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Autore: Echo90    24/10/2012    7 recensioni
Non esiste paradiso, per chi è morto scontando la sua pena sulla terra. Ma. Ma adesso avrebbero avuto l’eternità per loro e avrebbero dimorato in ogni pianta, in ogni foglia, in ogni goccia fresca di rugiada, in ogni rivolo d’acqua che veniva giù dai monti scoscesi. Ora sino alla fine del tempo e dello spazio. Cenere alla cenere. E quella foto mezza ricoperta di terra sarebbe diventata polvere ma il luccichio dei loro occhi innamorati sarebbe rimasto per sempre. Nell’aria satura dell’odore di pioggia, nell’alba che più d’una volta guardarono assieme dopo aver fatto l’amore, nella fiamma di ogni candela che avevano acceso in quel luogo le notti in cui avevano paura.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Un po' tutti | Coppie: Blaine/Kurt, Brittany/Santana, Quinn/Rachel
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Rachel,

mentirei se ti dicessi che io non abbia aspettato questo momento da mesi. Forse anche di più. E adesso vorrei poterti dire di no, che questo regalo non vuol dire nulla, che io non ho nessun secondo fine. Ma non posso e ti prego di perdonarmi.

Quinn doveva aver pianto perché l’inchiostro era sbavato in qualche punto. E pensò che nessuno avrebbe mai dovuto piangere per lei, tanto meno quella donna bionda, che la scrutava da lontano e non si avvicinava mai, sebbene avesse voluto.

Perdonami perché non ho il diritto di sottrarre il tuo tempo dalle cose importanti in questo modo, ma penso sia giunto il momento di vuotare il sacco, semplicemente perché sono un’egoista. Un’egoista stanca di tenere le labbra cucite.

Un’egoista innamorata di te, Rachel, e non nel modo in cui si ama un’amica. Sono innamorata di te e ti vorrei con tutta me stessa. E ti farei felice, a costo di rinunciare alla mia famiglia, agli studi, ad ogni cosa, per te, perché ti meriti ogni bene. E se tu pensi che Lui, Lui sia il tuo bene, io mi farò da parte. Anzi rimarrò nel cantuccio in cui sono sempre stata, osservandoti sorridere da lontano, sperando di sopravvivere. Lo so, sono solo una stupida ragazzina, e tu hai avuto la sfortuna di trovarti nel mezzo dei miei deliri. Ma sappi che ti ho scelta fra mille altri e anche se soffro, ti ringrazio di tutto, soprattutto di essere nata.

 

Rachel guardò il gattino che stringeva al petto. Era grigio, ma i suoi occhi erano verdi come quelli di lei. E brillavano.

 

Alla fine di una lunga corsa la trovò e forse la guardò con occhi nuovi perché quello che vide le parve brillante come un fulmine nel cielo nero della notte.

Non potè impedirsi di parlare.

“E perché ti scusi, Quinn, di cosa ti stai scusando?”

Quinn abbassò lo sguardo e i suoi occhi erano lucidi e scintillavano alla luce dei neon. Poi, come se avesse dovuto scegliere di che morte morire, fece un passo avanti sino a sfiorarle il viso con le dita.

“Perché...”

Deglutì pesantemente e pensò di aver pianto troppo, perché la bocca sembrava impastata di terra e sale. Sulla sua lingua non cresceva nemmeno una parola.

Rachel la guardava, e sebbene le sue labbra tremassero, si rivolse a lei ancora una volta, implorante.

“Quinn, parlami per favore. Ho bisogno che tu mi parli!”

Ne aveva bisogno come aveva bisogno di respirare.

“Cosa vuoi sapere?”

“Mi prendi in giro? È tutto uno scherzo?” Poi si accorse di quanto quella domanda fosse stupida e improvvisamente pensò che avrebbe dovuto mordersi la lingua a sangue piuttosto che parlare. Perché era chiaro, cazzo, che la ragazza che aveva davanti, fosse seria, dannatamente seria. Si chiese quante lacrime avesse versato. Per lei. Quinn, non ne vale la pena, pensò, non ne vale la pena!

“Sarebbe meglio per entrambe, ma...” Distolse lo sguardo. “...non lo è.”

Silenzio.

