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Autore: Fiorels    21/10/2012    28 recensioni
“Bè, se cambi idea, questo è il mio numero” ammiccò con un occhiolino a cui risposi semplicemente con un'alzata di sopracciglia.
“Dubito... ma… grazie..” borbottai mentre, goffamente, uscivo dalla stanza senza nemmeno salutarlo come si deve.
Ma in fondo che importanza aveva?
Tanto non avrei rivisto quel ragazzo mai più né tanto meno mi sarebbe servito il suo numero, era quello che pensavo scendendo le scale, inconsapevole di quanto fossi lontana dalla verità.
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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adito - cap 7

Hola gente :) Dai, non potete lamentarvi u.u Sono passate due settimane u.u Il bello è che questo capitolo era tipo quasi finito due giorni dopo aver postato l'ultimo ma poi ho avuto 3000 cose da fare e mai un secondo per scrivere. Come ho detto su facebook, ormai il tempo che ho a disposizione per scrivere è solo di sera/notte e solo alcune a settimana, quindi, non molto xD Mh, non ho molto da dire su questo capitolo. Magari dico due parole alla fine e, strano ma vero, non ho canzone di accompagnamento da consigliarvi haha Tra poco cade il mondo .___. ahaha


Buona lettura! xx
ps: quanto è agsdgfkagsdkfja la foto qui sotto? ç___ç  
(ho appena scoperto che sono Liam e Miley ma è proprio un hug alla Robert/Kristen e, infatti, l'abbiamo visto... :') quanto sono belli ç___ç khakshdfkjas)





