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Autore: Mandie    21/10/2012    1 recensioni
Un massacro inaspettato. E un intervento troppo poco tempestivo per poter essere considerato provvidenziale. Due ragazzi separati da un colpo di follia.
Beh, io con le descrizioni proprio non ci so fare, ma...a voi la parola^^
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- No, aspetta. Non di lì. Qui c’è un’altra uscita.
- Dove…?
Micheal premette qualcosa sulla parete al suo fianco. Il muro rientrava in una fessura piccolissima, appena sufficiente a far passare una persona.
- Qui dentro.
Non aspettai che mi dicesse dove conduceva. I colpi di ascia e le grida si stavano facendo sempre più forti.
Con il cuore in gola, mi infilai nella fessura.
Conduceva al pianerottolo di una scala, persino più ampio di quello dall’altra parte. In fondo alle scale, c’era un enorme vetrata che dava su un campo da baseball deserto.
Micheal aveva il fiatone.
- Ok, corri fino a quella vetrata. Ai lati ci sono due porte per uscire. Se rimani attaccata al muro, non riuscirà a vederti dalla finestra.
Lo guardai, turbata.
- Tu non vieni?
Lui scosse la testa.
- Sta massacrando la mia famiglia, Wendy. Devo provare almeno a fermarlo.
- E se ti fa del male?- ricacciai indietro le lacrime.
- Non ha importanza. L’importante è che tu sia al sicuro. La stazione di polizia è qui vicino. Cerca di fare più presto che puoi.
Mi spinse delicatamente verso la scalinata.
Poteva essere l’ultima volta che lo vedevo. Non avevo il tempo di domandarmi se fosse giusto o meno, se in seguito me ne sarei pentita. Dovevo farlo e basta.
- Micheal. – lo chiamai.
Lui si voltò.
Gli corsi incontro e lo baciai.
Mi strinse a sé per un momento, poi mi  allontanò, frugandosi nelle tasche.
Mi porse un biglietto.
- Non avevo affatto intenzione di dartelo, ma da come stanno le cose…voglio che tu lo legga.
Era un foglietto di carta piegato. Sulla prima pagina c’era scritto il mio nome.
- Adesso?
Nonostante tutto, sorrise ironico.
- Non credo sia il caso. Solo…ricordati di me, Wendy.
Suonava come un addio.
Mi voltai, stringendomi il biglietto al petto, senza voltarmi. Se lo avessi fatto, lo avrei implorato di venire con me. Ma non potevo essere così egoista. Suo zio stava massacrando la sua famiglia per motivi insensati. Capivo il suo desiderio di essere con loro.
Anche solo per un’ultima volta.
Mentre uscivo dalla porta e correvo rasente al muro verso il cancello, non potei fare a meno di pensare che avrei ricordato quell’ultimo incontro per il resto della mia vita.
 
Il mio intervento alla polizia non era stato provvidenziale come avevo sperato fino all’ultimo.
Mentre la polizia faceva irruzione nella villa, mi avevano accompagnata a casa. Non avevo voluto assistere alla scena. Ma dalle macabre immagini diffuse dagli sciacalli dei telegiornali, avevo comunque visto tutto. Non ero riuscita a trattenermi ed avevo vomitato quasi tutto ciò che avevo nello stomaco, quasi servisse a cancellare ogni cosa.
Non era sopravvissuto nessuno, compreso l’omicida, freddato da un colpo di pistola partito da uno dei poliziotti.
I giornalisti si erano sistemati in pianta stabile davanti a casa mia, incuranti delle fredde temperature di fine autunno.
Ero seduta sul pavimento della mia camera, al buio, tranne per la luce bluastra delle sirene della polizia che tentavano di convincere i giornalisti ad andarsene.
Avevo in mano il biglietto di Micheal:
 
Non credo che avrò mai il coraggio di dirti di persona quello che provo per te. A dispetto di quanti soldi possiede la mia famiglia, sai come mi considerano a scuola e sai anche come sono fatto.
Volevo che fosse un biglietto memorabile, qualcosa che avresti potuto conservare per sempre, anche se probabilmente non avrò mai il coraggio di dartelo. Le migliori parole che mi vengono in mente per descrivere ciò che provo per te sono: tu appartieni al mio cuore, ora”.
  
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