Chiara si guardò velocemente allo
specchio attaccato sul retro della porta della sua stanza. Osservò con
disappunto che quella tuta le andava leggermente stretta e che la canottiera gialla
stonava terribilmente con i suoi capelli. L’orologio a muro della cucina
segnava le sei e mezzo quando uscì di casa con la
borsa della palestra in spalla, camminando velocemente per paura di arrivare in
ritardo alla sua prima lezione di kick-boxing. Era
stranamente eccitata, con tutto lo studio che prevedeva il liceo classico aveva
abbandonato ormai da anni l’idea di poter fare sport e l’improvviso cambiamento
d’idea dei suoi genitori l’aveva piacevolmente sorpresa. Faceva freddo quella sera e il cielo era blu polvere già da un
pezzo. La palestra si trovava qualche isolato più a nord di casa sua, distava
circa cinque minuti a piedi, ma a Chiara sembrò passare un’eternità. Sentiva
già il tessuto spugnoso dei guantoni avvolgerle le dita ,
quando, prima di entrare nel piccolo edificio, notò una figura femminile che
aspettava appoggiata al cancello d’ingresso. Roberta Della Corte stava
addossata all’inferriata, con una sigaretta in mano ed un borsone blu ai suoi
piedi. La rossa sentì la rabbia ribollirle dentro silenziosamente, era come se
l’unico momento perfetto della sua vita le fosse appena stato tolto
bruscamente. Quasi ringhiò, mentre abbassava il viso per entrare nell’edificio
senza incrociare i suoi occhi azzurri, intenzionata ad ignorarla.
- Anche tu qui?-
La voce di
Roberta sembrava terribilmente vicina, come se si fosse annidata nelle sue
orecchie. Aveva un tono pacato, impastato dal fumo.
-
Evidentemente.-
Chiara si girò
e allargò le braccia con fare ironico, gettandosi la borsa ai piedi. Faceva
dannatamente freddo e lei se ne stava lì a chiacchierare con
quella, perfetto! Vide un ghigno farsi strada
fra le labbra perfettamente rosse di Della Corte, deformandole grottescamente
il viso delicato.
- Fammi
indovinare… Danza?- ridacchiò l’altra amaramente, passandosi un dito sulle
sopracciglia sottili. Il cielo era scuro sopra di loro, le nubi grigie
vorticavano sopra le loro teste, minacciose. Non si
poteva dire quale spettacolo fosse più inquietante.
- Kick boxing- la corresse scocciata Chiara, sposandosi una ciocca rossa che
le era finita sugli occhi. Roberta allargò le pupille per un impercettibile
secondo. La sua bocca si aprì leggermente, mentre il mozzicone fumava fra le
sue dita. Poi scoppiò a ridere sommessamente, una piccola risatina spontanea
che contrastava nettamente con la sua apparenza scontrosa.
- Io ho appena
finito di prendere a pugni il sacco… Immagino tu sia
nuova, non ti ho mai vista qui-
Pronunciando
quella frase la guardò per un attimo negli occhi scuri, cercando una conferma. Quando Chiara annuì, piegò un angolo della bocca in qualcosa di simile ad un sorriso. Aprì la porta che
le separava dal torpore della palestra e le intimò di seguirla per mostrarle
gli spogliatoi.
La rossa
camminò stizzita nell’ingresso, salutando appena la donna di mezza età che se
ne stava placidamente seduta dietro ad un bancone, troppo occupata a
focalizzare la situazione.
“Perché ora ci parliamo?” Quella domanda le venne così
naturale che per poco non se la fece scappare dalle labbra. Si limitò a sedersi
su una delle panche di legno dello spogliatoio
femminile e ad appendere ad un gancio di ferro il suo cappotto bluastro. Con la
coda dell’occhio vide Roberta aggiustarsi i capelli e controllare il trucco in
un piccolo specchio adiacente al bagno, assorta.
-
Che ci facevi là fuori?-
Probabilmente
fu il fatto di essersi parlate in modo quasi civile che la fece sentire
autorizzata a riattaccare conversazione.
- Aspettavo mia madre, non mi andava di tornarmene con questo
freddo- mormorò atona, andandosi a sedere su una panca di fronte a lei e
portandosi il borsone fra le ginocchia. La tensione era percepibile in ogni
centimetro cubo di aria, soffocava le narici di Chiara
lasciandola quasi frastornata. Come era finita nello
stesso posto di Della Corte? Come aveva fatto a scegliere proprio la palestra
in cui si allenava nel turno precedente al suo? Aggrottò le sopracciglia,
quando riuscì ad immaginarsi Roberta con i guantoni che picchiava
un sacco di sabbia. Decisamente non era uno sport che
si addiceva ad una come lei. Vedendola lì fuori, avrebbe scommesso qualunque
cosa sul fatto che fosse lì per caso o al massimo per il corso di danza. Ancora
sotto shock, si accorse che le loro parole erano morte nell’esatto istante in
lei cui aveva sottratto i suoi occhi allo sguardo della riccia.
