Titolo:I’m not okay
Il sole era tramontato
da un bel pezzo e Debra stava scendendo le scale e finalmente sarebbe stata
libera dalla noia di quella casa. Non aspettava altro che quella luce così
calda e accecante passasse, per confondersi ora con l’oscurità della notte che
la circondava e che, forse ,faceva parte di lei. Mise
le mani infreddolite nelle tasche della felpetta nera
e aggiustò le cuffie del piccolo lettore mp3 nelle orecchie. Subito la musica le
invase quasi con prepotenza la mente. Il passo si fece accelerato
quando sentì che una persona poco lontana camminava dietro di lei. Era
logico che quella persona non la stava seguendo , ma
sentiva comunque il bisogno di andare più veloce,quella paranoia non l’aveva
mai abbandonata da quel giorno che la sua mente non era ancora riuscita a
spazzare via. Sentiva l’adrenalina salire, il cuore dal battito insolitamente
accelerato, le stesse sensazioni che aveva provato la sera di tanto tempo prima
e che provava ormai da molto tempo ossessionata da
tutto ciò che poteva ricongiungerla e quell’ “incidente”. Le vans nere e
bianche scricchiolavano sotto l’asfalto umido. Si fermò per poi constatare che
aveva appena passato il luogo dove era diretta.
Alzò gli occhi al cielo
per poi voltarsi e notare che la persona che pensava la stesse
seguendo non era altro che Davide. Sobbalzò e spalancò gli occhi un po’ imbarazzata
dal suo stupido comportamento e fece altri due passi verso il ragazzo.
-Cazzo Debra ma a che gioco
stai giocando?- Esclamò l’amico ridendo verso la
ragazza carezzandosi come faceva di solito la cresta nera. La ragazza adorava
il sorriso di Davide. Sembrava che persino i suoi occhi così piccoli e azzurri ridessero.
Debra togliendosi le cuffiette dalle orecchie per poi posare l’oggetto nelle
tasche, arrossì nuovamente dandogli un pugno leggero sulla spalla, scoppiando
poi a ridere anch’ella.
-No..
mi hai semplicemente spaventata.. qualche problema?-esclamò cercando di
mantenere un tono duro e sicuro.
-No, io no.. del resto siamo anche arrivati e sono le 7,10.. al solito
in ritardo,muoviamoci-
Disse sbrigativo, mentre
aggiustando il fodero della sua chitarra alla tracolla e il nero giubbotto di
pelle,citofonò al nome “Sabiri”.
Subito il cancelletto automatico con un suono
metallico si aprì. I due ragazzi entrarono e poco dopo,saliti
i due piani a piedi varcarono la soglia della casa dell’amico.
-Ehi c’è
qualcuno?-esclamò Debra mentre abbassava la zip della felpetta,rimanendo così a maniche corte nonostante fossero
già a Novembre inoltrato. Aggiustò la cinta borchiata
sul pantalone nero ,mentre avanzava verso la stanza
dell’amico, seguita da Davide. Conosceva ormai anche troppo bene quella casa. Spinse
così la porta e si ritrovò davanti il solito casino. Il letto ancora sfatto di
Samuel non era
niente in confronto alla roba per terra,a Eleonora che seduta su un puff accordava la sua chitarra, Samuel che accarezzava Dino
il gatto, e Rebecca detta “Bec” che nel
frattempo provava qualcosa sulla tastiera bianca. Appena entrarono furono
accolti da un battito di mani e da un paio di fischi, mentre Dino, disturbato
da quel frastuono, usciva dalla stanza quasi stizzito.
Samuel si alzò, esclamando ad alta voce-Va bene, stooop
ora basta che alle 9 vengono i miei e se trovano sto macello
mi uccidono…allora l’ultima volta dove eravamo rimasti? Mi pare che dovevamo finire 4 accordi con le chitarre.. e il pezzo di Debra
andava rallentato un po’.. giusto Deb?- Il ragazzo guardò con aria
interrogativa l’amica che nel frattempo si era seduta sullo sgabello davanti
alla batteria nera sistemata in fondo all’ampia stanza dalle pareti blu.
