Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Natalja_Aljona    23/10/2012    1 recensioni
Natal'ja vende fiammiferi e sogna la Rivoluzione.
Siberiana fin nelle ossa e nel sangue, nel cuore e nell'anima, nipote di uno dei capi dei Decabristi ed ultima erede della famiglia russa più temuta dallo zar, è quasi impazzita in prigione ma sa che non è finita.
Geórgos vive per la guerra e per il cielo di Sparta.
Nato durante la Guerra d'Indipendenza Greca e nipote del capo dei Kléftes, i briganti e i partigiani del Peloponneso, ogni notte spara alle stelle perché ha un conto in sospeso con gli Dei.
Feri è uno zingaro ungherese, il terzogenito di Kolnay Desztor, il criminale del secolo, e il più coraggioso dei suoi fratelli.
Legge il destino tra le linee della mano, e tre anni di galera e lavori forzati non sono bastati a fargli smettere di credere nel suo.
Nikolaj, ussaro polacco e pianista mancato, crede di aver perso tutto.
Sa che l'epilessia, i complessi d'inferiorità nei confronti del padre morto, l'ossessione per sua cugina e i suoi sogni infranti lo uccideranno, ma la sua morte vuole deciderla lui, e a ventidue anni s'impicca per disperazione e per vendetta.
Genere: Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Storico
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Trecentosettanta






Trecentosettanta

Беременная

Berémennaja

Avrai gli occhi di tuo padre, e la sua malinconia

 

Sparta, notte del 15 Giugno 1843

 

Era l'una, non mezzanotte.

L'una e dieci minuti.

Gee portò istintivamente una mano allo xiphos, che scintillava come sempre tra i passanti della cintura, prima di aprire la porta di casa.

Gli sarebbe servito, per difendersi da Alja.

Non era vero, che uno Spartano non doveva avere paura di niente.

Sua moglie, con quell'aria angelica e quel sorriso luminoso, quella cascata di capelli biondi e quegli occhi color dell'Egeo fiammeggianti, come magma azzurro, era pericolosa. 

Estrarre la pistola gli sembrava un po' troppo, anche se, effettivamente...

Se già quella mattina voleva tirargli dietro il comodino...

Più aspettava ad entrare, però, più il ritardo aumentava.

Nella speranza che il pugnale bastasse, abbassò la maniglia ed entrò.

Era uno splendore, Geórgos, quella notte, con i capelli neri bagnati -finiti gli allenamenti all'Αθάνατος, a mezzanotte e quarantacinque minuti, era andato a darsi una rinfrescata all'Eurota- e l'abbronzatura naturale baciata dal chiaro di luna, ma non era sicuro che il suo fascino sarebbe bastato a persuadere Alja a trattare un armistizio.

Ah, la sua Alja...

Gli era mancata terribilmente, ma cosa poteva farci?

Era un oplita Spartano, non solo suo marito.

Lys non poteva essere così femminista da credere che gli uomini non avessero il diritto di emanciparsi...

Lui non poteva mica stare sempre in casa a badare ai figli, mentre lei collezionava precedenti penali come la Rivoluzionaria più temuta di Russia!

Santo Cielo, per loro le cose andavano proprio al contrario.

Si chiuse la porta alle spalle e si tolse gli stivali, per poter percorrere il corridoio senza svegliare i bambini.

Con quelli in mano, poi, raggiunse la sua camera.

Impugnò lo xiphos e, pronto a quasi tutto, si apprestò a varcare la soglia.

Oltre la porta, però, non lo aspettava nessun duello al penultimo sangue, e Gee, con il pugnale stretto nella mano, si sentì improvvisamente un perfetto cretino.

Natal'ja, con i capelli biondi sciolti sparsi su quasi tutto il letto e gli occhi, in quel momento azzurrissimi, lucidi, leggeva un volumetto impolverato dall'aria molto, molto familiare.

Gli occhi neri splendenti di Gee s'illuminarono come le stelle d'Egitto, nel riconoscerlo.

