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Autore: bubi90    23/10/2012    1 recensioni
Cosa sarebbe potuto succedere se al suo primo anno una serpeverde di categoria avesse incontrato gli occhi bonari di un ragazzo del settimo anno di grifondoro?
E cosa sarebbe successo se quello stesso sguardo lo avesse incontrato ben 6 anni dopo durante la grande battaglia contro il Signore Oscuro? Per scoprirlo non vi resta che leggere la storia di Glance....uno sguardo
Genere: Commedia, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Oliver Wood/Baston, Pansy Parkinson
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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Questa storia era stata scritta da me medesima l'anno scorso se non sbaglio, partecipando a un contest di EFP. Non ero più riuscita ad inserirla per cui eccomi qui oggi a farlo! Spero vi piaccia!

Glance




30 ottobre 1991


 

La scuola di magia e stregoneria di Hogwarts era famosa per i suoi corridoi labirintici, che assumevano le forme più disparate agli occhi di chi, non era abituato a percorrerli normalmente.

Malgrado fossero già trascorsi quasi due mesi da quando la piccola Pansy aveva iniziato la sua carriera scolastica, quei luoghi erano ancora lontani dall’essere memorizzati.

Alla scarsa memoria della serpeverde si aggiungevano anche gli addobbi di Halloween, che mimetizzavano uscite e svolte, così da far perdere chiunque, anche un fantasma, tra le mura della scuola.

Era ormai trascorsa più di mezz’ora da quando aveva iniziato a vagare per il secondo piano del castello, non riuscendo più a trovare le scale per raggiungere sana e salva la sua Sala comune.

Più la giovane si guardava intorno, più le pareti le sembravano sconosciute, più individuava punti di riferimento, più veniva smentita.

Sentì un groppo salirle alla gola, non poteva permettersi di perdersi così, come una sciocca. Che figura ci avrebbe fatto con i suoi compagni?!

Svoltò l’ennesimo angolo, riconoscendo un vaso accanto al quale era passata appena pochi minuti prima e cadde ancor più nello sconforto.

Le lacrime iniziavano a pungerle gli occhi, ma non voleva piangere, era una nobile purosangue, e i purosangue non piangono, in nessuna occasione.

Si portò una mano sul viso e scacciò quelle fastidiose gocce salate che rischiavano di macchiare irrimediabilmente la sua reputazione e tentò di nuovo di trovare un’uscita, ma, naturalmente, non riuscì nell’impresa.

Stava seriamente entrando nel panico quando una mano le si poggiò delicatamente sulla schiena.

“Tutto bene?”

La giovane si voltò timorosa, trovandosi di fronte un ragazzo decisamente più alto di lei e con un bel fisico scolpito che la osservava un po’ preoccupato.

“Ti sei persa?”

Le domandò lo sconosciuto.

Pansy stava per aggrapparsi a quello che pareva essere il suo salvatore, quando notò, per puro caso, la divisa che indossava. Una cravatta rossa e oro spiccava sul gilet del giovane.

Alla serpeverde quasi prese un colpo nel costatare che colui che si stava preoccupando per lei era un sudicio grifondoro.

“Su andiamo, ti porto in Sala Grande.”

Le comunicò prendendola delicatamente per mano.

“Grazie, ma non mi sono persa. Come potrebbe una come me perdersi in questo piccolo castello!”

Si vantò spocchiosa, tentando di recuperare un po’ di quella dignità che pareva aver gettato alle ortiche e scacciando la sua mano.

Il ragazzo più grande la guardò divertito. Era davvero testarda e altezzosa per fare solo il primo anno, ma d'altronde era una serpeverde.

“Come vuoi, tanto io devo andarci comunque…”

Strascicò il grifondoro voltandosi per andarsene e guardando con la coda dell’occhio la reazione dell’altra alle sue parole.

Gli occhi di Pansy lo puntarono allarmati.

Se lui se ne andava lei era decisamente perduta, non sarebbe mai uscita da quel luogo.

“Ci vediamo ragazzina!”

La salutò sventolando una mano e iniziando a camminare in modo più lento del solito.

