè?»
Hellen iniziò a strofinarsi l’asciugamano color pesca sui capelli. «Oh, certo.»
«Perfetto, allora ne preparo un po’.»
Harry si incamminò verso la cucina, ed Hellen lo seguì a ruota mantenendo lo sguardo sulla sua schiena: non le sembrava vero di star parlando con quel ragazzo, stava lottando con il suo cuore per evitare di farle prendere un infarto. Ogni azione che compiva la rapiva completamente.
Entrarono in cucina: era molto spaziosa e ben arredata. Hellen si appoggiò all’isolotto di granito, osservando Harry prendere un pentolino pieno d’acqua ed accendere il fuoco. Dopodiché si girò nuovamente verso di lei, ed Hell si irrigidì immediatamente.
«Dimmi un po’, quanti anni hai?» chiese Harry, deciso a volerla conoscere un po’.
«Diciassette il quattordici novembre, e tu?» Hellen sapeva quanti anni avesse il ragazzo, ma per non apparire fin troppo informata, glielo chiese lo stesso.
«Diciannove. – sorrise, prendendo due bustine di thè ed immergendole nell’acqua calda. – Potrebbero arrestarmi per sequestro minorile, quindi.» Rise, contagiando anche Hellen. Harry rimase un secondo ad ascoltare la risata della ragazza, notando quando contagiosa fosse.
«Bè, tecnicamente non mi hai sequestrata, quindi sei in regola.» rispose Hellen, non sapendo nemmeno lei dove avesse trovato tutta quella scioltezza nel parlare.
«Giusto. – le rispose, sorridendo, e porgendole una delle due tazze di thè fumanti. – Per cui sei al quarto anno?»
Hellen annuì, bevendo il thè  caldo e lasciando che quella bevanda le riscaldasse il corpo. «Frequento la London High School, è vicino…»
«Alla mia università, lo so. – continuò Harry per lei, facendole strada verso il salotto. – La frequentavo anche io, l’anno scorso.»
«Davvero?» Chiese Hellen, con fin troppo entusiasmo. Come aveva fatto a non accorgersi di lui prima?
Harry annuì, sorridente, sedendosi sul divano. Batté una mano al suo fianco per incitare Hell a raggiungerlo accanto a lui, e la mora non se lo fece ripetere due volte. Lentamente si avvicinò e si sedette al suo fianco, accavallando le gambe.
«Vuoi vedere un film? Ne ho comprato uno proprio l’altro giorno, dovevo ancora trovare il tempo per vederlo.»
Hellen staccò le labbra dal bordo della tazza bollente, mordendosi un labbro rosso e umido ed annuendo lievemente.
Harry le sorrise, alzandosi dal divano e prendendo la custodia del DVD dalla libreria.
«Love Actually. – Hellen lesse la copertina. – E’ il mio film preferito!»
«Si? – le chiese Harry con gentilezza. – Se ti annoi a rivederlo, possiamo guardarne un altro.»
«No, assolutamente. Non mi annoia mai.» Hellen sorrise, poggiando la tazza di thè mezza vuota sul tavolo davanti a loro. Harry la osservò con la coda dell’occhio, mentre faceva partire il film. La trovava graziosa.
Si sedette vicino ad Hellen, sorseggiando la sua tazza di thè, e iniziando a guardare il film che, secondo la trama, prometteva bene.
I primi venti minuti di film attirarono molto l’attenzione dei due ragazzi, finché, raggiunta la durata dei trenta minuti, Hellen non sentì gli occhi appesantirsi. Era sempre così, guardare la televisione le faceva venire sonno.
Senza nemmeno accorgersene, Hellen chiuse sempre di più gli occhi, fino ad accasciarsi sulla spalla di Harry. Quest’ultimo, sembrò ritornare alla realtà e girò la testa verso la sua sinistra, notando una chioma bruna poggiata sulla sua spalla. Sorrise involontariamente, osservando il viso di Hellen rilassato e la bocca rosea schiusa. Le portò una ciocca di capelli dietro l’orecchio e, per metterla più comoda, le passò un braccio intorno alle spalle, dando modo ad Hellen di poggiare la testa sul suo petto. I battiti normali del cuore di Harry fecero da ninna nanna alla ragazza, che si era addormentata tra le braccia di Morfeo, o più precisamente, di Harry.
 
 
Il soggiorno era buio, illuminato soltanto dallo schermo della televisione ancora accesa. Hellen aprì un occhio, e con estrema lentezza anche l’altro. Sbadigliò, portandosi una mano davanti alla bocca, e si sentì improvvisamente calda e protetta. La testa era poggiata su qualcosa di morbido e che odorava di buono. La ragazza alzò lentamente la testa, ritrovandosi quasi a sfiorare il suo naso con quello di Harry, che teneva la testa appoggiata alla sua e dormiva beatamente. Per poco Hellen non si sentì morire. Il viso rilassato di Harry era qualcosa di mai visto prima, Hell non aveva mai visto così tanta bellezza in vita sua. I riccioli del ragazzo le solleticavano teneramente la fronte, ed il braccio di lui la teneva stretta sul suo petto.
Hellen si era addormentata, e non poté fare a meno di darsi della stupida: cosa avrebbe pensato Harry?
Quella domanda non la tormentò più di tanto, in quanto si sentiva immensamente bene tra le sue braccia. Sorrise tra sé e sé, allungando un braccio nella tasca per prendere il cellulare. Appena lo accese quasi non le prese un colpo: le cinque e quarantacinque.
Doveva ritornare a casa prima che Vivienne tornasse dal lavoro, o non l’avrebbe fatta mai più uscire.
Cercando di non svegliare Harry, a malincuore, si staccò dalla sua presa e si alzò dal divano, sistemandosi la felpa e i jeans. Si guardò intorno: la casa era in penombra, ma non voleva accendere la luce per cercare Mr Fluffy. Così, un po’ impacciatamente, si mise a gattoni per terra, iniziando a gattonare in lungo e in largo cercando il gatto.
«Mr Fluffy? Dove sei?» cercò di chiamare a bassa voce, mimando versi strani.  Lo trovò appisolato sotto la libreria. Con uno sbuffo, si abbassò ancora di più, cercando di far passare un braccio sotto la libreria per prenderlo. Nonostante gli sforzi non ci riuscì, il gatto era troppo lontano. Così, cercò di richiamarlo in qualche modo.
«Mr Fluffy! – sussurrò. – Vieni qui gattino!»
«Che stai facendo?»
Quelle parole a fecero sobbalzare, e sbatté la testa contro lo spigolo della libreria. Imprecò a bassa voce, assumendo una smorfia contratta nel dolore. Appena aprì gli occhi, dapprima chiusi per la botta, si ritrovò il viso assonnato di Harry che la guardava incuriosito e divertito allo stesso tempo.
«Io… Ecco… Mr Fluffy è sotto alla libreria e non riesco a prenderlo. – spiegò. – Devo essere a casa alle sei.»
Harry sorrise scuotendo la testa, e si abbassò sotto la libreria, allungando un braccio e prendendo il gatto. Perché Hellen non ci era riuscita? Era impedita, se lo era sempre ripetuto.
«Ecco a te.» Disse Harry, porgendole il gatto.
«Grazie.» sussurrò la ragazza, prendendo imbraccio il gatto.
Harry le sorrise di rimando, per poi superarla. «Vieni, ti accompagno alla porta.»
Hellen lo seguì a ruota, finché non si ritrovarono entrambi nel piccolo ingresso della sua casa. La ragazza prese il cappotto e se lo infilò, lo stesso fece con la sciarpa attorcigliandola al collo. Prese l’ombrello e, non sapendo cosa dire, si limitò a guardare Harry: quante cose gli avrebbe voluto dire. Probabilmente stava pensando fosse una di quelle ragazze timide ed impacciate, una di quelle che non piacciono ai ragazzi. Infondo Hellen non era proprio spigliata come le sue amiche, o come Melanie.
«Ehm, grazie per avermi ospitata. E scusami se ti ho disturbato.» iniziò Hell, abbassando lo sguardo e contemplandosi le converse.
«Mi ha fatto piacere. – sorrise Harry. – Avevo bisogno di un po’ di compagnia, dopotutto.»
Hellen alzò la testa, scontrando i suoi occhi nocciola con i suoi smeraldi. Si guardarono imbarazzati per qualche secondo, finché Hellen non aprì la porta ed uscì, fermandosi sul patio.
«Bè allora… Ciao Harry.» salutò con un gesto di mano, scendendo piano i gradini.
«Ciao Hellen.» salutò di rimando il ragazzo, osservandola camminare sul marciapiede verso casa sua. La guardò un po’, forse troppo, finché non richiuse la porta  e andò a prendere le due tazze da thè vuote, portandole in cucina e sciacquandole.
Gli scappò un sorriso, alla vista della forma delle labbra di Hellen su una delle tazze: evidentemente quella mattina si era passata del burro cacao sulle labbra.
Gli aveva fatto piacere avere un po’ di compagnia, quel pomeriggio. Per di più con una ragazza, ed in effetti era da tempo che non passava qualche ora insieme ad una ragazza. In più Hellen era simpatica, forse un po’ timida ed impacciata, ma caratterialmente non era male.
E poi Harry l’aveva riconosciuta, Hellen, quella ragazza che da due mesi percorreva la stessa strada con lui. Se la ricordò quando se ne stava seduta sulla panchina con una ragazza e i loro sguardi si incrociarono: Harry non ci aveva fatto troppo caso, ma aveva notato lo sguardo insistente di Hellen su di lui.
Sorrise tra sé e sé, scuotendo lievemente la testa. Dopodiché si asciugò le mani, ritornando in salotto. Qualcosa sul divano  attirò la sua attenzione: un cappellino di lana rosa. Lo prese tra le mani, sentendo il profumo dei capelli di Hellen.
Lo mise sull’appendiabiti, fissandolo un po’. Glielo avrebbe ridato l’indomani.

