Trecentosettanta
Беременная
Berémennaja
Avrai gli occhi di tuo padre, e
la sua malinconia
Sparta, notte del 15 Giugno 1843
Era l'una, non mezzanotte.
L'una e dieci minuti.
Gee portò istintivamente
una mano allo xiphos, che scintillava come sempre tra i passanti della cintura,
prima di aprire la porta di casa.
Gli sarebbe servito, per difendersi da Alja.
Non era vero, che uno
Spartano non doveva avere paura di niente.
Sua moglie, con quell'aria angelica e quel sorriso
luminoso, quella cascata di capelli biondi e quegli occhi color dell'Egeo
fiammeggianti, come magma azzurro, era pericolosa.
Estrarre la pistola gli
sembrava un po' troppo, anche se, effettivamente...
Se già quella mattina voleva tirargli dietro il
comodino...
Più aspettava ad entrare,
però, più il ritardo aumentava.
Nella speranza che il
pugnale bastasse, abbassò la maniglia ed entrò.
Era uno splendore,
Geórgos, quella notte, con i capelli neri bagnati -finiti gli allenamenti
all'Αθάνατος, a mezzanotte e
quarantacinque minuti, era andato a darsi una rinfrescata all'Eurota- e
l'abbronzatura naturale baciata dal chiaro di luna, ma non era sicuro che il
suo fascino sarebbe bastato a persuadere Alja a trattare un armistizio.
Ah, la sua Alja...
Gli era mancata
terribilmente, ma cosa poteva farci?
Era un oplita Spartano,
non solo suo marito.
Lys non poteva essere così femminista da credere
che gli uomini non avessero il diritto di emanciparsi...
Lui non poteva mica stare
sempre in casa a badare ai figli, mentre lei collezionava precedenti penali
come la Rivoluzionaria più temuta di Russia!
Santo Cielo, per loro le cose andavano proprio al
contrario.
Si chiuse la porta alle
spalle e si tolse gli stivali, per poter percorrere il corridoio senza
svegliare i bambini.
Con quelli in mano, poi,
raggiunse la sua camera.
Impugnò lo xiphos e,
pronto a quasi tutto, si apprestò a
varcare la soglia.
Oltre la porta, però, non
lo aspettava nessun duello al penultimo sangue, e Gee, con il pugnale stretto
nella mano, si sentì improvvisamente un perfetto cretino.
Natal'ja, con i capelli
biondi sciolti sparsi su quasi tutto il letto e gli occhi, in quel momento
azzurrissimi, lucidi, leggeva un volumetto impolverato dall'aria molto, molto
familiare.
Gli occhi neri splendenti
di Gee s'illuminarono come le stelle d'Egitto, nel riconoscerlo.
-Ah, l'Antigone di Sofocle!-
Lys alzò quasi impercettibilmente
lo sguardo turchino, e scoppiò a piangere a dirotto.
-Antigone... Povera Antigone...-
Gee sorrise, radioso,
picchiettando un dito sul dorso del suo amato libro e cercando di sbirciare la
pagina a cui era arrivata la Siberiana.
-Si sono ammazzati tutti, proprio tutti. Grandioso,
no?
Ma Lys... è una tragedia
greca, è Sofocle, e sarà almeno la ventisettesima volta che la leggi.
Perché reagisci così?-
-Perché Antigone è stata
fortunata, e intelligente,
soprattutto...
Si è impiccata prima di
sposare Emone, prima di andarci a
letto...
E anche Alcesti, è morta e
ha lasciato i bambini al marito...
Alcmena ha dovuto occuparsi
soltanto di Ificle, perché Eracle era autonomo e indipendente già appena nato...
Per non parlare di Semele,
folgorata prima che Dioniso lanciasse il primo strillo!
E quella furba di Meti,
che s'è fatta ingoiare da Zeus, così poi Atena se l'è cresciuta lui...
Solo io non ci sono ancora riuscita, a morire!-
-Perché?-
-Ecco, te lo chiedi anche tu! Non lo so nemmeno io, perché!-
Gee sgranò gli occhi,
confuso.
Cosa diavolo aveva capito, quella stordita d'una
biondina russa?
-Potresti mettermi al
corrente del causus belli, adesso?-
-Secondo te?!-
-No, davvero, non lo so...
Non ci sto più con la testa, è l'una e ven...
Cioè, sono le undici e cinquantanove minuti. Visto che puntualità?-
-Dai, smettila... Lo so che sei in ritardo di un'ora e mezza-
-Un'ora e venti, Lys! Solo un'ora e venti!-
-È colpa tua, Georgij!
Perché tu volevi quindici figli, e perché sei uno Spartano, ma non ne hai ancora scagliato dal Taigeto
neanche uno! Sono...