Non ci volle molto perché ai passi del ragazzo si aggiungessero anche quelli della giovane.

Il grifondoro trattenne un sorriso divertito continuando il suo viaggio verso la Sala Grande, conscio di essere seguito con riluttanza, ma anche con un pizzico di gratitudine, da quella piccola serpe.

In pochi minuti entrambi si trovarono nell’atrio e a Pansy parve come essere in paradiso.

Niente più orrendi vasi, nessuna orripilante zucca compresa di ragnatele che la fissava, solo aria, tanta aria.

Tirò un sospiro di sollievo e aumentò il passo per raggiungere Millicent che la stava aspettando sulle scale per i sotterranei.

Passò accanto al suo “salvatore” sussurrando flebilmente, come se non volesse in realtà farsi sentire, un piccolo grazie e corse in direzione della sua Casa.

Il grifondoro sorrise per l’atteggiamento così poco serpeverde della giovane e per la sua timidezza, guardandola scomparire per le scale dei sotterranei.

“Proprio un bel tipetto.”

Sghignazzò entrando in Sala Grande e raggiungendo Fred e George Weasley al tavolo di Grifondoro.

 

2 Maggio 1998

 

 

Il possente e inviolabile castello di Hogwarts era avvolto dalle fiamme. Mangiamorte e membri dell’Ordine combattevano con fervore, gli ultimi aiutati da alcuni incauti studenti convinti di essere all’altezza dell’arduo compito.

Una ragazza mora correva per i corridoi alla ricerca del grande Harry Potter.

Se lo avesse preso tutto sarebbe finito e la sua vita sarebbe stata salva, mentre se nessuno si fosse deciso a consegnarlo a Colui-che-non-deve-essere-nominato allora sarebbe stato il delirio.

I suoi genitori affiancavano quell’uomo che aveva piegato la morte, li aveva visti passare come spiriti per i corridoi diroccati del castello. Aveva notato i loro occhi da sotto le maschere, nel momento in cui scivolavano per confondersi tra la folla.

Non erano coraggiosi, lei lo sapeva bene, cercavano di combattere il meno possibile e tendevano a nascondersi.

Non si erano neanche voltati a cercarla, non uno sguardo, non un sussurro, niente.

Non l’avevano mai considerata una degna erede, una nobile purosangue. Non era mai stata una figlia per loro, solo un oggetto da maritare con un buon partito quando sarebbe arrivato il momento.

Pansy evitò ben poco agilmente un incantesimo scagliato da un professore a uno dei compagni dei suoi genitori e si bloccò.

Un enorme boato seguito dal più completo silenzio invase ogni parte del castello, distrutto e scoperchiato anche da chi lo difendeva.

Sentì urlare di gioia ogni membro dei “buoni”, mentre i pochi Mangiamorte superstiti fuggivano ormai sconfitti. Notò solo i Malfoy, riunirsi attorno a uno dei tavoli, commossi e felici che finalmente fosse tutto giunto al termine. Narcissa abbracciava suo figlio, mentre Lucius stringeva a sé entrambi, ringraziando il fato che fossero tutti vivi, dalla parte sbagliata, ma vivi.

La serpeverde rise amara, i suoi genitori erano sicuramente scappati come conigli, al contrario suo, che aveva cercato di consegnare il bambino sopravvissuto al Signore Oscuro in persona.

Sapeva che da quel momento in poi tutto sarebbe cambiato, che le preferenze della società sarebbero state altre, che lei sarebbe stata vista come la traditrice del Mondo Magico e non avrebbe potuto avere niente dalla vita.

Ma Pansy non si pentiva, ciò che aveva fatto l’aveva fatto per se stessa, per riuscire finalmente a salvarsi e liberarsi da quell’agonia.

Con passo lento la giovane tentò di arrivare alla porta e lo vide.

Il ragazzo che al suo primo anno l’aveva tanto colpita, quello che malgrado le loro case di appartenenza fossero state diametralmente opposte l’aveva aiutata, si trovava di fronte a lei.

Teneva un corpo piccolo e minuto fra le sue braccia forti.