-Ah, l'Antigone di Sofocle!-

Lys alzò quasi impercettibilmente lo sguardo turchino, e scoppiò a piangere a dirotto.

-Antigone... Povera Antigone...-

Gee sorrise, radioso, picchiettando un dito sul dorso del suo amato libro e cercando di sbirciare la pagina a cui era arrivata la Siberiana.

-Si sono ammazzati tutti, proprio tutti. Grandioso, no?

Ma Lys... è una tragedia greca, è Sofocle, e sarà almeno la ventisettesima volta che la leggi.

Perché reagisci così?-

-Perché Antigone è stata fortunata, e intelligente, soprattutto...

Si è impiccata prima di sposare Emone, prima di andarci a letto...

E anche Alcesti, è morta e ha lasciato i bambini al marito...

Alcmena ha dovuto occuparsi soltanto di Ificle, perché Eracle era autonomo e indipendente già appena nato...

Per non parlare di Semele, folgorata prima che Dioniso lanciasse il primo strillo!

E quella furba di Meti, che s'è fatta ingoiare da Zeus, così poi Atena se l'è cresciuta lui...

Solo io non ci sono ancora riuscita, a morire!-

-Perché?-

-Ecco, te lo chiedi anche tu! Non lo so nemmeno io, perché!-

Gee sgranò gli occhi, confuso.

Cosa diavolo aveva capito, quella stordita d'una biondina russa?

-Potresti mettermi al corrente del causus belli, adesso?-

-Secondo te?!-

-No, davvero, non lo so... Non ci sto più con la testa, è l'una e ven...

Cioè, sono le undici e cinquantanove minuti. Visto che puntualità?-

-Dai, smettila... Lo so che sei in ritardo di un'ora e mezza-

-Un'ora e venti, Lys! Solo un'ora e venti!-

-È colpa tua, Georgij! Perché tu volevi quindici figli, e perché sei uno Spartano, ma non ne hai ancora scagliato dal Taigeto neanche uno! Sono... Беременная, Gee-

-Бе... Ti dispiacerebbe ripeterlo in greco?-

-Éγκυος. Incinta. Ancora! Per la terza volta! Non è normale, Gee...-

George...

Oh, George...

Il suo leggendario sangue freddo gl’impedì di svenire, ma se riuscì a non perdere conoscenza, tutto il resto crollò.

Cadde letteralmente per terra, e per un soffio, proprio un soffio, una frazione di millimetro, non si conficcò lo xiphos in un fianco.

Cercando di riprendersi, cercò la mano di Alja e gliela strinse tra le sue, che tremavano più che a Krasnojarsk.

-Sei incinta, amore mio?- le chiese dunque, con un fil di voce.

Lei sospirò, annuendo.

-Non me lo ricordare...-

-Cioè... Sei incinta? Del nostro quarto figlio?-

-Appunto!-

Ed eccolo, il sorriso di Gee.

Il più bel sorriso dei suoi ventidue anni e quasi quattro mesi di vita, davvero.

Aveva il sole sulle labbra, Geórgos, in quel sorriso.

-Ma è straordinario!-

Alja lo guardò di traverso.

-Cosa ci trovi di così straordinario?-

-Il fatto che sarà figlio tuo. Il fatto che tu sarai la madre di mio figlio-

-Ma io non sono una brava madre... Non sono brava come te...-

-E così io sarei una madre, eh?-

Natal'ja scosse la testa, ridendo.

Poi strinse forte la mano di Gee, lo guardò negli occhi per qualche secondo, con aria sognante, e infine parlò:

-Λύσανδρος ή Άντιγόνη- declamò, con il suo tono più solenne. -Lisandro o Antigone-

-Direi che è... Perfetto-

-Perfetto, sì, ma... Gee, tu sai cosa significa avere tre figli? Hai mai provato a metterti nei miei panni?-

-Natal'ja mia, tu continui ad ignorare due grandi verità...