Беременная, Gee-
-Бе... Ti dispiacerebbe ripeterlo in
greco?-
-Éγκυος.
Incinta. Ancora! Per la terza volta! Non
è normale, Gee...-
George...
Oh, George...
Il suo leggendario sangue
freddo gl’impedì di svenire, ma se riuscì a non perdere conoscenza, tutto il
resto crollò.
Cadde letteralmente per
terra, e per un soffio, proprio un
soffio, una frazione di millimetro, non si conficcò lo xiphos in un fianco.
Cercando di riprendersi,
cercò la mano di Alja e gliela strinse tra le sue, che tremavano più che a
Krasnojarsk.
-Sei incinta, amore mio?- le chiese dunque, con un fil di voce.
Lei sospirò, annuendo.
-Non me lo ricordare...-
-Cioè... Sei incinta? Del nostro quarto figlio?-
-Appunto!-
Ed eccolo, il sorriso di
Gee.
Il più bel sorriso dei suoi ventidue anni e quasi
quattro mesi di vita, davvero.
Aveva il sole sulle
labbra, Geórgos, in quel sorriso.
-Ma è straordinario!-
Alja lo guardò di
traverso.
-Cosa ci trovi di così straordinario?-
-Il fatto che sarà figlio
tuo. Il fatto che tu sarai la madre
di mio figlio-
-Ma io non sono una brava madre...
Non sono brava come te...-
-E così io sarei una madre, eh?-
Natal'ja scosse la testa,
ridendo.
Poi strinse forte la mano
di Gee, lo guardò negli occhi per qualche secondo, con aria sognante, e infine
parlò:
-Λύσανδρος
ή Άντιγόνη- declamò, con il suo tono più solenne. -Lisandro o Antigone-
-Direi che è... Perfetto-
-Perfetto, sì, ma... Gee, tu sai cosa significa avere tre figli?
Hai mai provato a metterti nei miei panni?-
-Natal'ja mia, tu continui
ad ignorare due grandi verità...
Io sono il padre dei tuoi figli, e l'unica cosa che non ho fatto al tuo posto, ma solo perché proprio non potevo, è
stato allattarli!-
-E partorirli-
-Beh, sì. Anche questo, effettivamente-
-Khristos, quattro... Quattro...-
-Glielo diciamo subito?-
-A chi-
-Agli altri tre!-
-Oh, sì, certo... Ma il terzo figlio a diciotto anni, Dio se
sono cretina...-
-Ma non sei neanche un po' contenta? Che ne so... Inconsciamente?-
-Credo... Credo di sì,
anche se... Beh, a me tre bastavano...
Ma sì... È mio figlio, nostro figlio...
Certo che sono contenta. Disperata, ma contenta. È una bella catastrofe, ecco-
Gee la guardò con una
tenerezza che a Lys fece venire un buco nello stomaco, perché la faceva sentire sempre
una bambina, ma in fondo era una bella sensazione...
Perché una bambina lo era stata per troppo poco
tempo, lei.
Poi la baciò, la baciò
come quando aveva tredici anni, nel '34, e aveva ancora tutto da imparare,
almeno sull'amore, perché della guerra sapeva già tutto, invece.
La baciò come il giorno
del primo bacio, che non aveva quasi idea di come si facesse, e lei neanche, ma
sarebbe morto se non l'avesse baciata.
Con il cuore che batteva troppo forte e i brividi
fin dentro le ossa.
-Per me sarai sempre la bambina che non sei mai stata,
Lys- le sussurrò, stringendola
forte a sé e facendola sorridere, commossa.
-Vado a svegliare i
ragazzi!- esclamò poi, allegramente, dopo averle lasciato un ultimo bacio sui
capelli.
-Devono sapere tutto, e lo
devono sapere adesso... Chi se ne importa se sono quasi le due, poi si
riaddormentano... Lisandro o Antigone
Gibson è più importante!-
-Certo...-
Alja era contenta di
vederlo così felice, e anche lei incominciò a pensare con curiosità a come
sarebbe stato quel loro quarto figlio.
George era felice anche
perché sarebbe nato a Sparta, e perché stavolta lui avrebbe potuto esserci per
tutti i giorni di quei nove mesi.
-Devo dire al nonno e a
Theo che non andrò in palestra né in battaglia per i prossimi nove mesi. Non posso...
Devo stare con te... Con voi! Sono vostro padre, cioè, sono tuo padre e suo marito... Suo
padre e tuo marito, volevo dire. Alle guerre ci penserò dopo che sarà
nato...
Tanto le vincerò lo
stesso, no? Per voi, come sempre-
-E Sparta? La tua Sparta? Non sarà gelosa?-
-Ma sì, un pochino,
forse... Ma in fondo lei lo sa, che sei tu, mia moglie.
