III
CAPITOLO
“Mi
stai dicendo che l’ha bevuta?” Francesca si passò un asciugamano tra i capelli
bagnati.
Claudia
rincarò la dose: “Insomma, siamo sicuri che quest’uomo non si droghi più?-
soffiò sulle dita laccate di smalto fresco- Doveva essere fatto, per arrivare a
una conclusione simile”.
“Può
darsi- Eva riflettè un attimo poi puntò la matita per occhi verso le altre due-
Ehi...Niente porcherie simili nel nostro locale...La prima polvere bianca che
vediamo girare si va dritte dalla Security”.
“Puoi
dirlo forte” concordò Francesca pettinandosi la frangia.
Era
mercoledì e la serata sarebbe stata dedicata alla cena con lo staff del locale,
che rimaneva aperto fino alle due come lounge bar; Daniele ne approfittava per
fare un resoconto del week-end precedente e per pianificare il successivo.
Quella
sarebbe stata la cena di presentazione ufficiale del nuovo “padrone di casa”;
Eva al pensiero storse il naso.
“Cazzo...E
pensare che amavo il mio lavoro”.
Francesca
la rimbeccò: “Sai benissimo cosa dovresti fare per tornare ad amarlo”:
“Ne
abbiamo già parlato, è un capitolo chiuso” la rabbia montò sulle gote
lentigginose della riccia.
“Ehi
ehi, ragazze...Calma. Anch’io vi amo con tutto il cuore” il sarcastico
intervento di Claudia calmò apparentemente le acque.
Eva
spesso si chiedeva come facesse la sua “Cloud” ad essere sempre...così; non
aveva mai incontrato nessuno con cui l’amica avesse litigato, o con cui non
fosse in buoni rapporti. Era davvero così angelica come sembrava.
Francesca
si sistemò i capelli da una parte, mettendo in risalto la rasata punk-chic.
Claudia
indosso un’elegante tuta in seta grigia, composta da top senza spalline e
pantalone cuciti insieme.
“Cosa
ne dite, nero o verde?” Eva mostrò due tubini simili.
“Verde”
fu la risposta unanime delle altre due.
Di
solito lo staff cenava in mezzo al locale insieme alla clientela, ma visto
l’ospite di tutto rispetto si era deciso di spostare la location su un
palchetto un po’ defilato e protetto da paraventi.
Il
posto a capotavola era stato lasciato inequivocabilmente vuoto, così Eva si
premurò di distanziarsi il più possibile, una dozzina di sedie più in là.
Si
trovò circondata dalle ragazze con cui condivideva il proprio lavoro, bariste,
ballerine, driver dell’animazione e si sentì subito a casa; le bastarono gli
abbracci e i sorrisi smaglianti di alcune di loro, l’umore migliorò
all’istante. Si sedette in mezzo al vociare allegro delle sue amiche e si
dimenticò di tutto il resto.
Per
una volta nella sua vita, Robert ringraziò la vena logorroica della moglie che
l’aveva fatto arrivare in ritardo: non aveva nessuna voglia di incrociare di
nuovo lo sguardo con quella Gabriele; lo avrebbe negato anche dinnanzi al padre
eterno, ma qualche giorno prima il suo ego di dimensioni pachidermiche aveva
vacillato di fronte a quello altrettanto spropositato della giovane poco più
che ventenne. Nemmeno la rivelazione della propria identità da VIP sembrava
averla scalfita.
Ed
eccola lì, seduta in mezzo a una schiera di ragazze incredibilmente belle,
persa nella sua risata cristallina; si vedeva lontano un miglio che non le
interessava un fico secco della sua presenza.
Gli
occhi grigio-verdi gli guizzarono addosso, mentre lei sorseggiava da un calice
di vino, per poi tornare a immergersi nei gossip femminili del resto della
comitiva.
La
maggior parte dei presenti salutò Robert come una persona qualunque, solo chi
non l’aveva ancora incontrato si presentò con una semplice stretta di mano e un
sorriso affabile; la cosa lo sorprese, non era abituato a quelle piccole
discrezioni.
Daniele
si sporse a chiedergli cosa ne pensasse del locale in quella veste più
elegante; con un cenno del capo l’Americano fece capire che approvava.
La
cena proseguì in modo molto formale e misurato; tra una portata e l’altra si
discusse della città, a confronto con le metropoli statunitensi, del clima mite
di quell’inizio di primavera...Ma Robert si estraniò per la maggior parte del
tempo, preso dal più interessante impiego di scrutare ogni singola mossa della
sua antagonista.
Lo
scambio di occhiate fra i due, tra un boccone di arroso e un sorbetto al
limone, fece passare l’appetito a Eva: “Quanto lo detesto- sibilò all’orecchio
di Francesca- Non la pianta di fissarmi”.
“Aspetta,
mi sposto un po’...così gli impallo la visuale”.
Claudia
rise e per poco non sputò il caffè: “Siete fantastiche, ragazze!”.
“Vallo
a dire a lui- borbottò la perseguitata- Mi ha fatto venire così tante paranoie
che ho la nausea...Dio ti prego, fa che non mi riconosca!”.