Io sono il padre dei tuoi figli, e l'unica cosa che non ho fatto al tuo posto, ma solo perché proprio non potevo, è stato allattarli!-

-E partorirli-

-Beh, sì. Anche questo, effettivamente-

-Khristos, quattro... Quattro...-

-Glielo diciamo subito?-

-A chi-

-Agli altri tre!-

-Oh, sì, certo... Ma il terzo figlio a diciotto anni, Dio se sono cretina...-

-Ma non sei neanche un po' contenta? Che ne so... Inconsciamente?-

-Credo... Credo di sì, anche se... Beh, a me tre bastavano... Ma sì... È mio figlio, nostro figlio... Certo che sono contenta. Disperata, ma contenta. È una bella catastrofe, ecco-

Gee la guardò con una tenerezza che a Lys fece venire un buco nello stomaco, perché la faceva sentire sempre una bambina, ma in fondo era una bella sensazione...

Perché una bambina lo era stata per troppo poco tempo, lei.

Poi la baciò, la baciò come quando aveva tredici anni, nel '34, e aveva ancora tutto da imparare, almeno sull'amore, perché della guerra sapeva già tutto, invece.

La baciò come il giorno del primo bacio, che non aveva quasi idea di come si facesse, e lei neanche, ma sarebbe morto se non l'avesse baciata.

Con il cuore che batteva troppo forte e i brividi fin dentro le ossa.

-Per me sarai sempre la bambina che non sei mai stata, Lys- le sussurrò, stringendola forte a sé e facendola sorridere, commossa.

-Vado a svegliare i ragazzi!- esclamò poi, allegramente, dopo averle lasciato un ultimo bacio sui capelli.

-Devono sapere tutto, e lo devono sapere adesso... Chi se ne importa se sono quasi le due, poi si riaddormentano... Lisandro o Antigone Gibson è più importante!-

-Certo...-

Alja era contenta di vederlo così felice, e anche lei incominciò a pensare con curiosità a come sarebbe stato quel loro quarto figlio.

George era felice anche perché sarebbe nato a Sparta, e perché stavolta lui avrebbe potuto esserci per tutti i giorni di quei nove mesi.

-Devo dire al nonno e a Theo che non andrò in palestra né in battaglia per i prossimi nove mesi. Non posso... Devo stare con te... Con voi! Sono vostro padre, cioè, sono tuo padre e suo marito... Suo padre e tuo marito, volevo dire. Alle guerre ci penserò dopo che sarà nato...

Tanto le vincerò lo stesso, no? Per voi, come sempre-

-E Sparta? La tua Sparta? Non sarà gelosa?-

-Ma sì, un pochino, forse... Ma in fondo lei lo sa, che sei tu, mia moglie.

E io devo pensare a te, prima che a lei... Anche se non l'ho fatto sempre-

-Nessun eroe dell'Iliade avrebbe mai fatto una cosa del genere per sua moglie...- sussurrò Lys, con la voce spezzata dall’emozione.

-Nell'Iliade si sono dimenticati di me, pretendi anche che faccia sempre come facevano loro?-

Natal’ja lo guardò con la più totale adorazione, come lo guardava quando aveva nove anni e non aveva mai smesso di guardarlo.

Poi si alzò, lo prese per mano e sorrise, facendosi coraggio.

-Andiamo... Andiamo a dirlo ai ragazzi, allora-

 

La reazione di Céline fu la più entusiasta.

-Ma non avevate proprio niente di meglio da fare, la notte, di fare un quarto figlio?

Lo lanciate giù dal Taigeto, vero?-

Nei suoi occhi cristallini, in cui in quel momento brillava una perfetta combinazione di argento e turchese, c’era lo stesso identico gelo che avevano, a volte, quelli di Natal’ja.

Céline sentiva le cose allo stesso modo di sua madre, e a volte s’illudeva di essere, in un certo qual modo un po’ serio un po’ scherzoso, nemica di sua madre, ma a quello che provò in quel momento non era abituata.

Non che non fosse contenta che Alja fosse incinta.