-
Perché fai così?-
I capelli di
Roberta ondeggiarono, mentre cercava le parole per rispondere. Alzò le
spalle, noncurante, come a dire “io faccio
tutto ciò che voglio”.
- Così come?-
Poi corrugò la fronte diafana, cominciando a torturarsi una ciocca di capelli
scuri.
- Non mi parli
per tutta la settimana e poi appari all’improvviso,
quando meno me lo aspetto…- Chiara aveva un tono assorto. Le aveva dato un enorme fastidio, quella settimana. Di certo non si
era aspettata che dopo la gita a Vienna sarebbero
diventate amiche, ma nemmeno che l’avrebbe ignorata così spudoratamente.
- Nemmeno tu
mi hai parlato per tutta la settimana- sviò l’altra,
con una scrollata di spalle. La sua faccia tosta era
davvero irritante.
La rossa abbassò
di colpo un sopracciglio, pensierosa. In effetti
nemmeno lei aveva fatto particolari sforzi per preservare quell’abbozzo
di rapporto che era nato in quella settimana.
- Beh...
Tu parlottavi sempre con loro, ridacchiavi! Non
volevo… Oh cielo, non so come dirtelo… Non volevo disturbarti- mormorò
sconnessamente, facendosi leggermente rossa sulla punta delle orecchie.
Roberta sembrò illuminarsi, in una risatina divertita. La sua risata
divenne mano a mano più forte, fino a coinvolgere
involontariamente anche l’altra. Si guardarono per un attimo negli occhi,
sorprese di come si fossero trovate in quella
situazione. Chiara sospirò, chiudendo gli occhi. Quando
li riaprì la riccia era ancora seduta di fronte a lei, immobile, a fissare un
punto indefinito oltre la sua testa.
- Credo
che… sia meglio che io vada, la lezione comincia fra cinque minuti- disse esitante, sfilandosi anche la felpa e rimanendo a
braccia scoperte. Roberta annuì, fece per alzarsi, ma poi ricadde debolmente
sulla panca, come un burattino a cui sono stati
improvvisamente tagliati i fili.
- Allora… ci
si vede in giro- sogghignò, piegando un angolo
della bocca in un piccolo sorriso.
- Ciao-
Chiara uscì fuori dallo spogliatoio e si accostò a degli attrezzi dalla
forma strana, fa cui si intravedeva anche un grande sacco da boxe. Sentì già la
dura sabbia spaccarle le nocche, ma questo pensiero
non la spaventò minimamente.
Si sentì come
l’assassino di fronte alla vittima disarmata, colto da un’improvvisa ondata di eccitazione malsana. Non ricordava precisamente che forma
avesse un cuore umano, mentre sentiva il suo battere.
In quel momento lo immaginò solo come un sacco rosso pieno di sabbia, con
qualcuno che lo colpiva ripetutamente. In fondo era così che funzionava ,no? Il cuore batte per qualcuno e poco importa se quel
qualcuno lo picchia brutalmente.
Ghignò a sua
volta, come aveva fatto Roberta. Ora era pronta a prendere a pugni qualcosa.
Due giorni
dopo la festa di San Patrizio, prima che Chiara andasse a dormire, sua madre
irruppe in camera sua con in mano il cordless rosso, mentre quella cercava di fare centro con
una lattina nel cestino vicino alla scrivania.
-
Che vuoi, ma’?- borbottò sgarbatamente, accigliata
nel vedere che non aveva la stessa mira di Michael Jordan. Margaret le passo
silenziosamente il telefono e fece per andarsene, leggermente infastidita dalla
concezione di ordine di Chiara. Il libro di chimica giaceva abbandonato sul
pavimento, mentre la scrivania era totalmente coperta di carta straccia.
- C’è
Benedetta al telefono- le disse, mentre usciva per
dirigersi al piano inferiore. La rossa scese repentinamente dal letto e
recuperò il cordless. Poi si lasciò di nuovo cadere
fra i cuscini colorati e accostò l’apparecchio all’orecchio, respirando
affannosamente per lo sforzo.