Fortunatamente
a cena terminata, il gruppo si spostò negli uffici di Daniele, per continuare a
bere e chiacchierare. Lungo il tragitto che lo divideva dalle scale Robert fu
bloccato da qualche fan, per un autografo e le foto di rito.
Eva
prese posto appollaiata allo sgabello del bancone dove era solita mettersi per
studiare la collocazione dei tavoli del venerdì successivo.
Dopo
breve un bicchiere pieno di un qualche alcolico entrò nella sua visuale; la
ragazza scansionò con lo sguardo la mano che gliel’aveva allungato. Registrò
nella sua mente l’anello d’oro bianco a fascia e il rolex in acciaio, poi
risalì su per il braccio, coperto da un costoso gessato, fino alla spalla...che
come tutto il resta apparteneva a Robert Downey Jr.
Dal
canto suo l’uomo se ne stava lì, gli occhi leggermente stralunati su di lei, in
un atteggiamento di studio che si addiceva più a Sherlock Holmes che all’uomo
reale.
Eva
sospirò profondamente, accettò un sorso del drink, che scoprì essere vodka
liscia, e si rimise a scribacchiare.
Con
fare disinteressato l’attore si appoggiò al bancone: “Sai...qualche giorno fa
ho conosciuto tua...”
“Sorella.
Lo so” lo interruppe lei senza degnarlo di uno sguardo.
“Davvero?”
Robert si finse sorpreso.
La
ragazza smise di prendere appunti e celando il nervosismo cercò di zittirlo:
“Siamo sorelle, giusto?”.
“Quindi
siete...intime, cioè...molto intime...confidenti...vi parlate spesso” farfugliò
incerto l’uomo.
Eva
tentò di porre fine a quel monologo, degno del più impacciato Tony Stark:
“Già”.
Robert
guardava fisso davanti a sè, la schiena appoggiata al bar, una mano che
stringeva il poso opposto, in una posa decisamente plastica: “Passate molto
tempo insieme?”.
“Vediamo...-il
tono di lei divenne sarcastico- Praticamente tutto il tempo”.
Una
pausa di silenzio le fece intuire che l’altro fosse a corto di domande;
tuttavia il fascinoso attore non sembrava avere intenzione di andarsene.
“Dammi
del tu” bastò così poco a far barcollare Eva sul suo sgabello.
Cercando
di celare l’evidente disagio, la riccia posò la biro sul ripiano e bevve un
altro sorso di vodka; con un’occhiata fugace esaminò il drink dell’uomo, non si
sarebbe sorpresa se stesse bevendo formaldeide, come il ben noto Sherlock.
Eva
inspirò e rispose: “Ok Downey, ora ti
dispiacerebbe lasciarmi in pace? Tutto lo staff mi sta fissando e lo detesto”.
“Robert...Robert
è il mio nome...” la corresse lui con fare da maestrina.
“Peccato
Downey, formula meglio la tua
richiesta la prossima volta” la ragazza lo rimbeccò pregando che quel dibattito
finisse lì. Invano.
L’uomo
inizialmente basito, tornò alla carica: “Gabriele, tu lavorerai per me. Non
rendere tutto più difficile”. Quando la ragazza alzò lo sguardo su di lui si
accorse della breve distanza che li separava; avrebbe voluto allontanarsi, ma
si trovava bloccata sullo sgabello e non poteva muoversi. Come faceva ad
attirarla sempre in trappola?
“Bene...lascia
che ti sveli un segreto, Downey”.
“Robert...”
“Downey- tutte le volte che Eva
pronunciava il suo cognome lo caricava di disprezzo- Per lavorare insieme non
dobbiamo nè piacerci, nè andare d’accordo. L’unica regola è...non farlo”.
“Fare
cosa?” l’attore si appoggiò al bancone a braccia incrociate.
“Quello
che stai già facendo- Eva finse un mezzo sorriso e si spiegò- Non sono il
parafulmine delle tue frustrazioni da insoddisfatto uomo di mezza età. Credi di
essere il primo a piombare qua dentro pisciando in ogni angolo per marcare il
territorio?- abbassò il tono della voce, che si fece quasi gutturale- Non
accanirti su di me. Non fare l’errore di dichiararmi guerra o non sarò nè
carina, nè educata, nè remissiva”.
Detto
ciò, la ragazza tornò a chinarsi sul suo blocco note, mentre un basito Robert
Downey Jr. rimaneva lì, a fissare la sua chioma riccia, senza parole.
Tra
un boccolo e l’altro, a ogni movimento del capo emergeva un lembo di pelle,
segnato dai tratti del tatuaggio; i capelli ramati della ragazza incorniciavano
le forme della geisha, carezzando le scaglie colorate della carpa e le fauci
del dragone, ben visibili sulla schiena nuda.
Imperterrito
Robert afferrò uno sgabello e lo piazzò accanto a quello di Eva, che sussultò
nel trovarselo così vicino.