Capitolo 8
 

Out and about


Passai lo straccio per la centesima volta, lucidando lo stesso punto come mai prima.
“Bella, tutto bene?” la voce di Eric giunse lontana, sebbene fosse proprio accanto a me.
Avrei voluto dirgli che no, non andava tutto bene. Mi girava la testa, avevo nausea – che sembrava prendermi praticamente a tutte le ore possibili e immaginabili −, ero stanca, ero delusa, ero incazzata nera con quel pezzo di merda.
“Sì, Eric. Perché?”
“Diciamo che se quel lavello potesse parlare, probabilmente ti starebbe maledicendo da un’ora buona. Sembri un po’ stanca… Vuoi andare a casa? Posso sostituirti, tanto il Mercoledì è morto.”
Scossi la testa senza nemmeno pensarci. Stare a casa voleva dire avere tempo libero, e io non potevo averne. Mi innervosivo quando non avevo nulla da fare perché sapevo, dentro di me, che invece avrei dovuto fare migliaia di cose, solo che non avevo idea da dove iniziare. Di lì, il nervosismo. Se aggiungiamo che, probabilmente, sarei stata ad aspettare una chiamata con più impazienza di quanta non ne avessi avuta negli ultimi tre giorni, ottenevo un ottimo biglietto con destinazione: pazzia.
No, no. Decisamente non volevo andare a casa. Scossi di nuovo la testa, con più vigore, e mi girò più forte di prima, ma restai ferma e in piedi. “Sto bene, Eric. Tranquillo. Tanto, l’hai detto tu. Non c’è molto da fare. Non c’è problema.”
“Come vuoi” sorrise per poi andare a pulire le briciole che i clienti avevano lasciato sui tavoli da biliardo.
Dannazione, l’avrei fatto io se avessi saputo un minuto prima chi stava per entrare dalla porta.
Dio mio, ma perché non mi hai graziata col dono della chiaroveggenza?
Edward e tutta l’allegra combriccola dei suoi amici aveva appena fatto capolino dalla porta, giusto in tempo perché i miei occhi si incrociassero con i suoi e vedessero anche la ragazza accanto a lui, una che mi sembrava di aver già visto una volta. Probabilmente una delle tante galline del suo pollaio.
Lo vidi fare cenno agli altri di prendere posto. “Vengo subito.”
Istantaneamente chinai il capo e tornai ad accanirmi sul povero lavello sotto le mie mani, fingendo totale indifferenza.
Con la nonchalance più sfacciata, vidi la sua sagoma sedersi sullo sgabello di fronte a me.
“Ciao.”
Stronzo.
Strinsi i denti, redendomi per la prima volta conto di quanto davvero mi avesse infastidito quello che aveva fatto o, per meglio dire, che non aveva fatto.
“Bella?”
Tentò ancora ma io continua a preferire il lavello.
“Oh!”
“Che vuoi!?” scoppiai, alzando il viso e donandogli il mio sguardo e tono più acido.
Indietreggiò col viso, preso alla sprovvista. “Wo, nervosette oggi? Ti va di parlarne? Che è successo?”
Non potei proprio trattenere una mezza risata isterica. Non potevo credere che me lo stesse davvero chiedendo, proprio lui.
“Non vuoi saperlo. Davvero, meglio che tu non lo sappia. Va bene così.”
Cambiò espressione. “Oh, quindi è per colpa mia?” sembrò stupito.
“Mi prendi in giro?”
“No. Non so cosa abbia fatto.”
Lo guardai per qualche istante, cercando di capire se mi stesse prendendo per il culo, ma lui era serio. Non se n’era nemmeno reso conto e non seppi giudicare se era peggio o meglio.
“Lascia stare…” sussurrai, infine, prendendo taccuino e penna e uscendo dal guscio che era diventato il bancone. Mi bloccò per un braccio, prima che potessi superarlo.
“Lasciami! Devo lavorare!”
“Ora aspetti due minuti e mi dici cosa ho fatto.”
“Cosa hai fatto? Niente, Edward! Non hai fatto proprio niente, è questo il punto!”
Assottigliò le sopracciglia e capii che davvero non ne aveva idea. Mi chiesi come fosse possibile che lui non si rendesse conto di un minimo particolare che invece a me aveva creato – e ancora stava creando – problemi. Forse ero io fatta male.
“Non capisco…”
“Sai, quando una persona dice a un’altra persona che la chiama, ci si aspetta che lo faccia davvero. Magari nel giro di tre giorni.”
Allentò la presa di poco. “È per questo che sei arrabbiata? Perché non ho chiamato?”
Scrollai le spalle, cercando di liberarmi ma lui continuò a trattenermi.  “Smettila di dimenarti. Tanto non ti lascio finché non risolviamo questa cosa.”
“Allora moriremo qui.”
“Senti, mi dispiace, okay?”
“La smetti con queste cazzo di scuse tutte le volte?” cercare di avere quella conversazione senza urlare era estenuante. Avrei voluto picchiarlo e urlargli contro e magari dargli uno schiaffo così forte da lasciargli l’impronta della mia mano, ma non potevo farlo.
“Mi dispiace, ho avuto da fare.”
“Oh, lo vedo bene che hai avuto da fare. Lo vedo bene come e con chi hai avuto da fare!”
Lanciai un’occhiataccia alla ragazza che era entrata con lui e che, proprio in quel momento, aveva girato lo sguardo verso di noi, costringendomi a voltare il mio.
“Cos’è? Una scenata di gelosia? Vai contro le tue stesse regole? Brava.”
Poteva sembrare una scenata gelosa ma non lo era e lui, come al solito, non aveva capito nulla.
“Non hai capito un cazzo, ovviamente. Non mi da fastidio se tu non chiami, okay? Ma mi da fastidio se dici che lo fai accennando a qualcosa da fare insieme il giorno dopo, e invece non lo fai. Perché non ho fatto piani pensando che… Mi hai lasciata lì, ad aspettare una telefonata, come una perfetta idiota.”
“Facciamo qualcosa stasera, mmh?”
“Ma che credi? Di darmi un contentino? Non funziona così e ho già un impegno stasera.”
“Cosa hai da fare?” e lo disse con quel tono che lasciava intendere che una ragazza come me non sapesse come divertirsi; e forse era anche la verità, ma odiavo sentirla da lui, soprattutto visto che non aveva alcun diritto di parlare.
“Non sono affari tuoi!” sputai acida a livelli estremi.
“Dai, Bella…”
“No. Niente ‘dai, Bella’. Sei un idiota! Anzi, no. Sai che ti dico? L’idiota sono io. In fondo cosa mi aspettavo. Probabilmente tu dici ‘ti chiamo’ così tante volte per poi non farlo da aver perso il conto. Probabilmente nemmeno ti rendi conto di dirlo quando lo fai. Chissà quante ragazze hai appeso senza nemmeno darci peso. Ma va bene, okay? Sono stata scema io.”
