Capitolo settimo
La casa di Phos era composta da una sola, grande stanza: un giaciglio
poco accogliente in un angolo, il focolare acceso con un grosso calderone messo
a bollire sul fuoco scoppiettante, un tavolo di legno grezzo sommerso da volumi
dall’aria antica e uno scaffale su cui erano sistemati decine di oggetti
stravaganti, tra cui diversi vasetti contenenti polveri e liquidi dai colori
brillanti.
Tutto lo spazio disponibile era pieno: i tre ospiti dovettero zigzagare
tra le cianfrusaglie che riempivano il pavimento per seguire il piccolo mago
che balzava con abilità da un punto all’altro.
-Volete un tè? O forse una tisana rilassante, credo sia meglio...-
-Abbiamo fretta.- sbottò Damon –Voglio… vogliamo solo sapere dov’è stata
portata la mia schiava.-
-Oh, so cosa vuoi, Damon Salvatore.- annuì Phos, senza voltarsi mentre
metteva a bollire dell’acqua al di sopra del calderone –La domanda è: tu lo sai
cosa vuoi? Ma questa è un’altra storia… o forse è la stessa?- ci rifletté per
un istante, poi scosse le spalle –Oh, beh. Ad ogni modo vi farà bene una tisana
prima di iniziare il percorso per trovare la vostra amica. Aiuterà i vostri
nervi e terrà saldi i vostri obiettivi.-
-Ci sta dando degli indizi, secondo te?- domandò Elena in un sussurro
mentre si sedeva con Meredith su due sedie dall’aria poco stabile. Damon aveva
preferito restare in piedi e sovrastava tutto il gruppo, le braccia incrociate
al petto e i nervi del collo tesi.
-Non posso darvi nessun indizio. Lo farei, se potessi: se troverete la
vostra amica in tempo sarà meglio per tutti, non solo per voi. Ma riuscire a
localizzarla dipende solo da voi è non c’è nulla che io possa fare per
aiutarvi, tranne aiutarvi a trovare i mezzi giusti.-
Damon alzò gli occhi al cielo, impaziente, mentre il mago versava in tre
tazze uguali e un po’ sbeccate un liquido scuro dall’odore penetrante. Non
appena ebbe finito il vampiro afferrò una tazza e la svuotò in un sol sorso
mentre Elena e Meredith bevevano più lentamente –Bene, ora possiamo
cominciare?-
Phos lo osservò per qualche istante con un sorrisetto stravagante, poi
annunciò –Dovete farlo uno alla volta. Solo uno può attivare la connessione.-
-Inizio io.- si propose immediatamente Elena, posando la tazza –Bonnie è
la mia migliore amica.- aggiunse a mo’ di spiegazione.
Phos riportò lo sguardo su Damon e il vampiro ebbe la sgradevole
sensazione che si aspettasse qualcosa da lui, ma dopo un po’ il mago scosse le
spalle –Bene. Allora, iniziamo. Chiudi gli occhi, Elena, e ti farò viaggiare
verso ciò che cerchi.-
Elena annuì e con l’aria intensa di chi sta per affrontare una tremenda
sfida obbedì. Avvertì dei flebili sussurri che si trasformarono in una litania
coinvolgente e le parve che tutto iniziasse a rotearle attorno, poi cadde nel
vuoto.
***
Elena aprì gli occhi e si guardò attorno. Si trovava
in un ampio salone scuro e davanti a lei vide una porta aperta. Era già in
piedi, scoprì, e la superò entrando in un corridoio fiocamente illuminato. Non
c’erano altre strade possibili, così iniziò ad avanzare.
Tutto era silenzioso, come se l’intero universo si
fosse messo in pausa per permetterle di trovare Bonnie. Sentiva solo un suono
flebile, continuo, e accelerò il passo. Era un richiamo, indefinibile ma
irresistibile, e si sentiva attratta lungo quell’infinito corridoio.
Si trovò quasi a correre: quello che voleva era
sempre più vicino, ad ogni passo che faceva, ad ogni respiro.
Improvvisamente, a poca distanza da lei, vide una
porta.
Dentro di lei sapeva che ciò che cercava era proprio
lì dietro e vi si gettò contro, impaziente.
Si era aspettata di trovarsi di fronte Bonnie e di
vederla sciogliersi in un sorriso grato, colmo di sollievo.
Invece si trovò in un luogo familiare che la fece
immediatamente rabbrividire: era la cella di Stefan, ma questa volta si trovava
dall’altro lato delle sbarre. Stefan era lì, in piedi, sano e robusto come
prima della sua scomparsa.