12 novembre.
 
Hellen quel giorno si svegliò di buon umore. La sveglia aveva suonato alle sette in punto, si era alzata, aveva mangiato tutti i pancakes che Vivienne le aveva preparato e si era diretta in bagno. Quel giorno, stranamente, non pioveva, e c’era qualche leggero raggio di luce che illuminava Londra. Forse è quel questo che Hellen era di buon umore, o forse anche per cosa era accaduto il giorno prima.
Ci aveva pensato tutta la notte, era rimasta a fantasticare su di lui come una bambina. L’aveva chiamato “Il giorno in cui ho conosciuto il misterioso ragazzo dell’università”. Un nome un po’ stupido, ma rendeva l’idea.
Si intrecciò i capelli in una treccia poco curata, si passò dell’acqua sul viso  e si guardò allo specchio: odiava truccarsi, non l’aveva mai fatto, ma quella mattina per qualche insana ragione si mise appena un po’ di mascara sulle ciglia.
Ritornò in camera, infilandosi le converse beige intonate al maglione che indossava quella mattina, e quasi frettolosamente prese la borsa scendendo le scale. Diede una veloce occhiata all’orologio, che segnava le sette e mezza. Non si era mai preparata in così poco tempo. Si fece i complimenti da sola.
Diede una carezza a Mr Fluffy, che poltriva beatamente sul divano.
«Beato te che non devi fare niente tutto il giorno.» commentò sbuffando. Non le piaceva andare a scuola, ma nonostante tutto nelle materie non se la cavava male. E poi  si sapeva, lo scopo per il quale usciva la mattina era un altro.
Si diresse all’ingresso, mettendosi il cappotto e avvolgendosi la solita sciarpa intorno al collo. Dopodiché uscì, salutando Vivienne.
Nonostante ci fosse qualche raggio di sole, a Londra faceva sempre freddo. E questo le comportò l’arrossamento del naso e delle gote, che da pallide divennero leggermente rosee.
Incominciò a percorrere la solita strada che ormai conosceva a memoria, con passo svelto e deciso. La testa affondata nella sciarpa era leggermente inclinata verso il basso, ad Hellen non piaceva camminare con la testa alta, non era nella sua persona. Per cui si limitava ad osservare le gambe muoversi a tempo.
Sentiva le farfalle nello stomaco, aveva una voglia esagerata di rivederlo. E chissà se per lui era lo stesso, si ritrovò a pensare. Sorrise tra sé e sé, consapevole del fatto che sarebbe stata una cosa surreale.
Continuò a camminare, quando sentì una porta chiudersi. Alzò di scatto la testa, accorgendosi di trovarsi a pochi metri da casa di Harry, e quello che aveva chiuso la porta era proprio lui. Quella mattina era ancora più bello: jeans beige, converse bianche, il solito cappotto nero ed un cappello verde scuro che gli tirava i riccioli indietro. Hellen schiuse la bocca, ritrovarsi a fissarlo imbambolata mentre continuava a camminare.
Harry rigirò la chiave nella serratura e scese gli scalini del patio. Quando fu sul marciapiede, si accorse della presenza di Hell. Sorrise involontariamente.
«Hey, chi si rivede.» disse Harry, affiancandola mentre iniziarono a camminare, per la prima volta, insieme sullo stesso marciapiede.
«Ciao.» le rispose timidamente Hellen, abbozzando un sorriso, per poi far ricadere lo sguardo sulle loro gambe che si muovevano in sincronia. Quelle di lui un po’ più lunghe delle sue.
«Come sta Mr Fluffy?» chiese Harry, un po’ in imbarazzo per il silenzio. Hellen aggrottò la fronte, non aspettandosi che Harry fosse interessato al suo gatto.
«Oh, lui sta bene.» rispose, non trovando senso a quella domanda.
Harry annuì lievemente, per poi sorriderle. «E tu come stai?»
Hellen sorrise questa volta. Stava pregando perché glielo chiedesse.
«Benone!» rispose, fin troppo euforica.
Harry sorrise. Hellen aveva un sorriso davvero bello. Il ragazzo poi si ricordò di cosa doveva dare ad Hell, e si mise a rovistare nelle tasche del cappotto.
«Ieri hai dimenticato questo a casa mia. – disse, porgendole il cappello di lana rosa. – Mi piace il profumo al cioccolato.»
Hellen afferrò il cappello, aggrottando la fronte, non capendo cosa volesse dire con quella frase. Harry l’aveva intuito, di fatto avvicinò il suo naso ai capelli di Hellen, ed inspirò profondamente.
«I tuoi capelli sanno di cioccolato, mi piace.»
Hell rimase interdetta da quel gesto. Harry aveva avvicinato il suo viso al suo per odorarle i capelli. Si sentiva in un sogno.
«Oh, grazie. – si ritrovò a dire. – Hai odorato il mio cappello?» Hellen si portò una mano sulla bocca, per sopprimere una probabile risata divertita.
Harry sorrise imbarazzato, sfiorandosi la nuca con la mano. «In verità è solo molto profumato.»
«Capisco.»
Harry le sorrise ed Hellen ricambiò. Si sorridevano come due bambini, ed Hellen non poté fare a meno di ritrovarsi ogni volta a perdersi in quelle fossette assolutamente tenere.
Quasi come d’istinto, portò un dito dentro una di esse, ed iniziò a sfiorarla. Harry rise divertito, non appena vide Hellen ritirare subito la mano.
«Scusami, ma avevo il desiderio di farlo da tanto tempo.» ammise, giustificandosi.
«Da tanto tempo, quanto?»
Quella domanda spiazzò Hellen. In effetti si era intrappolata con le sue stesse parole.
«Io, ecco…» iniziò a balbettare, afferrando i lembi delle maniche e giocandoci nervosamente. Harry lo notò, e si affrettò a posare una mano su quelle di Hellen, così da far smettere la ragazza. Harry non voleva farla agitare, ma Hellen a quel tocco sussultò, sentendo un brivido dietro la schiena.
«Non volevo metterti in imbarazzo.» si scusò Harry, ritirando poi la mano e riportandola in una tasca del cappotto. Hellen scosse la testa sorridendogli e rassicurandolo.
Svoltarono una curva, e piano piano il loro passo rallentò sempre di più, finché non si trovarono fermi sul marciapiede, uno difronte all’altra.
«Io sarei arrivato. – disse Harry, facendo un cenno all’edificio alle sue spalle. – Ci vediamo tra qualche ora, ok?»
Hellen pensò a quelle parole, cercando di capire cosa intendesse. E quando lo capì, chiuse gli occhi sorridendo. «Certo, ci vediamo tra qualche ora.»
Si salutarono, ed Harry attraversò la strada entrando dall’enorme cancello della scuola, mentre Hellen proseguì avanti, immersa nelle sue fantasticherie e pensieri. Le sembrava tutto assurdo, eppure era vero.
Sorrise, aumentando il passo e facendo una giravolta su se stessa. Si, era proprio cotta.
 