“Non fare la melodrammatica ora.”
“No, Edward! Non farlo! Non ti azzardare a darmi della melodrammatica! Non puoi uscirtene con queste cose quando pare a te. È vero, a volte sono pesante e schematica e maniaca del controllo, tutto quello che vuoi. Ma su questo, no. Hai sbagliato e basta. Non sono io a non aver rispetto degli altri, quindi non tentare nemmeno di dare la colpa a me. Non è giusto, cazzo! Fai sempre così e la devi smettere. Perché se tu non hai rispetto per me, non è colpa mia! E se ti azzardi a baciarmi un’altra volta, ti ammazzo. Ma davvero, Edward!” strattonai il braccio e lo liberai con facilità. “E ora, scusami, ma devo andare a servire i tuoi amici.”
Quando approdai al loro tavolo, sentii qualche paia di occhi puntati su di me, ma non osai alzare lo sguardo e affrontarli. Non ce la facevo.
“Cosa vi porto, ragazzi?”
Ordinarono un paio di birre mentre Edward tornava, come un cane bastonato e con la coda tra le gambe, a sedersi accanto alla sua ragazza. O almeno credetti che fosse sua dal modo in cui lei strinse il suo abbraccio e gli diede un bacio sul collo. Mi venne da vomitare.
“Che altro?”
“Che ne dici del tuo numero?”
Alzai lo sguardo per incontrare quello da cui era provenuta la voce. Era seduto nell’angolo, capelli castani, leggermente scuro di pelle, occhi scuri, ma un bel sorriso e denti bianchissimi. Non esattamente il mio tipo.
“Come?”
“Hai da fare stasera?”
Solo tipi del genere potevano essere amici di Edward. La stessa sfacciataggine, la stessa aria da ‘non mi dirai di no’ e probabilmente l’avrei fatto se non fosse stato per una mia vendetta personale.
“Tyler!” la voce di Edward interruppe le mie congetture. “Dobbiamo fare quella cosa stasera, ricordi? La schedina per la partita.”
“Potete farla anche senza di me la formazione, non rompere. Dicevamo?”
Sorrisi, divertita e soddisfatta allo stesso tempo. Avrei voluto lanciare uno sguardo ad Edward solo per avere l’ulteriore soddisfazione di vederlo stringere la mandibola fino a farsela entrare nel cervello. Gli sarebbe stato bene!
“Che non ho impegni, o comunque posso disdire. Finisco alle sette. Hai in mente qualcosa?”
Mi resi conto di quanto potessi apparire sfacciata anche io; la verità era che non me ne fregava un cazzo, ecco perché mi riusciva così bene la parte della ragazza facile. Sì, probabilmente sembravo una ragazza facile che da il numero al primo che glielo chiede e la da al primo appuntamento, ma al momento non me ne importava. In fondo il loro mondo, in primis, era fatto di apparenze. Perché non potevo sembrare io quella che non ero, almeno una volta, e per uno sfizio personale?
“Non ancora, ma posso trovare una soluzione se mi dici di sì.”
“Certo.” Segnai velocemente il mio numero su un foglio del taccuino e glielo allungai. “Io sono Bella.”
“T…Tyler.”
“Chiamami, Tyler. Ci conto.”
E con quella chiara frecciatina, non guardare Edward sarebbe stato impossibile. Lo fulminai con lo sguardo.
“Vi porto subito le birre”, e andai via, a riempire due boccali di birra al malto.
Come mi aspettavo, non finii nemmeno di riempire il primo che vidi Edward alzarsi e avvicinarsi.
“Le tue visite al bancone iniziano a diventare troppo frequenti e indesiderate, nonché sospette. Stai attento o ti scappa la ragazza.”
“Si può sapere che cazzo ti passa per la testa!?”
“Che vuoi dire?” se ci fosse stato un Oscar in ‘Interpretazione della finta tonta’, l’avrei sicuramente vinto.
“Voglio dire che hai appena lasciato il tuo numero a un ragazzo appena conosciuto!”
“E allora? Se è per questo sono anche andata a letto con un ragazzo appena conosciuto. L’errore più grande della mia vita.” Frecciatina numero due: colpito e affondato.
“Smettila, Bella!”
“Smetterla di fare cosa, di preciso?”
“Ti stai comportando da immatura!”
“Ah, io mi sto comportando da immatura? Io? E per quale motivo, di grazia?”
“Perché hai appena-”
“Lasciato il numero a un ragazzo appena conosciuto! L’hai già detto! E allora? Che c’è di male?”
“C’è tanto di male. Non sei tu e inoltre l’hai fatto solo per farmi incazzare, ammettilo!”
“Scusa, Edward, ma il mondo non gira attorno a te. E poi non vedo perché tu dovresti incazzarti.”
Batté un pugno sul bancone e mi fece saltare.
“Calmati” lo riammonii.
“Non lo conosci nemmeno. Vuole solo portarti a letto.”
“Oh, grazie, Edward, davvero. Grazie mille per avere così tanta stima di me da credere che a un ragazzo possa interessare solo per un motivo. In fondo, chi meglio di te può saperlo, no?”
“Cristo santo, piantala! Non è per te! È per lui! Per come è fatto! Io lo conosco, tu no! Vuole sempre e solo una cosa!”
Sorrisi amara. “E cosa c’è di diverso da quello che vuoi tu?”
Si prese una pausa prima di rispondere. “Io voglio solo passare del tempo con te, stasera.”
Mi trovai a scuotere il capo, chinarlo. “Se avessi voluto passare del tempo con me, te lo saresti ricordato prima di appendermi per tre giorni; prima che un ragazzo mi chiedesse di uscire.”
Strinse i bugni sulla lastra di marmo che copriva il banco. “Ma non avevi impegni quando te l’ho chiesto.”
Niente, lui proprio non ci arrivava.
Stavo per rispondergli quando il telefono mi vibrò nella tasca del grembiule rosso.
Era un messaggio da un numero sconosciuto ma capii dal testo di chi si trattasse, dal momento in cui mi dava appuntamento fuori al pub alle nove di quella sera. Alzai il viso per incontrare quello di Tyler, gli sorrisi e feci un okay con il pollice in su, in segno di conferma.
Lasciai che il sorriso morisse quando tornai a guardare Edward. “E ora ce l’ho.” Semplice e fredda, mentre prendevo i due boccali di birra sul vassoio. “Mi dispiace” terminai, ma entrambi sapevamo quanto false fossero quelle scuse.
Non mi dispiaceva proprio per nulla, se non per il fatto che, proprio quando credevo che le cose potessero aggiustarsi e andare dritte, avevano preso tutt’altra via. La vecchia via.
 