Elena fece per correre verso di lui: voleva sentirsi
stringere dalle sue braccia, sentirsi protetta e al sicuro come si sentiva
sempre nel suo abbraccio. Invece, non riuscì a superare la soglia.
Accigliandosi, si guardò attorno e si accorse che la
porta che aveva aperto era doppia: aprendola, ne aveva chiusa un’altra.
Curiosa, fece scorrere la porta e aprì l’altro lato.
Era una stanza della casa di Lady Ulma, per la
precisione la stanza di Damon. Il vampiro era lì, di fronte a lei, seduto su
una poltrona con un bicchiere di scotch in mano e un sorriso pericoloso sul
viso perfetto. Era affascinante come non mai e Elena ne era incredibilmente
attratta: sentiva l’impulso di andare da lui e permettergli di morderla, di
farsi avvolgere da quel turbine di sensualità. Fece un passo, ma di nuovo non
riuscì a superare la soglia. Stavolta venne sbalzata indietro e la porta iniziò
a scorrere da sola, da un lato e dall’altro, rivelando prima l’uno e poi
l’altro dei fratelli Salvatore, ognuno con la sua attrattiva, ognuno con il suo
fascino: Stefan dolce e affettuoso, Damon sexy e pericoloso, entrambi
innamorati di lei, pronti a tutto per
lei.
Improvvisamente, Damon si alzò dalla poltrona e fece
un passo indietro, allontanandosi da lei.
-No! Damon, aspetta!- Elena fece per andare da lui,
ma con la coda nell’occhio notò che stavolta era stato Stefan ad allontanarsi e
si voltò verso di lui –Stefan! Stefan, sono qui per liberarti…- di nuovo, vide
Damon indietreggiare –Damon… io… non…-
La testa iniziò a girare e Elena barcollò. I due
vampiri si allontanavano e si avvicinavano come in una danza che lei non
riusciva a seguire. Si sentiva attratta da due lati, spezzata in due, e
improvvisamente tutto si fece buio e cadde a terra.
***
Quando Elena aprì gli occhi, tutti si voltarono verso
di lei.
-L’hai trovata?- domandò immediatamente Meredith,
ansiosa. Elena esitò e il suo sguardo si soffermò per un istante su Damon, poi abbassò
gli occhi e scosse il capo.
-La tua concentrazione ha vacillato, Elena?- domandò
Phos, anche se la sua espressione diceva che conosceva già la risposta.
-Credo… sì, credo di sì.- sospirò Elena –Come facciamo
adesso? Non c’è un altro modo?-
-Ci sono altri due tentativi che possiamo fare.- le
fece notare Phos –Ma se permettete sceglierò io stavolta: dovresti sederti,
Salvatore.-
Damon quasi sobbalzò, sorpreso, e d’istinto lanciò
uno sguardo a Meredith. Incredibilmente, la mora gli sorrise in un modo che per
una volta non sembrava inquietante. Fu Elena, invece, a ribattere –Non sarebbe
meglio… Meredith, forse…-
-Se Damon non ci riuscirà anche Meredith avrà il suo
tentativo.- la interruppe Phos, osservando Damon con sguardo intenso –Allora?-
Damon si sedette, per una volta senza nessuna
battuta, e chiuse gli occhi.
Mentre Phos mormorava le sue stravaganti formule
Damon si sentì avvolgere da una nebbia fitta, dopodiché iniziò a galleggiare
nel nulla e scivolò nel vuoto.
***
Damon aprì gli occhi e si trovò in un corridoio,
privo di un inizio e privo, a quanto pareva, di una fine. Era dritto, privo di
curve, e Damon seppe istintivamente da che parte andare: si incamminò, senza
nemmeno guardarsi attorno, e seguì il suo corpo che sembrava sapere esattamente
dove andare.
-Damon!-
Sobbalzò, sentendo la voce della streghetta che
risuonava nella sua mente, chiara e decisa.
-Damon… Damon!-
Accelerò il passo. Aveva l’impressione di vedere il
riflesso di un’ombra di pochi passi davanti a sé, una figura vaga dai capelli
rossi come delle fiamme che lo invitava a seguirlo. Si trovò a correre lungo il
corridoio che pareva infinito.
Quando vide una porta di fronte a sé vi si gettò
contro con tutto il suo peso e la spalancò, quasi sfondandola.