 
 
 
 
Come ogni giorno, Hellen si ritrovò all’una e dieci del pomeriggio nella mensa della London High School, seduta al tavolo suo e di Melanie, che proprio da dieci minuti la stava riempiendo di domande.
«Davvero ti ha ospitata in casa sua? – domandò per l’ennesima volta Melanie. – Oddio non ci posso credere!»
Melanie era completamente l’opposto di Hellen: socievole, allegra, spigliata. Sprizzava allegria ed energia da tutti i pori; i capelli a caschetto color ginger la rendevano graziosa e contornavano il viso roseo e magro. In più, quei due smeraldi verdi al posto degli occhi, facevano invidia a chiunque. Ed Hellen constatò che erano simili anche a quelli di Harry. Hell avrebbe voluto avere gli occhi chiari.
«Si Mel, si.» ripeté, capendo l’entusiasmo dell’amica. Melanie sorrise, un sorriso che andava da un orecchio ad un altro e fece sorridere anche Hellen.
«Ti rendi conto, Hell? Dopo due mesi finalmente si è accorto di te! Non sembra vero.»
Hellen ci pensò su, e abbassò la testa, non appena un brutto pensiero le attraversò la mente.
«Si, ma non vuol dire che si debba interessare a me. Insomma, guardami! – si alzò in piedi, allargando le braccia. – Non sono una ragazza perfetta, non ho gambe perfette come le tue e i miei occhi non sono chiari.» si sedette a peso morto, iniziando a giocare con il purè di patate. Che in realtà tutto sembrava, meno che commestibile.
Melanie alzò gli occhi al cielo e prese una mano di Hellen tra la sua. Sapeva quanto l’amica avesse poca autostima di sé, ma ad Hell non era poi importato così tanto. Non almeno per quanto riguardava gli altri ragazzi.
«Ascoltami, Hellen. – la guardò. – Tu sei una ragazza dolcissima, e sei bella perché non hai bisogno di chili di trucco come Jessica Eston per essere tale.» Hell rise, spostando lo sguardo su Jessica, che se ne stava come al solito circondata da maschi. Capelli corvini, occhi azzurri e contornati da un forte strato di matita nera. In effetti a Hellen faceva quasi paura, ma i maschi sembravano vederci tutt’altro che una brutta ragazza.
«Bè in ogni caso ci sono ragazze più belle di me.» sussurrò, alzandosi dal tavolo seguita da Melanie, che la prese sottobraccio e le schioccò un bacio sulla guancia.
«Tu sei unica perché sei Hell, e sei la mia migliore amica.»
Quelle parole fecero sorridere nuovamente Hellen, che abbracciò l’amica. Se ci pensava bene, senza Melanie a quest’ora sarebbe rimasta a deprimersi per tutta la vita.
 
Le ultime ore di scuola sembrarono passare lentamente, ma finalmente Hellen uscì da quella tortura. Due ore di filosofia passate a guardare fuori dalla finestra e aspettare di vedere i suoi occhi e quel sorriso perfetto.
Hellen camminava lentamente, un po’ per il peso della borsa, un po’ per la stanchezza, ma avrebbe comunque aspettato Harry, come sempre.
Passò davanti all’università ancora gremita di gente, diede un veloce sguardo a tutte le teste somiglianti a quella di Harry, ma non lo vide. Sospirò, decisa ad incamminarsi verso casa, molto probabilmente lo avrebbe incontrato durante il tragitto.
Svoltò la solita curva, percorse il solito marciapiede, osservò i soliti alberi: quel giorno a scuola si era quasi depressa per i suoi continui problemi mentali. Harry non si sarebbe mai interessato ad una come lei, se non dal punto di vista dell’amicizia, s’intende. Ad Hellen, Harry piaceva, tanto. E in quei giorni aveva avuto tempo per pensare che forse non si trattava di una semplice cotta, bensì altro. Ma Hell non si sentiva all’altezza di uno come Harry, lei era troppo poco per un ragazzo come lui.
Sobbalzò, distogliendo la mente da quei pensieri, quando sentì un dito picchiettarle la spalla. Si girò velocemente, perdendosi in quei due occhi verdi come il prato. Sorrise, osservando Harry mettendosi di fianco a lei ed incominciando a camminare. Aveva una strana luce negli occhi.
«Hey.» la salutò Harry, scostandole una ciocca di capelli che le era sfuggita dalla treccia.
«Hey.» sussurrò Hellen, rapita da quel gesto. Amava le sue mani, erano bellissime. Harry sembrava trattarla come una sorella, se non una bambina piccola. Ed Hell aveva paura che Harry la vedesse proprio così, piccola.
«Com’è andata a scuola?» domandò, sistemandosi meglio il cappello in testa.
Hellen fece spallucce. «Tutto ok, ho preso B- al compito inglese. A te?»
«Come al solito, senti i professori blaterare e prendi appunti.» Hellen rise di gusto, portandosi una mano davanti alla bocca. Harry osservò quel gesto quasi incantato: gli occhi leggermente strizzati e il volto contratto in una smorfia divertita, per non parlare dell’ampio sorriso che aveva Hell in quel momento. Harry doveva ammettere, Hellen non era brutta, per essere una bellezza naturale.
«Credo che dopo il liceo prenderò giurisprudenza anche io.» pensò ad alta voce Hell, guardando Harry, che sorrise compiaciuto.
«Allora ti vedrò spesso!»
Hellen annuì. «Dovrai aspettare ancora un paio d’anni, però.»
«Chi ha pazienza riceve i regali migliori, no?»
Hellen arrestò il pasto, guardando Harry: le parole le entrarono nelle orecchie, arrivando al cuore e facendolo battere all’impazzata, in più iniziarono a formarsi le farfalle nello stomaco. Sorrise, incredula alle parole appena dette da Harry.
Quest’ultimo la guardò scuotendo la testa divertito, arretrando di qualche passo e prendendo la mano minuta di Hell tra la sua, ed incominciò a camminare sempre più veloce, finché non si ritrovarono a correre, mentre la pioggia li bagnava piano piano.
Hellen ed Harry ridevano come non mai mentre correvano per scampare dalla pioggia. Harry non pensava di potersi trovare così tanto bene con una ragazza. Da quando qualche mese fa si era trasferito dal Cheshire per poter studiare all’università, non aveva più modo e soprattutto tempo per vedere i suoi quattro migliori amici, per cui si ritrovava spesso solo. Ed Hellen però gli dava quasi modo di essere se stesso. L’aveva sempre vista camminare dal lato opposto del suo marciapiede tutti questi mesi, e si ritrovava sempre ad osservarla di soppiatto come un bambino in preda alla sua prima cotta. Non che Harry fosse cotto di Hellen, sia chiaro, la conosceva da un giorno, però lo incuriosiva parecchio. E per di più facevano sempre la stessa strada assieme, per cui, perché non approfittarne?
 