Fu così che, qualche ora dopo, ero in macchina di Rose, diretta al pub per una serata totalmente non programmata. Inutile dire che il mio livello di euforia rasentava lo zero. Avevo lagnato già abbastanza con Rose che se n’era uscita con un: “Te la sei cercata, ben ti sta!”

Sapevo che aveva ragione, me l’ero davvero cercata, ma solo perché c’era Edward e avevo un disperato bisogno di rifarmi dall’umiliazione di aver passato anche solo più di due ore ad aspettare una sua chiamate che non era mai arrivata.
Dannata me e la fiducia che ripongo nelle persone, mi maledetti mentalmente.
“Senti, giusto perché tu lo sappia, non approvo totalmente questa cosa. Non sei tu.”
“L’ha detto anche Edward, la finite?”
“Edward ti ha già capita fin troppo.”
“Non direi proprio” risposi, quasi acida. Iniziavo a diventare intollerante verso tutta la benevolenza di Rose nei confronti di quel ragazzo. Cosa doveva averle fatto per accecarle gli occhi in quel modo? Eppure avrebbe dovuto stare dalla mia parte!
“Comunque, è stata una bella mossa. Non me l’aspettavo da te, ma è stata una bella mossa.”
Ci scambiammo un veloce sorriso, complici.
Si fermò al primo posto libero più vicino al luogo dell’incontro. Vidi, da lontano, che Tyler era già lì.
“È quello?”
“Già.”
“Non sembra male. Forse un po’ bassino… vabbè. Ad ogni modo, io non dovrei fare troppo tardi. Puoi aspettarmi in piedi, se non sei stanca, così mi racconti. E non fare entrare nessun ragazzo sconosciuto in casa nostra per nessun motivo al mondo, okay?”
E dire che avevo omesso di raccontarle la piccola discussione con Edward e il suo continuo constatare che Tyler fosse interessato solo a quello.
“Tranquilla. Non accetterò passaggi o caramelle dagli sconosciuti, non farò l’autostop, non prenderò la metro, e non farò entrare nessuno in casa. Va bene, mamma?”
“Questa sì che è mia figlia! Dammi un bacio!”
Risi mentre mi sporgevo per darle un bacio sulla guancia.
“Sta’ attenta!”
“Sempre!” chiusi la porta e percorsi i pochi metri che mi separavano da Tyler. Gli ticchettai la spalla da dietro e lui si voltò di scatto, scontrandosi con la tazza di caffè e facendolo riversare sui miei pantaloni neri.
“Oh, cazzo! Cazzo! Bella!”
“Merda…”
“Cazzo, scusami! Mi dispiace! Mi sei arrivata di spalle all’improvviso e… Scusa, sono un disastro!”
Mi prese il fazzoletto che avevo in mano e si chinò per asciugarmi il punto proprio sopra il ginocchio.
“Lascia stare, davvero. Non importa…” sbuffai, già stanca di quella serata iniziata decisamente col piede sbagliato. L’ultima volta che un ragazzo mi aveva rovesciato il caffè, c’ero finita a letto ed ero rimasta incinta. Già da lì avrei dovuto capire che sarei dovuta tornare a casa seduta stante, ma quando sentii una voce familiare provenire dalle mie spalle, capii che da casa non avrei mai dovuto esserci uscita.
“Che succede?”
Non avevo bisogno di voltarmi per associare quella voce a un volto. Ormai la conoscevo troppo bene per sbagliare. Mi gelai, mentre Tyler alzava il busto e salutava Edward.
“Mi sono scontrato con Bella e le ho rovesciato il caffè sui pantaloni” spiegò Tyler. “Mi dispiace tanto, Bella. Davvero.”
Continuavo a dare le spalle ad Edward, ma non potevo fare a meno di chiedermi cosa cazzo ci facesse lì.
“Non fa nulla, Tyler. Tanto sono neri, non si vede.”
“Ah, Bella. Loro sono Edward e Lauren. Edward ha insistito per unirsi a noi, spero che non ti dispiaccia. Non sono riuscito a dissuaderlo.
A quel punto fui costretta a voltarmi, vedere Edward e la sua gallina in faccia, stringergli la mano, presentarmi, e fingere di non conoscerlo.
Che gran figlio di puttana.
“No, non fa nulla” scrollai le spalle, cercando di assumere un’aria disinvolta davanti alla felice coppia che aveva allietato ancora di più quella serata. Finalmente davo un nome alla ragazza di Edward, anche se, dovevo ammetterlo, tutto sembrava fuorché che stessero insieme. Erano distanti, staccati, lontani, freddi.
“Il caffè alle nove di sera?” osservò Edward, e leggere tra le righe fu abbastanza automatico.
“Sì, ci sono giorni in cui arrivo a fine giornata solo grazie a questo.”
Evitai di guardare Lauren, ma vedevo che lei mi squadrava da capo a piedi. Non seppi dare un carattere a quella ragazza, come spesso facevo a un primo impatto con le persone. Non che le giudicassi, onde poi scoprire di essermi totalmente sbagliata. Semplicemente non riuscivo a inquadrarla nemmeno da come era vestita. Aveva una minigonna nera e una magliettina color oro, molto semplice ma comunque attraente.
