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Autore: poison_pen    21/10/2012    4 recensioni
Dal primo capitolo: «Forse è giusto così, infondo.» disse ad un tratto il ragazzo verde, sorridendo tra sé. «Forse è meglio scoprirti pian piano.»
Sentì il bisogno di guardarla, mentre pronunciava quelle parole, come se volesse cogliere nuovamente quel lato umano che aveva visto settimane prima. Lei continuava inerme ad osservare l'acqua, ma il suo colorito aveva qualcosa di insolito: sembrava più roseo, all'altezza delle guance. Il suo sguardo glaciale, invece, ancora era lì.

Lei calma, riflessiva, schiva. Lui rumoroso, impulsivo, estroverso. Corvina e BB sembrano incompatibili come il ghiaccio e il fuoco, ma è davvero così?
Una storia per tutti coloro che avrebbero voluto vederli insieme. Tra litigi, incomprensioni e sguardi in cagnesco, ma anche tra tenerezze, piccole confessioni e carezze, i due Titans avranno la possibilità di scoprirsi l'un l'altro. Sapranno sfruttarla? Non sarà semplice, questo è certo.
NOTE: Ambientata durante la terza stagione; OOC inserito per prudenza; rating momentaneamente giallo, probabilmente diventerà arancione col procedere della storia.
Genere: Avventura, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Beast Boy, Raven, Un po' tutti
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Tadan! Nuovo capitolo, nuovo capitolo, nuovo capitolo!

Ok, ricomponiamoci.

Salve, gente! Vi ricordate di me? Scusate se vi ho fatto attendere tanto per questo nuovo capitolo, ma purtroppo questi sono state settimane dure. Ho iniziato l'università e, come tutte le studentesse fuori sede, la mia vita ha avuto bisogno di un forte rallentamento per riadattarmi a una nuova casa, una nuova città... COMPLETAMENTE SOLA! Ma vabbè, questi sono dettagli insignificanti. Sotto con il capitolo!

 

In questo capitolo mostro la mia attitudine alla descrizione di un combattimento, che non posso dire sia ben affinata. Nella prima parte, il punto di vista sarà di Iella, ma poi torneremo ai nostri adorabili Corvina e BB.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

~ Gli artigli del corvo #02 – Non sono cattiva ~

 

 

 

«Il mondo è diviso in buoni e cattivi.

I buoni dormono meglio la notte,

i cattivi se la spassano meglio di giorno»

Woody Allen

 

 

 

 

 

Mancavano solo due ore, prima che il sole ricomparisse ad Est, tra gli alti grattacieli di Jump City. Il firmamento era ancora nel pieno della sua oscurità, quando un grugnito inquietante si disperse tra i cantieri desolati della zona vecchia della città. Le bobine arrugginite di quell'area erano ancora funzionanti e ruotavano frenetiche, sibilando un fruscio inquietante. Quei suoni si mischiarono, bordeggiando prepotentemente gli orecchi verdi di BB, che soffocò un brivido lungo la schiena.

«E' possibile che non abbiamo mai a che fare con un ladruncolo con la maglia a strisce e la mascherina sugli occhi?»

Strinse i denti, inghiottendo tutto d'un fiato quel sapore amaro di una consapevole paura: Plasmod gli aveva sempre dato i brividi e combatterlo di notte non gli conferiva certo un aspetto migliore. Robin era accanto a lui e con una mano scacciò quella domanda ironica, intimandolo a rimanere in silenzio; poi tornò a guardare, nascosto dal buio delle casse all'ingresso, l'orrida bestia melmosa che, poco più avanti, si stava nutrendo di rifiuti tossici. Quella scena somigliava sempre più ad un film horror e il ragazzo verde fece fatica a trattenere un conato di vomito.

Orribile.

Cyborg, alla sua sinistra, aveva il cannone laser spianato contro la bestia ed attendeva scalpitante gli ordini del ragazzo-meraviglia, mentre Corvina si limitava ad osservare Plasmod, con le mani ben nascoste nel suo mantello.

«Che facciamo, Robin?» sussurrò Stella.

«Ricordatevi, non attaccatelo a viso aperto. Colpitelo velocemente alle spalle.»

Il giovane frugò nella sua cintura e tirò fuori tre dischi congelanti. Con quei congegni serrati tra le dita, si levò in piedi con fierezza.

«Titans, addosso!»

