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Autore: ButterflyOfTheWords    21/10/2012    1 recensioni
Eppure che colpa potevo avere io, se ero stata dotata di una fertile immaginazione e di scarso coraggio? Al mondo c’erano molte persone, alcune del tutto incapaci di “sognare qualsiasi cosa”, così razionali da trovare la bellezza solo nella fredda matematica, altre del tutto incapaci di sottostare a schemi, perennemente inserite nel loro mondo di fantasie, infine qualcuno aveva avuto la fortuna di poter fare entrambe le cose. Non era il mio caso.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta | Contesto: Contesto generale/vago
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Col cuore in gola correvo su una lunga striscia d’asfalto. Attorno a me solo le montagne. Sulla cima un po’ di neve dava loro un aspetto freddo: sembrava fuori posto, se pensavo al caldo soffocante che sentivo addosso. Gli alberi attorno alla strada erano solo macchie indistinte e io scappavo sempre più veloce, col fiato corto. Non potevo fermarmi. Poi una salita e una nuova strada: case, hotel da una parte, prati scoscesi dall’altra. Un nome a fior di labbra, che mi fece capire che non stavo scappando. Bensì correvo verso qualcuno. Ero alla ricerca di Marco. Poi mi svegliai urlando il suo nome.
 
Nel cuore della notte mi ritrovai seduta nel letto, madida di sudore. “E’ solo un sogno” mi dissi. Eppure sapevo che non poteva essere così: era la seconda volta che vedevo quei posti e ancora di più mi sembravano familiari. “Dove li ho visti? Dove?!”.
Fremente, mi alzai e barcollai in bagno, dove mi lavai il viso con acqua gelata. Dovevo tornare lucida, era necessario ricordare. E poi l’illuminazione: avevo bisogno le foto di famiglia.
Album zeppo di ricordi affollavano lo scaffale dello studio. Erano talmente tanti da essere posti in ogni direzione. Ne sfilai qualcuno, temendo che tutto mi sarebbe caduto addosso. La mia vita mi scorse davanti agli occhi, quella notte. Sfogliai momenti che ritenevo dimenticati e mi riscoprii commossa di istanti appartenenti al passato: mia madre all’ospedale con me fra le braccia. Il mio nonno che mi teneva per mano davanti al lago. Mio padre che mi faceva ascoltare la musica in grandi cuffie nere da dj. Quando trovai quello che cercavo, quasi non me ne accorsi: ero talmente presa dalla mia esistenza, da aver messo da parte per un momento la ragione della ricerca. Mi apparve un mio ritratto, a 5 anni. Avevo un cappellino grigio e una giacca a vento rossa; i miei capelli spuntavano sotto alla cuffia, incorniciando dolcemente il volto. Alle mie spalle una lunga strada asfaltata, attorniata da costruzioni in stile baita e da prati degradanti verso la striscia d’asfalto grigio. Io c’ero stata.
Girai la foto, il cuore di nuovo in gola: “La Thuile – anno 1998”. Non mi ero mai sentita così sicura di qualcosa quando sollevai il telefono e svegliai Benny:
- L’ho trovato. – dissi.
 
Il pullman per La Thuile sarebbe arrivato nel giro di una mezzora davanti alla stazione di Aosta: Benny ed Emma continuavano a spiarmi di sottecchi, convinte che se non l’avessi trovato sarei crollata in una crisi di pianto improvvisa. Io indossavo il maglione di Marco e tacevo, pensando al passato e al futuro insieme. Non avevo paura perché sapevo di aver ragione.
- Era un sogno, solo un sogno! – aveva commentato Emma tre giorni prima. Poi però né lei né Benny avevano esitato quando avevo proposto loro di seguirmi.
Con un giro di telefonate avevo trovato gli stessi amici di famiglia che ci avevano ospitati 14 anni prima: casa loro era vuota, avevano lasciato le chiavi ad una vicina. L’avrebbero avvisata del nostro arrivo.
- Se non lo troviamo, sarà una vacanza tra i monti. – constatò Emma.
- Lei sembra convinta.
Lo ero. Ero certa che l’avrei trovato, da qualche parte.
 
Quando ci fummo sistemate in casa, tirai fuori la cartina che mi ero procurata e ci addentrammo nelle viuzze della cittadina. Tutta faceva pensare al legno intagliato, ai pastori con le pecore e al latte fresco. Quel luogo mi faceva sentire in pace con me stessa.
Girammo l’angolo e scendemmo lungo una strettoia fra le case: in un istante mi ritrovai nel mio sogno; ero arrivata sulla via con case e prati, solo dal lato opposto rispetto a ciò che “avevo visto”.
- E’ qui.
- Bene, ora dove andiamo? – fece Emma, scettica. Benny le diede una teatrale gomitata e mi sorrise.
- Cosa suggerisci di fare, Giulietta?
- Andremo al bar.
Persino Benny, sempre pronta ad assecondare le mie follie, sgranò gli occhi.
- A fare che?
- A mangiare degli ottimi pasticcini.
Mi ricordavo sul serio di quei dolci. E anche di un’ottima salumeria. Comprai un sacco di cose e, passando da un negozio all’altro, mi guardavo intorno. Le persone erano tutte molto socievoli ed io aspettavo di trovare l’occasione adatta per introdurre l’argomento. Se Marco era lì, i casi potevano essere soltanto due: stava lavorando o lo ospitava qualcuno del posto. Nel secondo caso, essendo una piccola città, forse sarebbe stato semplice scoprire chi aveva come ospite un giovane ragazzo piemontese.
Infine, in una profumeria dove stavo passeggiando, ascoltai involontariamente una ragazzina che parlava:
- Così gli ho chiesto di venire in camera mia.
- E lui? – rispose l’amica, avida di succulenti pettegolezzi.
- Mi ha detto no. Ma si può?! Chiunque avrebbe ceduto. Lo sai come ragionano i ragazzi.
“Avrai quindici anni mal contati” pensai, schifata.
- Ma chi è tra quelli del gruppo?
- No, non sta con gli altri. Sta sempre solo..
- Sarà un po’ timido.
- Non sembra. C’è qualcosa sotto. Tanto per cominciare non mi ha voluto ire da dove viene.
- Ma come si chiama?
- Certo che sei smemorata! Marco..te l’ho detto prima!
Lasciai cadere il sacchetto col pane.
Dovevo seguire quelle due ragazzine.

Ciao :D Ecco un altro capitolo. Forse è un po' breve, ma ormai siamo quasi alla "svolta", quindi non volevo svelare tutto quanto in una volta sola. Mi piacerebbe sapere cosa pensate della storia, di come sta procedendo. Se vi piacciono i personaggi, quali sono le vostre ipotesi...:D se avete un momento di tempo lasciatemi un commento! 
Un bacione
Chiara
  
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