Quest’ultima annuì,mentre prendendo le bacchette dalla
borsa, e poggiando i piedi sui due pedali dello strumento, si era già messa a
suo agio ripassando a mente il groove. Le due ore
successive passarono così in un euforia generale la
solita che i 4 ragazzi provavano 2 volte alla settimana da quasi 3 mesi. Erano
ormai quella che si diceva una band da garage solo che loro non suonavano propriamente
in un garage ma nell’ampia camera da letto dell’amico bassista ,ovviamente insonorizzata, che si era gentilmente
preso il compito di fondare la sede del gruppo a casa sua per condividere
quella musica che li accomunava nonostante fossero tutti così diversi. Era un
bravo ragazzo Samuel e di certo gli amici non si potevano lamentare. Il suo
carattere era dolce e di rado perdeva la pazienza,la
sua dolcezza era percepibile già dai pochi minuti che una persona gli dedicava,
nonostante il suo aspetto a volte lo facesse sembrare un “poco di buono”
all’occhio dei genitori soprattutto. Sabrina lo guardò per l’ennesima volta,
eppure non riusciva a trovare nulla di cattivo in lui. Capelli rasati quasi a
zero castani,occhi a mandorla che gli conferivano un aria
orientale questo perché il ragazzo era di origine asiatica ed erano proprio
quegli occhi così grandi e carichi di tenerezza che piacevano soprattutto alle
ragazze, per il resto aveva un fisico
snello spesso avvolto in larghe felpe e jeans a vita bassa.
- Debra ma che stai a
fare? Ti sei imbambolata?-la squillante voce di Bec la riportò alla realtà. Era
una strana ragazza Rebecca. Prendeva buoni voti a scuola, era la prima in
tutto, disegnava, recitava, cantava e suonava la tastiera. Era figlia unica e aveva
due genitori ricchi che le permettevano ogni genere di capriccio. Eppure,pensò Debra non avrebbe mai voluto essere come lei. Bec era
troppo perfetta secondo i suoi criteri. Quei capelli biondi lisci e corti, gli
occhi azzurri così limpidi, il suo metro e 50 di altezza, il viso pulito, gli
abiti alla moda dai colori sgargianti, la facevano proprio sembrare un
angioletto. Troppo, decisamente troppo perfetta per i
suoi gusti. Era comunque la sua migliore amica, lo era sempre stata dai tempi
delle elementari e non l’avrebbe cambiata per nulla al mondo nonostante la
diversità delle due fosse evidente.
-No, stavo solo
riflettendo a dire la verità.. si è fatto tardi Bec, e
mia madre da fuori di testa se faccio tardi.. sai com’è fatta.. -esclamò Debra,mangiucchiando
distrattamente le corte unghia laccate di
nero,poi alzandosi e riponendo accuratamente le bacchette nella borsa guardò i
quattro amici con aria semi assente, per poi aggiungere-Be.. io vado non voglio
essere accusata per l’ennesima volta di essere un’irresponsabile nullafacente
anche perché devo ancora completare la relazione di arte. Allora ci vediamo a
scuola ragazzi.. -Disse,per poi avviarsi verso la
porta con lo sguardo basso. Davide le corse dietro, dicendo poi-Ma
no ti accompagno io sono due passi.. non mi va che te
ne vai da sola a quest’ora dopo tutto quello che.. -si fermò di botto. Non
voleva pronunciare quelle parole ancora,non voleva che
la ragazza stesse male,voleva di nuovo vedere in lei quella felicità e
spensieratezza che da tanto non coglieva più nei suoi occhi un tempo accesi e
pieni di vita ed ora spenti come appannati da un velo di malinconia. Così al
posto di finire la frase,le sorrise semplicemente. La
ragazza si girò,sistemandosi la felpetta
sulle spalle, mentre guardava l’amico infine aggiunse –No faccio due passi da
sola.. devo schiarirmi le idee.. lascia stare davvero,non mi succederà nulla,
ci vediamo domani!-Finse un sorriso mentre sbatteva la porta alle sue spalle,e
velocemente percorreva le scale. Fece la strada che la conduceva a casa di
corsa, e si ritrovò in 5 minuti sulla soglia. Con un sospiro esclamò-Sono a casa!-andandosi subito a chiudere nella sua
camera, lontana da tutto.
Fine primo capitolo!!