“Non capisco Quinn, perché non me lo hai detto?”

“Pensi che sia facile, Rachel, pensi che sia stato facile per me? Far finta di niente mentre dentro sto impazzendo?! Dio!” Avrebbe tanto voluto contenere la rabbia, ma non stavolta non sarebbe riuscita a trattenersi.

E non avrebbe mai voluto bestemmiare a voce alta ma sembrava che quel mondo corrotto l’avesse costretta a farlo sporcandola con ogni sofferenza. Sentiva l’amore puzzare sulla pelle e incancrenirle le membra.

“..pensi che sia facile vederti con Finn e ripetermi che l’importante è che tu sia felice e che io non potrei mai darti quello che ti da lui... perché sono una donna... perché sono pazza, perché non valgo nemmeno la metà di quanto vali tu?”

Quinn sembrava un fiore piegato dalla pesantezza della pioggia. Rachel pensò che una goccia dovesse accarezzare e non ferire e che quella stupenda ragazza che aveva conosciuto anni prima, le stesse inesorabilmente sfiorendo innanzi.

Stavolta il senso di colpa parve strapparle il cuore.

Si maledisse, quando si accorse di esser ricaduta nei soliti luoghi comuni, ma non potè fare altrimenti e disse:

“Sei fantastica, Quinn.”

“Non sono abbastanza fantastica per te. O forse il problema è che non ho un pene, non lo so.” Non avrebbe voluto enfatizzare tanto quella parola, ma fu così, e si sentì sporca e cattiva.

“Perché mi parli così? Che ti ho fatto?”

Respiro profondo. Si sarebbe calmata, l’avrebbe fatto per lei. Quando riprese era –sembrava, più che altro- serena e la sua voce non tremava.

“Mi hai fatto innamorare... È abbastanza, non credi?” Stavolta sorrise come se l’idea la uccidesse e allo stesso tempo la tenesse in vita –poi rise.

“Piaciuto il regalo?” Chiese, e Rachel pensò che fosse maledettamente bella quando rideva.

“Quinn è stupendo. Ma è... troppo.”

“Hai letto quello che ti ho scritto?” Arrossì e i suoi occhi verdi brillarono di attesa.

“Sì.”

“Leggi la parte finale.”

“Quale?”

“Quella in cui parlo... del gattino. E del bracciale.”

 

Spero che quando guarderai quel gattino penserai a me, ma devi sapere che non te ne farei una colpa se tu non lo facessi. Quanto al... resto, spero ti piaccia.  L’ho scelto pensando a te. L’ho scelto dopo averci riflettuto per mesi, sai? E quello che ho fatto incidere... lo penso davvero. E lo penserò. Qualunque cosa accadrà. Qualunque persona amerai, qualunque persona ti terrà con sé, qualunque persona dovesse starmi accanto mentre ti guardo da lontano, ricorda che io sarò sempre tua. Tua e di nessun altro. E correrò da te ogni volta che ne avrai bisogno. E potrai usarmi come vorrai: io non dirò mai una parola né un lamento. Ti amerò in silenzio come ho fatto sino ad oggi ma non lo dirò mai ad alta voce se tu non lo vorrai.

Permettimi di scriverlo una volta sola, ti chiedo solo questo.

Ti amo.

 

Tua, per sempre

Q.

 

Piegò il foglio, fece silenzio trattenendo le lacrime.

“Penso d-davvero quello c-che ho scritto, Rachel.” Sentì sussurrare. Se una tratteneva le lacrime l’altra piangeva. “Spero s-solo che tu c-capisca.” Singhiozzò. “Perché n-non... Non potrei v-vivere sapendo che mi odi, o peggio ancora, di farti schifo...”

“Quinn!”

Per un attimo non capì, ma la sua pelle registrò ogni contatto e parve gelarsi al suo tocco. Pensava che sarebbe stato diverso, ma ora che il suo sangue si era gelato nelle vene, la bionda capì che le sarebbe bastato così poco per morire, abbandonare ogni dolore e ogni malattia e rinascere in Lei. Se solo l’avesse voluta.

Scivolarono a terra mentre Rachel si lasciava andare, si aggrappava alla sua veste bianca, bagnandola di calde lacrime. Erano le lacrime della donna che amava: quegli istanti Quinn non li avrebbe dimenticati mai.

