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Autore: Deirbhile    22/10/2012    2 recensioni
Dalla storia:
“Magari è vero che le persone non sono mai come sembrano, Pirandello aveva perfettamente ragione. Ognuno di noi indossa una maschera. Solo che fino ad ora ero convinta che l'unica che usasse Roberta Della Corte fosse una maschera esfoliante per liberare i pori” constatò Chiara.
Chiara e Roberta sono due liceali qualunque: a Chiara piace leggere e studiare, stare in mezzo alla natura e portare i capelli rossi legati in una treccia. A Roberta piace ostentare la sua bellezza statuaria, mostrarsi in centro a fare shopping con il suo ragazzo e nascondere i propri pensieri in fondo all'alcol.
E allora perché, dopo quattro anni passati ad odiarsi, sentono lo strano desiderio di capirsi a vicenda?
Fra amiche iperprotettive, genitori sempre assenti, scontri diretti e qualche attacco di panico, Chiara e Roberta capiranno finalmente che c'è qualcuno disposto a cicatrizzare le loro ferite.
[STORIA CONCLUSA]
Genere: Generale, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Capitolo dodici: Un sacco rosso pieno di sabbia

 

Chiara si guardò velocemente allo specchio attaccato sul retro della porta della sua stanza. Osservò con disappunto che quella tuta le andava leggermente stretta e che la canottiera gialla stonava terribilmente con i suoi capelli. L’orologio a muro della cucina segnava le sei e mezzo quando uscì di casa con la borsa della palestra in spalla, camminando velocemente per paura di arrivare in ritardo alla sua prima lezione di kick-boxing. Era stranamente eccitata, con tutto lo studio che prevedeva il liceo classico aveva abbandonato ormai da anni l’idea di poter fare sport e l’improvviso cambiamento d’idea dei suoi genitori l’aveva piacevolmente sorpresa. Faceva freddo quella sera e il cielo era blu polvere già da un pezzo. La palestra si trovava qualche isolato più a nord di casa sua, distava circa cinque minuti a piedi, ma a Chiara sembrò passare un’eternità. Sentiva già il tessuto spugnoso dei guantoni avvolgerle le dita , quando, prima di entrare nel piccolo edificio, notò una figura femminile che aspettava appoggiata al cancello d’ingresso. Roberta Della Corte stava addossata all’inferriata, con una sigaretta in mano ed un borsone blu ai suoi piedi. La rossa sentì la rabbia ribollirle dentro silenziosamente, era come se l’unico momento perfetto della sua vita le fosse appena stato tolto bruscamente. Quasi ringhiò, mentre abbassava il viso per entrare nell’edificio senza incrociare i suoi occhi azzurri, intenzionata ad ignorarla.

 

- Anche tu qui?-

La voce di Roberta sembrava terribilmente vicina, come se si fosse annidata nelle sue orecchie. Aveva un tono pacato, impastato dal fumo.

 

- Evidentemente.-

Chiara si girò e allargò le braccia con fare ironico, gettandosi la borsa ai piedi. Faceva dannatamente freddo e lei se ne stava lì a chiacchierare con quella, perfetto! Vide un ghigno farsi strada fra le labbra perfettamente rosse di Della Corte, deformandole grottescamente il viso delicato.

 

- Fammi indovinare… Danza?- ridacchiò l’altra amaramente, passandosi un dito sulle sopracciglia sottili. Il cielo era scuro sopra di loro, le nubi grigie vorticavano sopra le loro teste, minacciose. Non si poteva dire quale spettacolo fosse più inquietante.

 

- Kick boxing- la corresse scocciata Chiara, sposandosi una ciocca rossa che le era finita sugli occhi. Roberta allargò le pupille per un impercettibile secondo. La sua bocca si aprì leggermente, mentre il mozzicone fumava fra le sue dita. Poi scoppiò a ridere sommessamente, una piccola risatina spontanea che contrastava nettamente con la sua apparenza scontrosa.

 

- Io ho appena finito di prendere a pugni il sacco… Immagino tu sia nuova, non ti ho mai vista qui-

Pronunciando quella frase la guardò per un attimo negli occhi scuri, cercando una conferma. Quando Chiara annuì, piegò un angolo della bocca in qualcosa di simile ad un sorriso. Aprì la porta che le separava dal torpore della palestra e le intimò di seguirla per mostrarle gli spogliatoi.

La rossa camminò stizzita nell’ingresso, salutando appena la donna di mezza età che se ne stava placidamente seduta dietro ad un bancone, troppo occupata a focalizzare la situazione.

Perché ora ci parliamo?” Quella domanda le venne così naturale che per poco non se la fece scappare dalle labbra. Si limitò a sedersi su una delle panche di legno dello spogliatoio femminile e ad appendere ad un gancio di ferro il suo cappotto bluastro. Con la coda dell’occhio vide Roberta aggiustarsi i capelli e controllare il trucco in un piccolo specchio adiacente al bagno, assorta.