Arrivarono entrambi stremati davanti casa di Harry. Il ragazzo salì le scale e prese l’ombrello nel portaombrelli fuori casa, e aprendolo si mise vicino ad Hellen, dando modo di ripararsi.
«Menomale che doveva essere bel tempo oggi. – Si lamentò Harry. – Londra non cambia mai.»
Hellen sorrise, asciugandosi le guance umide. «Sbaglio o sei arrivato?»
«Si, ma preferirei che non ti bagnassi. Posso accompagnarti a casa?»
Il cuore di Hellen perse un battito, ma trovò comunque la lucidità per annuire. Così, Harry sorrise e porse il braccio ad Hellen, che divertita lo afferrò e poggiò il suo, proprio come facevano i cavalieri con le dame di un tempo.
Quei venti metri che separavano casa di Hellen da quella di Harry furono percorsi in silenzio, forse più per l’imbarazzo di essere così vicini che per non avere niente da dire.
Arrivarono davanti alla porta rossa di casa Grey, ed Hell salì le scale per ripararsi sotto al portico, seguita da Harry.
«Eccoci qua.» disse Hellen, sistemandosi un ciuffo di capelli dietro l’orecchio.
Harry alzò la testa, guardandosi attorno. «Wow, non pensavo di abitare così vicino a te.»
Hellen sorrise, ed Harry ricambiò. Si guardarono intensamente l’uno negli occhi dell’altra, poi il contatto visivo fu interrotto da Hellen, che in imbarazzo abbassò la testa.
«Grazie per avermi accompagnata, un giorno mi farò ripagare per il disturbo, promesso.» si affrettò a dire Hell, completamente in colpa.
«Scherzi? E’ un piacere per me. – le passò un dito gelido sulla guancia arrossata, ed Hellen socchiuse gli occhi, beandosi di quel contatto. – Ci vediamo domani.»
«A domani Harry.»
I due ragazzi si sorrisero, ed Hellen restò sul portico ad osservare Harry scendere le scale ed incamminarsi verso casa. La ragazza si girò verso la porta, prendendo le chiavi ed aprendola, quando si sentì chiamare.
Si girò nuovamente, vedendo Harry correre verso di lei, salire le scale e guardarla, respirando affannosamente. Si guardarono per secondi interi, finché lui, un po’ impacciatamente, prese un fogliettino dalla tasca del cappotto e glielo porse.
«E’ il mio numero. Non so, magari… magari possiamo sentirci, ti va?» Harry le domandò con un tono speranzoso, sperando con tutto se stesso che Hellen non rifiutasse.
La ragazza sentì le ginocchia cedere, e proprio come il giorno prima, si ritrovò sorretta dalle braccia di Harry, ad una distanza minima.
«Stai bene?» le domandò Harry preoccupato, e ad Hellen sembrò di rivivere la scena del giorno prima.
La ragazza annuì, sorridendo imbarazzata. «S-Si, sto bene. Ho qualche problema alle ginocchia. – Harry rise appena. – E si, mi farebbe piacere sentirci.»
Ad Harry si illuminarono gli occhi, e sorrise lasciando intravedere sulle sua guance le adorabili fossette. Poi, quasi come se per un attimo esitasse, si avvicinò alla guancia di Hellen, schioccandole un lento bacio sulla guancia. Hell per poco non sgranò gli occhi, ed il cuore prese a battere più veloce.
«Ciao Hell.» la salutò per la seconda volta Harry, stavolta incamminandosi definitivamente verso casa.
Hellen sussurrò un flebile “ciao”, rigirandosi quel fogliettino tra le mani. Era novembre e pioveva, eppure sentiva una vampata di calore invaderle il corpo ed il volto. Posò le dita sulla guancia, sul punto in cui Harry aveva poggiato le sue labbra, e sorrise come non mai. Poi, quasi cacciando urletti di felicità, aprì con foga la porta ed iniziò a salire velocemente le scale di casa, entrando in camera e buttandosi sul letto, iniziando a contemplare il soffitto e dando il via ai suoi soliti film mentali.
Quel giorno, Hellen lo chiamò “Il giorno in cui iniziarono a sentirsi”.

13 novembre.
 
Ancora quel suono assordante. Hellen si rigirò per l’ennesima volta nel letto, aprendo lentamente gli occhi e sbirciando la sveglia sul comodino: le dieci.
Chi, alle dieci alle dieci di sabato mattina, poteva venirla a disturbare? In più Vivienne era a lavoro, per cui era palese che dovesse alzarsi e scendere a vedere chi fosse alla porta.
Stiracchiandosi lentamente e stropicciandosi gli occhi, Hellen si alzò dal letto, scoprendo le gambe nude e mettendo i piedi sulla moquette. Nonostante fosse novembre, Hellen amava dormire con solo un paio di pantaloncini corti e una canottiera. Si sentiva più libera.
Il freddo della mattina però le fece venire la pelle d’oca, e dirigendosi verso l’armadio prese un maglione azzurro, largo e caldo, che le arrivava fino a metà coscia. Era di suo padre, e lei ci prendeva gusto a rubargli i maglioni dalla sua stanza, soprattutto quando era in viaggio per lavoro e non poteva protestare.
Trascinò le gambe nude lungo le scale, e una volta arrivata all’ingresso si diede una veloce sistemata alla coda, raccogliendo i ciuffi più corti dietro all’orecchio. Si guardò allo specchio, passandosi una mano sul volto e sbuffando. Era abbastanza presentabile.
Aprì la porta e strizzò gli occhi quando la luce del mattino le illuminò il volto. Quando li aprì meglio, per poco non si sentì morire.
«Harry? – domandò sorpresa. – Che ci fai qui?»
Il ragazzo sorrise. «Sono venuto a portarti questi. – le alzò davanti al volto una busta di Starbucks che prometteva bene. – Spero tu non abbia già fatto colazione.»
«Oh, no. Grazie per il pensiero. Vieni.»
Hellen si spostò, per dare modo ad Harry di entrare. Questo le sorrise, pulendosi i piedi sul tappetino e lasciando ad Hell il modo di chiudere la porta.
La casa della mora non era niente male, era molto simile alla sua.
Harry si girò ad osservare Hellen, e non potè fare a meno di soffermarsi sulle gambe lattee e spoglie, perfettamente proporzionate al suo fisico. Fece salire lo sguardo sul maglione che le copriva per metà il corpo, e poi ai capelli disordinati e raccolti in una coda frettolosa. Non poté fare a meno di pensare che anche così fosse davvero bella.
«Harry se mi guardi così mi metti in imbarazzo.» disse la ragazza, cercando di abbassarsi il maglione almeno fin sotto le ginocchia, con scarsi risultati.
Il ragazzo sembrò riscuotersi dal momento di trance. «Oh scusami, non volevo. E’ che… Ti ho svegliata?»
Hellen si sistemò meglio la coda. «No figurati, ero già sveglia.»
Harry alzò un sopracciglio, guardandola divertita. Hellen sbuffò ed alzò gli occhi al cielo, passandosi una mano dietro la nuca. «Va bene, forse stavo ancora dormendo.»
Entrambi risero, ed Hellen portò Harry in cucina. La ragazza prese un enorme vassoio bianco ed Harry ci versò sopra una montagna di cornetti. Hellen sbarrò gli occhi, constatando di poter sfamare un intero esercito.
«Harry ma quanti ne hai presi?» chiese divertita, afferrandone uno alla marmellata.
Harry rise, sedendosi insieme ad Hell. «Non sapevo quale preferissi, per cui ne ho preso uno per ogni gusto.»
Hellen inghiottì il primo morso di quel cornetto. Quanto era buono. «Grazie, non dovevi.»
«Figurati, Hell. – le sorrise, ed Hellen constatò che il suo nome detto da lui era bellissimo. – Tua madre è in casa?»
La ragazza si pulì gli angoli della bocca con il tovagliolo. «No, è al lavoro, perché?»
Harry si ravvivò i riccioli, sorridendo. Hellen notò che portava una camicia blu, perfettamente aderente al suo corpo scolpito. Basta, era ufficiale: le camice erano fatte per essere indossate da lui.
Distolse lo sguardo dal suo petto, concentrandosi sull’ultimo pezzo di cornetto da mangiare.
«Perché volevo chiederti se ti andava di fare un giro con me per Hyde Park.»
Hellen sorrise raggiante, alzandosi dalla sedia con troppa foga. «Certo! Dammi dieci minuti e sono pronta.»
«Va bene, ti aspetto qui.» rispose Harry, osservando la figura di Hellen salire frettolosamente le scale. Sorrise senza nemmeno accorgersene, continuando a fissare le scale. Scosse la testa sospirando, sentendo una strana sensazione alla bocca dello stomaco.
 