Probabilmente mi sarei vestita più su quello stile anche io se avessi saputo che Edward avrebbe fatto la sua comparsa. In fondo, se volevo avere una piccola soddisfazione, tanto valeva averla con stile. Ma ormai era andata così.
“Allora che facciamo?”
“Edward aveva proposto un cinema, ma io preferirei più una cena.”
“Sei pieno di spirito di iniziativa, eh, Edward?”
“Ho dei biglietti omaggio che scadono tra poco.”
Era incredibile la nonchalance con cui teneva una conversazione con me, come se nulla fosse. Avrei voluto essere capace quanto lui di far finta che tutta quella situazione non mi infastidisse o che almeno non mi creasse disagio.
“A me va il cinema” Lauren disse la sua, e la vidi guardare Edward in modo così languido che mi fu impossibile non immaginarli a limonare nel buio della sala e credere che fosse quello il motivo per cui volesse andare al cinema.
Dal canto mio, adoravo andare al cinema e sarebbe stato un ottimo modo per far sì che quella serata finisse il prima possibile. Potevo sempre chiedere a Tyler di accompagnarmi e lasciare Edward nel dubbio eterno: l’avrà fatto entrare in casa o no?
Dall’esterno potevo sembrare una ragazzina gelosa, ma davvero, non era quello il punto e il movente dei miei comportamenti. Volevo semplicemente dimostrare ad Edward come ci si sentisse ad essere presi in giro.
“Per me va bene” dissi infine, dando il verdetto finale a quella che sarebbe stata la nostra serata.
“Allora ci vediamo al cinema”, Tyler.
“Andiamo con una macchina sola, no? È più comodo. Dopo torneremo a prendere l’altra. Ho la mia proprio qui.”
A Tyler sembrò non fare differenza per cui non ebbi molta voce in capitolo o probabilmente avrei destato troppi sospetti. Edward tentò anche di far sedere lui al posto davanti ma stavolta sia Lauren che Tyler stesso si imposero.
“Che cazzo stai cercando di fare?” ringhiai tra i denti quando, per qualche secondo mentre Tyler saliva in macchina, mi trovai a due centimetri da Edward.
“Solo il tuo stesso gioco. Vediamo chi vince.”
E, ancora una volta, le sue parole mi avevano ferita più del dovuto. Così mi trovai seduta con un ragazzo sconosciuto nella macchina del padre di mio figlio, con annessa ragazza, per il quale tutto era solo un gioco. Bella situazione di merda in cui mi ero cacciata. Al diavolo la vendetta e la soddisfazione. Aveva ragione Rose: me l’ero cercata e mai come in quel momento avrei voluto essere sul mio divano a leggere un libro o guardare la TV, o fare anche una calza. Ovunque piuttosto che lì.
Parlammo di rado in macchina, scoprii che Tyler non era particolarmente interessante come ragazzo. Il suo interesse più coltivato era Assassin’s Creed e non parlava d’altro.
Presto smisi di fingermi interessata, fare domande o ascoltare quello che dicesse. Mi limitai ad annuire ogni tanto, fingendo di capire di che diavolo stesse parlando. Edward mise su della buona musica e mi concentrai solo su quella, ma la mente vagò all’ultima volta in cui ero stata in quella macchina: sedile diverso, conversazioni che potevano essere chiamate tali e, soprattutto, ragazzo diverso.
Dio, quella situazione sembrava tanto più surreale quanto più ci pensavo.
Grazie a Dio, arrivammo al cinema relativamente presto e, vuoi il giorno infrasettimanale, vuoi i biglietti omaggio di Edward che, a mia sorpresa, esistevano davvero, ci trovammo seduti in poco tempo.
Inutile dire che grazie a marchingegni assurdi di quella mente malata, fece in modo di farmi trovare tra lui e Tyler, mentre Lauren era alla sua sinistra. Cercai di non pensarci e diedi confidenza a Tyler, tentando di iniziare una conversazione su qualcosa di relativamente interessante, ma il tentativo cadde nel vuoto, fortunatamente in contemporanea alle luci che si abbassavano.
Pausa, pensai, rilassandomi di poco, pochissimo. Fu un mera illusione.
Guardare verso Edward e Lauren mi veniva così spontaneo che nemmeno ci facevo caso. Non voltavo la faccia, ovvio, ma controllavo con la coda dell’occhio quello che stessero facendo, che corrispondeva al… niente.
Vidi la mano di Lauren allungarsi sul braccio di Edward ma lui rimase impassibile, per poi allontanarla quando tentò di scendere più in basso. Si voltò lentamente, trovandomi totalmente impreparata al suo sguardo e cogliendomi proprio sul fatto. Distolsi lo sguardo e cercai di concentrarmi sul film che, se avevo capito bene, parlava di una qualche epidemia dovuta al polline di alcuni fiori: una cosa inconcepibile e impossibile da seguire sperando che ti distraesse.