- Piccola…
come va?- proruppe la voce acuta di sua sorella, incrinata dal disturbo della
linea telefonica. Erano quasi cinque giorni che non chiamava, per Chiara fu un
sollievo risentirla parlare allegramente.
- Mah, ho
ancora chimica da studiare, sono la peggiore del corso di kick
boxing e Sabrina è arrabbiata con me perché ho accidentalmente macchiato la sua sciarpa con i teschi…
Non potrebbe andare meglio- mugugnò rassegnata,
torturandosi una ciocca di capelli. Sentì Benedetta ridere allegramente. Se fosse stata lì vicino a lei, avrebbe di sicuro
riconosciuto le due fossette agli angoli delle labbra che si formavano ogni
qualvolta sorrideva.
- Mi fa
piacere che va tutto bene… Non essere sempre così ottimista, eh!- la prese in
giro. Chiara ghignò, cercando una risposta adeguatamente sarcastica.
- Come te la
passi?- si limitò poi a domandare, fissando distrattamente il soffitto.
- Come al solito, Chià. Sicura che il
problema sia solo la chimica? Non è che c’entra… com’è che si chiamava!? Riccardo?-
La rossa
sbuffò sonoramente, la situazione con Riccardo era stazionaria, ma non sembrava
influire più di tanto sul suo umore mutevole. Almeno non quanto la misteriosa Della
Corte. Imprecò mentalmente rendendosi conto di aver appena ammesso che quella era spesso-
troppo spesso!- nei suoi pensieri.
Era forse
quello a darle fastidio?
- No è che… c’è una mia compagna di classe…- sbuffò, per poi
raccontarle tutta la vicenda: le notti in albergo, il livido, la discoteca, le
lacrime e ,mano a mano andava che avanti, rivedeva quelle scene vivere nei suoi
occhi.
-E’ strana questa Roberta, non credi?- buttò lì Benedetta che, evidentemente stanca del suo
soliloquio contorto, decise di intervenire prima che esplodesse.
- Già…-
- Piuttosto come mai hai così tanto interesse nel diventare sua amica quando ricordo
che fino a qualche mese fa la includevi fra le “ochette senza cervello”?-
Chiara quasi si
strozzò con la sua stessa saliva. Interesse? Assolutamente no!
-Interesse? Assolutamente no!- si fece
eco, con la voce stridula di quando diceva una mezza
bugia.
- Ti conosco, Chiaretta, quando dici che una persona è “stramba
e bipolare da far paura , insomma perché
si comporta in questo modo!?” vuol dire che non ti è indifferente. Qualcuno
per attirare la tua attenzione deve essere criptico e lei lo è! Le persone
banali e costanti non ti piacciono, non contraddire tua sorella, lo sia che ho ragione! Evidentemente Roberta ha più cervello di
quello che pensavi- rise la più grande.
- Tu dici?- disse
con filo di voce la rossa, raggomitolandosi sul letto.
- Si, quindi vedi di diventarle amica…
che ti importa di ciò che pensano Vanessa e le altre
piccole vipere? Sei quasi alla fine del quarto anno, fra poco non le vedrai
nemmeno più!- la esortò calorosamente Benedetta. –Se
io avessi l’opportunità di tornare almeno per un giorno al liceo
cercherei di recuperare l’amicizia di qualche compagno con cui non ho mai avuto
il coraggio di avere rapporti per paura del giudizio degli altri…- continuò.
-Tu? Paura del giudizio degli altri? Ma se eri una delle più benvolute sia dai prof sia da
compagni!- esclamò sorpresa l’altra.
- Si, io. Ricordi Giovanna Fabbrizzi, la biondina che tutti credevano essere matta da
legare per la sua ossessione di dipingere gatti? Beh, ora ha aperto uno studio
a Firenze e sembra sia anche parecchio apprezzata, ma ai miei tempi non ebbi
mai il coraggio di farmi vedere a parlare con lei
nonostante sia una delle persone più incomprese e geniali che abbia mai
conosciuto- spiegò Benedetta, in tono malinconico.
- Okay, okay, niente malinconia… ci proverò- sospirò Chiara. Poi il discorso sviò sui risultati
degli ultimi esami di diritto romano di Benedetta e le
chiacchiere diventarono più futili e leggere.
Quando chiuse la chiamata era oramai quasi
notte e il cielo di marzo oscurava tetramente la finestra che dava sulla
strada.
Maledicendo
il professore di chimica e la sua inattitudine a quella materia, Chiara si
rimise a studiare, finché non cadde in un sonno profondo e senza sogni.