Era ancora più alto e muscoloso di quanto ricordava, sapeva fosse diventato un giocatore professionista di Quiddich, ma in quel momento si trovava ad Hogwarts, a combattere per la propria causa, a difendere i suoi ideali.

L’ex grifondoro alzò lo sguardo dal compagno di casa, morto con il sorriso sulle labbra, per aver difeso i suoi amici e il fratello, e la vide.

I loro occhi si incrociarono, trasmettendo solo paura e rassegnazione, chi per la vita distrutta di troppe persone, chi per la propria ormai rovinata.

I loro sguardi non si staccavano, e il grifondoro rifletté su quanto fosse cambiato quello dell’altra.

Era diventata una vera serpeverde, perfida e disposta a tutto per salvarsi. Al solo pensiero che era stata lei a proporre di consegnare Harry a Voldemort sentì salire la rabbia. Una ragazza all’apparenza tanto fragile con una lingua tanto tagliente.

Oliver si concentrò su quegli occhi di onice che non si decidevano ad abbassarsi, ma che si facevano sempre più lucidi tra il rosso delle guance. Non era così forte come pensava lui, non sarebbe riuscita a farsi una vita dopo quella battaglia, sicuramente non grazie ai suoi genitori.

Pansy si lasciò trasportare dal calore degli occhi color cioccolato dell’ex compagno, forse grazie a lui il Mondo Magico sarebbe divenuto un posto migliore, forse anche se i suoi genitori fossero stati incarcerati grazie a coloro che avevano combattuto, anche lei sarebbe riuscita ad avere una vita, malgrado i suoi innumerevoli sbagli.

“Grazie.”

Mormorò la giovane prima di dirigersi velocemente fuori dal castello, scappando da quello sguardo rassicurante che pareva perforarla e dirle che andava tutto bene, quando, nella sua esistenza, pareva che niente andasse bene.

 

20 Marzo 2003



 

Diagon Alley era piena di gente, persone che correvano da una parte all’altra della strada per acquistare i nuovi prodotti, uomini e donne che si incontravano per un caffè o solo per fare due chiacchere.

L’ erboristeria P&P era, come ogni giorno, piena di gente.

“Buongiorno signora Figg, cosa ha fatto stavolta suo nipote?”

Domandò cordialmente la giovane dietro il bancone.

“Oh quel cervello di troll. Signorina Parkinson si è schiantato contro un albero a Hogwarts, mi hanno detto di comprargli dell’essenza di mangrovia.”

Si lamentò di rimando la vecchietta con enfasi.

Una signora di buona famiglia, con un mantello dalle fantasie più arzigogolate possibile, che passava le sue giornate a fare acquisti per il nipotino Damon, sempre in mezzo ai guai.

“Ecco a lei. Spero che stavolta passeranno più di due settimane prima che debba tornare.”

Ironizzò consegnandole la busta con la pozione.

“Sono 1 galeone e 5 falci.”

La vecchia signora pagò e, salutando, uscì dal negozio.

L’erboristeria P&P (Pansy Parkinson) era divenuta in breve tempo la più famosa di tutta Diagon Alley, grazie al supporto di un giovane, che si era impegnato per non far screditare il nome della proprietaria, adottandola come personale sponsor.

L’ex serpeverde si sentiva diversa. Certo alcuni atteggiamenti della spocchiosa ragazzina le erano rimasti, ma per il resto non sembrava proprio più la stessa.

La vicinanza di quel giovane speciale e il bisogno di inserirsi di nuovo nella società magica avevano smussato molto i suoi modi di fare e il suo carattere, addolcendolo un po’ per permetterle di mandare avanti un lavoro che obbligava il rapporto cordiale con i clienti.

“Pansy!”

Una voce all’ingresso richiamò l’attenzione della ragazza, facendola voltare con un sorriso, rivolto a colui che aveva appena fatto la sua entrata in scena.

“Oliver, che ci fai qui?”

“Ho bisogno di un po’ di pozione rigenerante, siamo rimasti a corto in squadra.”

Spiegò avvicinandosi al banco per salutare meglio l’altra.

“Tipo due scatole?”

Rifletté alzando le spalle.