La mia tregua durò davvero poco visto che, nemmeno dieci minuti dopo, fui io a sentire una mano sulla mia gamba. Abbassai gli occhi, irrigidita, e vidi la mano di Tyler che carezzava lentamente la mia coscia. Ringraziai il cielo di aver messo i pantaloni o non avrei risposto di me stessa. Lui continuava imperterrito, incurante della mia espressione per nulla convinta, e con un sorriso sulle labbra. Proprio quando si avvicinò all’interno coscia e stavo per allontanare la sua mano, Edward si alzò in piedi.
“Vado a prendere dei pop-corn. Bella, accompagnami.”
Un vero e proprio obbligo a cui, nonostante tutto, fui lieta di obbedire; ma di certo non glielo avrei detto.
Edward mi prese per un braccio, costringendomi ad alzarmi e a passare praticamente sopra Tyler. Mi sembrò di vederlo muovere le labbra, ma non ebbi nemmeno il tempo di sentire quello che aveva detto che Edward mi aveva già trascinato per il corridoio debolmente illuminato e fuori dalla sala.
Mi lasciò, con un piccolo strattone.
“Ma sei scema o cosa!?”
“Che cazzo ti prende!?”
Parlammo insieme ma non avevo alcuna intenzione di rispondere a una domanda retorica e, per giunta, offensiva.
“Che cazzo prende a me?! A te, semmai! Ma ti sei vista! Ti stavi facendo toccare come se nulla fosse!”
“Primo, non è vero; avrei allontanato quella cazzo di mano io stessa se tu non avessi fatto questa uscita assurda. Secondo, se pure fosse, non ci sarebbe niente di male. Terzo, non vedo come questo debba interessarti. Ho messo delle regole di proposito, Edward. E questi non sono affari tuoi!”
“Lo sono quando conosco la persona con cui esci!”
“Ah sì? Non mi ritieni all’altezza di frequentare il tuo gruppetto di amici?”
“Non è questo, cazzo! È lui! è sbagliato! Non è per te!”
“Davvero? E chi è per me, Edward? Se lo sai, dimmelo, no? Visto che sembra che tu sia onnisciente e ora anche onnipresente, illuminami la giornata e risolvimi il problema, almeno questo.”
Si zittì per qualche secondo, calmandosi. “So che non è lui. Smettila di fare la bambina.”
“Io non faccio la bambina. Non sono io che sta giocando qui.”
Scosse il capo, quasi schifato. “Ti prego, dimmi che scherzi. Perché se fai sul serio allora non so chi ho conosciuto.”
Mi venne da ridere, amaramente. “Ma proprio nessuno, Edward. Tu non hai conosciuto proprio nessuno, né stai conoscendo, ne vuoi conoscere.”
“Vuoi dirmi che sei sempre così? Che ti comporti sempre così? Col primo che capita? O magari con ogni ragazzo che ti rovescia il caffè? Cos’è, una specie di rito? Gli hai detto che sei incinta?”
“Certo che no! Se al primo appuntamento dico a un ragazzo che sono incinta, scapperebbe a gambe levate! Che cazzo credi? Nessuno si prende un impegno così grande, nessuno mi chiederebbe nemmeno di uscire se lo sapesse.”
“E hai tanto rispetto per quel bambino da pensare prima a te stessa che a lui?”
“Tu l’hai detto a lei?” Giocai la sua stessa carta. Se davvero voleva fare il moralista, gli conveniva non farlo se non aveva le carte in regola.
“È diverso.”
“No, non lo è. Io lo porto in grembo ma l’abbiamo fatto in due. Hai presente?”
“È diverso, Bella. Lo sai anche tu.”
“Sei ingiusto.”
“Sarò anche ingiusto, ma almeno non sto prendendo in giro nessuno.”
A quel punto scoppiai, interdetta. “Nessuno!? Se non stai prendendo in giro nessuno, allora io sono l’esatto opposto di nessuno, perché, credimi, mi sento presa in giro.”
“Bella…”
“Ti chiamo, non vuoi saperne di me o del bambino, non vuoi prenderti le tue responsabilità. Ti faccio una merda nella mia testa perché è quello che meriti, e proprio quando inizio ad abituarmi a fare tutto da sola, compari al pub con tutta la tua combriccola, mi porti all’ospedale, ti freghi una foto dell’ecografia, e parli di epifania… E d’un tratto vuoi fare l’uomo della situazione, quello responsabile e maturo. Mi porti fuori a pranzo, mi baci, mi dici che mi chiami e non lo fai. Mi dici che ci sarai per me ma sarei anche potuta morire in questi tre giorni e tu non l’avresti saputo. E poi hai il coraggio di dirmi che non prendi in giro nessuno? Hai due facce, Edward, e io ho bisogno di un volto solo. Non posso vivere con l’ansia di non sapere con quale Edward avere a che fare. La vita non va così, non è tutto un gioco e io non sono una stupida pedina nelle tue mosse, da utilizzare a tuo piacimento. Sono una persona, hai presente la differenza? Sono una ragazza e sono incinta. E tu sei il padre e devi portarmi rispetto!” urlai quelle parole con quanta più indignazione possibile. “E, cazzo, cacatela un po’ quella povera ragazza. Non farti il problema della mia presenza, tanto peggio di così non può andare. Oppure lasciala se non vuoi starci. Non hai quindici anni, cristo santo! Ma soprattutto, Edward, fatti una bella vagonata di cazzi tuoi.”
Senza aggiungere altro, tornai in sala.
 