Magari non era proprio pazza di gioia come Gee, ecco, questo no, ma un po’ le faceva piacere.

Aveva già due fratelli, e Lys dedicava a tutti e tre le medesime -poche- attenzioni, quindi non sarebbe stato un trauma troppo grande.

Però... Però le era venuto un dubbio.

Se, per caso, Natal’ja avesse voluto più bene a quel fratello o a quella sorella perché adesso era -relativamente- più grande, e la situazione era -relativamente- più tranquilla?

Come era stato per Julyeta e Clitemnestra...

Non era gelosia, non solo, non esattamente.

Era la paura di essere nata nel momento sbagliato.

Il 30 Gennaio 1839 Lys aveva ancora tredici anni, solo tredici anni, e quando era nato Niko, il 7 Febbraio 1840, ne aveva -tanto per cambiare- quattordici.

Per non parlare di Aiace, anche se Aiace non era proprio figlio suo, nato il 21 Novembre 1836, quando lei aveva undici anni!

Forse avere un figlio a diciotto era diverso...

Non che Lys nel frattempo fosse diventata più responsabile -ci mancherebbe altro!-, ma forse...

Forse un po’ più madre lo sarebbe stata, sì.

Ma proprio perché, come Alja, Line non era mai, per nessun motivo al mondo, disposta ad ammettere il suo dolore, si morse le labbra, e quando Lys si chinò su di lei a darle il bacio della buona seconda metà della notte, le tirò una ciocca di quei capelli dello stesso color oro dei suoi, e le gettò le braccia al collo, abbracciandola forte forte, quella ragazzina che proprio non era portata per la maternità, ma l’aveva comunque coraggiosamente messa al mondo.

-Quando nascerà?-

-Ma non lo so, mica me l’ha detto...-

-Tra nove mesi, Lys. Nove mesi- intervenne Gee, tirandole una lieve gomitata nel fianco.

-O forse otto, ormai-

Lys non ci era arrivata tanto presto, a capire di essere incinta, anzi.

Nonostante fosse ormai la terza volta -e non erano poche, tre volte-, quando aveva saltato il ciclo di Maggio aveva pensato che il cielo l’avesse graziata, non di essere incinta.

Ma Natal’ja era sempre Natal’ja, non c’era neanche più da stupirsi.

-E tra nove mesi saremo ancora qui a Sparta?- volle sapere allora Céline.

-Sì, tesoro... Per i prossimi nove mesi, e anche di più-

-È bello, qui, ma... Mi mancano Malin e Kolnay Jr., il Capitano, e Jàn, Hell, Isaakij e Lörinc...-

-Anche a me, Line... Ma qui c’è papà-

-C’era anche a Krasnojarsk!-

-Ma non c’ero io... Ero troppo lontana con il cuore-

-Pensavo che il tuo cuore l’avevi lasciato a papà...-

-L’avessi, Line. Non massacrare i congiuntivi come me, almeno per i prossimi nove mesi, che Alja è convinta che il gene della grammatica sia dominante, e in questo periodo non dobbiamo darle grandi delusioni- la corresse Gee, facendole l’occhiolino.

-Infatti, ma... Oddio, Line, così mi confondi... Comunque, adesso sono tornata, no?-

La piccola Siberiana le sorrise, annuendo.

-Purtroppo-

 

In cuor suo, Céline avrebbe voluto che Natal’ja si occupasse di più di lei, che le prestasse più attenzioni, che le dimostrasse costantemente il suo affetto, che per una volta facesse la madre, e la facesse sentire una figlia desiderata.

Ma se qualcuno, chiunque fosse, si azzardava ad insinuare che Natal’ja non era una buona madre, che era troppo giovane e incosciente per fare la madre, per crescerla almeno un po’ meglio di com’era cresciuta lei -come una piccola selvaggia, una zingara, una spericolata e una sconsiderata, dicevano-, che la trascurava troppo, e a volte sembrava proprio fregarsene di lei, come se il fatto di avere una figlia, e la vita di questa figlia, neanche la riguardasse, allora la difendeva con tutta se stessa, con tutta la sua voce e tutte le sue forze, e non esitava a giurare tutto il contrario di quello che forse anche lei un po’ aveva pensato, perché nessuno doveva permettersi di parlare così di Natal’ja Zirovskaja, sua madre.