 

- Che ci facevi là fuori?-

Probabilmente fu il fatto di essersi parlate in modo quasi civile che la fece sentire autorizzata a riattaccare conversazione.

 

- Aspettavo mia madre, non mi andava di tornarmene con questo freddo- mormorò atona, andandosi a sedere su una panca di fronte a lei e portandosi il borsone fra le ginocchia. La tensione era percepibile in ogni centimetro cubo di aria, soffocava le narici di Chiara lasciandola quasi frastornata. Come era finita nello stesso posto di Della Corte? Come aveva fatto a scegliere proprio la palestra in cui si allenava nel turno precedente al suo? Aggrottò le sopracciglia, quando riuscì ad immaginarsi Roberta con i guantoni che picchiava un sacco di sabbia. Decisamente non era uno sport che si addiceva ad una come lei. Vedendola lì fuori, avrebbe scommesso qualunque cosa sul fatto che fosse lì per caso o al massimo per il corso di danza. Ancora sotto shock, si accorse che le loro parole erano morte nell’esatto istante in lei cui aveva sottratto i suoi occhi allo sguardo della riccia.

 

- Perché fai così?-

I capelli di Roberta ondeggiarono, mentre cercava le parole per rispondere.  Alzò le spalle, noncurante, come a dire “io faccio tutto ciò che voglio”.

 

- Così come?- Poi corrugò la fronte diafana, cominciando a torturarsi una ciocca di capelli scuri.

- Non mi parli per tutta la settimana e poi appari all’improvviso, quando meno me lo aspetto…- Chiara aveva un tono assorto. Le aveva dato un enorme fastidio, quella settimana. Di certo non si era aspettata che dopo la gita a Vienna sarebbero diventate amiche, ma nemmeno che l’avrebbe ignorata così spudoratamente.

- Nemmeno tu mi hai parlato per tutta la settimana- sviò l’altra, con una scrollata di spalle. La sua faccia tosta era davvero irritante.

La rossa abbassò di colpo un sopracciglio, pensierosa. In effetti nemmeno lei aveva fatto particolari sforzi per preservare quell’abbozzo di rapporto che era nato in quella settimana.

-  Beh... Tu parlottavi sempre con loro, ridacchiavi! Non volevo… Oh cielo, non so come dirtelo… Non volevo disturbarti- mormorò sconnessamente, facendosi leggermente rossa sulla punta delle orecchie.  Roberta sembrò illuminarsi, in una risatina divertita. La sua risata divenne mano a mano più forte, fino a coinvolgere involontariamente anche l’altra. Si guardarono per un attimo negli occhi, sorprese di come si fossero trovate in quella situazione. Chiara sospirò, chiudendo gli occhi. Quando li riaprì la riccia era ancora seduta di fronte a lei, immobile, a fissare un punto indefinito oltre la sua testa.

-  Credo che… sia meglio che io vada, la lezione comincia fra cinque minuti- disse esitante, sfilandosi anche la felpa e rimanendo a braccia scoperte. Roberta annuì, fece per alzarsi, ma poi ricadde debolmente sulla panca, come un burattino a cui sono stati improvvisamente tagliati i fili.

- Allora… ci si vede in giro-  sogghignò, piegando un angolo della bocca in un piccolo sorriso.

-   Ciao-

Chiara uscì fuori dallo spogliatoio e si accostò a degli attrezzi dalla forma strana, fa cui si intravedeva anche un grande sacco da boxe. Sentì già la dura sabbia spaccarle le nocche, ma questo pensiero non la spaventò minimamente.

Si sentì come l’assassino di fronte alla vittima disarmata, colto da un’improvvisa ondata di eccitazione malsana. Non ricordava precisamente che forma avesse un cuore umano, mentre sentiva il suo battere. In quel momento lo immaginò solo come un sacco rosso pieno di sabbia, con qualcuno che lo colpiva ripetutamente. In fondo era così che funzionava ,no? Il cuore batte per qualcuno e poco importa se quel qualcuno lo picchia brutalmente.

Ghignò a sua volta, come aveva fatto Roberta. Ora era pronta a prendere a pugni qualcosa.

 

Due giorni dopo la festa di San Patrizio, prima che Chiara andasse a dormire, sua madre irruppe in camera sua con in mano il cordless rosso, mentre quella cercava di fare centro con una lattina nel cestino vicino alla scrivania.

- Che vuoi, ma’?- borbottò sgarbatamente, accigliata nel vedere che non aveva la stessa mira di Michael Jordan. Margaret le passo silenziosamente il telefono e fece per andarsene, leggermente infastidita dalla concezione di ordine di Chiara. Il libro di chimica giaceva abbandonato sul pavimento, mentre la scrivania era totalmente coperta di carta straccia.