-Damon! Sei venuto, sei qui!- esclamò una voce colma
di una felicità così pura che il cuore del vampiro, fermo da secoli, vibrò nel
suo petto.
Si trovava in una stanza circolare, con un grande
letto e una sola finestra. Bonnie era di fronte a lui, i capelli rossi sciolti
sulle spalle delicate e gli occhi color cioccolato pieni di lacrime. Indossava
un vestito di pregiata fattura, verde e d’oro, che la faceva sembrare una ninfa
dei boschi, un folletto.
Allargò le braccia e il suo pettirosso gli corse
incontro, buttandosi su di lui che la strinse contro il suo petto.
-Non credevo che mi avresti sentita, questa volta.-
esalò contro la sua spalla mentre Damon, senza rendersene conto, la abbracciava
un po’ più forte –Credevo che non saresti venuto. Invece verrai? Verrai a
prendermi?-
-Sono già qui.- la fece notare Damon, inebriato
dall’abbandono con cui Bonnie si lasciava stringere da lui –Ora torniamo a
casa.-
-Non sei qui.- la sentì singhiozzare e la strinse un
po’ di più –Non sei qui, e nemmeno io sono qui. AH!- sentendola gridare, Damon
la lasciò per assicurarsi di non averle fatto male.
Sbarrò gli occhi, terrorizzato: la pelle chiara del
collo di Bonnie era ricoperto da una cascata di sangue scuro che scivolava
lungo la scollatura, colando sul vestito verde. Se quella visione in un altro
momento l’avrebbe eccitato, in quell’istante lo sconvolse e cercò il modo di fermare
il sangue. Quando riportò lo sguardo su Bonnie però la ragazza era scomparsa.
-Damon… Damon, aiutami…-
Il richiamo, stavolta, era un gemito sommesso. Il
vampiro si voltò e il suo intero mondo tremò.
Bonnie, la sua
Bonnie, era bloccata nella stretta di un uomo di cui non riusciva a vedere il
volto. La teneva con volenza, bloccandole la testa indietro per morderle il
collo con più comodità.
Con un ringhio predatore, Damon si buttò
sull’aggressore di Bonnie intenzionato a strappargli via la testa con un solo
colpo per riprendersi la sua
streghetta.
Ma nel momento in cui fu vicino ai due ebbe appena il
tempo di incontrare lo sguardo straziato di Bonnie, poi venne tirato indietro
da una forza invisibile ma implacabile. Lottò con tutte le sue forze per
contrastarla, cercando di raggiungere Bonnie, ma venne trascinato via e quando cadde
nel buio riusciva a vedere solo l’immagine terribile del suo Pettirosso
prosciugato dallo sconosciuto.
***
Bonnie aprì gli occhi e si trovò stesa sul morbido
materasso del letto.
Si sollevò lentamente, cercando di contrastare i
violenti giramenti di testa che la aggredivano come dardi infuocati piantati
direttamente nella sua scatola cranica.
Si guardò le mani, poi lanciò un’occhiata alle
coperte. Erano pregne di sangue fresco e lo sentiva anche sul suo collo. Eppure
c’era qualcosa di strano: sembrava che ci fosse qualcosa, mescolato al sangue,
un liquido viscoso e nero che imbrattava il letto e le colava sulla pelle
accaldata.
Notò che nella stanza era comparsa una vasca, piena
di acqua fumante. Solo poche ore prima aveva deciso di restare il più possibile
distaccata da qualsiasi cosa le offrissero in quella prigione, ma si trovò a
liberarsi dell’abito e un istante dopo si stava immergendo nella vasca,
godendosi il calore dolce che le avvolgeva la pelle lambendole le ferite sul
collo.
Chiuse gli occhi e si riaddormentò immediatamente,
esausta per ciò che aveva subìto.
_______________________________L’angolo di Jane
Eeeeeeeh rieccomi. In ritardo, ma voi sarete più
docili del mio relatore di tesi, vero? :P
Questo capitolo è un po’
particolare, spero che vi sia piaciuto. C’è qualche piccolo accenno Bamon che spero abbiate apprezzato: nonostante tutto, pare
che dentro di sé Damon sappia benissimo che tiene a Bonnie, dovrebbe solo
rendersene conto in modo cosciente!
Al solito grazie a tutti voi che mi
avete recensito, che avete aggiunto la storia tra i preferiti, tra le seguite
ecc ecc. Siete fantastiche e spero che nonostante il
ritardo vogliate lasciarmi un segno del vostro passaggio! Positivo e negativo,
come sempre!!
Un bacio a tutte,
Jane