Il mostro si voltò in uno scatto fulmineo, mugugnando qualcosa di incomprensibile, ma che aveva un'aria piuttosto interrogativa. I Titans si sparpagliarono immediatamente, mentre Robin gli scagliò contro i suoi gadget; ma il ghigno intrepido che il ragazzo-meraviglia mostrava in viso, fu subito soppiantato da un verso di stupore. Non appena i dischi congelanti sfiorarono quella superficie vischiosa, la figura di Plasmod vibrò, mostrando la sua natura. La parete opposta si congelò all'istante.

«Un ologramma?» il tono di Robin era a metà tra sorpreso e scettico.

Gli altri quattro si bloccarono e si guardarono intorno circospetti.

«E' una trappola.» replicò fosco Cyborg.

«Esatto, sottospecie di scarabeo stercorario!»

Una voce, alquanto squillante, si levò tra le casse avanti a di loro.

Coso si fece avanti, spiegando le ali del suo dispositivo per volare. Lo seguirono Iella, che si esibì in una serie di acrobazie, fino ad atterrare nello stesso punto, e Mammut, il quale, non trasparendo la stessa delicatezza della ragazza, si fece strada tra le casse di legno, fracassandole.

BB fu l'unico a trarre un profondo sospiro di sollievo. «Meno male, sono solo gli High Five.» disse sollevato, ma sentendosi addosso gli sguardi accusatori degli amici, aggiunse: «Che c'è, voi preferivate riempirvi le scarpe di liquami?»

 

 

 

«Taci, scarafaggio verde!» Coso esibì un ghigno malefico. «Siamo qui per vendicarci contro il vostro misero tentativo di distruggere l'Alveare.»

«Stavolta non falliremo.» biascicò Iella, affianco a lui.

«E vi ridurremo in polvere.» aggiunse Mammut, indicandoli.

I tre si irrigidirono all'unisono, mettendosi in guardia. «Schema di attacco beta.»

 

 

 

Mammut si lanciò subito contro il calzamagliato della situazione.

Prevedibile.

L'omaccione aveva sempre nutrito una particolare predilezione per Robin. Era sempre impaziente di combattere con lui e questo aveva fatto nascere in Iella la necessità di capirne il perché. Forse suscitava in lui un senso trasverso di ammirazione – disgustoso – o forse aveva semplicemente intenzione di sconfiggerlo in astuzia, pregio per cui il ragazzo-meraviglia era ben noto. Mammut non era mai stato un genio in scaltrezza e questo i suoi amorevoli – bastardi – compagni di squadra glielo avevano sempre fatto notare. Iella, però, non aveva mai immaginato Mammut tanto sensibile da vivere un'ovvia constatazione come un complesso di inferiorità. Fino a quel momento.

Debole. Sei solo un debole.

Non la sorprendeva il fatto che l'omaccione fosse il combattente più carente tra i tre migliori studenti dell'Alveare. Fratello Blood lo aveva sopravvalutato, certo. Succedeva anche nelle migliori scuole. I raccomandati erano ovunque.

Lei invece?

Era bella, aggraziata, letale, cattiva. Cosa si poteva avere di più? Era senza dubbio lei la migliore del trio. La migliore della scuola. E catturare i Titans costituiva solo l'ennesima occasione per dimostrarlo.

Iella si sporse in avanti con uno scatto e, arrivata vicino Cyborg, si diede una spinta per balzare in aria ed eseguire una capriola volante. Nel mentre, il calore del laser col quale il robot tentò di colpirla le carezzò piacevolmente la schiena.

«Finalmente vi siete decisi a cambiare lettera. Lo schema alfa era diventato una routine.»

Sentì i suoi occhi puntati addosso, fin quando non atterrò. Scagliò immediatamente qualche calcio, talmente veloce da sembrare un fendente di spada, ma Cyborg prontamente parò i colpi con le braccia.

Roccia...

Quando ripensava a quella volta in cui stava quasi per essere fregata da un Titans, avvertiva istantaneamente la rabbia annebbiarle la mente. Non aveva faticato a tramutare la tenerezza che provava per Roccia nel disprezzo che provava per Cyborg.

«Ora sarebbe il caso di sferrare qualche colpo fatto bene, non trovi?» domandò con sussiego al robot, senza scomporre di molto il suo tono suadente.

«Spiacente, io non picchio le ragazze.»

Gemette, aumentando faticosamente la frequenza delle percosse, ma Cyborg non sembrava avere interesse a contrattaccare. Il suono delle sue braccia di latta che soccombevano ai suoi colpi si insinuò nelle sue orecchie con insistenza e, ad ogni botta, il volume sembrava quasi aumentare. All'improvviso, Iella lo calciò con entrambi i piedi, usando il suo petto per darsi una spinta ed allontanarsi di pochi centimetri.

