setaccio il nostro mondo
in cerca
di nemici
e trovo solo mosche.
la tapparella
può arrotolarsi
e il risucchio
del vento
sottrarle alle mie orecchie
stanche,
ma evidentemente
quel microscopio
è ancora
tra le mie mani
anziché
sventrato
sul pavimento.
sempre più vicino
l'occhio
alla lente,
guardo,
scruto,
e le ali deformi,
mostruosità
dilatate,
mi spaventano.
colpa.
di aver visto?
trattenuto l'insetto?
di averlo
persino
partorito?
sempre più vicino
a sfiorare
il bisogno
di te.
quello che ho.
sempre.
quello che mi dà
il sussulto,
di fronte a quegli occhi
caleidoscopici,
sfaccettati
diamanti
morti.
quello che me li fa
odiare.
quello che non cessa
mai.
ma forse
sono troppo
occupato
ad odiarmi
per ricordare
che non sono io
ad aver deciso
che le mosche
rònzino.