Il resto del film lo vidi tenendo le braccia incrociate al petto, gesto da cui Tyler dovette capire che ogni invito, implicito od esplicito, ad andare oltre, non sarebbe stato accettato, dal momento in cui non tentò di prendermi la mano più di due volte.

“Che si fa? Ormai è tardi per sedersi a mangiare…” dissi io, quando uscimmo dal cinema, con la speranza che gli altri proponessero di tornare a casa, ma niente.
Lauren propose di sederci a un bar lì vicino, e così fu.
Quella serata sembrava non avere più fine e il mio livello di tolleranza nei confronti di tutti aveva già superato di molto l’immaginaria linea rossa che mi ero figurata in mente.
La conversazione era costantemente a un punto morto, la situazione era imbarazzante, strana e pesante e io non avevo alcuna intenzione di alleggerirla. Su una cosa Edward aveva ragione: non avrei dovuto uscirci con Tyler.
Orgoglio, 1 – Bella, 0.
Arrivò il cameriere chiedendo le nostre ordinazioni. Edward glissò, Lauren prese un drink e Tyler ordinò un coppa di gelato alla nocciola per entrambi.
“Bella è allergica alle noci e odia che si ordini anche per lei.”
Edward parlò come se nulla fosse ma non si rese conto di aver appena rivelato qualcosa di molto personale, di cui non avrebbe dovuto essere a conoscenza. Mi girai per fulminarlo e lui sorrise; capii che lo aveva fatto di proposito. A che gioco stava giocando?
Non lo sapevo e non volevo saperlo. Ero stanca dei suoi giochetti mentali e non.
“E tu come lo sai?”, Lauren e Tyler parlarono quasi all’unisono.
“L’ha detto prima. Vero?”
Non risposi e per smorzare la tensione, mi voltai al cameriere per ordinare un frappè alla fragola, sperando che l’argomento cadesse. Fortunatamente fu così, ma Edward non demordeva e, ogni parola, frase o movimento, era una buona occasione per mettere in atto qualunque cosa avesse in mente.
Quando Tyler si accese una sigaretta, lui non perse occasione per fargli notare che probabilmente a me poteva dare fastidio.
“Ti da fastidio, Bella?” chiese Tyler, per assicurarsene. E avrei detto di no pur di non dare quella soddisfazione ad Edward ma lasciai perdere.
Annuii leggermente con il capo mentre lui spegneva la sigaretta, sbuffando, e Edward sorrideva vittorioso.
Dovevo evitare di cadere nella sua trappola. Dovevo semplicemente ignorarlo e tutto sarebbe finito presto.
Ma come potevo farlo quando, di punto in bianco, se ne uscì con: “Tyler, cosa ne pensi dell’aborto?”
Non sapevo se avesse battuto la testa pesantemente o se stesse semplicemente cercando qualche modo per farmi del male silenziosamente, ma era indiscreto e per nulla adatto alla situazione.
“Ma che cazzo di domanda è?”
“Rispondi e basta.”
Sentii il fumo uscirmi dalle orecchie e lanciai un’occhiata a Lauren per cercare di capire cosa pensasse lei di tutto ciò, delle stranezze del suo pseudo-ragazzo. Ma lei si limitava a fissarsi le unghie, aspettando la risposta di Tyler per vedere che presa avrebbe preso la conversazione.
“Ma che cazzo ne so! Boh, alla fine uno fa quello che vuole.”
“E se dovessi trovarti a diventare padre ora?”
“Ma mi prendi per il culo? Ma manco morto! Ci mancherebbe solo quello. Ma sei uscito dal Vangelo secondo Edward stasera?”
Capii, allora, cosa stava cercando di fare Edward, ma lo stava facendo nel peggiore dei modi. Cercai di non lasciarmi coinvolgere dalla conversazione e di restare impassibile ma, sicuramente, la mia reazione tradì le mie intenzioni, tanto da far sentire Tyler in obbligo di precisare che ora non sarebbe stato pronto ma che un giorno lo avrebbe voluto.
“Certo, è comprensibile” sussurrai in risposta, ma avevo solo un gran bisogno di vomitare.
“Vado al bagno, scusate.”
Mi alzai di scatto ed entrai nel bar. Avevo appena adocchiato la toilette quando sentii una mano prendermi il braccio, costringendomi a voltarmi.
“Bella, tutto bene?”
“Lasciami…”
“Bella...”
“Lasciami, Edward!”
“Che hai?”
“Devo vomitare.”
“Vuoi che ti accompagni?”
“No, voglio che tu sparisca dalla mia vita, okay?”
Lui chiuse gli occhi un secondo e allentò la presa. “Bella, mi dispiace, okay? Volevo solo farti capire che razza di idiota è.”
“E lo stai facendo nel peggiore dei modi, Edward! Pensi di farmi bene? Pensi di farmi un piacere e di farmi capire così? Così mi fai solo del male. Tu continui a farmi solo del male e te ne devi andare. E io devo vomitare davvero.”
Strattonai quel poco di braccio che ancora era rimasto ancorato alla sua presa, entrai in bagno e mi gettai sul primo water libero, rigettando il toast che avevo mangiato prima di uscire.
Mi ci vollero diversi minuti per riprendermi e stare lì, seduta accanto a un water, convincendo me stessa ad essere forte e non piangere.
“Bella?”
Uscii proprio mentre Lauren entrava.
“Cosa… fai qui?” sussurrai, un po’ stremata. Mi passai una mano sulla fronte.
“Edward mi ha mandato a vedere se stessi bene.”
Non risposi e mi concentrai solo sull’acqua fresca che scorreva sulle mie mani. Mi bagnai la fronte e le labbra cercando di riprendermi del tutto.
“Ti ha turbata la conversazione, vero? Ti capisco, sai. Anche io l’ho fatto.”
Non ero sicura di stare capendo. “C… cosa?”
“L’ho fatto anche io. L’anno scorso, ho abortito.”
Oh, cazzo.
“Cosa? Io… io non…”
“Non fa nulla. È acqua passata. Non era proprio previsto e non sarebbe andata per niente.”
Cazzo. Mille domande presero a vagare nella mia testa. Se avessi dovuto sentirmi dispiaciuta per lei o dirle che io non ci ero passata, come credeva. Se avessi dovuto chiederle come stava, cosa era successo e, soprattutto, con chi. Ma lei non mi diede il tempo di farle nessuna di quelle domande e sembrava totalmente a suo agio.
“Voi avete avuto una storia, vero?”
“Eh… Chi?”
“Tu ed Edward.”
“No, no. Niente storia.”
“Ah, meglio così. Andiamo allora.”
Strana; una delle conversazioni più strane che avessi mai avuto. Era chiaro che sapesse qualcosa ma non aveva voluto andare oltre. Immaginai che fosse una di quelle ragazze che scappano dalla verità perché fa troppa paura, ed è quello che feci anche io quando tornai al tavolo.
“Tyler, non mi sento molto bene. Potresti accompagnarmi a casa?”
Avevo visto la mia immagine bianca cadaverica allo specchio quindi di certo non passò come una bugia.
“Che succede?”
Edward si alzò immediatamente e mi fu accanto in due secondi.
“Ho freddo e mi gira la testa…” sussurrai, tremando.
Prima ancora che finissi la frase, Edward si era tolto la giacca e l’aveva poggiata sulle mie spalle, lasciandomi totalmente stupita.
“Vado a prendere la macchina. Aspettate qui.”
E così facemmo. Edward tornò due minuti dopo con la macchina e mi avrebbe accompagnata a casa se non avessi insistito che fosse Tyler a farlo.
Quella soddisfazione non gliel’avrei data, per nulla al mondo.
“Non andare con lui…” mi sussurrò all’orecchio, quando scesi dalla macchina, ma mi limitai solo a lanciargli una pessima occhiata.
“Hai voluto giocare e hai perso, mi dispiace” fu tutto quello che riuscii a dire mentre gli ridavo la giacca ed entravo in macchina di Tyler.
Incrociai di nuovo le braccia al petto e non distolsi lo sguardo dal suo nemmeno per un secondo, mentre gli passavamo davanti.
Indicai a Tyler la strada per arrivare a casa mia. Le luci erano spente, segno che Rose non era ancora tornata e, vuoi la voglia di non stare sola, vuoi la malinconia e una leggera paura, senza nemmeno pensarci, annuii quando Tyler mi chiese se potesse entrare in casa.
 