Hellen nel frattempo si era già rinchiusa in bagno, perfettamente vestita: un jeans chiaro, con delle converse rosse ed una maglietta a maniche lunghe bianca.
Si sciolse la coda, riavvivandosi i capelli lunghi e bruni a testa in giù, e una volta osservatasi allo specchio decise di lasciarli al naturale. Si passò l’acqua sul viso ed un lieve tocco di mascara sulle ciglia, per poi essere finalmente pronta.
Decise di non prendere la borsa, per cui afferrò il cellulare mandando un messaggio a Vivienne, dicendole che era uscita con Melanie.
Ripose il cellulare in tasca e scese frettolosamente le scale, trovando Harry già con il cappotto indosso che l’attendeva all’ingresso.
Hellen diede una veloce carezza a Mr Fluffy, prima di raggiungere Harry all’ingresso ed iniziare ad infilarsi il cappotto.
Harry guardò ogni azione di Hellen quasi rapito: quei movimenti impacciati c’era qualcosa di estremamente dolce e attraente. Il modo in cui si infilava il cappotto e il modo in cui si attorcigliava di corsa la sciarpa intorno al collo, non curandosi di alcuni capelli fuori posto, la rendevano divertente e curiosa. Divertente, curiosa, e bella.
Hellen, non appena ebbe finito, alzò lo sguardo ed incrociò quello di Harry, che sorrise mostrando le sue amabili fossette.
Il ragazzo aprì la porta di casa, lasciando passare Hellen ed aspettando che la richiudesse a chiave. Una volta chiusa, i due si incamminarono verso Hyde Park, che fortunatamente distava solo dieci minuti da lì.
«Raccontami un po’ di te.» se ne uscì Harry, interrompendo quel silenzio che si era venuto a formare. Hell fece spallucce, scuotendo la testa.
«Non c’è molto da dire su di me, in realtà. – sospirò. – Il mio colore preferito è l’arancione, abito a Londra da sei anni, mio padre è in viaggio per lavoro in Germania e mia madre è infermiera in un ospedale non molto lontano da qui, sono figlia unica. E tu invece?»
Harry rise, portandosi le mani nella tasca dei jeans. «Il mio colore preferito è il verde, abito a Londra da pochi mesi, mi sono trasferito qui per l’università, vengo dal Cheshire. – rivolse uno sguardo ad Hell, sorridendole ed accostandosi di più a lei. – I miei sono separati ed ho una sorella più grande.»
Hellen si strinse nel cappotto. «Mi dispiace.»
«Oh, è acqua passata. - le sorrise rassicurandola. – Ed invece, per quanto riguarda i ragazzi? C’è qualcuno che ti piace?»
Hellen si trovò in imbarazzo, ed infatti arrossì visibilmente. Si passò una mano tra i capelli, grattandosi la nuca. Avrebbe voluto dirgli la verità, dirgli che era completamente persa di lui. Ma probabilmente sarebbe stato un passo falso, e avrebbe rischiato di rovinare tutto.
«N-No… Direi, direi di no. – balbettò, cercando di nascondere il viso nella sciarpa. – E a te piace qualcuna?»
«Bè… - si strinse nelle spalle. – Più o meno.»
Hell sentì il cuore fare crack e rompersi in mille pezzi. Deglutì a fatica, sentendo gli occhi pizzicare, ma trattenne l’istinto di piangere. Infondo doveva aspettarlo, era come pensava sin dall’inizio. Melanie stavolta aveva torto. Hellen tenne lo sguardo basso, guardandosi le scarpe. Non avrebbe avuto il coraggio di guardarlo negli occhi.
«Capisco. E lei lo sa?» chiese, ingannando il suono della voce per via di un leggero tremolio, che ad Harry non sfuggì. Di fatto la guardò preoccupato, ma non ci diede troppa importanza.
«No, non credo. Non so nemmeno se ricambia.»
«Allora è una ragazza stupida.» si lasciò sfuggire un suo pensiero, che disse con un tono di voce tra l’infastidito e il nervoso.
Harry si arrestò improvvisamente, prendendo una mano di Hell e facendola girare verso di lui. Continuava a tenere la testa bassa, per cui le mise delicatamente due dita sotto il mento e glielo alzò. Notò gli occhi color nocciola lievemente arrossati, e la fronte di Hellen leggermente aggrottata.
«Cos’hai?» chiese Harry, perforandola con lo sguardo. Hellen lo guardò intensamente, pensando per un attimo di dirgli la verità. Di dirgli che era terribilmente gelosa di quella ragazza, per dirgli che vorrebbe esserci lei al suo posto, per dirgli che la stava facendo impazzire da più di due mesi.
«E’ il freddo. – si limitò a mentire. – Forse avrei dovuto mettere il cappello.»
Harry le fece un mezzo sorriso, non del tutto convinto. Hellen aveva cambiato umore, da un momento all’altro, ma avrebbe fatto di tutto per farla ritornare a sorridere. Dopotutto Harry pensava che avesse il sorriso più bello.
Senza pensarci due volte, con un po’ di insicurezza, fece passare un suo braccio intorno alle spalle di Hellen e la strinse a sé. La ragazza dapprima fu scossa, poi avvolse le sue braccia esili attorno alla vita di lui e si strinse ancora più forte, chiudendo gli occhi ed inspirando l’odore di Harry, che le annebbiò completamente la mente.
«Va meglio adesso?» chiese il riccio, sorridendo.
«Decisamente.»
 
 
 