-  C’è Benedetta al telefono- le disse, mentre usciva per dirigersi al piano inferiore. La rossa scese repentinamente dal letto e recuperò il cordless. Poi si lasciò di nuovo cadere fra i cuscini colorati e accostò l’apparecchio all’orecchio, respirando affannosamente per lo sforzo.

-  Piccola… come va?- proruppe la voce acuta di sua sorella, incrinata dal disturbo della linea telefonica. Erano quasi cinque giorni che non chiamava, per Chiara fu un sollievo risentirla parlare allegramente.

- Mah, ho ancora chimica da studiare, sono la peggiore del corso di kick boxing e Sabrina è arrabbiata con me perché ho accidentalmente macchiato la sua sciarpa con i teschi… Non potrebbe andare meglio- mugugnò rassegnata, torturandosi una ciocca di capelli.  Sentì Benedetta ridere allegramente. Se fosse stata lì vicino a lei, avrebbe di sicuro riconosciuto le due fossette agli angoli delle labbra che si formavano ogni qualvolta sorrideva.

- Mi fa piacere che va tutto bene… Non essere sempre così ottimista, eh!- la prese in giro. Chiara ghignò, cercando una risposta adeguatamente sarcastica.

- Come te la passi?- si limitò poi a domandare, fissando distrattamente il soffitto.

- Come al solito, Chià. Sicura che il problema sia solo la chimica? Non è che c’entra… com’è che si chiamava!? Riccardo?-

La rossa sbuffò sonoramente, la situazione con Riccardo era stazionaria, ma non sembrava influire più di tanto sul suo umore mutevole. Almeno non quanto la misteriosa Della Corte. Imprecò mentalmente rendendosi conto di aver appena ammesso che quella era spesso- troppo spesso!- nei suoi pensieri.

Era forse quello a darle fastidio?

- No è che… c’è una mia compagna di classe…- sbuffò, per poi raccontarle tutta la vicenda: le notti in albergo, il livido, la discoteca, le lacrime e ,mano a mano andava che avanti, rivedeva quelle scene vivere nei suoi occhi.

-E’ strana questa Roberta, non credi?- buttò lì Benedetta che, evidentemente stanca del suo soliloquio contorto, decise di intervenire prima che esplodesse.

- Già…-

- Piuttosto come mai hai così tanto interesse nel diventare sua amica quando ricordo che fino a qualche mese fa la includevi fra le “ochette senza cervello”?-

Chiara quasi si strozzò con la sua stessa saliva. Interesse? Assolutamente no!

-Interesse? Assolutamente no!- si fece eco, con la voce stridula di quando diceva una mezza bugia.

- Ti conosco, Chiaretta, quando dici che una persona è “stramba e bipolare da far paura , insomma perché si comporta in questo modo!?” vuol dire che non ti è indifferente. Qualcuno per attirare la tua attenzione deve essere criptico e lei lo è! Le persone banali e costanti non ti piacciono, non contraddire tua sorella, lo sia che ho ragione! Evidentemente Roberta ha più cervello di quello che pensavi- rise la più grande.

- Tu dici?- disse con filo di voce la rossa, raggomitolandosi sul letto.

- Si, quindi vedi di diventarle amica… che ti importa di ciò che pensano Vanessa e le altre piccole vipere? Sei quasi alla fine del quarto anno, fra poco non le vedrai nemmeno più!- la esortò calorosamente Benedetta. –Se io avessi l’opportunità di tornare almeno per un giorno al liceo cercherei di recuperare l’amicizia di qualche compagno con cui non ho mai avuto il coraggio di avere rapporti per paura del giudizio degli altri…- continuò.

-Tu? Paura del giudizio degli altri? Ma se eri una delle più benvolute sia dai prof sia da compagni!- esclamò sorpresa l’altra.

- Si, io. Ricordi Giovanna Fabbrizzi, la biondina che tutti credevano essere matta da legare per la sua ossessione di dipingere gatti? Beh, ora ha aperto uno studio a Firenze e sembra sia anche parecchio apprezzata, ma ai miei tempi non ebbi mai il coraggio di farmi vedere a parlare con lei nonostante sia una delle persone più incomprese e geniali che abbia mai conosciuto- spiegò Benedetta, in tono malinconico.

- Okay, okay, niente malinconia… ci proverò- sospirò Chiara. Poi il discorso sviò sui risultati degli ultimi esami di diritto romano di Benedetta e le chiacchiere diventarono più futili e leggere.

Quando chiuse la chiamata era oramai quasi notte e il cielo di marzo oscurava tetramente la finestra che dava sulla strada.

 Maledicendo il professore di chimica e la sua inattitudine a quella materia, Chiara si rimise a studiare, finché non cadde in un sonno profondo e senza sogni.

 

  
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