Riprese un attimo fiato, scrutando di sbieco il suo avversario, che la ricambiò con un sorriso irriverente.

Maledetto.

Si stava prendendo gioco di lei.

Maledetto, maledetto!

E nessuno poteva prendersi gioco di lei.

Stava quasi per riprendere la sua carica di colpi, ma qualcosa attirò la sua attenzione. Sbirciò oltre le possenti spalle di Cyborg e intravide Coso scivolare flemmatico dietro di lui. Non poté fare a meno di rivolgere all'uomo bionico un ghigno trasverso e soddisfatto quando, subito dopo, udì uno stridio di ingranaggi.

«Oh, no!» fece in tempo a dire il suo avversario, prima di fluttuare a mezz'aria.

«Oh, sì. Bottone antigravità. Hasta la vista.» Coso gli fece un cenno di saluto e si voltò verso la ragazza dai capelli rosa, ma non prima di notare il ringhio liberatorio di Cyborg.

«Appena mi libero, ti tolgo le batterie, piccoletto!» lo intimò invano, ma il ragazzino lo ignorò completamente.

«Fuori uno. Ne mancano quattr... Woah!»

Un lampo verde si accese a pochi centimetri da lui, squarciando il firmamento in cui era avidamente avvolto. Si voltarono all'unisono verso la direzione opposta all'impatto: due occhi di colore simile brillavano e fissavano in cagnesco.

Era l'aliena, ovviamente.

«Tranquilla, dolcezza, ce n'è per tutti.» il ragazzino azionò il dispositivo spara-laser che aveva incorporato dietro la schiena e cercò di colpire Stella. Lei prontamente schivò i colpi uno dopo l'altro, senza troppe difficoltà, e non perse tempo a rispondere all'attacco con alcuni di quei dardi di luce verde.

Iella indietreggiò con alcune capriole in aria e, nel mentre, non si risparmiò a sprigionare la sua energia negativa, attraverso onde di luce rosa. Alcune casse di legno impattarono a terra, con gran clangore, ma nessuna di esse colpì la ragazza rossa. In compenso, Coso ne fu quasi travolto da un paio.

«Iella, iettatrice da strapazzo! Mi hai quasi ucciso.»

La solita storia: il suo piccolo compagno di squadra che, come sempre, si lamentava dei suoi metodi.

Nanerottolo, come ti permetti?

Proprio mentre stava per rispondergli per le rime, qualcosa la afferrò per le gambe. Qualcosa di oscuro ed etereo, che la gettò per un attimo in un baratro di incertezza. Per un attimo non vide più nulla, ma si rifiutò di considerare l'idea di stare per morire. Si sentì come sospesa in aria, poi le tenebre si diradarono e lei impattò su una superficie solida.

Si guardò intorno circospetta, ingerendo la saliva viscosa e una leggera, quanto consapevole, inquietudine. Un corridoio di casse di legno, disordinatamente accatastate le une sulle altre, si stanziava attorno a lei.  Era in un magazzino del tutto simile a quello in cui si trovava poco prima, ma di Coso e quella patetica alienetta zuccherosa non c'era traccia. Nelle vicinanze, però, poteva avvertire i gemiti e le urla inconfondibili di Mammut e del ragazzo-meraviglia, accompagnati da versi animali. Stavano ancora combattendo, oltre quel muro di casse. Mentre era impegnata a realizzare dove si trovava, la figura di un corvo si levò alta dinanzi lei e da esso ne uscì Corvina.

«Oh, ma guarda un po'.» Iella inclinò la testa, incuriosita. «La tenebrosa.»

La pelle diafana e le labbra sottili erano ben evidenti, anche sotto il cappuccio. Lo stesso non poteva dire delle sue iridi viola, di certo la parte più interessante che aveva.

«A proposito, non ho ancora avuto occasione di dirtelo. Dovresti cambiare look. Sei piuttosto monotona nel vestire.»

Non sembrò reagire a nessuna di quelle provocazioni. Non c'era minimamente gusto a stuzzicare una persona la cui asetticità era superata solo dalla sua odiosità.

La ragazza da capelli rosa si mosse fulminea verso di lei e, con una scivolata, le andò alle spalle; ma, prima che potesse colpirla, un campo di energia nera si frappose tra lei e Corvina.