 
Hyde Park in quel mese dell’anno era ancora più bello. Le foglie marroni e gialle adagiate sul prato verde e bagnato dalla brina creavano uno scenario che Hellen assolutamente amava.
Passeggiava da qualche minuto con Harry, che continuava a tenerle il braccio intorno alle spalle e lei continuava a cingergli la vita con il suo. Forse, per quella poca gente che passava per Hyde Park, sarebbero sembrati due fidanzati: ma in realtà non era così, ed Hellen non poté fare a meno che sospirare a quel pensiero.
Harry la guardò, storcendo la bocca ed odiando il fatto di vedere Hellen imbronciata. Avrebbe fatto di tutto pur di farla sorridere almeno un secondo.
«Hyde Park è stupendo in questo mese dell’anno, vero?» domandò Harry, cercando di iniziare un discorso diverso.
Hellen annuì distratta. «Sì. L’inverno è definitivamente la mia stagione preferita.»
Harry aggrottò la fronte. «Io odio il freddo, preferisco l’estate.»
«Io e te siamo abbastanza differenti.» ridacchiò Hell, guardandolo.
Harry scosse la testa sorridente. «Forse appunto perché siamo entrambi differenti, dopotutto, siamo simili.»
Hellen sembrò pensare alle parole appena dette da Harry, e si trattenne dal ridere.
«Quello che hai appena detto non ha alcun senso.»
Il ragazzo si staccò da lei, guardandola chiudendo gli occhi in due fessure. Fece finta di essere offeso, mentre Hellen si portò una mano alla bocca per evitare di ridere.
Harry ci pensò su, dopodiché, con un ghignò sulle labbra, si abbassò sul prato e fece un mucchio di fogliame, alzandosi poi di scatto e ricoprendo Hellen di foglie, dalla testa ai piedi.
La ragazza spalancò la bocca e chiuse gli occhi, sentendosi le foglie umide intrufolarsi anche dentro al cappotto e rabbrividì.
«Tu non lo hai fatto veramente.» commentò seria, mantenendo gli occhi chiusi, cercando di autoconvincersi di non essere realmente ricoperta di foglie.
«Oh, si che l’ho fatto.» rispose Harry divertito, indietreggiando di qualche passo.
«Harry. – lo chiamò la ragazza, aprendo gli occhi. – Corri.»
Il ragazzo indietreggiò ancora un po’, e non appena vide Hellen iniziare a rincorrerlo, scattò all’indietro iniziando a scappare da lei.
Si rincorsero per tutto il perimetro del parco, ridendo e prendendosi amichevolmente in giro. Harry correva veloce, ma Hellen reggeva il passo, nonostante avesse le gambe più corte delle sue.
«Harry questa me la paghi! – urlò a tono divertito Hell. – Fermati!»
Il ragazzo obbedì, fermandosi all’improvviso e voltandosi verso di Hellen. Lei, avendo i riflessi di un bradipo, non riuscì a fermarsi in tempo e gli finì completamente addosso, cadendo entrambi come sacchi di patate.
Hellen aveva gli occhi chiusi, per paura di essersi fratturata qualche parte del corpo, ma appena li riaprì lentamente notò di essere atterrata sopra qualcosa, o meglio, qualcuno.
Alzò la testa dal petto di Harry, scontrandosi con il suo viso, che già la stava fissando. Harry infatti aveva le mani strette ai fianchi di Hell, e la teneva contro il suo corpo, per paura di lasciarla cadere e farle del male. La scrutava in tutta la sua bellezza: i capelli arruffati, le guance arrossate, il respiro irregolare e quelle leggere nuvolette di condensa che si formavano quando espirava.
Hellen deglutì, perdendosi per la prima volta in quegli occhi verde prato: si guardarono come non mai, perforandosi a vicenda con lo sguardo. Gli occhi di Hellen erano due pozzi profondi, mentre quelli di Harry erano chiari e trasparenti. Si, erano differenti, ma terribilmente uguali. Hellen si ritrovò a pensare alla stessa frase di Harry che qualche minuto fa, secondo lei, non aveva senso.
I battiti del cuore della ragazza presero il sopravvento, ed Harry questo lo sentì, avendo entrambi i petti combaciati.
Harry fece salire una sua mano dai fianchi di Hell fino al suo viso, scostandole una ciocca che le ricadeva sulla fronte. Le accarezzò con il polpastrello i lineamenti della mascella con una dolcezza e una lentezza unica, fino a risalire poi all’altezza dell’orecchio: le tolse una foglia che le era rimasta incastrata nei capelli e la guardò. Non si era mai sentito così bene con qualcuna, ed il fatto che avesse conosciuto Hellen senza preavviso gli faceva venire ancora più voglia di andare fino in fondo. Hellen era naturale, era sé stessa, era bellissima, perfetta, per lui.
Hellen intanto sentiva la testa girare, non riusciva quasi più a pensare lucidamente, e appena vide il volto di Harry farsi sempre più vicino, quasi non smise di respirare. Punto le labbra del ragazzo, che si facevano nel frattempo sempre più vicine alle sue: erano rosse e sembravano morbide, Hellen bramava per poterle toccare con le sue, mentre Harry era completamente attratto dalle sue rosee e non troppo carnose.
Le distanze erano quasi nulle, Harry teneva la mano sinistra sul fianco di lei e la mano destra sulla guancia soffice. Hellen aveva le mani sul petto di Harry, e le loro gambe incrociate sembravano combaciare come pezzi di puzzle. Era tutto perfetto.
«Palla!»
Improvvisamente una palla rimbalzò vicino a loro e li superò, distruggendo quasi quel legame chimico che avevano formato i loro occhi. Hellen ed Harry si distanziarono, lei scese dal suo corpo e si sedette per terra, sistemandosi meglio la sciarpa. Harry restò un attimo intontito, finché poi non si alzò e andò a recuperare la palla, lanciandola frustrato al ragazzo che la reclamava.
Si mise davanti ad Hellen, allungandole una mano che lei afferrò prontamente. La fece alzare, e aspettò che si pulisse gli abiti.
Ci fu un silenzio imbarazzante fra i due: Harry si torturava le tasche del cappotto, mentre Hellen se la prendeva con un ciuffo che le era ricaduto davanti al volto, finché poi non se lo mise dietro l’orecchio.
«Io… Credo sia ora di andare.» sussurrò Hell, incamminandosi verso l’uscita.
«Si, lo credo anch’io.» Harry l’affiancò ed insieme percorsero nuovamente Hyde Park, uscendo e andando verso casa.
Il tragitto stavolta fu silenzioso per entrambi. Harry teneva nervosamente le mani in tasca, e guardava di tanto in tanto Hellen, che invece teneva la testa bassa fissando continuamente le scarpe.
Forse Harry aveva sbagliato ad andarci così veloce?  Forse doveva aspettare? Probabilmente, se Hellen sapesse che la ragazza di cui si era preso una cotta portava il suo nome, tutto sarebbe stato diverso. Ma non voleva rovinare il loro rapporto. Se Hellen non ricambiasse?
«Siamo arrivati.» avvertì Harry, una volta davanti casa Grey.
Hellen alzò finalmente la testa, fissando la porta rossa dell’abitazione. «Già.»
Harry prese un respiro profondo, deciso a parlare.
«Hell mi dispiace per quello che è successo al parco, prima. Non dovevo.»
«Non preoccuparti, è tutto ok.» si affrettò a rispondere Hell, sorridendo appena.
Harry ricambiò il sorriso un po’ titubante, continuando a tenere le mani salde nelle tasche. Hellen ci pensò un po’, poi si buttò tra le sue braccia, circondandogli i fianchi con le braccia esili.
Harry non si era aspettato quel gesto, di fatto ci mise un po’ a ricambiare, ma non appena capì la situazione si affrettò a circondarle le spalle con un braccio e con l’altro ad appoggiarle la testa sul suo petto. Intrufolò le dita nei capelli di Hellen e poggiò la bocca sulla sua tempia, odorando il profumo di cioccolato che emanavano i suoi capelli. Ed avendoli anche dello stesso colore del cioccolato, era tutto perfetto.
Hellen chiuse gli occhi, ascoltando il battito cardiaco di Harry, che piano piano diventava sempre più veloce, e ad Hellen questo fece sorridere.
«Grazie per la bellissima giornata che mi hai fatto passare.» lo ringraziò, come sempre. Anche se per Hell non era abbastanza: un grazie non era abbastanza per farla sentire così speciale senza fare realmente niente.
Harry sorrise con le labbra premute sulla sua fronte, e dopo alcuni secondi passati a godersi quel momento, a malincuore di staccarono l’uno dal corpo dell’altra.
Il ragazzo la salutò con un cenno di capo, e fece per girarsi, ma la mano piccola e fredda di Hellen stretta alla sua lo fece girare nuovamente, facendolo scontrare con quegli occhi color nocciola.
Hellen sorrise, per poi dargli un veloce bacio sulla guancia. Non appena si staccò, Harry divenne leggermente rosso in viso, e questo fece ridere la ragazza. Si sorrisero a vicenda, dopodiché le loro mani si staccarono, ed Hell lasciò incamminare Harry verso casa.
La ragazza rimase sullo stipite della porta ancora un po’ di tempo, osservando Harry girare la curva e sparire. Hellen non faceva altro che pensare a quanto fossero morbide le guance di Harry, e bramava per poter toccare anche le sue labbra.
Entrò dentro casa, chiudendosi la porta alle spalle e lasciandosi cadere pesantemente a terra. Iniziò a sorridere, a ridere, a scuotere la testa. Le sembrava tutto finto, eppure era la realtà: lei ed Harry si erano quasi baciati.
Ad interrompere i suoi pensieri fu la vibrazione del suo cellulare. Aggrottando la fronte lo prese dalla tasca e lesse il nome sul display, e per poco il suo cuore non perse un battito. Aprì il messaggio e lo lesse, sorridendo come non mai.
 
Sbaglio o domani la piccola Hellen compie diciassette anni? – Harry Xx
 
Hellen si affrettò a rispondere, digitando i tasti con le mani che le tremavano. Aveva ricordato la data del suo compleanno, nonostante glielo avesse detto solo una volta. E pensare che anche lei se lo era dimenticato.
 
Non sbagli! – Hell xx
 
Lo inviò e si ripassò il cellulare tra le mani, più volte. Diede un veloce sguardo all’orario, che segnava mezzogiorno e venti. Quella mattina era volata con Harry.
La risposta non tardò ad arrivare, ed Hellen ebbe fretta di leggere cosa diceva quel messaggio.
 
Perfetto allora. Ci si vede domani Hell. – Hazza Xx
 
Ad Hellen scappò un ghigno divertito, leggendo lo strano nome con cui si era firmato. Decise che lo avrebbe chiamato così l’indomani, perché le sembrava una cosa divertente.
Andò in camera sua, fantasticando su cosa fosse successo il giorno seguente. Era curiosa di sapere se Harry si fosse davvero ricordato del suo compleanno. Nel frattempo, inviò un messaggio chilometrico a Melanie, raccontando della fantastica giornata avuta.
Hellen rimase tutto il pomeriggio a parlare con Melanie al telefono, raccontando tutto in ogni minimo dettaglio ed immaginando cosa sarebbe accaduto il giorno dopo, finché dopo cena, esausta, non si accasciò sul letto e cadde tra le braccia di Morfeo che, per lei, rimanevano sempre di Harry.
 
14 novembre.
 