“Dirmelo prima no eh?”

Si lamentò la padrona del negozio.

“Per questi ordini ho bisogno di più tempo, ci vuole più di uno schiocco di dita per preparare tutte quelle boccette.”

Il ragazzo le prese una mano fra le sue portandosela alle labbra.

“Ti prego, ti prego, ti prego. Dimmi che ce la farai per dopodomani!”

Pansy sbuffò irritata, non poteva certo pretendere che fosse un mostro! Era un genio, ma aveva pur sempre solo due mani!

“Non so se ce la farò…”

Strascicò puntando gli occhi in quelli del ragazzo.

“So che ce la farai, sei un mito con le pozioni…Amore!”

Le guance della ragazza si imporporarono. Erano già due anni che lei e Oliver si erano fidanzati e ancora avvertiva le palpitazioni quando la chiamava in quel modo.

Quegli occhi da cucciolo la facevano sempre sciogliere come un ghiacciolo al sole. Già, lei era proprio come un ghiacciolo, non riusciva ad essere smielata, pur arrossendo come una ragazzina.

Quella freddezza che contraddistingueva tutti i purosangue non l’aveva mai abbandonata, ma vacillava ad ogni tocco più caldo del ragazzo.

“Che seccatore!”

Sbottò ritraendo la mano, rossa come un pomodoro.

“Fortuna che c’è qualcuno che calcola i tempi qui!”

Pansy entrò nel magazzino e dopo un minuto, sotto lo sguardo stranito e curioso dell’ex grifondoro, ne uscì con due pesanti scatoloni.

“Ecco qui le tue pozioni smemorato che non sei altro!”

Sghignazzò poggiando il materiale sul bancone, mentre un ampio sorriso illuminava il volto del ragazzo.

“Grazie!”

Tutto il negozio si stava trattenendo da un po’ dallo scoppiare a ridere. I clienti erano abituati a quegli incontri e si divertivano a vedere la coppietta fingere delle liti, perché quelle sembravano proprio solo un gioco.

“Ci vediamo stasera a ristorante, ricordi?”

Salutò Oliver prendendo in braccio, con poca fatica le pozioni per la squadra.

“Sì, sì. Lo so. Alle sette e trenta di fronte alla Rosa spinata.”

Tirò via la ragazza, dando il resto ad un mago e voltandosi per prendere una boccetta di decotto di bubotubero per una giovane decisamente bisognosa del suo effetto.

“Ah dimenticavo.”

Sorrise il giovane già sulla porta

“Ti amo tesoro!”

Un attimo e tutto l’intruglio contenuto nell’ampolla si sparse per il pavimento pulito.

Una Pansy decisamente in imbarazzo cambiava il colore del proprio incarnato ogni cinque secondi, mentre tutti i clienti scoppiavano a ridere, non riuscendo più a trattenersi.

“Bene, da questo momento tutti i prezzi sono aumentati del 10%!”

Ghignò la ragazza, non riuscendo a resistere a tante prese in giro.

“Ma signorina…”

Iniziò la ragazza di fronte al bancone.

“Qualcosa in contrario? Un’ ulteriore risata e il prezzo sale del 20%.”

Tutta la clientela buttò giù la testa, conscia che la proprietaria non stava affatto scherzando. Certe brutte abitudini non le avrebbe mai perse.

 

 

1 Settembre 2017



 

La stazione di King’s Cross era affollata da vecchi e nuovi allievi di Hogwarts e dalle loro famiglie, e invasa dalle raccomandazioni e dai rimproveri.

Una piccola famiglia si dirigeva al treno con un baule stracolmo di roba e una gabbietta con un bellissimo cucciolo di gatto persiano.

“Glance mi raccomando, appena arrivi scrivici e dicci cosa ne pensi della scuola, ma soprattutto…”

“Si lo so mamma: dicci in quale casa sei stata smistata!

Ripeté come una cantilena la ragazzina dai profondi occhi castani.

Sembrava una bambola di porcellana, con i lunghi capelli corvini che le scendevano sulle spalle e il vestitino verde pallido che gli aveva comprato sua madre.