I suoi occhi rosei guizzarono verso il gancio libero di una gru da trasporto che, con un unico gesto, fece in modo di azionarla. Per la prima volta, quella notte, intravide gli occhi viola di Corvina, mentre quest'ultima si voltava per schivare il suo colpo basso. Profittando del suo momento di distrazione, Iella la sgambettò, strappandole un gemito. Il mantello blu notte, impattando a terra, sollevò una gran quantità di polvere, ma ciò non impedì alla ragazza di piantare uno stivale sul petto della sua nemica, per poi fissarla da sopra a sotto con un ghigno di soddisfazione a pieno viso.

Dai suoi occhi non trasparì nulla che somigliasse a paura o a terrore; erano solo marcate occhiatacce.

«Credevo potessi darmi più soddisfazioni. Quasi mi annoio.»

Tornò a guardarsi intorno circospetta. Alla fine di quel corridoio c'era un impianto elettrico che, evidentemente, controllava qualche macchinario di quel magazzino. Un enorme cartello intimava a non toccarlo a mani nude. Ghignò fra sé, in preda ad un'idea che perfino Coso avrebbe trovato brillante.

«Cosa racconterò agli altri High Five? Cosa penseranno i Titans di te?»

«Non hai ancora visto niente.» sputò l'altra, con disprezzo.

Le iridi viola non c'erano più. Un'aura bianca si impossessò di loro e le mani pallide di Corvina presto sprigionarono quell'energia oscura, più volte argomento di discussione nella mensa dell'Alveare.

Ultimamente nella base si era sparsa la voce che alcuni High Five avessero assistito al racconto di uno strano tizio sulla Titan. Il suo nome era Eddy Gloss, o qualcosa del genere, barbone di quartiere, un tempo super criminale, finché Corvina, in preda a chissà quale crisi, non gli incasinò il cervello.

C'erano mormorii confusi riguardo quella presunta crisi, ma tutte concordavano con una sola conclusione: che, quella volta con Eddy Gloss, la ragazza avesse mostrato la sua vera natura.

Era cattiva, tremendamente cattiva, solo che lei voleva negarlo a sé stessa, con tutte le sue forze.

Le voci di corridoio, a Iella, non erano mai piaciute, ma doveva ammettere che a volte faticava ad immaginarsi la tenebrosa buona. Per cui, forse, quei pettegolezzi non erano del tutto falsi.

Di nuovo, quel pesante gancio di ferro tornò indietro, investendo Iella, che cadde rovinosamente a terra. Assieme a grandi quantità di polvere, inalò anche la consapevolezza di avere in mano la strategia vincente. E questo la fece ghignare di gusto, tanto che, per un attimo, ebbe paura che Corvina capisse il suo piano.

Si rialzarono all'unisono, ancora sepolte da un consistente muro di scatole di legno ed ambizione. Si studiarono con lo sguardo assorto di due gladiatori, pronte a scagliare il prossimo colpo.

«Come pretendi di battere la magia con la magia?»

«Non sai neanche il significato di magia.»

«Mi hai preso per quel maghetto insulso che se ne va in giro a rapinare banche e nasconde i soldi nel cappello? Io sono una maga, proprio come te.»

Una strega. Una malvagia strega.

«Ho solo un particolare in più.» Iella strinse i denti e tese le braccia in alto. «So fare anche a botte.»

Spiegò le labbra in un sorriso prepotente, mentre eseguiva un paio di capriole in avanti, per poi atterrare sopra Corvina. La ragazza, prevedibilmente, incrociò le braccia sopra la testa per parare il colpo, ma, subito dopo, dovette competere con la serie di pugni e calci con cui, poco prima, Iella aveva fronteggiato Cyborg.

Più volte rischiò di essere colpita in viso, ma, tutto sommato, la tenebrosa se la cavava bene con le schivate.

Perfetto.

Era solo questione di tempo, allora.

Rosa contro blu: la resa dei conti.

Bel titolo. Suonava bene.

Con grande soddisfazione, Iella vide Corvina indietreggiare, ormai oppressa da tutte quelle schivate. Passo dopo passo, il sapore della vittoria pungolò la giovane maga ad aumentare la velocità dei colpi.

Più vicino, più vicino.

I muscoli pulsavano ossessi, ma l'ambizione era più forte.

Ancora un po'.

All'improvviso arrestò il pestaggio e, prima del colpo di grazia, diede una fugace occhiata oltre le spalle di Corvina. Subito dopo, l'afferrò per il torace, e, con tutte le forze che le erano rimaste, le assestò una spinta.