«Tanti auguri a te, tanti auguri a te! Tanti auguri ad Hellen, tanti auguri a te!»
Hell si stropicciò appena gli occhi, per mettere a fuoco l’immagine che aveva davanti: riconobbe i volti di sua mamma e di Melanie, che le sorridevano mentre intonavano quella canzoncina che Hellen non sopportava.
Istintivamente sorrise, alzandosi e mettendosi seduta sul letto e ricevendo sulle gambe un piatto stracolmo di pancakes, con diciassette candeline su incastrate su di essi.
«Avanti, soffia ed esprimi un desiderio!» la incitò Melanie, sorridente. Era venuta a casa di Hellen la mattina presto, mentre lei dormiva, per aiutare Vivienne a preparare i pancakes. Era così tutti gli anni.
Hellen non ci pensò molto, e appena trovò il desiderio da esprimere, chiuse gli occhi e spense le diciassette candeline. Vivienne e Melanie batterono le mani e corsero ad abbracciare Hellen, che ricambiò sorridendo.
«Ti stai facendo grande, Hell.» constatò Melanie, sedendosi accanto alla migliore amica. Hell scosse la testa, dandole un buffetto sul braccio.
«Mel ha ragione. – disse commossa Vivienne. – Diventi sempre più grande e bella, Helly.»
Melanie sorrise, mentre Hell si passò una mano tra i capelli, imbarazzata per quel nomignolo con il quale si ostinava a chiamarla. «Mamma…»
«Uh, quasi dimenticavo! – Vivienne sbatté una mano sulla fronte. – C’è papà in linea al telefono, te lo porto subito.» dopodiché uscì dalla camera, lasciando sole Hellen e Melanie.
Le due iniziarono a staccare pezzetti di pancakes e a mangiarli, in assoluto silenzio. Melanie la guardava di nascosto, aspettando quello che voleva sentirsi dire da Hell, ma in realtà questa aveva il capo chino e continuava a mangiare i pancakes, quasi persa nei suoi pensieri.
Esasperata, alzò gli occhi al cielo. «Avanti Hellen, so che sei agitata!»
Hell sembrò riscuotersi dallo stato di trance, e guardò incuriosita l’amica. Melanie posò il pezzo di pancake sul piatto e la guardò seria.
«So che stai pensando ad Harry e so che sei agitata. Allora, che aspetti a confidarti?»
Hellen rise, osservando l’espressione buffa dell’amica. Poi però, effettivamente, si accorse di essere agitata ed improvvisamente le si chiuse lo stomaco.
«Bè, si, sono agitatissima. – confessò, passandosi una mano sul volto. – Ho voglia di vederlo.»
Melanie sorrise intenerita. «Lo sapevo. – affermò seria. – Vedrai che fra qualche minuto sarete solo tu e lui, lui e te… Capisci? Magari te lo fa lui un bel regalo di compleanno…» Melanie le fece l’occhiolino ammiccando e dandole delle lievi gomitate.
Hellen sbarrò gli occhi, spingendo l’amica. «Melanie!» la rimproverò, per poi scoppiare a ridere seguita a ruota dalla rossa.
Vivienne fece di nuovo irruzione in camera, stavolta con un telefono in mano. Hellen si alzò immediatamente dal letto e lo prese tra le mani, portandoselo all’orecchio. Nel frattempo Melanie le aveva detto che l’aspettava di sotto, ed Hell aveva annuito.
«Pronto, bambolina?» la voce di Joseph Grey invase le orecchie di Melanie, facendola sorridere. Quanto le mancava quella voce, e quel nomignolo. A differenza delle altre ragazze, Hellen amava quando il padre la chiamava in quei modi.
«Papà!» quasi non urlò.
«Tanti auguri bambolina! – disse in tono allegro. – Oggi sono diciassette, eh?»
Hellen sorrise, sedendosi sul letto. «Diciassette precisi!»
Joseph ridacchiò. «Scommetto ti sei fatta ancora più bella.»
«Nah, sono sempre la solita Hell di qualche mese fa. – sorrise, per poi incupirsi d’un tratto. – Mi manchi papà.»
Anche la voce di Joseph cambiò tono. «Anche tu piccola, tanto. Ma ancora un mese, poi me ne andrò via da questa fredda Germania e ritornerò lì in Inghilterra.»
Hell si sistemò un ciuffo dietro l’orecchio. «Io, mamma e Mr Fluffy ti aspettiamo a braccia aperte.»
«Ed io non vedo l’ora di abbracciarvi. – Joseph sorrise. – Tesoro devo andare, richiamerò stasera, va bene? Ti voglio bene.»
«Ok papà, te ne voglio anche io.»
Hellen attaccò, posando il cellulare sul letto. Le aveva fatto bene sentire la voce del padre, era da giorni che non lo faceva, e le mancava terribilmente.
Decise di non rovinarsi la giornata a pensare a quando avrebbe potuto riabbracciare il papà, così si alzò dal letto ed iniziò a spogliarsi, infilandosi l’intimo e aprendo l’armadio. Optò per un paio di leggins neri, un maglione beige e degli Ugg dello stesso colore. Iniziò a vestirsi con fretta ed in meno di tre minuti fu pronta: andò in bagno, sciacquandosi il viso e raccogliendo i capelli in una coda alta. Si passò il solito filo di mascara e ritornò in camera per prendere la borsa e i libri.
Scese le scale in fretta, con il cuore che minacciava di scoppiarli da un momento all’altro. Desiderava vederlo al più presto.
«Io sono pronta.» avvertì, dando un bacio alla mamma e prendendo per mano Melanie, uscendo di casa ed incamminarsi verso scuola. Stranamente, quel giorno faceva abbastanza caldo. Ogni passo corrispondeva ad un acceleramento del cuore.
«Dove vi incontrate solitamente?» chiese Melanie, sistemandosi meglio lo zaino sulle spalle.
Hellen sospirò. «Mi fermo davanti casa sua e lo aspetto.»
Melanie annuì sorridendole, ed Hell ricambiò un po’ titubante.
Percorse quei pochi metri di strada che separavano le loro case, e una volta davanti a quella di Harry, si fermò.
Le due ragazze si guardarono in faccia, per poi poggiare la schiena contro il palo e attendere.
Un minuto, due minuti, tre minuti, cinque minuti, dieci minuti: di Harry non ce n’era traccia.
Hellen abbassò la testa, e Melanie le cinse le spalle, sfregando dolcemente contro il braccio. Si scostarono entrambe, proseguendo per la strada che portava alla London High School.
Hellen tenne la testa bassa per tutto il tragitto e le braccia incrociate al petto. Stava cercando di non piangere, non il giorno del suo compleanno.
«Forse ha avuto un contrattempo…» Melanie cercò di trovare una giustificazione plausibile, per far sentire meglio Hellen.
Quest’ultima scosse la testa. «Forse non gli importava.»
«Hellen…» Melanie l’abbracciò, per poi dirigersi verso il cancello della scuola, l’una affianco all’altra.
Melanie si guardava in giro, scorgendo le teste degli studenti fuori scuola, finché ne intravide una che lei conosceva, e si fermò di colpo, sbarrando gli occhi.
Hellen continuò a camminare per qualche metro, finché accorgendosi dell’assenza dell’amica, non si voltò.
«Melanie? – la richiamò, aggrottando la fronte. – Che fai lì impalata?» Hellen la raggiunse, fissando l’espressione di Melanie, più che sorpresa.
L’amica incominciò a strattonare il braccio di Hellen, continuando a fissare quel punto. Hell non capì, finché Melanie non le prese il mento con una mano e le fece girare il volto nella direzione in cui stava guardando: Hellen schiuse la bocca, sentendo i battiti del cuore accelerare e la mente annebbiarsi. Una curva sulle sue labbra iniziò piano piano a formarsi.
Harry se ne stava dall’altra parte del marciapiede, con le spalle poggiate alla portiera di una Ranger Rover nera, che fissava Hellen sorridente. Si tolse i rayban e li attaccò al colletto della maglia, per poi attraversare e raggiungere Hellen. Allargò le braccia, illuminando gli occhi della ragazza.
«Tanti auguri Hell!»
Hellen prese la rincorsa e si catapultò tra le braccia di Harry, affondando la testa dell’incavo del suo collo. Il ragazzo la strinse a sé, inalando il solito profumo di cioccolato che tanto lo faceva impazzire.
«Pensavo ti fossi dimenticato…» ammise Hell, passandosi una mano tra i capelli e staccandosi dal suo corpo.
«Come potrei mai? – sorrise. – In verità lo sto progettando da ieri.»
Hellen sentì le farfalle nello stomaco e sorrise ancora di più finché una tosse alle sue spalle la fece girare: Melanie li guardava, aspettando che Hellen si accorgesse di lei.
«Oh, giusto. – si ricordò Hell. – Lei è Melanie, la… la mia migliore amica.» balbettò appena, prendendo per mani Melanie ed avvicinandola.
Harry le sorrise, porgendole la mano, che Melanie strinse completamente incantata. Hellen ridacchiò, divertita dall’espressione dell’amica.
«Bè è stato un piacere conoscerti, Harry. – disse, per poi guardare Hell. – Io vi lascio da soli, sono di troppo.»
Dopo aver messo in imbarazzo entrambi i ragazzi, Melanie si avviò dentro scuola, aspettando la fine della giornata così che Hellen potesse chiamarla e raccontarle tutto.
Hellen ed Harry erano rimasti fuori scuola, mentre la campana era suonata, ma Hell non accennava a muoversi.
Il ragazzo si ravvivò i ricci, sorridendole poi. «Volevo farti una sorpresa.»
«In effetti mi hai sorpreso molto a venire con un macchinone del genere.» ridacchiò Hell, ammiccando all’enorme macchina dietro ad Harry.
Quest’ultimo rise. «No Hell, la sorpresa non è la macchina.»
La ragazza aggrottò la fronte. «E quale sarebbe?»
Harry le prese una mano, avvicinando i loro visi. Improvvisamente il respiro caldo di Harry si mescolò con quello di Hellen. «Vieni con me.»
Hellen non poté resistere a quel sussurro e a quella melodia della sua voce, per cui si lasciò stringere di più la mano ed entrò nella macchina di Harry.
Allacciarono le cinture, ed Harry mise in moto l’auto.
Dopo alcuni minuti di silenzio, Hellen decise di parlare.
«Dove mi stai portando?»
«Se te lo dico non è più una sorpresa. – disse Harry, mantenendo lo sguardo sulla strada. – Ancora pochi minuti e lo saprai.»
Hellen sbuffò sorridendo e scuotendo la testa, perdendosi a fissare fuori dal finestrino e a fantasticare su dove l’avrebbe portata Harry.
Dopo qualche minuto, finalmente, Harry accostò l’auto e scese, aggirandola e andando davanti la portiera di Hellen, aprendola e lasciandola scendere.
«Che gentiluomo.» ironizzò Hellen scendendo, facendo ridere Harry.
La prese per mano ed insieme percorsero un sentiero di alberi che ad Hellen pareva già di aver visto. Solo quando vide un enorme ruota innalzarsi davanti a lei, il cuore le iniziò a battere fortissimo. Non era mai stata al London Eye, se non con Google Maps.
Harry si girò a guardarla, ed osservò gli occhi illuminati di Hell contemplare la gigantesca ruota, e la bocca schiusa. Il ragazzo sorrise soddisfatto, continuando a camminare verso l’entrata.
Non c’era nessuno, se non loro due. Harry si fermò davanti ad una delle capsule aperte del London Eye, e guardò Hell.
«Ti piace?» chiese speranzoso Harry.
Hellen abbassò la testa per poterlo guardare negli occhi. «Se mi piace? Dio, Harry, è stupendo! Grazie!»
Allacciò le braccia al collo del ragazzo che la strinse di più a sé.
«E questa è solo una parte, vieni.»
La fece entrare in una di quelle grandi capsule e si chiuse la porta alle spalle. Dopo qualche secondo, la ruota iniziò a girare, regalando ad Hellen ed Harry l’intera visuale del Tamigi.
Hellen non riusciva a credere ai suoi occhi, era la cosa più bella che avesse mai visto.
Sentì delle braccia cingerle i fianchi, e si girò di poco per poter scorgere la testa di Harry posata sulla sua spalla. La ruota si arrestò, regalando ai due ragazzi una visuale migliore.
«Harry io… Io non so cosa dire. E’ fantastico tutto questo, nessuno lo aveva fatto prima d’ora.»
Harry rise. «Bè, quale persona sana di mente affitterebbe l’intero London Eye per una sorpresa ci compleanno?»
Hellen sbarrò gli occhi, scostandosi appena dalla presa di Harry per poterlo guardare in faccia. Per poco il suo cuore non si bloccò.
«Tu… Tu cosa?» chiese Hellen, mista tra il sorpreso e il sentirsi in colpa. Non voleva che Harry spendesse tanti soldi per lei.
Il ragazzo la guardò divertito. «Credevi davvero che fosse vuoto perché a nessuno andava di venirci? O forse perché l’ho affittato solo per noi due?»
Hellen balbettò qualcosa di incomprensibile, ma non le venne niente in mente, se non un enorme grazie. Si buttò tra le braccia di Harry, ed entrambi si strinsero forti. Restarono così per minuti interi, beandosi l’uno del profumo dell’altra, finché Harry non decise di completare la sorpresa.
«Hellen, devo dirti una cosa. – iniziò, scostando leggermente la testa della ragazza dal suo petto. Ad Hell iniziò a battere forte il cuore, di solito quando un discorso iniziava così, non era mai bello. – Io, non so come dire… Io sto bene con te, Hell. Sto molto bene, ad essere onesto. E, vedi… - Harry abbassò la testa, sorridendo. – Con te riesco ad essere me stesso. Niente finzioni, niente maschere, solo Harry. E’ stato un caso quello che ci ha fatto incontrare, anche se lo sappiamo entrambi che non è così. – Hellen arrossì visibilmente, mentre Harry le scansò una ciocca dal volto, sorridendole. – Mi ricordo di te, sai? Due mesi fa, quando ti vidi su quella panchina insieme a Melanie, quando mi hai guardato ed io ho distolto subito lo sguardo, sentendo un brividio dietro la schiena. Pensi non ti abbia notata? Dio, sei stata il mio tormento per mesi. Finché poi non ti vidi sul marciapiede opposto, mentre ogni tanto mi osservavi senza farti vedere. – Il cuore di Hellen minacciava di esplodere e poi disintegrarsi, sentiva gli pterodattili nello stomaco. Harry scosse la testa, sorridendo. – Hellen, credo di essermi innamorato di te.»
Hellen aveva ascoltato quelle parole, le aveva memorizzate, le aveva custodite. Stava combattendo contro il suo cuore e stava tentando di tenere la mente lucida, mentre gli occhi smeraldini di Harry la scrutavano. Per Harry lei era perfetta, per Hellen lui era tutto ciò che aveva desiderato.
Come il giorno prima, Harry cinse i fianchi di Hellen, facendo scontrare i loro petti. Hellen portò le mani intorno al collo del ragazzo, affondando una mano nei morbidi ricci. Sorridendo, Harry si avvicinò cautamente al viso di Hellen: i loro respiri si mischiarono, entrambi affannati e caldi, le loro labbra rosse aspettavano solo di toccarsi dopo un’attesa lunga e agonizzante.
Harry portò una mano sulla guancia rosea di Hellen, e con tutta la dolcezza del mondo, l’avvicinò piano al suo volto, facendo congiungere finalmente le loro labbra.
Hellen sentì davvero i fuochi d’artificio nel petto, e le ginocchia tremare. Ma Harry la strinse di più a sé, quasi sollevandola da terra ed impedendole di cadere. Le loro labbra si racchiusero le une nelle altre, iniziando a muoversi a tempo, come se fossero nate per farlo. Quasi contemporaneamente le schiusero, facendo incontrare le loro lingue che bramavano. Le loro lingue si accarezzarono, giocarono, si cercavano: il loro sapore e desiderio divenne un tutt’uno per quei pochi ma infiniti istanti.
Si staccarono da quel bacio, ansimando l’uno contro la bocca dell’altra, e guardandosi a vicenda. Nessun altro sentimento traspariva da quegli sguardi, se non l’amore.
Harry sorrise, portandole un ciuffo dietro ai capelli. La strinse di più a sé, facendo congiungere le loro fronti.
«Sono stato fortunato ad incontrarti.» disse, una volta aver ripreso fiato.
Hellen sorrise, accarezzandogli i capelli. Poi ripensò a quella mattina, e quasi credeva che tutto quello fosse un sogno.
Iniziò a ridere, scuotendo la testa. «Sai, Harry, stamattina mentre spegnevo le candeline ho espresso un desiderio. – lo fissò negli occhi, non staccando la sua fronte dalla sua. – E desideravo poter passare i prossimi giorni felicemente, con te. Tu sei il mio desiderio, il mio regalo di compleanno.»
Harry sbatté più volte le palpebre, prima di riuscire a pensare alle parole appena dette da Hellen. Sorrise incredulo, aspettando da mesi quelle poche ma bellissime parole.
Con foga, prese il viso di Hell tra le mani e lo portò al suo, unendo nuovamente le labbra nel bacio più bello e più puro che entrambi desideravano da tempo.
Il London Eye iniziò nuovamente a muoversi, portando Harry ed Hellen sempre più in cima. Il loro bacio continuò, sempre più intenso e più vero: Harry la prese in braccio, stringendola a sé e facendola girare, non staccando le sue labbra da quelle della ragazza, come due calamite che non avevano voglia di staccarsi.