“Guarda che non basta vestirla di verde per farla smistare a Serpeverde, Pansy!”

Scherzò l’uomo, che stava trasportando da solo tutti i bagagli.

“Già, neanche comprarle tutta un’attrezzatura da Quiddich rossa sarà utile per farla finire a Grifondoro!”

Lo sfotté la donna, sistemando una molletta alla figlia.

“Uno a uno palla al centro. Siete in parità.”

Tagliò corto l’undicenne osservandoli con cipiglio. I due genitori le rivolsero uno sguardo di scuse, abbracciandola poi nello stesso momento.

“Scusa tesoro, andrà bene qualsiasi casa.”

La rassicurò il padre.

“Anche se…”

“Mamma!”

“Scusa, scusa. Andrà bene tutto!”

Sorrise la donna stringendola più forte a sé.

“Abbi cura di te bambina mia, e comportati bene.”

Concluse cercando di non farsi prendere dall’emozione.

La sua Glance era diventata grande e sarebbe stata lontana da casa per mesi.

Questo pensiero la fece un po’ rabbuiare ma tentò di non darlo a vedere per non trasmettere ansia alla figlia.

Un braccio si strinse intorno alle spalle della donna, rassicurandola con il suo calore. Oliver doveva essersi accorto del suo sconforto, ma non aveva detto niente, l’aveva solo stretta con amore.

“Allora su piccola mia, il treno non aspetta!”

Scherzò l’uomo arruffando un po’ i capelli della bambina.

La piccola Glance si riassettò velocemente l’acconciatura che sua madre aveva creato con tanta minuzia e mandò un bacio ad entrambi i suoi accompagnatori.

“Ci vediamo a Natale!”

Sorrise montando sul vagone e nascondendo abilmente una lacrima. Se sua madre l’avesse vista piangere probabilmente l’avrebbe presa di forza e portata a casa insieme a lei.

“Oliver…”

Mugolò la donna voltandosi verso il marito.

“Tranquilla cara, andrà tutto bene. È una ragazza in gamba!”

Le assicurò, penando anche lui come la consorte.

I signori Baston si strinsero forte per trasmettersi conforto a vicenda, mentre una coppia li raggiungeva. Parevano trovarsi nella loro stessa situazione, perché si scambiavano sguardi preoccupati e ansiosi.

“Draco, Astoria. Anche voi avete salutato Scorpius?”

Chiese retorica la corvina, ricevendo in risposta due sguardi affermativi.

“Già mi manca.”

Si lamentò la signora Malfoy sospirando.

“Fortuna che manca poco a Natale!”

Sorrise salutando l’amica che veniva trascinata via dal marito.

“Oliver, perché devi sempre farmi fare figuracce con i miei amici?”

Sbuffò Pansy riassettandosi il cappotto.

“Perché tu me le fai sempre fare con i miei!”

Rispose prontamente il castano salutando sorridente i suoi vecchi compagni Grifondoro.

“Ti prego, non il Magico Trio. Risparmiami almeno questo!”

“Vedi? Neanche ti vuoi avvicinare!”

Confermò Oliver facendo l’occhiolino al suo ex cercatore.

“Non preoccuparti caro, tanto Glance farà amicizia con Scorpius e passeremo le vacanze dai Malfoy.”

Affermò soddisfatta l’ex serpeverde stringendo di più il braccio del marito.

“Penso invece che si troverà bene con Rose e Albus, probabilmente dovremo andare dai Weasley!”

Rimandò al mittente l’uomo sorridendo alla consorte.

Una scintilla di sfida scoppiò tra i due, fin quando non si scambiarono un tenero bacio sulle labbra, pieno d’amore.

Quell’amore che a Pansy era mancato per tanto tempo e che finalmente aveva ricevuto grazie a quel ragazzo, che al suo primo anno l’aveva salvata per i corridoi del secondo piano.

Quell’amore che Oliver aveva aspettato a donare, per concederlo solo a quella piccola serpe che l’aveva intrigato col suo caratterino da purosangue.

“Ah dimenticavo”

Ghignò maliziosa la donna

“Ti amo tesoro!”

   
 
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