E io devo pensare a te,
prima che a lei... Anche se non l'ho
fatto sempre-
-Nessun eroe dell'Iliade avrebbe mai fatto una cosa
del genere per sua moglie...- sussurrò
Lys, con la voce spezzata dall’emozione.
-Nell'Iliade si sono dimenticati di me, pretendi
anche che faccia sempre come facevano loro?-
Natal’ja lo guardò con la
più totale adorazione, come lo guardava quando aveva nove anni e non aveva mai
smesso di guardarlo.
Poi si alzò, lo prese per
mano e sorrise, facendosi coraggio.
-Andiamo... Andiamo a dirlo ai ragazzi, allora-
La reazione di Céline fu
la più entusiasta.
-Ma non avevate proprio niente di meglio da fare,
la notte, di fare un quarto figlio?
Lo lanciate giù dal Taigeto, vero?-
Nei suoi occhi cristallini,
in cui in quel momento brillava una perfetta combinazione di argento e
turchese, c’era lo stesso identico gelo che avevano, a volte, quelli di
Natal’ja.
Céline sentiva le cose
allo stesso modo di sua madre, e a volte s’illudeva di essere, in un certo qual
modo un po’ serio un po’ scherzoso, nemica di sua madre, ma a quello che provò
in quel momento non era abituata.
Non che non fosse contenta
che Alja fosse incinta.
Magari non era proprio
pazza di gioia come Gee, ecco, questo no, ma un po’ le faceva piacere.
Aveva già due fratelli, e
Lys dedicava a tutti e tre le medesime -poche- attenzioni, quindi non sarebbe
stato un trauma troppo grande.
Però... Però le era venuto
un dubbio.
Se, per caso, Natal’ja
avesse voluto più bene a quel fratello o a quella sorella perché adesso era
-relativamente- più grande, e la situazione era -relativamente- più tranquilla?
Come era stato per Julyeta
e Clitemnestra...
Non era gelosia, non solo,
non esattamente.
Era la paura di essere
nata nel momento sbagliato.
Il 30 Gennaio 1839 Lys
aveva ancora tredici anni, solo tredici anni, e quando era nato Niko, il 7
Febbraio 1840, ne aveva -tanto per cambiare- quattordici.
Per non parlare di Aiace, anche
se Aiace non era proprio figlio suo, nato il 21 Novembre 1836, quando lei aveva
undici anni!
Forse avere un figlio a
diciotto era diverso...
Non che Lys nel frattempo
fosse diventata più responsabile -ci mancherebbe altro!-, ma forse...
Forse un po’ più madre lo sarebbe stata, sì.
Ma proprio perché, come Alja,
Line non era mai, per nessun motivo al mondo, disposta ad ammettere il suo
dolore, si morse le labbra, e quando Lys si chinò su di lei a darle il bacio
della buona seconda metà della notte,
le tirò una ciocca di quei capelli dello stesso color oro dei suoi, e le gettò
le braccia al collo, abbracciandola forte forte, quella ragazzina che proprio
non era portata per la maternità, ma l’aveva comunque coraggiosamente messa al
mondo.
-Quando nascerà?-
-Ma non lo so, mica me
l’ha detto...-
-Tra nove mesi, Lys. Nove mesi- intervenne Gee, tirandole una
lieve gomitata nel fianco.
-O forse otto, ormai-
Lys non ci era arrivata
tanto presto, a capire di essere incinta, anzi.
Nonostante fosse ormai la
terza volta -e non erano poche, tre
volte-, quando aveva saltato il ciclo di Maggio aveva pensato che il cielo
l’avesse graziata, non di essere incinta.
Ma Natal’ja era sempre Natal’ja, non c’era neanche
più da stupirsi.
-E tra nove mesi saremo ancora qui a Sparta?- volle sapere allora Céline.
-Sì, tesoro... Per i prossimi nove mesi, e anche di più-
-È bello, qui, ma... Mi mancano Malin e Kolnay Jr., il Capitano,
e Jàn, Hell, Isaakij e Lörinc...-
-Anche a me, Line... Ma qui c’è papà-
-C’era anche a
Krasnojarsk!-
-Ma non c’ero io... Ero troppo lontana con il cuore-
-Pensavo che il tuo cuore
l’avevi lasciato a papà...-
-L’avessi,
Line. Non massacrare i congiuntivi come me, almeno per i prossimi nove mesi,
che Alja è convinta che il gene della grammatica sia dominante, e in questo
periodo non dobbiamo darle grandi delusioni- la corresse Gee, facendole
l’occhiolino.
-Infatti, ma... Oddio,
Line, così mi confondi... Comunque,
adesso sono tornata, no?-
La piccola Siberiana le
sorrise, annuendo.