 

***

 

“Ti aspetto qui Rach, lascio l’auto accesa. Fai in fretta, prendi solo lo stretto necessario.”

Rachel fece per aprire la portiera ma sembrò esitare. Guardò la casa, le imposte chiuse, il giardino curato –ed improvvisamente ebbe paura, paura di ogni cosa. Di ogni angolo, di ogni canto del suolo. E pensò che ogni cosa fosse irrimediabilmente impregnata di lui e che non potesse, nemmeno per un attimo, entrare lì dentro da sola.

Ebbe paura, ma quando guardò Quinn negli occhi, si ricordò che lei non l’avrebbe abbandonata, e rese grazie a Dio, inginocchiandosi nella propria mente, senza far rumore.

Ma il battito accelerato del suo cuore sembrava annullare ogni silenzio.

“Quinn, entra con me.”

E lei parve pensarci, ma fu un attimo, perché poi spense l’auto e scese in fretta. Aprì la portiera a Rachel porgendole la mano. Era calda come l’inferno.

Come ogni volta, non potè fare a meno di pensare che quella mano si fosse adagiata sul suo seno, che fosse scesa sul suo ventre, e poi fosse entrata in lei con una delicatezza che nessuno avrebbe mai potuto riservarle. Solo Rachel. Maledettamente, lei.

“Andiamo.”

L’altra annuì, allungarono il passo, aprirono la porta. Quinn disse qualcosa che assomigliava a “dobbiamo approfittare del fatto che lui non sia a casa”, forse, o “se lui torna prima a casa e ci trova siamo morte”, ma non ebbe il tempo di pensarci, perché l’adrenalina mosse le sue gambe e si ritrovò dentro.

La polvere vorticava illuminata dai tiepidi raggi che si facevano largo fra le imposte chiuse e la bionda improvvisamente realizzò che non sarebbe riuscita a varcare la soglia di quella camera da letto, né ad aprire quei cassetti, rischiando di trovarsi fra le mani i vestiti di lui. Le sue camicie. Le sue mutande.

Rabbrividì al solo pensiero.

Rachel colse la sua esitazione, le lanciò un occhiata e le sorrise e per Quinn fu come se un faro si fosse acceso mentre la sua nave era alla deriva. I suoi occhi verdi si posarono su di lei, accarezzandola, riconoscenti.

Poi quella piccola donna, le sussurrò: “posso abbracciarti?” e lei si gettò fra le sue braccia, senza esitare, respirando il suo odore, credendo di essere morta e che Dio le avesse affidato il più dolce fra gli angeli per farle da guida.

“Ancora qualche minuto e sarà tutto finito, tesoro.” Soffiò sul suo collo. “Qualche minuto ancora.”

“Quinn...?”

“Si?”

“35132”

“Non è il momento di dare i numeri, Rach.” Rise

“E’ la combinazione della cassaforte. Prendi tutto, Quinn, prendi tutto ciò che è mio.”

“35...?”

“...132, sì.”

“Sbrighiamoci.” Le lasciò un bacio sulla fronte, spostandole delicatamente i capelli dal viso.

Poi si divisero. E mentre Rachel saliva le scale e Quinn si recava in salotto, il silenzio si fece talmente denso da potersi toccare.

Entrò nella stanza, prese da sotto il letto una sacca abbastanza grande e la scosse, lasciando che la polvere si mescolasse all’aria.

Eppure non si accorse che le scarpe di lui fossero lì, nel suo lato del letto e che sulle lenzuola sembrava avesse dormito qualcuno –o si fosse steso a fissare il soffitto. A pensare.

Non si accorse di nulla, troppo presa a fare i bagagli, a lasciarsi indietro la sua vita.

Eppure quando dal piano di sotto giunse il grido di Quinn, pensò che avrebbe dovuto capire, che avrebbe dovuto sentire l’aria tremare di attesa.

Un altro grido.

E Rachel, sebbene avesse una paura fottuta, si precipitò giù dalle scale, senza sapere cosa avrebbe trovato. Era giunto il momento: alla fine, anche per lei, tutto aveva avuto inizio.

   
 
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