 

Salve.
Ok, lol, probabilmente è la OS più lunga di tutta EFP ahah.
Chiamiamola mini-storia, va.
Allora, questa è la mia prima OS, qundi spero vi piaccia :)
Lo so che è MOLTO lunga, ma ecco il mio ragionamento:
allora, già che è una OS e quindi ha un solo capitolo è abbastanza snervante,
in più se c'è gente che la fa cortissima, che gusto c'è a leggerla?
Per cui, ho deciso di farla lunga, per farvi appassionare e comunque passare una buona mezz'ora a leggrerla.
Questa non sarà la mia prima OS, ne farò tante e di diverse su tutti i componenti dei one direction c:
AH, se vi interessa, o se non avete nulla da fare,
potete passare sul mio profilo a magari leggervi le mie due fan fiction!
una è su Harry ed è conclusa, l'altra in corso invece è su Zayn.
E boh, non so più che dire.
Magari me la lasciate una recensione a questa OS per farmi sapere se vi piace?
Dato che è la prima volta che ne scrivo una, vorrei pareri per migliorare se ho sbagliato.
Vi lascio ora, che sennò diventa chilometrico anche lo spazio autrice lol
Un bacio, Flavia.
Ps: scusate se ho fatto errori grammaticali, ma non l'ho riletta :s
Pps (?): se volete seguirmi su twitter, sono @peterpanlouis

 

  
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