Nemmeno mezz’ora dopo, proprio mentre mi accomodavo finalmente sul divano per godere di una serata a modo mio, sentii bussare la porta e pensai che fosse Rose che doveva aver dimenticato le chiavi di casa, ma mi sbagliavo.

“Che ci fai qui?”
Con una rabbia negli occhi che non gli avevo ancora mai visto, Edward squadrò il mio abbigliamento, o meglio, non-abbigliamento: una semplice camicia a quadri che copriva fin poco sotto l’inguine.
“Lui dov’è?”, entrò in casa, senza nemmeno chiedere il permesso e iniziò a ispezionare cucina e salotto, le prima due stanze accessibili.
“Ma prego, entra pure. Fa’ come se fossi a casa tua” dissi, ironica, mentre mi rassegnavo e chiudevo la porta.
“Bella, dove cazzo è?”
“Oh, è nel bagno. Si sta aggiustando e controllando che, sai, sia tutto apposto.”
Lo vidi mordersi le labbra e spalancare la porta del bagno un secondo dopo, per trovarlo totalmente buio e vuoto.
“Non è successo niente…”, non era una domanda, mentre mi affrontava di nuovo.
“Vuoi dire dopo avermi messo una mano nelle mutande nemmeno due minuti dopo essere entrati in casa?” lo affrontai a mia volta. “No, non è successo niente. Non sarebbe mai successo niente, Edward.”
Lo sapevo, sapevo che aveva ragione e sapevo anche il motivo per cui non gli avevo dato retta.
“E apri a tutti così?”
“Pensavo fosse Rose.”
“Come ti senti?”
“Ora peggio di tre minuti fa, quindi se saresti così gentile da tornartene fuori e lasciarmi in pace…”
“Hai vomitato? Come stai ora? Il bambino?”
Ignorai ogni domanda, intenzionata almeno a sapere qualcosa che interessasse me.
“Da quanto tempo stai con Lauren?”
Si passò una mano tra i capelli, esasperato. “Non ci sto insieme, lo sai.”
“Da quanto tempo andate a letto insieme?”
“Un po’, Bella. Ma che cazzo…?”
“Quantifica!”
“Ma che ne so, qualche mese! Non porto il conto! Ma che cazzo è successo?”
“Ha avuto un aborto l’anno scorso” lo freddai in un secondo.
Sgranò gli occhi e scosse il capo, incredulo. “Io… io non ne sapevo niente. Te lo giuro…” E, nonostante non lo conoscessi così bene, ormai avevo tanta familiarità con la sua arroganza da capire, dalla sua espressione, che non stava mentendo.
“Beh, ora lo sai.”
“Non so niente comunque. Ho conosciuto Lauren alla fine dello scorso anno, quindi potrebbe benissimo non essere stato mio. Anzi, al 90% sicuramente è così.”
Sospirai, mentre sentivo montare il mal di testa.
Si avvicinò di qualche passo ma io indietreggiai, troppo confusa dal sovraccarico di informazioni e emozioni contrastanti.
“Bella, ti prego. Non allontanarmi. Se anche fosse stato mio, lei non mi ha mai detto nulla e non puoi darmi la colpa anche delle decisioni degli altri.”
Aveva ragione, stavolta. “Puoi… puoi chiarire questa cosa con lei in ogni caso?” Non sapevo perché volessi saperlo, ma volevo saperlo.
“Lo farò, se lo vuoi. Ma qualunque cosa sarà, non cambia il fatto che ora sono qui, con te. Lascia stare lei e pensa a noi.”
Non riuscii a rispondere tanto il male era sentire quella parola così priva di significato in quel momento. Così piena di dubbi e di se e di ma e di forse.
“Ora puoi dirmi perché l’hai fatto?”
Sospirai, cercando di assecondare i suoi tentativi di andare oltre. Almeno per quella sera, una cosa alla volta. “Per vendetta. Volevo… non lo so. Volevo vendicarmi di… Non lo so di cosa. Non lo so… Volevo che provassi lo stesso fastidio che avevo provato io. Non lo stesso, magari diverso, ma comunque un fastidio.”
“E come facevi a sapere che avrebbe funzionato?”
“Perché tu adori infrangere le regole. Cosa c’era di meglio se non scatenare una tua scenata di gelosia?”
“Pensi che fosse una scenata solo per infrangere una delle tue stupide regole?”
“Ah, non lo so. Dimmelo tu.”
E non rispose, ovviamente. Strinse i denti e mi fissò.
“Senti, non lo so cosa fosse. Non mi sarei comportato così se non avessi conosciuto il soggetto. Voglio solo che… Mi dispiacerebbe se dovessi avere a che fare con più di uno stronzo alla volta. Non te lo meriti.”
“E questo lo apprezzo, davvero. Ma non si fa così, Edward. Non è così che mi dimostri che un po’ ti interessi a me. Avevi ragione, okay? Lo sapevi tu, lo sapevo io. Siamo stati due scemi ed orgogliosi e io non ho problemi a dirti, ora, che avevi ragione, che non ho bisogno di un ragazzo in questo momento, soprattutto di un ragazzo così, ma… Non ho bisogno nemmeno di questo. Non posso vivere con i tuoi giochetti, le tue scommesse, le scenate di gelosia e i baci a tradimento. Non va così. Non è quello di cui ho bisogno ora.”
Edward aggrottò le sopracciglia e strinse le labbra. “D’accordo. Allora, dimmi di cosa hai bisogno.”
Ci pensai qualche secondo prima di rispondere, sperando di non fare un altro buco nell’acqua.
“Ho bisogno di un amico. Qualcuno su cui poter contare, qualcuno che ci sia quando ne ho bisogno e anche quando non chiedo aiuto. Qualcuno che possa consigliarmi senza avere doppi fini, qualcuno che metta da parte l’orgoglio e mi aiuti a mettere da parte il mio. Qualcuno che voglia starmi vicino senza sentirsi in obbligo, qualcuno che mi ascolti, che mi dica di piangere e mi asciughi le lacrime quando lo faccio, che mi copra quando ho freddo e mi prepari una tazza di cioccolata calda quando ne ho voglia. Qualcuno che mi abbracci quando tremo, che mi tenga la mano quando ho paura di non farcela, qualcuno che mi dica che andrà tutto bene e che sarò una brava madre e…” una lacrima mi solcò le guance e, prima che potessi accorgermene, ero tra le sue braccia.
Un braccio attorno alle mie spalle, una mano che mi carezzava dolcemente i capelli, mentre io mi rannicchiavo in lui e piangevo ancora di più.
“Sssh… Piangi, piccola. Piangi. Tranquilla, sono qui. Andrà tutto bene… e tu sarai un’ottima madre…”
E le sue parole, il modo in cui le disse, non fecero che peggiorare la mia lagna e, senza nemmeno accorgermene, mi strinsi a lui ancora di più, aggrappandomi alla sua maglietta.
“Ce la caveremo, vedrai. Insieme. Lasciami essere tuo amico, Bella. Lasciami provare, ti prego. Dammi una possibilità.”
E sapevo che, probabilmente, me ne sarei pentita eppure assecondai quella debole forza del mio cuore contraria alle mille del mio cervello che mi avrebbero spinto a dire di no. Così annuii e godetti della sua dolce voce sul mio collo.
“Grazie…”
Fu un solo soffio e rabbrividii.
“Stupidi ormoni…” singhiozzai contro il suo petto e lo sentii sorridere mentre asciugava una mia lacrima e lasciava un dolce bacio tra i miei capelli.


_____________

Ci tenevo a ringraziare tutte voi che leggete e recensite! Come molte mi hanno detto (e mi ha fatto molte piacere!) la storia non è chissà cosa a livello di trama, non ci sono grandi drammi o tragedia (ed era il mio intendo principale dopo Broken Road, cioè scrivere qualcosa di più leggero) e mi fa piacere che possiate apprezzarla ugualmente e innamorarvi di questi due idioti. Alla fine quello che a me piace raccontare di più, come magari qualcuno sa, è proprio l'inizio di un amore. Penso, e nessuno mi farà mai cambiare idea, che è la parte più bella di una storia intera, l'inizio di tutto, a cui puoi voltarti e guardare con un sorriso. Non so... Ho questo pallino per cui, sì, le mie storie probabilmente non partirebbero mai con un amore già raccontato, a meno che non ci sia altro da raccontare. Vabbè, la smetto con questo ragionamento contorto, tanto mi sa che mi sto capendo solo io.
E grazie SC (lol), che mi fai sempre commuovere con le tue recensioni... ç_ç Aaaaanyway, se avete avuto il capitolo, ringraziate Fabiana, perchè è il suo compleanno e volevo farle un pensierino; per cui mi sono alzata stamattina e l'ho finito. Tra l'altro immagino sappiate che EFP ha avuto problemi oggi pomeriggio, MA, sono ancora le 23:00 quindi sono ancora in tempo *-*

Fa', anche se probabilmente non lo leggerai nemmeno oggi che magari sei impegnata (frase che, a questo punto, non c'entra più un cazzo visto che sono le undici di sera u.u), buon compleanno!
Anche se sei una pazza che mangia deodoranti (huahuha), sei una delle persone più dolci del mondo...
Ti voglio bene! <3


That said.
Alla prossima! xx


   
 
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