Andò a sbattere proprio in quel punto. E solo in un secondo momento, Iella realizzò di aver vinto.

Per la prima volta sentì la tenebrosa dei Titans urlare di dolore. Stridere come una dannata che brucia nelle fiamme dell'Inferno.

Le scintille facevano da cornice, in quel quadro di discordia e a Iella non restava che godersi lo spettacolo.

Pochi secondi che si erano tramutati in pochi minuti. Il tempo aveva rallentato per lei.

Quando Corvina cadde a terra, l'odore di carne bruciata era ormai forte nell'aria.

Iella era a pochi centimetri da lei e scrutava il suo corpo supino e immobile senza sentirsi tediata da alcun senso di colpa.

«Che spreco.» Iella si chinò su di lei e avvicinò la bocca al cappuccio. «Lo sai cosa si dice in giro? Che tu sia una persona cattiva. Estremamente cattiva. E sai una cosa? Anche per me sei dalla parte sbagliata. Tu sei cattiva, Corvina.»

Un'aura bianca circondò la figura di Corvina, illuminando le sue ferite. Iella si allontanò sorpresa, ma subito si ricompose.

«Io non sono cattiva.»

 

 

 

Soltanto quando Cyborg, furioso, afferrò Coso dalle spalle e lo spogliò di tutta la sua tecnologia, BB iniziò a familiarizzare con l'idea di aver vinto.

La luce tenue dell'alba filtrava dai vetri sul cornicione e stendeva un velo rossiccio su tutto ciò che incontrava: gli scatoloni, i vari ganci sul soffitto, i rocchetti, i visi dei Titans alla stregua tra serenità e stanchezza.

Avevano vinto. Di nuovo. Tutti insieme.

Tutti e...

Quattro?

«Dove è finita Corvina?»

Procedette con lo sguardo vacuo di una battaglia appena conclusa verso gli angoli più remoti della stanza, ma non riuscì a vederla. Né lei, né Iella.

E l'angoscia fece sentire la sua presenza con un brivido caldo lungo la schiena.

Un urlo in lontananza increspò quel pesante silenzio generato dalla consapevolezza che fosse accaduto qualcosa. BB non capì perché, ma nella sua anima saettò un profondo senso di responsabilità.

«Corvina!»

«BB, aspetta!» si sentì dire alle spalle da Robin.

Non seppe dire se gli altri ebbero la stessa reazione. E non gli importava. Corse a rotta di collo verso la fonte di quel verso, disperdendo parte del suo buon senso.

Ci sono lati di me che è meglio non scoprire.

Piombò nella sua testa quasi nell'istante in cui si mise a correre e rintoccò nella mente come l'unica spiegazione di quel senso di inquietudine.

Chi sei tu?

Arrivare prima degli altri sarebbe servito a scoprirlo. Ne era certo.

 

 

 

Il sorriso di Corvina trafisse istantaneo il suo viso. Fu una cosa istintiva. Sorridere mentre il nemico soccombeva inerme. L'aria di sangue accarezzava le narici, mentre il vento sollevava i lati del suo mantello monocromo e solleticava i suoi capelli corti.

Era una sensazione strana. Ma le piaceva.

Scrollò il capo, soddisfatta.

«Fermati! Basta!»

Iella, intanto, aveva finito gli appigli a cui aggrapparsi. Usava le unghie. Sul pavimento.

«E perché mai?»

Il suo timbro monocorde era sparito.

Questa non sono io.

«Hai paura?»

Non sono io.

«Hai vinto, fermati!»

Io.

Fu inghiottita. La chioma rosa e composta di Iella non c'era più. Era scivolata sotto di lei. Sotto il suo mantello “fuori moda”.

«Hai paura?!»

«Corvina, fermati!»

Ma...

Fu strappata via con forza da un'oscurità che non era la sua. Era fin troppo tetro il mondo che aveva toccato con mano, perfino per lei. La vista era ancora appannata, quando con il palmo tastò una superficie morbida e pelosa.

È verde?

Interruppe quel contatto con lo stesso istinto secondo il quale la mano si scotta sotto il fuoco.

Lui, proprio lui.

Sei solo un'asociale complessata!

Il gorilla verde la adagiò sul pavimento senza attendere un suo cenno. Poi mutò la sua forma, come Corvina aveva visto fare altre migliaia di volte. Gli occhi color smeraldo continuarono a fissarla con sguardo truce e lei chinò d'istinto il capo, per evitarli.

  
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