-Purtroppo-
In cuor suo, Céline
avrebbe voluto che Natal’ja si occupasse di più di lei, che le prestasse più
attenzioni, che le dimostrasse costantemente il suo affetto, che per una volta
facesse la madre, e la facesse sentire una figlia desiderata.
Ma se qualcuno, chiunque
fosse, si azzardava ad insinuare che Natal’ja non era una buona madre, che era
troppo giovane e incosciente per fare la madre, per crescerla almeno un po’
meglio di com’era cresciuta lei -come una
piccola selvaggia, una zingara, una
spericolata e una sconsiderata, dicevano-, che la trascurava troppo, e a
volte sembrava proprio fregarsene di lei, come se il fatto di avere una figlia,
e la vita di questa figlia, neanche la riguardasse, allora la difendeva con
tutta se stessa, con tutta la sua voce e tutte le sue forze, e non esitava a
giurare tutto il contrario di quello che forse anche lei un po’ aveva pensato, perché nessuno doveva permettersi di parlare
così di Natal’ja Zirovskaja, sua madre.
Improvvisamente, non le
importava più niente.
Neanche se era
vero.
Line, poi, non voleva
crescere in modo diverso da com’era cresciuta Alja.
Ed era sicura che non avrebbe mai potuto avere una
madre migliore di lei.
Non ne avrebbe voluta una
diversa, una madre attenta e premurosa che non la lasciasse mai sola, che la
mettesse sempre davanti a tutto, anche davanti a se stessa.
Avrebbe voluto, certe
volte, che lei fosse diversa.
Non tanto, non sempre.
Ma poi si rendeva conto di
essere felice lo stesso, di essere felice, davvero
felice così.
E allora che ci
provassero, gli altri, a dire che Lys non
sapeva, che Lys non poteva fare
la madre.
Lys era sua madre.
Ed era perfetta così.
Loro erano perfette così.
Si adoravano, ma non
sempre lo ammettevano.
Litigavano, e non sempre
perdonavano.
Scherzavano, e non sempre ridevano.
Parlavano, non
ascoltavano, e quasi sempre non capivano.
Erano uguali, in ogni più
piccolo particolare, ed era questo, principalmente, a rendere le cose
difficili.
Era imbarazzante, per
Céline, sapere che Natal'ja era sua madre, come lo era per Natal'ja sapere che
Céline era sua figlia.
Era imbarazzante vivere
accanto al proprio riflesso, ed essere costrette a scoprire così i difetti di
una vita e sapere di possederli entrambe nella stessa misura.
Era imbarazzante, forse,
anche per chi le vedeva insieme, e dopo un po' non sapeva più da che parte
guardare.
Era irritante, e a volte
le faceva piangere dal nervoso.
Quando, troppe volte,
avevano lo stesso identico modo di reagire a una situazione, spiavano con un
pizzico di gelosia l’una il comportamento dell’altra, si guardavano
scambievolmente come se fossero nemiche giurate, e, nello sciocco ma adorabile
tentativo di difendere quelle idee che inconsapevolmente condividevano, facevano
giri di pensieri assurdi per trovare qualcosa di diverso, qualcosa da cambiare
per non ritrovarsi a dire, oltre che a pensare, le stesse cose.
Vedere se stessa
nell'altra, e cercare di prevaricare l'una sull'altra perché erano fatte alla
stessa maniera...
Sconfitte, alla fine, alla stessa maniera.
Oh, madre, madre
Che infinito, immenso cielo
Sarebbe il mondo, se assomigliasse a te
(Celia De La Cerna, Roberto
Vecchioni)
-Chissà se riuscirò a volere bene a Lisandro o
Antigone quanto ne voglio a te...-
Céline spalancò gli occhi,
a quelle inaspettate, meravigliose parole di sua madre.
E allora, finalmente,
trovò il coraggio di dirglielo, di dirglielo guardandola in quegli occhi
grigiazzurri come i suoi e riflettendo, sorridendo, quel sorriso identico al
suo.
-Ti voglio bene. E te ne vorrà anche Lisandro o
Antigone, ne sono sicura-
Note
Avrai gli occhi di tuo
padre, e la sua malinconia: Celeste, Laura Pausini.
Immagino che questo
capitolo vi avrà sconvolto un bel po', ed effettivamente occorrono delle
spiegazioni...
Non ho mai parlato di questo
bambino per un motivo che presto scopriremo.
E scopriremo anche perché
Line, Niko e Aiace non ne parlano mai, e perché Line e FJ hanno chiamato
Lisandro il loro primo figlio.
Intanto ne ho approfittato
per parlare ancora un po’ di Alja e Line ;)
Spero che vi sia piaciuto!
A presto ;)
Marty