“Credo
che io e te siamo partiti col piede sbagliato. Sento che in realtà potremmo
andare molto d’accordo” a far
tentennare Eva non fu l’insistenza del suo interlocutore, bensì il sussurò con
cui furono pronunciate tali parole.
La
ragazza socchiuse gli occhi e ricacciò indietro il brivido che l’aveva percorsa
giù per il collo, lungo la schiena, fino al braccio...che ora si trovava a
sfiorare quello di Robert.
Con
una roca risata dissimulò l’imbarazzo :”Molto
d’accordo?” lo schernì con fare noncurante.
L’altro
si sporse ulteriormente: “Molto” ripetè con convinzione.
Eva
non resistette e deglutì rumorosamente.
“Bingo!” pensò il sadico
attore, con un ghigno di vittoria dipinto in volto.
Molto...era bastata
quell’unica parola, nella nota finale, per far cadere tutte le resistenze della
ragazza. I battiti cardiaci le esplosero nel petto, mentre si trovava ad
analizzare i lineamenti mascolini, seppur delicati, dell’attore. Aveva
saggiamente evitato il contatto visivo fino a quel momento e ora si ritrovava
ipnotizzata da quegli occhi castani, dalle sottili rughe di espressione che si
riempivano quando sorrideva, come stava facendo anche in quel momento, mentre
le labbra sottili si aprivano a mostrare una fila di denti sfacciatamente
perfetti.
Ricacciando
indietro le immagini poco professionali di un istante prima, Eva scosse il capo:
“Ok...d’accorto...perfetto Downey, è stata una piacevole conversazione ma
ora...avrei...da fare, per cui se non ti dispiace...” come conclusione a quella
frase confusa, si limitò a finire tutto d’un fiato il proprio drink.
L’attore
in risposta non fece altro che sorridere; con un gesto della mano le passò il
proprio bicchiere: “Finisci anche questo”. Nessun ciao o arrivederci.
Eva
si trovò all’improvviso da sola...per poco.
Alla
presenza oppressiva e magnetica di Robert Downey Jr. se ne sostituirono due,
più esili e frizzanti.
“Allora
allora...Mi sa che ci devi delle spiegazioni, Miss Simpatia” Francesca la
punzecchiò battendole sulla spalla sinistra, mentre Claudia incalzava dal lato
opposto.
“Hai
monopolizzato il divo per più di mezz’ora. Ho tutto il corpo di ballo in
subbuglio!- da dietro le lunghe ciglia gli occhi di Cloud brillarono- Breve
ma intenso?”.
Eva
si premette le meningi “E anche un po’ inquietante...Cristo, non sapevo più
cosa dire, avevo esaurito tutto il repertorio di frasi acide”.
“Il
che la dice lunga...-la canzonò Francesca- Ma smettila, si vedeva lontano un
miglio che stavate flirtando- le scompigliò i ricci con una mano- Avanti,
racconta”.
L’interrogata
prese con un gesto meccanico il bicchiere di Robert e ne bevve un sorso: “Cazzo...ma
cosè questa roba?” scosse il capo per liberarsi del gusto bruciante che le
stava scendendo giù per la gola.
“Cosa
bevi?” Claudia annusò il misterioso drink e si ritrasse con una smorfia.
“Penso
sia petrolio...misto a formaldeide e...fluidi corporei di Robert Downey Jr...”
“Questo
era il suo bicchiere?” Francesca lo esaminò come se fosse un reperto
radioattivo.
Eva
scosse nuovamente il capo e riportò l’attenzione delle altre a problemi più
seri: “Ragazze, venerdì dobbiamo organizzare uno show da urlo. Dobbiamo far
capire a quel pompato che non abbiamo bisogno di lui”.
Claudia
si strinse nelle spalle: “Era nell’aria l’idea di una serata a tema...Oriente,
sushi, kimono...Cosa ne dici?”.
La
riccia sbuffò tesa: “Cosa ne dici di rispolverare dal tuo repertorio un po’ di
danza aerea? Te la senti?”.
L’altra
riflettè solo un attimo, prima di accettare: “Chiederò a Daniele di montare
qualche nastro sospeso per allenarmi”.
Francesca
intervenne a dare il suo contributo: “Io porterò il mio violino elettronico...E’
da un po’ che non mi diverto a improvvisare qualche accordo in serata”.
Eva
allungò un braccio a dare il cinque alle altre due: “Grande! Mettiamoci al
lavoro”.
Sì,
lavoro. Forse quell’incombenza
avrebbe rallentato i battiti cardiaci di Eva. E le avrebbe permesso d tornare a
pensare lucidamente.
Rieccomi qua...Mi scuso se mi sono fatta
attendere più de dovuto, ma mi sono appena trasferita e ho dovuto assestarmi,
prima di tornare a concetrarmi sul racconto.
Spero che vi piaccia!
Ringrazio chi finora ha commentato, o mi ha
inserito tra le preferite/seguite/da ricordare...attendo il vostro giudizio, mi
piacerebbe se ci fosse un contributo anche da chi legge per nuovi spunti sulla
trama!
Prometto che tornerò a pubblicare
prestisssssimo!