Improvvisamente, non le importava più niente.

Neanche se era vero.  

Line, poi, non voleva crescere in modo diverso da com’era cresciuta Alja.

Ed era sicura che non avrebbe mai potuto avere una madre migliore di lei.

Non ne avrebbe voluta una diversa, una madre attenta e premurosa che non la lasciasse mai sola, che la mettesse sempre davanti a tutto, anche davanti a se stessa.

Avrebbe voluto, certe volte, che lei fosse diversa.

Non tanto, non sempre.

Ma poi si rendeva conto di essere felice lo stesso, di essere felice, davvero felice così.

E allora che ci provassero, gli altri, a dire che Lys non sapeva, che Lys non poteva fare la madre.

Lys era sua madre.

Ed era perfetta così.

Loro erano perfette così.

Si adoravano, ma non sempre lo ammettevano.

Litigavano, e non sempre perdonavano.

Scherzavano, e non sempre ridevano.

Parlavano, non ascoltavano, e quasi sempre non capivano.

Erano uguali, in ogni più piccolo particolare, ed era questo, principalmente, a rendere le cose difficili.

Era imbarazzante, per Céline, sapere che Natal'ja era sua madre, come lo era per Natal'ja sapere che Céline era sua figlia.

Era imbarazzante vivere accanto al proprio riflesso, ed essere costrette a scoprire così i difetti di una vita e sapere di possederli entrambe nella stessa misura.

Era imbarazzante, forse, anche per chi le vedeva insieme, e dopo un po' non sapeva più da che parte guardare.

Era irritante, e a volte le faceva piangere dal nervoso.

Quando, troppe volte, avevano lo stesso identico modo di reagire a una situazione, spiavano con un pizzico di gelosia l’una il comportamento dell’altra, si guardavano scambievolmente come se fossero nemiche giurate, e, nello sciocco ma adorabile tentativo di difendere quelle idee che inconsapevolmente condividevano, facevano giri di pensieri assurdi per trovare qualcosa di diverso, qualcosa da cambiare per non ritrovarsi a dire, oltre che a pensare, le stesse cose.

Vedere se stessa nell'altra, e cercare di prevaricare l'una sull'altra perché erano fatte alla stessa maniera...

Sconfitte, alla fine, alla stessa maniera.

 

Oh, madre, madre

Che infinito, immenso cielo

Sarebbe il mondo, se assomigliasse a te

(Celia De La Cerna, Roberto Vecchioni)

 

-Chissà se riuscirò a volere bene a Lisandro o Antigone quanto ne voglio a te...-

Céline spalancò gli occhi, a quelle inaspettate, meravigliose parole di sua madre.

E allora, finalmente, trovò il coraggio di dirglielo, di dirglielo guardandola in quegli occhi grigiazzurri come i suoi e riflettendo, sorridendo, quel sorriso identico al suo.

-Ti voglio bene. E te ne vorrà anche Lisandro o Antigone, ne sono sicura-

 

 

 

 

Note

 

Avrai gli occhi di tuo padre, e la sua malinconia: Celeste, Laura Pausini.

 

Immagino che questo capitolo vi avrà sconvolto un bel po', ed effettivamente occorrono delle spiegazioni...

Non ho mai parlato di questo bambino per un motivo che presto scopriremo.

E scopriremo anche perché Line, Niko e Aiace non ne parlano mai, e perché Line e FJ hanno chiamato Lisandro il loro primo figlio.

Intanto ne ho approfittato per parlare ancora un po’ di Alja e Line ;)

Spero che vi sia piaciuto!

 

A presto ;)

Marty

 

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Natalja_Aljona